La Prof.ssa Virginia Zambrano è PhD in Diritto Civile presso l'Università di Napoli, attualmente è docente…
Nuove categorie per il diritto? Serve il Corpus digitalis
di Ferdinando Tozzi [*] Il digitale e le c.d. nuove tecnologie (che ormai tanto nuove non sono, essendo integrate nel nostro quotidiano) hanno portato un radicale mutamento delle piattaforme di fruizione nonché di produzione delle opere dell’ingegno. In particolare, per le loro caratteristiche le nuove tecnologie hanno, spesso, determinato un grande malinteso: ovvero che tutto il materiale reperibile in rete sia liberamente appropriabile, solo in ragione della immaterialità, della mancanza di un c.d. corpus mechanicum. Al contrario, la rete deve essere una evoluzione dei precedenti strumenti di fruizione (ed anche di creazione) delle opere dell’ingegno, le nuove tecnologie ci pongono infatti innanzi ad una serie di problematiche, legate proprio al passaggio all’ambiente digitale/on line che ha creato enormi disarmonie. Bisogna però comprendere cosa è lecito nel nuovo ambiente digitale. Quali siano i contenuti legittimi e quale sia invece un’ attività di pirateria. Bisogna avere certezza del diritto. Il rischio è che se tutto è vietato tutto nella pratica diviene permesso. Infatti proprio da una situazione di divieto deriva ad esempio il fenomeno della c.d. “pirateria altruistica”, sempre pirateria ma mossa dalla volontà dei privati di diffondere e scambiare opere on line non a scopo di lucro, ma per informazione e studio. Anche il trasferimento mortis causa di un file contenente un’opera dell’ingegno, pur se “logicamente” legittimo, potrebbe essere un atto di pirateria…altruistica! Siamo infatti innanzi ad un diritto a “due teste”: off line, il bene materiale ove è fissata un’opera dell’ingegno sarà liberamente trasferibile; on line, il supporto digitale no; proprio perchè digitale, proprio perchè contiene informazioni sui diritti che limitano il suo utilizzo. In questo contesto le opere musicali sono una peculiare esemplificazione del menzionato diritto a due teste. Esse trovano un sistema economico fertile; oggi sul mercato è disponibile una enorme varietà di “negozi web” di download, servizi in abbonamento e offerte di musica in streaming ed assistiamo nel frattempo ad una rapida espansione dei social network e dei canali video online; inoltre internet mette a disposizione dei musicisti di tutto il mondo una piattaforma senza precedenti per raggiungere i propri fan e i propri mercati. La musica – contenuto per eccellenza – contribuisce così ad incrementare l’enorme diffusione e popolarità di nuovi strumenti tecnologici di ascolto, di fruizione: dagli smartphone alle cuffie portatili e dunque ad incrementare lo sviluppo dell’industria dei contenuti. Insomma, la musica non muta, ciò che cambia è il modo di diffusione, fruizione e creazione delle medesima. Proprio in tale contesto di forte asimmetria tra on line ed off line resta – fra le altre – aperta la questione dei termini di acquisto di tali “beni”, ed in particolare appare opportuno chiedersi cosa accade alla morte dell’acquirente del file digitale ove è fissata un’opera dell’ingegno (avendo chiaro che si parla impropriamente di titolare del diritto di autore, posto che chi acquista una riproduzione di un’opera dell’ingegno non diviene titolare dei diritti di autore in quanto acquista un diritto personale di godimento, più o meno delimitato, dell’opera). Risulta davvero complesso comprendere con chiarezza cosa accade a tutta la congerie di file riproducenti opere dell’ingegno che un soggetto ha acquistato. E’ però importante aver chiaro che all’interno di un opera si usano distinguere tre componenti: a) l’idea, b) l’espressione dell’idea, c) il supporto materiale. Come detto, il diritto d’autore non tutela le idee in quanto tali ma il modo in cui è espressa un idea, la sua forma. Oggetto del diritto d’autore è dunque l’opera dell’ingegno quale bene immateriale distinto dal possesso (od anche dalla proprietà) del mero supporto (cartaceo, fisico, meccanico, magnetico, digitale) sul quale l’opera è fruibile. Il supporto in quanto tale è infatti di proprietà di chi lo acquista, ma laddove la fissazione dell’opera dell’ingegno è avvenuta non su di un supporto materiale ma digitale (ad esempio per il downloading di file in rete oppure, ancor di più con lo streaming), il c.d. “acquisto” può essere più che altro considerato un noleggio vita / “account” natural durante. Dunque, riprendendo il discorso della forma, ad avviso di chi scrive è necessario aggiungere alla classica divisione tra corpus mysticyum (l’opera dell’ingegno tutelata dal diritto di autore) e corpus mechanicum (il supporto materiale ove è fissata l’opera dell’ingegno) un terzo genere che chi scrive si è permesso di definire: il corpus digitalis ove non solo, ovviamente, con il suo trasferimento non si determina il passaggio di alcun diritto di autore, ma si rappresenta una sorta di proprietà a tempo, di licenza personale, ancora meglio un diritto personale di godimento legato all’account, ormai vera e propria seconda identità – da molti appunto definita “digitale” -, per cui mentre un libro (classico corpus mechanicum) si può cedere, come bene, i file (in quanto corpus digitalis) scaricati in rete no o almeno non sempre. Volendo allora affrontare – rebus sic stantibus – la situazione con un approccio eminentemente pratico appare chiaro che allo stato – in attesa di un intervento normativo che supporti l’evoluzione tecnologica – resta il corpus mechanicum l’unica concreta soluzione; essendo il diritto personale di godimento intrasmissibile, moritur cum persona, così come gli account. A meno che con l’acquisto si conceda il diritto di salvare su supporto materiale la fissazione digitale ed allora è evidente che il supporto sarà trasmissibile come bene materiale, con buona pace del cloud etc.. Pertanto, compatibilmente con le misure tecniche di protezione (d.r.m.) – che sono tecnologie di gestione e protezione per lo più contro atti di pirateria, determinando i limiti all’utilizzo del file –conviene:
- salvare i file su un cd o altro supporto materiale o, sempre laddove possibile, stampare. Insomma, nell’era del tecnologico, eccoci forse costretti ad usare i buoni vecchi metodi!
- altra possibilità, sempre eminentemente pratica, è di trasferire l’account, ma il più delle volte le licenze sono personali.
- terza possibilità è mutare l’approccio al concetto di titolarità, da considerarsi, almeno in alcuni casi, non più nella sua accezione classica ma come un diritto a fruire di un servizio, un diritto di godimento limitato.
Appare però chiaro come il digitale è e deve essere una formidabile occasione di sviluppo dell’industria culturale e del suo indotto e ciò può avvenire, ad avviso di chi scrive, solo con un giusto bilanciamento tra l’interesse dei titolari ad avere il controllo dell’opera e dei consumatori a ridurre al la portata monopolistica dell’esclusiva. Bisogna però garantire una adeguata informazione ed educazione dei consumatori ed operatori sui loro diritti e doveri, su cosa acquistano, sul tipo di supporto che si connota per i diritti che esso può permettersi, strumentalmente, di garantire all’acquirente. Serve una cooperazione tra titolari e industrie di settore per promuovere – anche tramite le eccezioni e limitazioni al diritto di autore – l’accesso ai contenuti on line in modalità sicure e chiare, così da avere un nuovo diritto di autore nel quale le tecnologie siano messe al servizio della persona umana e della sua elevazione materiale e spirituale. [*] Il contributo è stato originariamente pubblicato sul quotidiano online TechEconomy 22 ottobre 2014