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Gli “Sponsored data” per i content provider, una nuova strategia per il mobile di AT&T. Ma è polemica sul rispetto della net neutrality

La compagnia americana introduce pacchetti di contenuti il cui costo in termini di traffico sarà addebitato ai fornitori. E c’è già chi punta il dito contro l’iniziativa ritenendola in conflitto con la disciplina della neutralità della rete “Da oggi per te sarà più facile godere di contenuti multimediali tramite wireless senza che ciò si traduca in un aggravio in bolletta. A pagare saranno direttamente i fornitori di contenuti”. Così AT&T, compagnia di telecomunicazioni con base a San Antonio, Texas, annuncia una nuova promozione per il clienti del suo servizio di connessione in mobilità 4G. Lo “Sponsored data” offrirà ai siti la possibilità di proporli agli utenti, appunto, come fossero pubblicità, sia tramite Web browser che tramite app. Una dinamica che, secondo AT&T, potrà portare benefici alle industrie che gravitano intorno ad un ampio ventaglio di settori, dalla salute alla distribuzione di beni e servizi, dall’intrattenimento ai servizi finanziari, finendo per stimolare l’utilizzo di servizi e dispositivi in mobilità non ancora esplorati da una fetta di consumatori.

“I clienti amano i contenuti forniti in mobilità – afferma Ralph de la Vega, presidente e CEO di AT&T Mobility – e a loro basterà guardare un’icona per capire che quei determinati contenuti sono offerti come parte del loro servizio mensile”. Poi la precisazione: “Questi contenuti sponsorizzati godranno di velocità di trasmissione pari a quelli non sponsorizzati”. Una chiosa non casuale, visto che all’entusiasmo con il quale la compagnia annuncia la sua nuova strategia commerciale si contrappone un già nutrito coro di allarmi per la compatibilità della stessa con le norme dell’Open Internet Order, emanato dalla Federal Communications Commission (FCC) nel 2010 e contenente la disciplina della neutralità della rete e non discriminazione dei servizi sul territorio statunitense. L’associazione a tutela dei consumatori Public Knowledge, ad esempio, critica da mesi la possibilità che “i fornitori di contenuti possano degradare l’offerta per la quale non pagano una tariffa a vantaggio dei contenuti onerosi”. Secondo il vice-presidente delegato dell’organizzazione, Michael Weinberg, “il piano pone inoltre una pesante barriera davanti ai piccoli soggetti che sperano di poter entrare sul mercato e diventare qualcosa di grande”. Di sicuro l’anno appena iniziato vedrà acuirsi il già acceso di battito sulla net neutrality a stelle e strisce. A rinfocolare la polemica, qualche settimana fa, è stato lo stesso neo-presidente della FCC, Tom Wheeler, il quale ha dichiarato che non avrebbe visto male l’imposizione di una tariffa da parte degli Internet service provider nei confronti di Netflix per la fornitura di una corsia preferenziale riservata agli utenti che volessero fruire con maggiore velocità e qualità dei contenuti audiovisivi messi a disposizione dalla piattaforma. Una presa di posizione che sembra contraddire lo stesso corpus normativo partorito negli anni dalla Commission. LEGGI “Il percorso della net neutrality negli Usa” LEGGI “AT&T brevetta un nuovo strumento per individuare i ‘pirati’ “ LEGGI “Deutsche Telekom, il rispetto della neutralità e i drastici tagli al personale” 7 gennaio 2014

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