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La procura di Roma stoppa il «doppio padre»: no alla registrazione dei figli

Lo scorso luglio la Procura di Pesaro. E lʼaltro giorno quella di Roma. A una voce: è illegittimo il riconoscimento in Italia di bimbi nati allʼestero, ottenuti da genitori omosessuali  attraverso la maternità surrogata che le nostre leggi vietano e puniscono pesantemente.

Sembra muoversi qualcosa contro il mercato dellʼutero in affitto, a difesa del diritto dei piccoli di avere un padre e una madre. E se a muoversi è la magistratura inquirente della capitale lʼiniziativa svela tutta la sua forza.

Lo scorso aprile il  sindaco Virginia Raggi aveva trascritto un certificato di nascita  rilasciato in Canada, dove due uomini italiani erano espatriati per “ordinare” un bimbo da concepire con seme di uno dei due, gli ovociti  di una donna e il ventre di unʼaltra ancora.

Inammissibile, per la  Procura di Roma, che martedì ha fatto sapere di aver impugnato lʼatto  del sindaco presso il Tribunale civile.

Il ricorso porta la firma del  procuratore capo, Giuseppe Pignatone, e prende il largo dalla considerazione per cui «una condotta illecita, gravemente punita» (la maternità surrogata, ndr) non può «produrre conseguenze giuridiche nel nostro ordinamento» solo perché «compiuta allʼestero».

Non solo. Le  nostre norme, spiega la Procura, prevedono la «bigenitorialità fondata sulla diversità di genere», e per di più non si comprende come un bimbo  «possa vedersi attribuita, surrettiziamente, la qualità di figlio di un altro padre per la sola ragione che il suo padre biologico ha un rapporto di unione civile con un altro uomo».

E ancora: non esiste in  natura la possibilità di filiazione tra persone dello stesso sesso; la donna, pur obbligatoriamente presente, perde in questi casi ogni contatto col bimbo; non è possibile accedere alla fecondazione assistita se non da parte di una coppia etero. Fino allʼargomentazione di cui tanto si discute in questi casi, il «supremo interesse del minore»: che non è quello di stare con due uomini, secondo Pignatone. 

Dʼaltronde, si chiede, «cosa accadrebbe se il secondo padre cessasse di essere unito al primo? Potrebbe chiedere il disconoscimento del 
bambino che solo artificiosamente è stato iscritto nei registri?». 

(M.Palm.)

Fonte Avvenire

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