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Il Nuovo IMAIE propone un unico soggetto per la fissazione dei compensi

L’Istituto si attiva nell’interesse di tutta la categoria artistica proponendo un nuovo organo, in rappresentanza delle collecting e soggetto alla vigilanza degli organi preposti, che raccolga e distribuisca i diritti. Contemporaneamente un preoccupante accordo tra SCF e ITSRIGHT sembrerebbe minare ulteriormente la ripartizione dei diritti connessi degli artisti di Maria Letizia Bixio Lo scorso 21 novembre, il Nuovo IMAIE, istituto di gestione collettiva dei diritti di proprietà intellettuale degli artisti interpreti esecutori, che si occupa di riscuotere e distribuire, in Italia e all’estero, i diritti derivanti dalle utilizzazioni delle opere registrate di oltre quattrocentomila tra attori, cantanti, doppiatori, musicisti, direttori d’orchestra ad esso associati, si è trovato costretto ad agire in giudizio presso il Tribunale di Roma nei confronti di SCF, principale società di collecting dei produttori discografici e ITSRIGHT, società di collecting che rappresenta alcuni produttori discografici, a seguito della liberalizzazione, unico competitor di Nuovo IMAIE per la raccolta dei diritti connessi degli artisti del settore musicale. Il procedimento d’urgenza proposto, mirava all’ottenimento di un’inibitoria –poi concessa dal giudice di Roma- per evitare che potessero essere erogate a soggetti intermediari diversi da quelli scelti dagli artisti aventi diritto, somme, spettanti agli artisti, trattenute da SCF e ITSRIGHT a seguito di un accordo tra loro firmato in nome dell’avvenuta liberalizzazione del settore. Prima di entrare nel merito della legalità di tale accordo, per meglio comprendere la gravità dello stato dell’arte e le ragioni che hanno portato all’apertura di un contenzioso, quale quello in atto, occorre fare un passo indietro alla ricerca di quelle molte, ma confuse e incomplete norme che, invece di consentire la corretta intermediazione dei diritti connessi al diritto d’autore nel mercato concorrenziale, hanno causato la paresi del sistema. Per far si che il sistema nazionale provasse ad avere una corrispondenza agli obiettivi del mercato interno dell’UE e una rispondenza a criteri maggiormente concorrenziali, seppur senza avere nessuna certezza che così facendo si sarebbe aumentata l’efficienza delle collecting dei diritti connessi, il legislatore ha operato una serie di incompleti tentativi di riforma, i cui effetti si ripercuotono fortemente sugli artisti rimasti, nell’incertezza legis, privi dei compensi loro spettanti. Un processo che ha avuto inizio lo scorso gennaio con la discussa introduzione dell’art. 39 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività (Decreto Monti per le Liberalizzazioni), con cui il legislatore italiano annunciava la liberalizzazione dell’attività di amministrazione e intermediazione dei diritti connessi al diritto d’autore di cui alla l. 633/1941, ribadendo l’importanza del corretto e concorrenziale sviluppo del mercato degli intermediari di tali diritti. L’art. 39 rinviava tuttavia ad un DPCM che meglio avrebbe dovuto esplicitare i termini di suddetta liberalizzazione, decreto che sarebbe dovuto esser emanato nei 3 mesi successivi la pubblicazione del decreto liberalizzazioni, e che invece è stato emanato solo il 19 dicembre 2012. La portata normativa di tale DPCM , “di individuazione, nell’interesse dei titolari aventi diritto, dei requisiti minimi necessari ad un razionale sviluppo del mercato degli intermediari dei diritti connessi al diritto d’autore”, e la rispondenza ai 31 requisiti minimi individuati, è stata da subito ritenuta inadeguata e pressoché inattuabile, aprendosi così la strada a nuovi lavori per un DPCM -ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2010, n. 100- di riordino della materia del diritto connesso al diritto d’autore di cui alla legge 22 aprile 1941, n. 633 e successive modificazioni, ad oggi, da mesi, in corso di esame presso il Comitato consultivo permanete per il diritto d’autore. Lo sviluppo ipertrofico delle norme elencate, lasciate senza chiarezza e senza parametri interpretativi, prelude ai molti limiti attuativi dell’annunciata liberalizzazione. La riforma ha di fatto paralizzato la funzionalità del sistema previgente, data la resistenza opposta dai produttori audio e video alla ripartizione dei diritti, dove l’incertezza normativa è stata spesso strumentalizzata per non adempiere correttamente alla ridistribuzione, ed inoltre, ha impedito la realizzazione di un nuovo scenario più concorrenziale a causa della presenza di vere e proprie barriere d’accesso per i nuovi operatori. In questo scenario non facile anche comprendere le posizioni dei singoli intermediari; Nuovo IMAIE, ad esempio, seppur dopo l’entrata in vigore dell’art. 39 abbia perso la posizione di monopolio di fatto che aveva ricoperto sin dalla prima costituzione del vecchio IMAIE, ha sempre dichiarato di non esser contrario alla liberalizzazione, purché però tale processo avvenisse nella totale trasparenza, con il coinvolgimento delle istituzioni, attraverso regole certe che tutelassero prima di tutto l’artista e il suo diritto di scelta. A tal proposito l’ente ha suggerito di istituire un unico soggetto atto a stabilire il giusto compenso, in rappresentanza delle collecting e compartecipato da queste, soggetto alla piena vigilanza degli organi preposti, che raccolga e distribuisca i compensi derivanti dai diritti connessi. In quest’ottica l’ipotesi di un pagamento diretto avrebbe il vantaggio di eliminare i troppi passaggi di denaro e la sperequazione nei confronti di artisti appartenenti a settori diversi, permettendo agli operatori di riscuotere somme anche nel caso di inerzia dei produttori; inoltre, si sanerebbero le disparità con gli artisti del settore audiovisivo, stabilendo l’irrinunciabilità e incedibilità del compenso spettante agli artisti del settore musicale, e conferendo loro il poter negoziare il proprio “equo compenso” direttamente con gli utilizzatori, senza dover transitare obbligatoriamente dai produttori discografici ovvero da collecting cui non abbiano mai conferito il proprio mandato La proposta elaborata dal Nuovo IMAIE, a seguito di un’analisi delle best practise europee nel settore, è ancora allo stato embrionale, tuttavia è auspicabile che, quanto prima, l’attenzione del governo e del legislatore gli si rivolga, nell’ottica di produrre al più presto nuove norme che sblocchino le rilevanti somme spettanti agli artisti. Tornando all’accordo concluso da SCF e ITSRIGHT lo scorso 8 novembre 2013, causa dell’azione civile promossa da Nuovo IMAIE, si ritiene che esso potrebbe pregiudicare i diritti di taluni artisti. In virtù di tale accordo sembrerebbe, da quanto denuncia Nuovo IMAIE, che ITSRIGHT abbia incassato da SCF, un acconto di 1milione e 500mila euro, su un totale di quota artista maturato da SCF successivamente al 1 gennaio 2012 pari a circa 19milioni 500mila. Nel medesimo accordo, la stessa ITSRIGHT avrebbe rinunciato a favore di SCF, a titolo forfettario, al 40% delle somme dovute agli artisti, presupponendo che molti di essi avessero ceduto il proprio diritto e che, una buona parte delle registrazioni in circolazione si riferissero ad artisti americani. Inoltre, l’accordo pare riconoscere a SCF spese di gestione del 10% e – per la prima volta – il diritto di trattenere tale 40% anche sui compensi per copia privata maturato dagli artisti. Il passaggio più controverso dell’accordo, che si spera venga quanto prima reso pubblico, sembrerebbe riconoscere al produttore mandante di SCF, cioè colui che versa il compenso spettante anche all’artista iscritto al Nuovo IMAIE, il potere di scegliere a quale intermediario pagare, venendo meno il diritto esclusivo dell’artista di decidere a quale collecting iscriversi. A questo proposito parrebbe opportuno che il legislatore torni una volta per tutte sull’annosa questione circa la natura obbligatoria o volontaria della gestione dei diritti connessi. Inoltre, ulteriore circostanza da chiarire, è il caso, previsto sempre nell’accordo e così denunciato da Nuovo IMAIE, in cui il produttore non volesse esprimere una scelta; verrebbe ipotizzata un’attribuzione ad SCF del potere di concordare una rinuncia o transazione per diritti di artisti che non rappresenta. Sebbene chiara la gravità della situazione, la complessità dei temi da affrontare e l’urgenza di un intervento da parte del legislatore che argini questi tentativi di auto-gestione d’impulso delle società stesse che, a ben vedere, risultano essere solo dannosi per gli artisti, resta ignoto l’esito della vicenda processuale. A seguito della concessione dell’inibitoria, infatti, il Tribunale aveva fissato un’udienza per la comparizione delle parti all’11 dicembre 2013 ma, dopo tale data, nessuna delle tre società di gestione coinvolte avrebbe palesato gli esiti del procedimento. Viene da chiedersi se non sia in atto una transazione o forse un accordo? Ma su quali basi? Immagine in home page: Lilmermaidsoceanofthoughts.file.worpress.com 21 dicembre 2013 LEGGI “IMAIE Vecchio e Nuovo, monopolio e liberalizzazioni: unico comune denominatore gli artisti devono essere tutelati” di Maria Francesca Quattrone

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