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Piattaforme digitali e contratti della P.A. Intervista al Prof. Giovanni D’Angelo.

Giovanni D’Angelo, Professore ordinario di diritto amministrativo nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Componente del Consiglio direttivo e Coordinatore scientifico-didattico della Scuola di specializzazione per le professioni legali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.  Infine Codirettore del corso Executive sulle Società a Partecipazione Pubblica (ESoPP).

 

Il Professor Giovanni D’Angelo

 

In merito al Suo intervento: Piattaforme digitali e contratti della P.A. per l’evento E-AGORÀ – Online Platform Contracts, potrebbe parlarci di quale evoluzione sta seguendo la digitalizzazione delle procedure dei contratti pubblici?

Per digitalizzazione dei contratti pubblici non si fa semplicemente riferimento alla informatizzazione (o alla dematerializzazione) di singoli atti della procedura, ma ad una trasformazione dell’intero procedimento amministrativo (c.d. ad evidenza pubblica) che precede la stipula del contratto (procedimento digitale end-to-end).

L’argomento è di particolare attualità, anche in ragione della l. 21 giugno 2022, n. 78 che ha delegato il Governo ad adottare un nuovo codice dei contratti pubblici, nonostante siano trascorsi pochi anni dall’adozione di quello attuale e non siano intervenute nuove direttive europee. Tra i principi e criteri direttivi della legge delega vi è quello della riduzione e certezza dei tempi relativi alle procedure di gara, alla stipula dei contratti e alla loro esecuzione, anche attraverso la digitalizzazione delle procedure.

In questo settore non siamo in presenza di una novità assoluta e la delega rappresenta semmai l’occasione per implementare la digitalizzazione, raccogliendo le sollecitazioni che provengono da più parti. La dottrina ha evidenziato il rapporto con alcuni principi generali dell’attività amministrativa: legalità, trasparenza, economicità ed efficienza. Il profilo meno scontato è quello dello stretto legame tra digitalizzazione e aggregazione delle committenze che finisce con il mettere in discussione l’autonomia delle singole pubbliche amministrazioni, degli enti pubblici territoriali in particolare. Da questo punto di vista soccorrerebbe il principio di adeguatezza di cui all’art. 118 cost., la ‘funzione contratti pubblici’ andrebbe riconosciuta non alla singola amministrazione, ma alla pubblica amministrazione nel suo complesso. A fronte dei ‘rischi’ di centralizzazione, l’aggregazione delle committenze è da alcuni ritenuta accettabile se attuata come specializzazione dei soggetti aggregatori. Rimane il fatto che il dato normativo attuale depone nel senso che (solo) le centrali di committenza – la cui funzione è riservata a soggetti pubblici – possano gestire determinati strumenti telematici di acquisizione, per lo più caratterizzati da un alto livello di standardizzazione.

 

 

Quali sono gli strumenti telematici di acquisto e negoziazione che risultano avere maggiore impatto in questo settore?

Oggi gli strumenti telematici di acquisto e di negoziazione di maggiore impatto sono il mercato elettronico della pubblica amministrazione (MEPA) e il sistema dinamico di acquisizione della pubblica amministrazione (SDAPA) gestiti dalla CONSIP; solo con riferimento al secondo il valore bandito nel 2021 per appalti specifici ammonta a più di 9 miliardi di euro.

In entrambi i casi non è la centrale di committenza a negoziare e aggiudicare per conto delle stazioni appaltanti, ma sono queste ultime a farlo in autonomia utilizzando la piattaforma della centrale di committenza.

Le domande di ammissione o di abilitazione degli operatori economici alla piattaforma telematica sono valutate dalla centrale di committenza; invece, le verifiche circa i requisiti generali dell’operatore economico sono effettuate dalla centrale di committenza solo a campione. Spetterà quindi alle singole stazioni appaltanti svolgere tutti i controlli previsti dalle disposizioni vigenti (anche quelli relativi ai requisiti economici finanziari e tecnico professionali) a seguito dell’individuazione del migliore offerente.

Si registra così una scissione tra il gestore della piattaforma telematica e la stazione appaltante, con competenze in parte differenti e in parte ‘casualmente sovrapponibili’ (come nel caso del controllo sui requisiti generali che può dipendere dal campione verificato).

Aggiungo che nello SDAPA e nel MEPA non si applica il termine dilatorio di 35 giorni tra l’aggiudicazione e il contratto (art. 32, comma 10, codice di contratti pubblici). Inoltre, non è previsto in capo alla stazione appaltante alcun obbligo di pubblicità ‘esterno’ agli operatori economici già abilitati allo SDAPA della decisione di aggiudicare un contratto di appalto specifico. Entrambi i profili possono rappresentare una contrazione della tutela rispetto alle procedure non telematiche e meritano una riflessione in sede di redazione del nuovo codice.

 

 

Qual è la casistica di contenzioso in merito alle procedute applicate tramite piattaforme telematiche?

La casistica sul punto è già piuttosto ampia, ricordo solo alcuni interventi significativi della giurisprudenza amministrativa:

  1. La partecipazione alle procedure di gara telematiche comporta la necessità di adempiere con diligenza alle prescrizioni del bando e alle norme tecniche rilevanti, ivi quelle incluse nel manuale applicativo (operativo) della piattaforma. Allo stesso tempo le modalità di funzionamento della piattaforma telematica non possono impedire in concreto l’applicazione delle regole generali di gara: le regole tecniche operative della piattaforma sono funzionali al corretto espletamento della procedura di appalto e non viceversa.
  2. Nel caso di impugnazioni dei provvedimenti di esclusione dalla procedura per offerte caricate sulla piattaforma in ritardo (dunque per tardività dell’offerta) la prova sul malfunzionamento del sistema – che giustificherebbe il ritardo – grava sull’operatore economico;
  3. Le offerte caricate sulla piattaforma che contengono file illeggibili (o leggibili solo con determinati software) sono legittimamente escluse, perché spetta all’operatore economico caricare file in formati compatibili;
  4. Nelle procedure gestite telematicamente le richieste di soccorso istruttorio possono – secondo alcune pronunce devono – essere trasmesse tramite pec (non esclusività della piattaforma per le comunicazioni), mentre secondo un altro orientamento la trasmissione della richiesta mediante l’inserimento in un’apposita area dedicata della piattaforma deve ritenersi modalità adeguata e idonea a consentire la piena e tempestiva conoscenza da parte del concorrente;

Dunque, siamo già in presenza di un contenzioso sul ‘formalismo digitale’ e sulle regole della legge generale sul procedimento amministrativo applicabili nell’ambito di una procedura telematica. Rispetto a questo contenzioso, nella giurisprudenza amministrativa emerge la ricerca di un punto di equilibrio: da un lato, l’operatore economico in quanto soggetto professionale è chiamato all’autoresponsabilità e alla diligenza qualificata; dall’altro, deve poter fare affidamento su regole operative della gara – unilateralmente predisposte dalla stazione appaltante e perciò assoggettate ad un canone di interpretazione secondo buona fede – chiare, complete e precise indicate negli atti di indizione. Il grado di diligenza richiesto all’operatore economico non comporta l’autonoma ricerca di regole integrative, limitative o correttive. In questo contesto, è significativo il richiamo sempre più frequente alla leale cooperazione della stazione appaltante con le parti (cfr. il comma 2 bis dell’art. 1 della legge n. 241/1990, introdotto nel 2020).

 

 

Nelle PA in fase di digitalizzazione o già digitali si pone la questione dell’esposizione alla robotizzazione della decisione. Come vengono influenzate le decisioni amministrative dagli algoritmi?

L’attenzione per le ‘nuove’ modalità di esercizio della funzione riguarda anche il tema delle decisioni amministrative e degli algoritmi informatici, soprattutto in riferimento alla possibilità che questi strumenti siano in grado di condizionare e/o di sostituire i processi decisionali delle pubbliche amministrazioni, anche nel settore dei contratti pubblici. La progressiva emersione dell’algoritmo come uno strumento autonomo di cognizione e decisione pone problemi cruciali – in primis il profilo della compatibilità con il principio di legalità (o della necessità o meno che la decisione in tutto o in parte automatizzata trovi un fondamento legale) – che la dottrina non sta mancando di sottolineare. Da qui il tentativo di individuare i principi che dovrebbero regolare la c.d. robotizzazione delle decisioni amministrative (in particolare quelli di trasparenza, di non esclusività, di non discriminazione).

In radice, evidentemente, si pone il tema di una ‘costruzione’ diversa della decisione amministrativa, per certi versi si pone in discussione che in questi casi si possa (ancora) configurare una decisione assunta attraverso il procedimento, la cui dimensione di forma irrinunciabile della funzione amministrativa verrebbe compromessa in modo insanabile. Da questo punto di vista è significativo che la dottrina più attenta alle regole proprie del diritto amministrativo – regole imprescindibili nel definire i limiti di validità che (anche) i nuovi strumenti devono rispettare – sostenga con forza la tesi che l’atto amministrativo algoritmico richieda che l’esito della decisione debba poter essere confermato o meno con la partecipazione di tutti i soggetti interessati se richiesto anche solo da uno di essi.

Le diverse fasi (i diversi momenti) della sequenza algoritmica diventano così centrali nell’indagine e alcuni temi ritornano di attualità nel dibattito, come per esempio quello della rilevanza della fase c.d. preistruttoria, che nella sequenza algoritmica consiste nella selezione dei dati e delle istruzioni che definiscono i criteri di valutazione e il relativo peso; tale fase rappresenta il momento di maggiore rilevanza perché qui più facilmente possono nascondersi errori, disparità, pregiudizi generati in diversi modi. La costruzione della decisione assume, così, la connotazione della costruzione dell’algoritmo e pone l’esigenza di misurare la tenuta dei principi fondamentali dell’attività amministrativa rispetto al possibile progressivo passaggio, in alcuni settori, alla decisione algoritmica anche in presenza di margini di discrezionalità amministrativa.

 

 

a cura di

Valeria Montani

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