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Riflessioni sul rapporto tra nuove tecnologie e tutele ed espressioni dell’arte. Intervista al Prof. Geo Magri

 

 

Per la rubrica settimanale di DIMT, la Redazione ha intervistato il Prof. Geo Magri, il quale è intervenuto durante l’evento Diritto delle arti e nuove tecnologie. Il Professore si occupa di diritto privato, beni culturali e mercato dall’arte da diversi anni; attualmente, dopo un lungo periodo allo European Legal Studies Institute di Osnabrück (Germania) dove ha lavorato con il prof. Christian von Bar, è RtDB in Diritto Privato all’Università dell’Insubria.

Svolge inoltre le funzioni di arbitro alla Court of Arbitration for Art (CAfA) ed è Direttore dell’ISAIDAT Center for Law and Art (ISAIDAT Centre for Law and Arts | ISAIDAT), fondata dal medesimo a Torino insieme al Prof. Domenico di Micco.

 

Il Prof. Geo Magri

 

 

Durante l’evento “Diritto delle arti e nuove tecnologie” ha sviluppato un’analisi in merito all’impatto delle nuove tecnologie sul mercato dell’arte. Potrebbe parlarci del Suo intervento? Quali sono le connessioni tra arte e tecnologia?

Le nuove tecnologie si sono affacciate prepotentemente sul mercato dell’arte. Per questo motivo con Barbara Pozzo, Marta Cenini, Francesca Ferrari, e Fabio Dell’Aversana abbiamo pensato di organizzare un incontro per discutere di questi aspetti e poter analizzare il rapporto tra arte e tecnologia.

Nella mia relazione mi sono occupato, in particolare, di mercato dell’arte e nuove tecnologie, cercando di evidenziare come l’utilizzo delle nuove tecnologie possa contribuire a risolvere alcune delle problematicità che sono connaturali al mercato dell’arte. Gli operatori del settore, infatti, si aspettano, forse un po’ troppo entusiasticamente, di superare, con l’ausilio della tecnologia, alcune delle problematicità storiche che caratterizzano il loro mercato. I principali problemi del mercato dell’arte riguardano l’attribuzione dell’opera a un determinato autore e la sicurezza della circolazione delle opere che vengono commerciate. Le tecnologie che si intendono utilizzare per superare queste problematicità sono sostanzialmente l’intelligenza artificiale (IA), i non fungible token (NFT) e la blockchain.

L’IA, in particolare, può essere utilizzata per esaminare l’opera presente sul mercato, individuandone il possibile autore. Si tratta di una tecnologia di particolare interesse per le opere che non possono essere attribuite in modo sicuro e che può affiancare il parere dell’esperto d’arte nel riuscire ad attribuire la paternità di un’opera. Con le opere dei c.d. old masters, infatti, uno dei principali problemi del mercato è quello di riconoscere e attribuire con sicurezza l’opera al suo autore in modo da poterne determinare correttamente l’autore. Se un quadro di autore noto viene presentato in asta o in una galleria, la semplice dichiarazione del venditore può non essere sufficiente a convincere i potenziali acquirenti dell’effettiva attribuzione dell’opera; la conferma dell’attribuzione tramite un algoritmo che opera sulla base di criteri oggettivi e scientifici può essere una forma di garanzia dell’attribuzione particolarmente forte. Non si dimentichi, inoltre, che la giurisprudenza considera annullabile per errore il contratto con il quale si acquista un’opera d’arte in tutti quei casi in cui l’errata attribuzione fosse riconoscibile, in base alle conoscenze scientifiche comunemente diffuse al momento della conclusione del contratto, mentre il rischio che nuove scoperte portino a escludere l’autenticità dell’opera ricade sull’acquirente, al pari di una comune sopravvenienza. In un quadro siffatto, la possibilità di certificare l’attribuzione utilizzando un algoritmo, programmato in base alle conoscenze scientifiche comunemente diffuse, può essere particolarmente utile per il professionista che intenda offrire le massime garanzie e la massima trasparenza ai propri acquirenti.

Anche i non fungible token (NFT) e la blockchain possono essere utilizzati per le attribuzioni di un’opera a un determinato autore e questo soprattutto per le opere d’arte native digitali e per le opere d’arte concettuali, relativamente alle quali, come espressamente dichiarato dal gallerista di Cattelan, è il certificato di autenticità e non l’opera in sé ad avere valore. Ecco che relativamente a tali opere una tecnologia che assicuri, sin dalla loro creazione, in modo incontrovertibile, l’autenticità dell’opera può essere estremamente utile.

Per quanto riguarda le opere d’arte digitali, la tecnologia NFT e la blockchain sono indispensabili per garantire la non riproducibilità: se si acquista un file o un’opera su supporto digitale, infatti, questo potrebbe essere riprodotto infinite volte e la registrazione su blockchain o il ricorso agli NFT sono un valido strumento per garantire autenticità e non riproducibilità.

La blockchain può essere utilizzata anche per assicurare la circolazione delle opere d’arte. Già negli anni Settanta, Bolaffi propose di istituire un registro delle opere d’arte vendute. Ai tempi la proposta rimase lettera morta, stante l’impossibilità tecnica di registrare tutti i beni venduti e di rendere il registro fruibile. Oggi le cose stanno diversamente e alcune case d’asta hanno pensato di registrare su blockchain le aggiudicazioni, pensando di offrire ai loro clienti maggiori garanzie. La blockchain, in effetti, può essere utile soprattutto per le opere di arte contemporanea, per le quali è possibile tracciare i passaggi della proprietà sin dalla realizzazione dell’opera. Più complesso e meno utile mi pare, invece, il suo utilizzo per le opere antiche, per le quali possiamo solo certificare i trasferimenti di proprietà da un certo momento, spesso senza poter effettivamente sapere se i precedenti titoli di acquisto erano effettivamente validi o legittimi. Inoltre, per le opere d’arte su supporto materiale occorre riuscire ad agganciare il bene alla blockchain; si è proposto di fare ricorso al QR code che andrebbe applicato all’opera, ma mi pare una soluzione poco pratica, posto che il QR code è facilmente alterabile e rimovibile.

La blockchain, quindi, non deve essere vista come una panacea per tutti i problemi relativi alla certezza della circolazione delle opere d’arte, ma come uno strumento che, pur presentando una serie di limiti, può contribuire a risolvere alcune problemi del mercato dell’arte.

 

 

In riferimento al Suo recente lavoro La Blockchain può rendere più sicuro il mercato dell’arte? , approfondisce il rapporto tra la blockchain e il regolamento generale per la tutela dei dati personali. A Suo avviso, quali sono gli aspetti più meritevoli di attenzione e di indagine con riferimento all’uso dello strumento della blockchain?

Un aspetto di importanza non secondaria, con riguardo all’uso della blockchain, è legato al suo rapporto con il regolamento generale sulla protezione dei dati personali (GDPR).

Il GDPR riconosce al titolare del dato una serie di diritti, il cui esercizio può impattare con tre elementi caratterizzanti la blockchain. In particolare, sulla blockchain risulta: a) impossibile cancellare i dati personali archiviati (la catena è immodificabile); b) garantire un controllo centralizzato dei dati e individuare un Data Protection Officer (DPO); c) inibire l’accesso, a tutti i partecipanti della catena, ai dati che su di essa sono inseriti. Proprio gli aspetti che si presentano come i maggiori punti di forza della tecnologia blockchain, con riguardo alla sicurezza delle transazioni online, si rilevano quindi punti di debolezza se la si guarda dal versante della tutela dei dati personali.

Il GDPR è improntato a centralizzazione, limitazione e rimovibilità, mentre la blockchain è una tecnologia decentralizzata, distribuita e immutabile.

Fortunatamente la blockchain consente la pseudonimizzazione delle transazioni registrate, permettendo di disaccoppiare i dati dell’operazione registrata dai dati relativi al soggetto che l’ha posta in essere e minimizzando il numero di dati che viene condiviso e il conseguente rischio di violazioni del GDPR.

Un’ulteriore garanzia della riservatezza dei dati inseriti su blockchain è rappresentata dalla crittografia e dall’attività di vigilanza svolta dai miners, che controllano il corretto funzionamento della catena e delle transazioni che su di essa vengono registrate.

Non dobbiamo dimenticare che la tutela della riservatezza di chi effettua transazioni nel settore dell’arte è un elemento di importanza centrale e ciò offre una garanzia ulteriore del rispetto delle prescrizioni del regolamento sui dati personali.

La dottrina più attenta ha già cominciato a riflettere su come conciliare il GDPR all’utilizzo della blockchain: una delle soluzioni prospettate è quella di stoccare, al di fuori della catena, i dati sensibili, memorizzando, all’interno di essa, soltanto un rinvio ai dati personali tramite un hash. In questo modo i dati sensibili potrebbero essere gestiti all’esterno della catena e in conformità al GDPR.

ll dibattito scientifico in materia è ancora allo stato embrionale e bisognerà vedere se, e fino a che punto, il mercato dell’arte deciderà effettivamente di fare ricorso alla blockchain. Nel caso in cui il ricorso a questa forma tecnologica dovesse effettivamente consolidarsi, si dovrà riflettere su come garantire il rispetto dei dati sensibili e su questo aspetto credo sarà essenziale l’intervento delle autorità garanti.

 

 

Quale ruolo hanno le piattaforme digitali nel mercato dell’arte?

Le piattaforme digitali hanno profondamente modificato il mercato dell’arte, aumentando e ampliando il numero di acquirenti e semplificando le transazioni. Il trend si è particolarmente consolidato durante la pandemia e la conseguente chiusura delle attività commerciali: molte delle aste programmate nei mesi di chiusura, infatti, si sono svolte online, sfruttando le piattaforme digitali.

Grazie alle piattaforme digitali si sono avvicinati all’arte nuovi soggetti che precedentemente non frequentavano le sale d’asta, le gallerie o i negozi di antiquariato. La possibilità di acquistare direttamente da casa e in forma più riservata ha evidentemente aperto le porte a molti curiosi che erano desiderosi di acquistare oggetti di pregio artistico, ma che non avrebbero avvicinato il mondo delle case d’asta in maniera diretta. Il dato è confermato dal fatto che il successo delle piattaforme digitali è circoscritto soprattutto al settore dei beni di valore medio basso. Se in un primo momento gli operatori erano scettici sulla possibilità di vendere oggetti d’arte attraverso internet, oggi sembrano essere quasi tutti orientati a incrementare il ricorso a internet e alle piattaforme digitali per commerciare i loro beni, prevedendo che, nel prossimo futuro, questo canale di vendita sarà sempre più importante e diffuso. Le piattaforme che permettono di partecipare alle aste prevedono che le case d’asta registrino le date delle loro aste e pubblichino l’elenco dei lotti presenti in catalogo e le relative foto, in modo che gli utenti della piattaforma possano registrarsi all’asta, chiedendo di essere autorizzati a parteciparvi e a offrire.

Oltre che per le aste, le piattaforme sono utilizzate per gestire il risparmio e investire in arte. Attraverso queste piattaforme, chi intende investire in arte può scegliere le opere sulle quali “puntare”, acquistando online una quota di esse.

Le piattaforme presentano anche un ulteriore vantaggio per l’investitore: la società che gestisce le opere può cederle in prestito a musei o esposizioni, generando un ulteriore profitto, con la possibilità di creare un “dividendo artistico”, che va a beneficio di chi ha investito in quelle opere.

È ipotizzabile che, in futuro, le piattaforme digitali che consentono di investire in arte vedranno un crescente successo; esse, infatti, eliminano le barriere all’entrata rappresentate dai costi elevati delle singole opere. Per creare un piccolo portfolio diversificato sono sufficienti poche centinaia di euro ed è anche molto più semplice disfarsi delle quote di un’opera che non interessa più. Certo è che investire in arte attraverso una piattaforma finisce per anonimizzare l’investimento ed è quindi evidente che la spinta che muove l’investitore è molto diversa da quella che muove chi investe denaro per acquistare un’opera reale.

 

 

Quali sono le sue opinioni sulle nuove tecnologie utilizzate per creare arte? Assisteremo a un passaggio dall’arte materiale a quella virtuale? Quale sarà il ruolo del diritto in riferimento a queste nuove forme d’arte?

Oggi si stanno diffondendo forme d’arte molto diverse da quelle tradizionali che erano legate a un supporto materiale. L’arte è diventata virtuale, concettuale e talvolta consiste in una performance irripetibile che finisce per avvicinarla allo spettacolo. Queste nuove forme d’arte sono difficilmente riconducibili alle tradizionali dinamiche di mercato. L’arte virtuale, ad esempio, non potrà prescindere dalle tecnologie attraverso le quali è creata e questo rappresenta un suo limite: la tecnologia, infatti, è soggetta a una rapida obsolescenza, il rischio è che le creazioni artistiche vengano rese non più fruibili dal superamento delle tecnologie che le hanno create e che chi ha acquistato opere d’arte virtuale si ritrovi con un bene immateriale che non può più trasferire o godere perché la tecnologia che lo ha creato non esiste più o è divenuta difficilmente fruibile.

Relativamente alle opere d’arte concettuale, invece, come abbiamo già osservato, la cosa più rilevante non è l’opera in sé, ma il certificato di autenticità ad essa collegato e, in questo caso, le nuove tecnologie possono essere il valido supporto che garantisce, al soggetto che acquista, che l’opera è autentica.

Nel prossimo futuro il diritto si troverà a dover affrontare e risolvere i problemi legati alle opere create attraverso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Le domande riguardano principalmente i profili legati alla paternità dell’opera e alla titolarità del diritto d’autore. Chi è l’autore quando l’opera è creata facendo ricorso all’intelligenza artificiale? Il programmatore, colui che ha fornito all’algoritmo i parametri in base ai quali creare l’opera e che cosa accade quando è l’intelligenza artificiale a creare autonomamente l’opera? Si tratta di problemi ormai attuali: le prime opere d’arte create dall’IA sono già state presentate sul mercato e il diritto non può non pensare alle risposte che dovranno essere date quando sorgeranno controversie con riguardo alla paternità di tali opere.

 

 

 

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