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Maternità surrogata, il caso di Kiev scoperchia l’aberrazione della pratica

“La pandemia ha come effetto collaterale quello di mettere a nudo una serie di vicende che nella normalità non vengono all’evidenza pubblica”, ha detto Alberto Gambino – giurista, prorettore dell’Università Europea di Roma e direttore scientifico di Diritto Mercato Tecnologia – commentando per Radio Vaticana la notizia dei circa cinquanta bambini, nati da madri surrogate e destinati a coppie straniere, “bloccati” in un hotel a Kiev, in Ucraina, a causa dell’emergenza sanitaria.

“Le prime vittime sono le donne, usate come schiave. Lo fanno, evidentemente, per motivi economici. Basta con questa ipocrisia nel dire che c’è una libertà, una volontarietà: la verità cruda è che sono persone sostanzialmente disperate che per pochi euro sono disposte a portare nel grembo un bambino”.

Clicca sul video per continuare ad ascoltare l’intervento di Alberto Gambino.

“Le immagini di decine di culle con bambini in lacrime nello squallore della hall di un albergo”, ha dichiarato Gambino al SIR, “è la fotografia della totale assenza di amore di una pratica che sfrutta l’indigenza di donne spesso inconsapevoli e riduce i bambini a prodotti in commercio. “Il virus”, continua Gambino, “ha messo a nudo il gravissimo errore antropologico di chi non comprende ancora che la pratica della maternità surrogata sta nel trattare piccoli esseri umani alla stregua di cose e le loro mamme naturali come macchine biologiche alla mercé di aziende commerciali senza scrupoli. Non ci si può sorprendere se, come tutte le merci in tempo di pandemia, anche i bambini sono stati bloccati alle frontiere”.

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