Elisabetta Giovanna Rosafio è professore ordinario di Diritto della navigazione e Diritto aerospaziale presso la…
La “giustizia giusta” è digitale?
In un Paese dove una normale controversia giudiziaria commerciale dura più che in Iraq e in Togo e solo poco meno che in Afghanistan la “giustizia giusta” può essere garantita dal Processo telematico? È questo il nucleo della puntata di “Presi per il Web” di lunedì 21 ottobre. La trasmissione di Radio Radicale, ideata da Marco Perduca e condotta da Marco Scialdone, Fulvio Sarzana e Marco Ciaffone, ha fatto sedere intorno alla virtuale tavola rotonda Andrea Pontecorvo, avvocato e segretario della Camera Civile di Roma, Fabrizio Sigillò, Consigliere dell’Ordine degli avvocati di Catanzaro e presidente onorario del Circolo dei giuristi telematici, Nicola Gargano, fondatore dell’associazione Amadir e autore della “Guida pratica al Processo telematico”, e Deborah Cianfanelli, membro della direzione nazionale dei Radicali Italiani. “Al giorno d’oggi le imprese si vedono negare giustizia per il semplice decorrere del tempo, che di per se stesso è un danno economico per il cittadino e per l’impresa – ha esordito Pontecorvo – avere una differente modalità di interlocuzione con gli uffici giudiziari è vista come un’ancora di salvataggio in questo momento particolarmente drammatico, dove convivono altri elementi come l’aumento del costo della giustizia e la diminuzione del personale”. Il tema del Processo civile telematico (Pct), che sarà al centro di un convegno all’Università Europea di Roma il 12 novembre prossimo, è stato così eviscerato in molti dei suoi aspetti vantaggiosi ma anche dal punto di vista delle criticità. “Se abbiamo detto che il Processo telematico introduce un formalismo tecnologico prima sconosciuto – ha affermato Pontecorvo – non possiamo pensare che basta far girare una struttura tecnologica ed è fatta, bisogna mettere a punto un sistema di formazione e mettere in conto che coesistono due anime nell’avvocatura, una che tende ad ignorare questa problematica e l’altra che invece vi guarda con interesse . È evidente che il primo esame che dovrà essere imposto ai nuovi colleghi avvocati sarà quello dell’informatica giuridica”. Dopo di lui Sigillò: “Il sud inizialmente nasce come punto di riferimento per lo sviluppo del Processo digitale; a Catania fu aperto il primo punto d’accesso, un esempio che andava preso come riferimento per ulteriore sviluppo. Peccato che ci si è fermati lì. Sono appena tornato da Lecce dove ho scoperto che la novità del mese per quel consiglio dell’ordine sarà l’arrivo di quattro computer muniti della consolle magistrato, l’interfaccia che consente al magistrato di interagire col sistema digitale del processo. Ecco, questo è lo stato dell’arte, e a Catanzaro non siamo messi meglio”. “Soprattutto – ha proseguito Sigillò – c’è un problema di allineamento di tempi per la formazione; da un lato ci sono quelli del ministero, dall’altro i nostri, che non vanno di pari passo e noi rischiamo di ritrovarci sempre in ritardo rispetto a tante altre aree d’Italia. A Milano, Torino e Venezia, ad esempio, sono già avanti da tempo, e noi dovremmo allinearci a un sistema che va avanti da quinquenni. Non dobbiamo comunque pensare che il Processo telematico, così come la mediazione, sia la soluzione di tutti i mali, soprattutto quando le nuove procedure vengono imposte senza un percorso di formazione. Il vantaggio della telematizzazione del processo civile è semplice: è più veloce. Il problema è l’imposizione dalla sera alla mattina”. A dare un’idea delle differenze di tempistiche tra le modalità telematica e cartacea è Gargano, che fa l’esempio della “capitale del Processo telematico”, Milano: “Consideriamo che se oggi deposito un decreto ingiuntivo cartaceo al tribunale di Milano ci vogliono sei mesi, mentre col telematico in tempi si conteggiano nell’ordine dei giorni.
Grazie al processo telematico un’impresa che risiede a Milano rientra dei crediti prima di una che risiede a Roma #giustiziagiusta — PresiperilWeb (@PresiperilWeb) October 21, 2013
Poi Gargano illustra un paradosso: “Il risparmio che grazie alla dematerializzazione si è potuto ottenere nel 2012 per le spese di cancelleria è di 84 milioni di euro, a fronte del quale i costi tuttavia non solo non si abbassano, ma crescono, come l’aumento della marca da bollo che da 8 euro dovrebbe arrivare a 25 euro, almeno per quanto previsto dalla legge di Stabilità”. Dopo l’intervento dell’avvocato Stefano Corsini (“I costi delle riforme che vengono presentate come a costo zero vengono sempre scaricati sull’utenza”), la chiusura è affidata a Deborah Cianfanelli: “Al momento la telematizzazione risolve solo il lavoro esterno all’aula, che non è poco ma comunque non risolve i problemi degli arretrati e delle procedure da aula. Il Processo telematico stenta a decollare anche per i tribunali, se pensiamo che la Corte di Cassazione non usa la pec ma vuole le memorie in forma cartacea. Ecco solo alcuni dei nodi da sciogliere”.