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“Google non può profilare senza il consenso dell’utente”, i nuovi paletti del Garante Privacy

“Gli utenti che useranno i servizi o il motore di ricerca di Google in Italia saranno più tutelati”. È con questa chiosa che l’Autorità garante per la protezione dei dati personali ha annunciato un provvedimento prescrittivo nel quale si stabilisce che il colosso di Mountain View non potrà utilizzare i dati degli utenti a fini di profilazione se non ne avrà prima ottenuto il consenso e dichiarato loro esplicitamente di svolgere questa attività a fini commerciali. Si conclude così l’istruttoria avviata lo scorso anno dal Garante italiano a seguito dei cambiamenti apportati dalla società alla propria privacy policy. “Si tratta – spiega il Garante – del primo provvedimento in Europa che, nell’ambito di un’azione coordinata con le altre Autorità di protezione dei dati europee ed a seguito della pronuncia della Corte di Giustizia europea sul diritto all’oblio, non si limita a richiamare al rispetto dei principi della disciplina privacy, ma indica nel concreto le possibili misure che Google deve adottare per assicurare la conformità alla legge. La società ha infatti unificato in un unico documento le diverse regole di gestione dei dati relative alle numerosissime funzionalità offerte, dalla posta elettronica (Gmail), al social network (GooglePlus), alla gestione dei pagamenti on line (Google Wallet), alla diffusione di filmati (YouTube), alle mappe on line (Street View), all’analisi statistica (Google Analytics), procedendo pertanto all’integrazione e interoperabilità anche dei diversi prodotti e dunque all’incrocio dei dati degli utenti relativi all’utilizzo di più servizi”. “Nel corso dell’istruttoria, caratterizzata anche da diverse audizioni con i suoi rappresentanti, Google ha adottato una serie di misure per rendere la propria privacy policy più conforme alle norme. Il Garante ha tuttavia rilevato il permanere di diversi profili critici relativi alla inadeguata informativa agli utenti, alla mancata richiesta di consenso per finalità di profilazione, agli incerti tempi di conservazione dei dati e ha dettato una serie di regole, che si applicano all’insieme dei servizi offerti”. L’Autorità ha così prescritto a Google l’adozione di un sistema di informativa strutturato su più livelli, in modo da fornire in un primo livello generale le informazioni più rilevanti per l’utenza quali l’indicazione dei trattamenti e dei dati oggetto di trattamento (come la localizzazione dei terminali e gli indirizzi IP), oltre che dell’indirizzo presso il quale rivolgersi in lingua italiana per esercitare i propri diritti; in un secondo livello, più di dettaglio, le specifiche informative relative ai singoli servizi offerti. Ma soprattutto Google dovrà spiegare chiaramente, nell’informativa generale, che i dati personali degli utenti sono monitorati e utilizzati, tra l’altro, a fini di profilazione per pubblicità mirata e che essi vengono raccolti anche con tecniche più sofisticate che non i semplici cookie, come ad esempio il fingerprinting. Quest’ultimo è un sistema che raccoglie informazioni sulle modalità di utilizzo del terminale da parte dell’utente e, a differenza dei cookie che vengono istallati sul pc o nello smartphone, le archivia direttamente presso i server della società. Consenso – Per utilizzare a fini di profilazione e pubblicità comportamentale personalizzata i dati degli interessati – sia quelli relativi alle mail sia quelli raccolti incrociando le informazioni tra servizi diversi o utilizzando cookie e fingerprinting – Google dovrà acquisire il previo consenso degli utenti e non potrà più limitarsi a considerare il semplice utilizzo del servizio come accettazione incondizionata di regole che non lasciavano, fino ad oggi, alcun potere decisionale agli interessati sul trattamento dei propri dati personali. L’area deputata a raccogliere questo consenso, si legge nel provvedimento:

deve essere parte integrante di un meccanismo idoneo a consentire l’espressione di una azione positiva nella quale si sostanzia la manifestazione del consenso dell’interessato. In altre parole, essa deve determinare una discontinuità, seppur minima, dell’esperienza di navigazione: il superamento della presenza dell’area visualizzata deve cioè essere possibile solo mediante un intervento attivo dell’utente (appunto attraverso la selezione di un elemento contenuto nella pagina sottostante l’area stessa).

Conservazione – Google dovrà inoltre definire tempi certi di conservazione dei dati sulla base delle norme del Codice privacy, sia per quanto riguarda quelli mantenuti sui sistemi cosiddetti attivi, sia successivamente archiviati su sistemi di back up. Per quanto riguarda la cancellazione di dati personali, il Garante ha imposto a Google che richieste provenienti dagli utenti che dispongono di un account (e sono quindi facilmente identificabili) siano soddisfatte al massimo entro due mesi se i dati sono conservati sui sistemi attivi ed entro sei mesi se i dati sono archiviati sui sistemi di back up. Per quanto riguarda, invece, le richieste di cancellazione che interessano l’utilizzo del motore di ricerca, ha ritenuto opportuno attendere gli sviluppi applicativi della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea sul diritto all’oblio. Google avrà 18 mesi per adeguarsi alle prescrizioni del Garante. In quest’arco temporale, l’Autorità monitorerà l’implementazione delle misure prescritte. La società dovrà infatti sottoporre al Garante, entro il 30 settembre 2014, un protocollo di verifica, che una volta sottoscritto diverrà vincolante, sulla base del quale verranno disciplinati tempi e modalità per l’attività di controllo che l’Autorità svolgerà nei confronti di Mountain View. LEGGINiente cookie senza consenso, il provvedimento del Garante privacy: ‘Un banner con le informazioni per gli utenti’ ” 21 luglio 2014

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