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La scatoletta di tonno bucata. Di chi sono i dati della piattaforma Rousseau? 

La scatoletta di tonno bucata

di

Riccardo Capecchi

 

La decisione con la quale la Corte di Appello di Cagliari ha dichiarato inammissibile il ricorso del reggente M5s Vito Crimi contro la nomina di un curatore speciale del Movimento ha portato il caos nella politica.

Le reazioni registrate segnalano una assoluta incertezza sulle prossime mosse della battaglia in corso tra il Movimento, o più precisamente i parlamentari eletti nel m5s nei due rami del Parlamento e l’associazione di diritto privato Russeau che sin qui ha gestito i profili degli aderenti e simpatizzanti al movimento stesso.

L’argomento. di ovvia attualità politica, consente di dare corso ad una riflessione un po’ più ampia rispetto alla contingenza di un dibattito che rischia di essere in qualche modo viziato da un confronto muscolare fra due parti in causa.

Il resoconto della vicenda confonde infatti un po’ mele con pere.  Il primo punto da sottolineare è che ci stiamo confrontando con un problema di procedura. La decisione, della Corte di Cagliari è infatti di natura preliminare e non di merito. È stato infatti semplicemente ribadito il principio, in qualche modo ben noto alle parti in causa, che il tipo di atto impugnato non poteva essere oggetto di revoca da parte della Corte d’assise.

Scrive la Corte “Il decreto reclamato non ha accertato in via definitiva l’attuale insussistenza di un legale rappresentante dell’associazione, avendo la più limitata portata di creare una situazione di legittimazione processuale strumentale a garantire all’istante la corretta instaurazione del contraddittorio processuale nel giudizio instaurando”.

Attribuire quindi allo stesso una portata generale rispetto alle dinamiche interne al movimento è assolutamente distorsivo della realtà dei fatti. Siamo sostanzialmente di fronte ad una fake news che è stata rilanciata in ogni luogo e sito contribuendo ad alimentare il livello di incertezza rispetto agli assetti organizzativi di quella che alle ultime elezioni politiche è risultata essere la forza politica più votata.

Pur tuttavia questa situazione consente di evidenziare in modo assoluto quale livello di confusione di ruoli e di responsabilità vi siano all’interno del movimento e dell’associazione privata che ha sin qui gestito il patrimonio immateriale ma assolutamente essenziale nella vita di un organizzazione politica che è quello relativo ai dati personali degli iscritti o dei simpatizzanti

I nodi della vicenda, che stanno venendo al pettine, trovano il primo punto di riferimento nel mai applicato articolo 49 della costituzione che, prevedendo la definizione del partito politico, inserisci nel nostro ordinamento al massimo livello costituzionale il principio che “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.

E ben noto che, pur essendo passati quasi 70 anni dall’emanazione della carta costituzionale, questo articolo non ha trovato una specifica attuazione nella legge se non nell’ambito delle disposizioni relative al funzionamento degli organi parlamentari e riguardo alle disposizioni relative alla partecipazione delle forze politiche organizzate alle consultazioni elettorali

A ciò si vengano ad aggiungere le disposizioni stringenti, aventi anche impatto penale, connesse al rapporto che sussiste fra soggetti esercenti una funzione politicamente esposta ed eventuali mezzi di finanziamento che ad essi sono attribuiti. un quadro che ha determinato anche di recente significative decisioni della magistratura penale in capo ad eletti che, sulla base della violazione della norma richiamata, sono stati penalmente sanzionati.

Ci troviamo dunque in una situazione di assoluta complessità nella quale sono quindi in gioco i diritti fondamentali di rappresentanza all’interno di una democrazia.

Il garante per la protezione dei dati personali ha esercitato in più di un’occasione la propria azione regolatoria per definire ciò che si può e ciò che non si può fare rispetto ai dati relativi ai partecipanti a consultazione di natura politica.

Già nel 2014 il Garante stabilì che partiti e movimenti possono lecitamente utilizzare, senza uno specifico consenso degli interessati al trattamento dei dati sensibili da parte degli organismi di tipo associativo e delle fondazioni), i dati sensibili riferiti ad aderenti o ad altri soggetti che con gli stessi intrattengono contatti regolari per il perseguimento di scopi determinati e legittimi individuati, anzitutto, dall´atto costitutivo o dallo statuto.

Si torna quindi alla identità politica alla quale fare riferimento in modo formale. E alla pretesa della associazione Russeau di essere titolare delle informazioni e dei dati di persone che hanno scelto di dare il proprio consenso ma ancor più l’adesione politica ad una forza eletta in Parlamento considerato che il presupposto di tale diritto dovrebbe discendere da un accordo contrattuale stipulato con un organismo politico collegato a gruppi parlamentari lascia davvero molto perplessi.

Il tema ci interrogherà ancora a lungo e sarà elemento essenziale di una aspra contrapposizione che potrebbe essere addirittura esiziale per la sopravvivenza del Movimento 5 stelle.

Certo è che il legislatore ancora una volta si è fatto trovare impreparato rispetto ad una tematica che i nostri padri costituenti avevano identificato e considerato essenziale all’interno della nostra carta fondamentale. Sarebbe il caso di darsi un po’ una mossa.

 

 

Riccardo Capecchi,

già segretario generale Agcom  attualmente esperto presso il Ministero infrastrutture e mobilità sostenibili.

 

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