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Gli Isp americani ai produttori: “Non vi daremo i dati dei nostri utenti”

Divieto_di_accesso_by_briKKa87

Comcast, Verizon, At&t, Time Warner e Cox presentano ricorso contro l’ordine di rivelare l’identità di oltre mille abbonati sospettati di aver fruito illegalmente di contenuti protetti da copyright. Secondo i provider sarebbe un illecito escamotage dei titolari di diritto per chiedere pagamenti di massa senza andare in giudizio. Una nuova puntata di una guerra ai cui margini avanzano da un lato il Six Strikes e dall’altro i dubbi sulla corrispondenza tra indirizzi IP e identità dei singoli utenti Divieto_di_accesso_by_briKKa87Da una parte ci sono i rappresentanti dei titolari di diritti impegnati nel richiedere ai provider gli indirizzi IP associati alle violazioni di copyright; dall’altra, gli stessi provider che si rifiutano di rivelare l’identità dei propri abbonati per difenderli da quella che considerano una pratica illecita. L’ultimo episodio di questa guerra vede gli Isp restare sulle proprie posizioni anche di fronte all’ordine di un giudice. Comcast, Verizon, At&t, Time Warner e Cox, come annunciato prima dell’estate, hanno infatti presentato ricorso in appello contro l’ordinanza del giudice distrettuale Beryl Howell, la quale lo scorso anno aveva imposto agli Isp di rivelare alla casa di produzione di contenuti a luci rosse Af Holdings le informazioni relative a 1.058 utenti sospettati di aver illegalmente fruito di un film protetto da copyright. L’argomento con il quale gli Internet service provider americani si rifiutano è radicale: a loro detta questa modalità d’azione sarebbe solo un espediente con il quale i detentori di diritto cercherebbero di evitare singole (e più costose) cause per violazione di copyright per richiedere a una più larga fetta di utenti un risarcimento per non essere trascinati in tribunale. Alcune associazioni come la Electronic Frontier Foundation in passato sono arrivate a definire “sostanzialmente estorsive” queste modalità d’azione, testimoniando quanto distanti siano le posizioni delle parti in gioco. Una partita che ha già una sua lunga storia: nel giugno 2012 Comcast si era rifiutata di consegnare dati alla casa di produzione Perfect 10, scontando un verdetto favorevole di un giudice di Chicago, la stessa posizione assunta da Verizon in novembre nonostante i vari subpoena, gli obblighi di un giudice in tal sensoNell’aprile scorso lo scontro era ancora tra Verizon e il produttore di contenuti pornografici Malibu Media, anche se stavolta tarato su un singolo utente texano e foriero di un inceppamento nel meccanismo del Six Strikes a stelle e strisce. La risposta dei detentori di diritti è sempre stata orientata a sottolineare come in realtà i provider, più che alla privacy dei propri utenti, sarebbero interessati ai profitti che derivano dai loro abbonamenti. C’è poi chi ha pensato addirittura di brevettare il meccanismo di invio delle lettere con le richieste di risarcimento agli utenti, come richiesto nel dicembre 2012 allo United States Patent and Trademark Office dall’organizzazione antipirateria Digital Right Corps. I dubbi sulla liceità di certi meccanismi si sommano a quelli sulla reale possibilità che gli stessi indirizzi IP possano corrispondere ad una persona fisica. Già nel maggio 2011 una corte dell’Illinois aveva stabilito che un indirizzo IP non basta ad identificare un colpevole. L’anno successivo a ribadirlo era un giudice di New York; poche settimane dopo un nuovo duro colpo dalla California e poi una nuova conferma in ottobre. Foto from brikka87 28 ottobre 2013

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