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Quintarelli: “Su Telecom non è scontato che il Governo agisca”

Stefano Quintarelli

Intervista al deputato di Scelta Civica: “Sulle trattative di cessione siamo fermi a quattro mesi fa. E Telefònica non vuole lo scorporo”. E sul Datagate: “Alcuni tipi di comunicazioni non possono passare su piattaforme che rispondono ad autorità estere. Siamo al lavoro per una legge in materia di protezione dei dati”  di Marco Ciaffone Stefano Quintarelli è stato per anni il “pioniere della rete italiana” per eccellenza, un appellativo conquistato sul campo per aver fondato, nel 1989, la prima associazione telematica studentesca italiana con l’acronimo di MI.NE.R.S. (Milano Network Researchers and Students) e cinque anni dopo il primo Internet service provider del nostro Paese, I.Net. Quasi vent’anni dopo siede in Parlamento dopo essere stato eletto tra le file di Scelta Civica. Onorevole Quintarelli, partiamo da Telecom. Abbiamo assistito nelle ultime settimane al dibattito sulla revisione della disciplina Opa e sui decreti relativi al Golden Power. Negli ultimi giorni, inoltre, il premier Enrico Letta ha incontrato l’ad di Telecom Marco Patuano e il Ceo di Telefònica César Alierta. Mettendo insieme tutte le tessere, cosa si vede nel mosaico? 

Stefano Quintarelli
Stefano Quintarelli
“Partendo dagli incontri, è difficile dire cosa possano aver significato per il percorso della trattativa, visto che al momento non se ne conoscono nel dettaglio i contenuti. Ma l’incertezza è su un piano più generale; chi può dire se il Governo deciderà di concludere il percorso sulla revisione della disciplina Opa o sceglierà di percorrere la strada tracciata dal Golden Power? Ma soprattutto, chi può dire se il Governo deciderà davvero di concretizzare una di queste due strade? Non è per nulla da escludere l’ipotesi che l’Esecutivo, alla fine, non faccia nulla di tutto questo. E anche sul fronte delle trattative, in fondo, non c’è nulla di stabilito, nulla di realmente avvenuto perché non si registrano né passaggi di titoli e diritti di voto né, a maggior ragione, passaggi di controllo. Su questo fronte siamo praticamente fermi a quattro mesi fa”. E sullo scorporo, quante possibilità ci sono che venga realizzato?  “Personalmente credo che sia la cosa più sensata da fare, per quanto complessa. Il presupposto è che le regole asimmetriche per un operatore che ha il monopolio delle infrastrutture e un’integrazione verticale portano inevitabilmente ad un vantaggio competitivo dello stesso nei confronti dei concorrenti. Tuttavia, la sensazione è quella di un categorico rifiuto di Telefònica a questa eventualità. Non dimentichiamoci che il cda di Telecom l’aveva praticamente deciso, ma poi ha fatto marcia indietro. Dal punto di vista aziendale, l’atteggiamento della compagnia spagnola appare legittimo, perché se lo scorporo avvenisse e dovesse poi rivelarsi una scelta proficua allora si verrebbe a creare un pericoloso precedente che aprirebbe la strada ad una misura analoga in terra iberica. Quindi se Telefònica dovesse portare a compimento la sua manovra di acquisizione, penso che potremmo scordarci lo scorporo”. Allarghiamo il focus sulle strategie dell’Italia connessa. Come giudica il discorso che il premier Letta ha fatto alle Camere in materia di Agenda Digitale? “Sicuramente positivo, ma solo se dopo molte parole succedono molti fatti. Serve porre attenzione a questi temi e in Italia finalmente stiamo lavorando bene. Ma occorre continuare su questa strada”. Il Governo ha sbloccato i 20 milioni per la banda larga precedentemente destinati alle tv locali. Le sembra una misura importante o un palliativo? Insomma, si investe davvero in uno dei pochissimi settori dove gli investimenti portano una crescita futura sicura?  “Sono stati trovati altri soldi da mettere sul capitolo e questa è un’ottima notizia, è una misura importante. Catricalà l’aveva annunciato e bisogna dargli atto di essere stato di parola. Dopo parecchi anni in cui se ne è parlato soltanto il tema dell’eliminazione del digital divide infrastrutturale viene seriamente affrontato e si inizia a pensare anche al tema delle reti di nuova generazione. Certo, fino alla risoluzione del caso Telecom-Telefònica è difficile che si sblocchino certe dinamiche. Semplicemente, possiamo escludere che Telefònica abbia intenzione di venire in Italia a fare reti in fibra”. Lo stesso Letta aveva dichiarato prima del Consiglio Europeo del 24 e 25 ottobre scorsi che quell’occasione avrebbe potuto rappresentare la “svolta o la tomba” per l’Agenda Digitale continentale. Cosa è stata delle due? “Sostanzialmente l’appuntamento è stato dominato dal Datagate, mentre sul pacchetto Kroes c’è stata una dichiarazione generica che non fa altro che dilazionare i tempi della sua approvazione. E secondo me ormai questi tempi si sono ridotti abbastanza da far pensare che la stessa approvazione non avverrà e il piano verrà riposto nel cassetto”. Lei e il suo collega del Partito Democratico Paolo Coppola vi siete spesi molto soprattutto in materia di identità digitale, qual è lo stato dell’arte?  “Si tratta di un sistema di identificazione federato che consente al cittadino di avere una serie di credenziali che gli permettono di avere accesso ai servizi tramite piattaforme digitali. Non è l’equivalente di un documento di identità, diciamo che ne rappresenta una porzione, come il codice fiscale. È un’iniziativa partita prima del nostro insediamento, alla quale in origine ha lavorato anche Antonio Palmieri del Pdl. Consegnammo un testo a Caio e fu particolarmente gradito; nel Decreto del Fare è stata così inserita una delega al Governo per l’implementazione delle misure da noi proposte, e un decreto legge è al momento in fase di preparazione”. Capitolo Datagate. Se dovesse riassumere in poche parole il caso italiano?  “Di sicuro è stato trattato con poca attenzione. Noi presentammo a giugno un’interpellanza urgente per richiedere al Governo di occuparsi della vicenda, ma si scelse la linea dell’attesa. Ora sembra ci sia un’inversione di tendenza e speriamo si seguano alcune best practice che altri paesi stanno delineando”. Come può un Paese difendersi dalle dinamiche di controllo emerse dalle rivelazioni di Edward Snowden? “In senso generale, servono sistemi di controllo all’altezza delle nuove possibilità di circolazione dei dati incamerati da un gran numero di sistemi e che vengono trattati da parecchie persone. Una circolazione che avviene su scale impensabili fino a poco tempo fa. Occorre ristabilire la fiducia tra chi tratta i dati e chi controlla chi tratta i dati. E serve anche ristabilire una certa sovranità tecnologica per minimizzare il rischio di cessione a intelligence terze di dati italiani. Faccio un esempio: se qualcuno si collega al vicino di pianerottolo magari il suo traffico dati passa da Londra e quindi per i server di un provider che risponde alle leggi di un altro paese, quello nel quale risiede. Ci sono alcune comunicazioni che è bene sfuggano a questa dinamica e passino solo attraverso fornitori italiani e non attraverso sistemi che sono soggetti a servizi di intelligence estera. Lo stesso discorso vale per le piattaforme di mailing. Per determinati tipi di comunicazioni bisogna assicurarsi che il traffico rimanga all’interno del Paese, ma bisogna capire che anche all’interno dei confini nazionali si pone questo problema con operatori internazionali. In questo senso stiamo preparando un progetto di legge che bisogna ben calibrare perché, ovviamente, ci sono parecchie regole e trattati internazionali da tenere in considerazione”. LEGGI: Rapporto della DG Internal Policies su attività di spionaggio USA e loro impatto sui diritti fondamentali dei cittadini europei Il Copasir ha espresso la volontà di ascoltare Edward Snowden e Glenn Greenwald a Mosca, che ne pensa? “Che sarebbe una gran cosa, sono delle fonti di dati importanti ed è giusto prendere in considerazione l’idea di ascoltare direttamente loro. A livello logistico non credo gli intoppi possano essere insormontabili, anche se di sicuro ci sarà da gestire la logistica di un incontro che prevede diversi nulla osta da più soggetti”. 4 novembre 2013 LEGGI anche: Il Golden Power del Governo italiano nell’acquisizione di Telecom da parte di Telefònica di Elena Maggio Telecom, Gambino: “Il potere di veto va preferito alla revisione Opa, che è rimedio residuale”

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