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Pubblicità online di pratiche sanitarie illegali: maternità surrogata. Editoriale del Prof. Avv. Alberto Gambino.

Se l’AGCOM abdica al suo ruolo, perde la democrazia.

di Alberto Gambino

 

Qualche anno fa, insieme ad un gruppo di colleghi di diverse discipline giuridiche, fui coinvolto dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni per studiare i profili di una propria competenza nella complessa materia del diritto d’autore. Davanti a massive violazioni del copyright nella rete Internet, l’Autorità ritenne opportuno cristallizzare e disciplinare in un regolamento i propri poteri in materia. La storia di quel regolamento è nota e sul tema intervenne finanche la Corte costituzionale. Mai però fu messa realmente in discussione la competenza dell’AGCom, discettandosi piuttosto sulle soglie di enforcement, interagendo il tema con espressioni della libera manifestazione del pensiero (si pensi alle c.d. utilizzazioni libere in materia autoriale) che necessitano una ponderazione cui è preposta l’autorità giudiziaria ordinaria. Nessuna ragionevole questione, dunque, circa i poteri concorrenti dell’Autorità. Nell’indagine conoscitiva del 12 febbraio 2010 (tuttora consultabile sul sito), si legge appunto che l’AGCom “è l’ente istituzionalmente deputato a garantire il corretto funzionamento ed utilizzo delle reti di comunicazione elettronica (ivi compresa la rete internet, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lettera dd) del Codice) da parte di tutti i soggetti della filiera, dall’access provider fino all’utente finale attraverso l’adozione delle regole ritenute più idonee al perseguimento delle finalità cui essa è preposta… Dunque, quanto meno nei confronti degli ISP, all’indirizzo dei quali il D.Lgs 70/03 pare fondare una competenza “concorrente”, e non esclusiva, dell’Autorità giudiziaria con quella amministrativa, sembra possa ragionevolmente ammettersi la possibilità per l’Agcom, il cui ruolo peraltro è espressamente riconosciuto dal legislatore nei costanti riferimenti all’ “autorità amministrativa dotata di poteri di vigilanza”, di introdurre misure intese a prevenire le violazioni della disciplina sul diritto d’autore, ivi compresi oneri di sorveglianza”.

In effetti, il D.lgs. n. 70 del 2003, attuativo della direttiva 2000/31/CE, detta specifiche disposizioni in tema di servizi della «società dell’informazione», disciplinando fra l’altro i servizi connessi all’uso della rete. Esso prevede, nell’ambito dell’Unione europea, il principio della «libera circolazione dei servizi», ma aggiunge che essa può essere limitata, con provvedimento dell’autorità giudiziaria o degli organi amministrativi di vigilanza o delle autorità indipendenti di settore. La logica di questa attribuzione è di facile e pronta comprensione: chi, meglio di un’autorità specializzata nelle comunicazioni anche online, dotata di ausili e presidi tecnici, può vigilare in settori tecnologici avanzati e oggi convergenti quali telecomunicazioni, audiovisivo, editoria e poste?

Ora, qualche giorno addietro, per pura casualità (mi era stata infatti richiesta un’opinione su un gruppo di giuristi che all’Aja lavorano per una regolamentazione internazionale sulla c.d. surrogazione di maternità), mi sono accorto che, digitando la voce “utero in affitto” o “maternita’ surrogata” sui motori di ricerca web, il motore antepone ai risultati di ricerca la pubblicità commerciale di diverse aziende straniere che offrono tali servizi. Si tratta di una pratica illegale vietata in Italia dall’art. 12 della legge 40/2004, che configura come reato, con pena detentiva, anche la pubblicizzazione delle prestazioni di surrogazione di maternità.

In un comunicato stampa l’Autorità ha dichiarato la sua ‘incompetenza’ a prendere provvedimenti su tali pubblicità online, pur riconoscendo – ovviamente – che si tratta di attività illegali che meritano “le severe sanzioni penali previste dalla legge”. Dunque dovrebbero intervenire le sole procure (ed è comunque preoccupante che in uno Stato di diritto quale il nostro, non lo abbiano già fatto).

Resta da capire, però, se abbia una qualche logica istituzionale nell’assetto regolatorio di uno Stato, la cui democrazia si radica sui diritti inviolabili della cittadinanza, che l’autorità preposta a garantire i diritti nel settore delle comunicazioni anche internet – e che peraltro recentemente ha visto esplicitamente ampliate le proprie competenze, con la legge n. 145/2018, proprio con riferimento alle comunicazioni informative sanitarie – rimanga spettatrice mentre scorrono sul web comunicazioni pubblicitarie di reati perpetrati a danno di soggetti particolarmente vulnerabili.

 

 

Nel frattempo, politico autorevole e sensibile denuncia la discutibilità della vicenda, di seguito l’approfondimento:

Maternità, Bazoli: “Su Google decisione discutibile da Agcom,  magistratura intervenga”

 

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