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La clonazione terapeutica: nuova frontiera della ricerca scientifica?

La clonazione terapeutica: nuova frontiera della ricerca scientifica?

Daniele Corvi

 

 

Oggi il tema del diritto alla salute è quanto mai attuale e controverso, inoltre la pandemia da Covid-19 che ha sconvolto il mondo, ha posto l’accento sul contrasto tra la sicurezza e la tutela della salute stessa. Molte misure restrittive e protocolli che hanno di fatto messo in ginocchio l’economia, sono al momento l’unico rimedio per difenderci a un fenomeno praticamente sconosciuto per il mondo contemporaneo. La stessa scienza è stata messa in discussione, generando dibattiti quanto mai controversi e compiendo delle accelerazioni impressionanti anche nelle fasi di sperimentazioni di nuovi farmaci e vaccini. L’arrivo di possibili nuove malattie e l’attenzione adesso prioritaria
per la tutela alla salute probabilmente in tempi brevissimi porterà a riesaminare la posizione di tecniche della cyber medicina finora messe al bando da quasi tutta la comunità scientifica attraverso norme molto stringenti. Fra queste sicuramente riaccenderà il dibattito è la clonazione terapeutica. Essa è quella tecnica che attraverso le cellule staminali consente la riproduzione di organi e tessuti. Le cellule staminali possono essere derivate da tessuti di adulti (ad esempio midollo osseo), cellule tessutali adulte riprogrammate per comportarsi come cellule staminali; sangue proveniente da cordone ombelicale; placenta; feti abortiti ed embrioni in fase precoce di sviluppo (siano essi cosiddetti embrioni soprannumerari prodotti via fertilizzazione in vitro per scopi riproduttivi, embrioni creati specificamente per la ricerca o embrioni creati inserendo il nucleo prelevato da una cellula adulta nella cellula di un ovulo enucleato, cioè mediante trasferimento somatico cellulare nucleare, il cui acronimo in inglese è TNSA). Nei mammiferi, le cellule staminali pluripotenti sono presenti quindi nella massa di cellule del nodo embrionale della blastocisti nelle fasi preimpianto, nell’embrione e nel feto durante lo sviluppo e si ritrovano persino nell’individuo adulto, anche se solo in alcuni precisi distretti dell’organismo.

Avere a disposizione cellule staminali significa poter creare in laboratorio i tessuti e gli organi irrimediabilmente lesi; se poi queste cellule vengono estratte da un embrione, tali interventi sono ancora più facili e sicuri. A differenza quindi della clonazione umana che ha l’obiettivo di riprodurre un essere umano identico ad un altro, la terapeutica ha un fine esclusivamente terapeutico, volto a migliorare la salute umana e con la potenzialità di debellare malattie gravissime. I progressi della biologia e della medicina, le invenzioni biotecnologiche, la diffusione della cybermedicina, o della telemedicina, le sperimentazioni biochimiche, cellulari e genetiche, lo sviluppo delle neuroscienze e la riproduzione in laboratorio di organi e tessuti, in sostituzione di quelli umani debilitati o alterati, suscitano nell’uomo la speranza di guarire dalle malattie e di potenziare la qualità e la durata della vita, ma, nel contempo, preoccupano quanti intravedono nell’applicazione tecnica dei risultati della ricerca scientifica il rischio della trasformazione del corpo in un assemblaggio di componenti surrogabili, con lesione dei valori della dignità, dell’integrità e dell’identità dell’individuo.
In effetti, gli interventi manipolativi possono alterare la composizione intima della corporeità e modificare il genoma individuale con rischio persino per la sopravvivenza della specie e per la perpetuazione della vita umana sulla terra.

 

 

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