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Open Government: sviluppi normativi e prospettive

di Giampaolo Teodori   1. L’Amministrazione aperta a partire dagli albori della L. 241/1990   Di “Amministrazione Aperta” si è iniziato a parlare negli ultimi cinque anni con il manifestarsi della volontà programmatica e normativa di ridurre le spese della PA e di revisionare i suoi aspetti organizzativi e procedurali. Questo in uno con gli sviluppi normativi indirizzati alla digitalizzazione già avviati dal 2005 attraverso il Codice della PA digitale. Scrivere la storia delle dinamiche convulse e talvolta contraddittorie della legislazione attuale che connette gli aspetti dell’accessibilità della automazione e della privacy ed attualmente della “spending review” non può prescindere, come avviene in ogni processo dialettico, dall’analisi delle realtà consolidate del passato: questo per proporre una trattazione che non sia una mera cronaca, ma costituisca giuridicamente un processo ermeneutico di comprensione viva dell’attualità e di una possibile prospettazione degli sviluppi futuri. Così, escludendo i profili più strettamente tecnico giuridici, non si può che constatare quanto dal punto di vista della cultura giuridica amministrativistica abbia inciso il legislatore del 1990 con la Legge 241, vero e proprio primo avamposto della cultura dell’accesso e della trasparenza che trovò nella giurisprudenza e nella prassi prima e nelle novelle successive poi, a partire dal 2005, quegli sviluppi che nel frattempo andavano a intersecare l’attività documentale tradizionalmente cartacea con  l’attività documentale digitale, accennata dalle Leggi “Bassanini” della fine degli anni ’90 e tradotta in maniera più parcellizzata nell’ancora vigente Testo Unico della documentazione amministrativa, DPR 445/2000. Con il passaggio fulcrale del citato Codice della PA digitale è possibile riannodare i fili di un trascorso più che ventennale che parte dalla volontà di applicare i principi della democrazia partecipativa di cui la Costituzione è custode: si è parlato quindi della Legge 241 come fonte sub costituzionale, come fonte normativa sottoposta nella gerarchia esclusivamente alla Carta, in perfetta omogeneità applicativa alla sopravvenuta riforma del Titolo V che non esime le Autonomie dal rispettarne i principi e gli istituti. Le novelle ed integrazioni si sono succedute in maniera consistente a partire dal 2005 e in progressione dal 2009 in poi, producendo non poca confusione tra gli Amministratori e gli addetti ai lavori i quali hanno visto modifiche ripetute di un testo che, rimasto normativamente immutato per quasi 15 anni, viene invece ormai regolarmente intaccato attraverso norme interstiziali delle Finanziarie o di provvedimenti “omnibus”, oppure attraverso addenda particolaristici che hanno snaturato la natura di “legge principio” della fonte. I passaggi verso l’amministrazione aperta si sono rivelati come la traduzione sul web dei principi di trasparenza, accessibilità e pubblicità espressi dalla “241” in maniera straordinariamente strategica e quasi profetica, ovviamente per le non prevedibili evoluzioni dell’informatica in quel tempo. L’introduzione avvenuta con la novella del 2005 dell’art. 3 bis “uso della telematica” ha sancito l’inizio dell’evoluzione in senso digitale della Legge con sviluppi che ancora oggi è difficile prevedere: questo perché l’attività amministrativa digitale risulta consustanzialmente differente rispetto all’attività amministrativa in cartaceo e strettamente legata ai flussi trasformativi dell’informatica. In altri termini è l’evoluzione dei Sistemi che plasma il nuovo procedimento amministrativo: l’ingegnerizzazione dell’attività della PA porta a dinamiche e concetti inimmaginabili in una realtà tradizionale, tali che concetti quali provvedimento, accesso e responsabile escono completamente trasformati  in un settore dove l’automazione la fa da padrona. Questo già accade in ordine ad esempio a “provvedimenti amministrativi automatizzati” resi da sistemi di gestione delle domande di partecipazione a gare d’appalto attraverso appositi form telematici: che senso ha parlare del “classico” provvedimento amministrativo di esclusione di una istanza di partecipazione quando il sistema non accoglie la richiesta automaticamente attraverso il suo blocco? L’intervento umano viene ridimensionato per tutto ciò che concerne l’attività istruttoria, riguardando solo l’impostazione dei parametri iniziali e la gestione delle attività realizzative, che nel caso delle gare d’appalto on line si producono anch’esse in automatico. L’evoluzione però non deve tradursi in “meccanicismi” tecnologici a detrimento delle conquiste di democraticità fatte nel passato, ma deve tradurre in termini informatici i diritti imprescindibili di imparzialità, trasparenza, certezza dei tempi e delle procedure nonchè ovviamente tutela della riservatezza. Ma è nel principio di pubblicità dell’attività amministrativa che qui ci si vuole concentrare poiché l’effetto della prima evoluzione 1.0 per il settore pubblico è stato quello della visibilità delle Amministrazioni Pubbliche sul web, prima nella forma di semplice “vetrine” informative poi progressivamente, attraverso i provvedimenti normativi emanati sin dai primi anni del 2000 in linea con i documenti programmatici europei ed i relativi finanziamenti, come fonti di informazione sulla organizzazione, sull’attività degli organi politici, sui contatti nonché sull’attività ad evidenza pubblica, in ultimo per passare al rango di fonti di pubblicità formale e primaria. Con tale passaggio essenziale normativo e con le nuove linee di indirizzo europee (Europa 2020) si è aperta la fase 2.0, ove al policentrismo sperimentale si è sostituito il principio del Coordinamento, della interoperatività del riuso e da ultimo del Cloud e dell’Open Data. Proprio sul principio di Pubblicità si è iniziata a giocare la partita più consistente trasponendo lo stesso nel concetto di ispirazione anglosassone dell’Amministrazione Aperta e della “total disclousure”.     2. Verso l’apertura totale: il Decreto Trasparenza D.Lgs. n. 33/2013   Il percorso culturale oltre che giuridico verso la “total disclousure” trova con il recentissimo Decreto Trasparenza la sua massima espressione. Il Decreto è attuativo della precedente Legge “Anticorruzione” n. 190/2012, che ne delinea la cornice generale di operatività , e costruisce concettualmente il ponte tra il principio fondamentale di trasparenza dell’azione amministrativa della L. 241/1990 e l’“accessibilità  totale  delle informazioni  concernenti  l’organizzazione   e   l’attività   delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire  forme  diffuse  di controllo  sul   perseguimento   delle   funzioni   istituzionali   e sull’utilizzo delle risorse pubbliche” (art. 1 co. I). Il punto di arrivo dell’accessibilità totale, che si manifesta attraverso la pubblicità degli atti e dei procedimenti sui Siti Internet delle Pubbliche Amministrazioni, estende la tutela del controllo dai diretti interessati o controinteressati alla collettività nel suo complesso. Internet ed i Siti delle P.A. con la loro pervasività espandono naturalmente la dimensione della garanzia della trasparenza: la dilatazione degli obblighi di pubblicità dal lato dei Soggetti e delle Azioni amministrative prevista dal Decreto ne costituisce la pre-condizione. Ecco quindi che dal lato soggettivo appunto vengono contemplate tra le Pubbliche Amministrazioni, così come del resto era già avvenuto nelle normative attinenti il risparmio della spesa, non solo quelle di cui all’articolo  1,  comma  2, del  decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165 ma anche le società partecipate dalle predette e alle società da esse controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, limitatamente alla attività  di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale  o  dell’Unione europea. Tutte devono adempiere agli obblighi di pubblicità. Ancora sotto il profilo soggettivo l’art. 22 sancisce gli obblighi in capo alle P.A. di  pubblicazione  dei  dati  relativi  agli  enti  pubblici vigilati, e agli enti di diritto  privato  in  controllo  pubblico, nonché alle partecipazioni in società di diritto privato. Così i soggetti controllanti devono rendere pubblici l’elenco degli enti pubblici delle società e degli enti di diritto privato, istituiti,vigilati e finanziati ovvero  per  i quali  nominano gli amministratori dell’ente, con l’elencazione delle funzioni attribuite e delle attività  svolte  in  favore  dell’amministrazione  o  delle attività di servizio pubblico affidate. I medesimi devono fare in modo che i soggetti controllati adempiano anch’essi agli obblighi di pubblicità. Sempre dal lato soggettivo ma all’interno delle organizzazioni interessate vengono rappresentate le responsabilità: viene individuata la figura centrale del Responsabile per la Trasparenza che controlla l’adempimento  da  parte   dell’amministrazione   degli obblighi  di  pubblicazione assicurando la completezza,  la  chiarezza  e  l’aggiornamento  delle informazioni pubblicate e provvede  all’aggiornamento   del   Programma triennale per la trasparenza e l’integrità (art 43). Il Responsabile per la trasparenza si va ad affiancare agli Organismi indipendenti di valutazione che vigilano sulla trasparenza in relazione alla valutazione del Personale. Rilevanti, sotto il profilo delle dinamiche contrapposte su cui la nuova figura professionale si incunea, sono i rapporti con la figura del Responsabile Anticorruzione previsto nella Legge n. 190/2012 e con la figura del Responsabile della Privacy: con quest’ultimo le relazioni devono essere particolarmente accurate poiché partecipano alla tutela di interessi sostanzialmente contrapposti di cui il Decreto si occupa ampiamente. In ultimo va evidenziata la funzione soggettivo-istituzionale svolta dalla CIVIT che con le sue funzioni ispettive di controllo sull’adempimento degli obblighi di pubblicità su tutte le Amministrazioni ed il suo ruolo connesso di autorità nazionale anticorruzione assurge a vero e proprio garante delle condizioni di trasparenza ed accessibilità  (Art. 45) Dal lato oggettivo delle Attività amministrative vengono sancite le modalità, i tempi, le tipologie di atti e procedimenti inerenti l’obbligo di pubblicazione nonché l’accessibilità da parte del Cittadino. Centrale sotto tale punto di vista è la tematica della tutela della riservatezza che coinvolge ampiamente i quattro elementi suindicati. In ordine alle modalità quindi viene individuata nei Siti delle PA una apposita sezione denominata “Amministrazione Trasparente” nella quale vengono resi pubblici tali atti per tipologia  e secondo lo schema individuato all’Allegato del Decreto: l’Amministrazione non deve porre filtri che limitino l’indicizzazione da parte dei motori di ricerca web delle informazioni ivi contenute (Art. 9). Ecco allora che le informazioni non devono essere accessibili solo attraverso il sito istituzionale ma sono ampiamente “diffuse” telematicamente: è possibile quindi, digitando il nome di una persona, che si arrivi ad esempio all’attribuzione di un incarico di consulenza a questa da parte di una PA con indicazione dell’oggetto, del quantum e del Responsabile del procedimento di attribuzione. Ciò pone in essere un superamento della pregressa normativa (L. 69/2009) che imponeva l’istituzione da parte delle Autonomie dell’Albo On Line, il quale per le sue caratteristiche poteva essere consultato solo dal Sito della PA interessata. In prospettiva è possibile rilevare come tale diffusione degli atti ponga problemi riguardanti la tutela della riservatezza e dia la stura a miriadi di ricorsi inerenti proprio questa tutela: il Legislatore se ne è reso perfettamente conto normando all’art. 4 garanzie generali circa i dati sensibili e ponendo in capo alle Amministrazioni obblighi di non ostensibilità pubblica attraverso anche metodi di anonimizzazione. Ma non tutte le Amministrazioni allo stato attuale hanno quella sensibilità tecnica in ordine alla privacy tale da evitare violazioni ed inottemperanze in un contesto dove il confine tra lecito ed illecito è molto mobile poiché individuato da giurisprudenza multiforme ed altalenante: così capita ancora che PA vengano condannate perché hanno resi pubblici ad esempio trattamenti sanitari obbligatori di persone malate oppure dal lato giurisprudenziale vi sono opposte tendenze riguardanti la relazione lavoro-privacy a seconda se l’organo giudicante sia la Cassazione o il Garante della Privacy. La riutilizzabilità del dato amministrativo (art. 7) si colloca nel quadro delle modalità di pubblicazione e conferma quanto già previsto nel Decreto “Digitalia” ma ciò non impedisce di chiedersi in maniera chiaramente sommessa e basandosi sull’analisi delle prospettive se l’interesse economico di un’azienda che utilizza i dati pubblici sia realmente più forte dell’interesse alla riservatezza di un soggetto persona fisica o giuridica. Se infatti il termine di pubblicità degli atti è di cinque anni non è possibile poi evitare che un’azienda ri-utilizzi quel dato per un periodo superiore: allora come si individua tale prerogativa rispetto a quel diritto all’oblio di cui giurisprudenza e dottrina tanto discutono? Il lato delle Responsabilità interne da contemperare giuridicamente (Responsabile della Trasparenza e Responsabile della privacy) pone una nuova stagione di dinamiche relazionali nelle quali si possono verificare facilmente contrapposizioni ed indirizzi diversi nello stesso contesto Amministrativo sul concetto di “rilevante interesse pubblico” di cui all’art. 4 co. II, sotteso all’obbligo generale di pubblicazione. Quanto alle tipologie di atti e procedimenti da pubblicare va ribadita la funzione dell’allegato esplicativo e riassuntivo del Decreto. Le fattispecie previste nell’articolato vanno a specificare obblighi in realtà già previsti frastagliatamente in normative pregresse come ad esempio i bandi di concorso, gli elenchi dei consulenti ed i relativi avvisi selettivi, (L. n. 69/2009) i dati inerenti la valutazione e le retribuzioni del Personale e dei Dirigenti (Decreto Brunetta). La grossa novità del Decreto (art. 14) è rappresentata però dall’obbligo di pubblicazione concernenti i componenti degli organi di indirizzo politico. Le informazioni pubblicate sono estensibili, per le dichiarazioni sui redditi, addirittura al  coniuge  non  separato  e ai parenti entro il secondo grado, ove gli stessi vi  consentano. La visione del curriculum del politico in uno con i compensi anche provenienti da altre PA e i rimborsi per viaggi istituzionali, sono il testimone della volontà di accedere nei “penetrali” delle funzioni politiche su cui programmi di rinnovamento istituzionale e cronache giudiziarie degli ultimi mesi hanno insistito in maniera particolare. La pubblicità dei dati relativi all’assunzione di  altre  cariche,  presso  enti pubblici o  privati,  ed  i  relativi  compensi, costituisce poi un altro obbligo che interessa il politico e mira ad eliminare il fenomeno della pluralità delle cariche e ad evidenziare situazioni potenziali di conflitto di interessi. Altra norma di particolare importanza è quella dell’art 28 sulla pubblicità  dei  rendiconti  dei  gruppi  consiliari   regionali e provinciali al fine di verificare la pertinenza rispetto alle finalità istituzionali. La pubblicità che interessa la Politica si estende quindi agli atti di programmazione e strategici che ne sono diretta pertinenza e che riguardano soprattutto quei settori sui quali vanno ad insistere gli aspetti più delicati per la collettività e per la funzione pubblica in genere. Ecco allora che vengono sanciti obblighi di pubblicazione concernenti l’uso delle risorse pubbliche e quindi obblighi di pubblicazione del bilancio, preventivo  e  consuntivo,  e del Piano degli indicatori e risultati attesi di bilancio,  nonché  dei dati concernenti il monitoraggio degli obiettivi. Devono essere poi pubblicati i dati concernenti i beni immobili e la gestione del patrimonio. Vanno posti On Line i dati concernenti le prestazioni offerte e i servizi erogati nonchè i tempi di pagamento dell’amministrazione Quindi si individuano obblighi di pubblicazione per ambiti specifici come quelli concernenti i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, i processi di pianificazione, realizzazione e valutazione delle opere pubbliche, le attività di pianificazione e governo del territorio (artt. 39-42) In ultimo sono previste specifiche garanzie riguardanti la trasparenza del servizio sanitario nazionale, per l’elevato costo istituzionale e sociale dei relativi servizi e riguardanti la trasparenza degli interventi  straordinari  e di emergenza che comportano deroghe alla legislazione vigente,si pensi alle varie emergenze terremoto, ultima quella dell’Emilia ove la committenza è stata centralizzata funzionalmente nell’unico soggetto regionale Intercent. Compiuta qui in maniera sintetica la panoramica degli elementi soggettivi ed oggettivi del decreto trasparenza resta da analizzare l’elemento “esterno” dell’accessibilità: l’art. 4 sull’Accesso civico rappresenta, come si è detto, il ponte tra l’accesso dell’interessato ex L. 241/90 e l’accesso “diffuso” inteso come possibilità di accedere liberamente, a prescindere dall’interesse diretto e senza motivazione nell’istanza per il Responsabile della Trasparenza, alle informazioni della PA attraverso i Portali web. Il concetto di accessibilità sorto in concomitanza allo sviluppo del web e testimoniato normativamente dalla legge sulla comunicazione istituzionale n. 150/2000 si estende nel Decreto de quo attraverso la sua azionabilità dinanzi al Giudice Amministrativo da parte di chiunque e la possibilità di ricorrere al titolare del potere sostitutivo ex art. 2 co. 9 bis della “241”.     3. Conclusioni.   In questo contributo si è voluto ricostruire, in maniera sicuramente sommaria, l’albero dello sviluppo normativo dell’Amministrazione aperta sin dalle radici storiche della precedente “era della carta”. È possibile quindi compiere un’analisi di prospettiva, che si spera più consapevole possibile, tenendo in considerazione tra i vari elementi quelli normativi ancora in fieri e quelli a carattere programmatico che soprattutto a livello Europeo vanno delineando il futuro prossimo. Partendo dal dato consolidato è possibile analizzare gli elementi di sviluppo. Ecco che quindi ad avviso dello scrivente è necessario dare innanzitutto un modello di sistema al principio di pubblicità: le forme di pubblicità On Line si frammentano in miriadi di Siti di Amministrazioni insistenti in diversi comparti, settori ove l’autonomia procedurale e gestionale è garantita da norme costituzionali o di primo livello (si pensi alle Autonomie Locali e all’autonomia delle Università). Così la pubblicità, per usare una metafora geopolitica, subisce una “libanizzazione” telematica tale da portare l’Utente a vagare tra Siti, pagine internet, link di rinvio ad allegati, cui comunque il Decreto Trasparenza cerca di porre rimedio attraverso la norma di cui all’art. 6 sulla qualità delle informazioni. È necessario allora prevedere delle forme di coordinamento telematico delle informazioni attraverso Siti “contenitore” nei quali si coagulino attraverso indicizzazioni e motori di ricerca per argomento e per chiavi, magari a livello regionale, tutte le notizie di evidenza pubblica del territorio. È necessario prevedere sanzioni più pesanti riguardanti l’inottemperanza all’obbligo di pubblicità attraverso il rafforzamento della funzione ispettiva della CIVIT e la previsione di poteri sostitutivi verso i soggetti inottemperanti  anche attraverso l’introduzione dell’istituto generale del Commissariamento delle Regioni che, parallelamente a quello dei Comuni, può rappresentare l’elemento nuovo per la leale collaborazione tra i diversi livelli di Governo nelle situazioni critiche. Altro fattore di notevole spessore quanto al rispetto del principio di economicità è quello già indicato nelle norme sulla spending review della fusione ed accorpamento delle partecipate e delle società in house: la frantumazione che ne è derivata pone problemi in ordine ovviamente alla reperibilità delle informazioni ed alla loro pubblicità telematica. Non è infrequente infatti trovarsi ancora oggi a soggetti pienamente equiparabili alle pubbliche amministrazioni per quanto si è visto nel nuovo Decreto che non pubblicano alcunché delle loro attività, Gare, Consulenti etc. Dal lato gestionale è necessario rivedere il sistema polverizzato delle centrali di committenza per gli appalti e degli uffici concorsi: il modello Intercent- Regione Emilia Romagna come centrale unica a livello regionale va applicato a tutte le Regioni soprattutto in quelle in cui le infiltrazioni lobbistiche e criminali danno la stura ad ogni forma di abuso. Anche per i concorsi è necessario applicare logiche di coordinamento territoriale analoghe a quelle degli appalti e in linea con quanto già previsto per le procedure gestite dalla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione oggetto di recente riordino attraverso il DPR che ne ha rimodulato le attività selettive estendendole oltre che ai dirigenti ai funzionari delle PA centrali. In ultimo la prospettiva strategica europea ed il nuovo Regolamento Europeo sulla privacy. Europa 2020 costituisce la via da seguire cui l’Italia ha dato seguto attraverso l’Agenda digitale italiana: Open Gov. ed Open Data rappresentanto due pilastri a base delle varie iniziative che coinvolgono settori fondamentali come la sanità e la scuola e che vedono il Cloud come modalità sistemica di attuazione. Vedremo come i Governi attuali e futuri attueranno le politiche di investimento previste in tali documenti strategici, evitando si spera gli errori del passato come la scarsezza di coordinamento e quindi la perdita dell’investimento nei rivoli di un’eccessiva esternalizzazione: ad avviso dello scrivente lo Stato deve tornare ad investire su se stesso e sulle proprie risorse evitando eccessive dipendenze dall’esterno e trovando al suo interno le risorse umane, professionali e strutturali per fare meglio ed evitare pertanto tagli di nastro iniziali e successivi vuoti gestionali. Il nuovo Regolamento Europeo sulla privacy, ancora da approvare, costituisce l’ultima sfida in termini normativi e di tutela generale poiché inciderà sugli istituti del nostro Ordinamento semplificandoli ed integrandoli per una tutela della riservatezza che dal lato dei Responsabili si trasforma da mero adempimento formale a valore aggiunto sostanziale. Per la Pubblica Amministrazione il Regolamento inaugurerà una nuova stagione di relazioni soggettive ed oggettive tra il principio di trasparenza, l’Open Gov telematico e appunto il diritto alla riservatezza. Il frutto di tale confronto dovrà essere quello della collaborazione e della sinergia evitando gli avvelenamenti che si sono verificati nel passato tra contrapposizioni aprioristiche, difformità di decisioni quanto alle autorità legittimate ad emanarle, paralisi gestionali-operative nei settori e negli uffici gestori di procedimenti. L’Open Government come trasformazione culturale oltre che giuridica, possibile attraverso Internet, del fare Amministrazione spalanca le porte alla Cittadinanza 2.0 ed imbriglia, seppure non limitandola ma al contrario valorizzandola, quella democrazia digitale che talvolta disordinatamente si manifesta attraverso la natura bidirezionale pluralistica e condivisa della Rete, vero e proprio mozzo della ruota della trasformazione della nostra Società sulla quale devono essere costruiti nuovi istituti giuridici che “virtualizzino” nella realtà immateriale di Internet l’antico adagio del “Fiat Ius nec pereat Homo”.

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