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Dibattito sulla procreazione assistita in Italia dopo il rinvio della Legge 40 alla Consulta

Procreazione Assistita

di Alberto Maria Gambino

Procreazione assistitaAscolta l’intervista [mp3] D. – I magistrati parlano di incostituzionalità per contrasto della norma sulla fecondazione artificiale, con “il diritto alla realizzazione della vita familiare”. R. – E’ una decisione che, in realtà, contrasta con alcuni principi della nostra Carta Costituzionale, perché la famiglia – società naturale fondata sul matrimonio – è naturalmente composta di due genitori che possono procreare e, quindi, dar origine ad una nuova vita. Da questo punto di vista, dunque, il nascituro ha diritto ad avere due genitori e non tre, quattro… come invece capiterebbe se si ammettesse uno soggetto esterno alla coppia, che possa donare il seme o il gamete che sia. D. – Questo tipo di intervento potrebbe essere un grimaldello, una volta ottenuto un certo parere, per poter poi scardinare l’istituto del matrimonio? R. – Certo, se la Corte Costituzionale accettasse questa interpretazione, ci troveremmo davanti non più ad un matrimonio legato alla società naturale, ma ad una società artificiale, dove in realtà ci sono delle figure estranee alla coppia. Così si minerebbe, quindi, in radice la famiglia concepita – da sempre – come il pilastro della nostra società. D. – In questo modo si va ad elevare a diritto un desiderio? R. – Eh sì, perché quello che viene qui definito – il diritto alla realizzazione alla vita familiare – non c’è da nessuna parte nella nostra Carta Costituzionale. Significa innalzare desiderio, aspettative, bisogni al rango di diritto: ma attenzione, quando questi sentimenti diventano diritti – e qui addirittura dovrebbero essere diritti fondamentali della Carta Costituzionale – questi possono poi prevalere su altri diritti, come quello appunto del bambino, che è tra l’altro il soggetto più fragile. E questo non può essere! D. – Questa legge, peraltro sottoposta già a referendum, è stata otto volte rimandata dinanzi ai giudici costituzionali, dal divieto di diagnosi preimpianto sino a contestare il dubbio di legittimità sull’intero testo… R. – La percezione è che non potendo agire sul Parlamento, si cerchi di agire sull’interprete per eccellenza delle nostre leggi, che è il giudice costituzionale. Questo, però, significa anche trovare un’altra via, fatta spesso di artifizi giuridici non corrispondenti a quello che è stato il comune sentire di quel referendum.
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