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Pirateria in Uk, l’advisor di Cameron: “Il bastone nei confronti degli Internet Service Provider che agevolano l’illegalità”

Mike Weatherley

Mike Weatherley, deputato tory diventato consigliere del premier in materia di tutela della proprietà intellettuale nel settembre scorso, entra a gamba tesa in un dibattito orientato alla riforma della disciplina del diritto d’autore nel Regno Unito: “Anche l’industria creativa deve fare la sua parte, diventare più flessibile e scrollarsi di dosso i vecchi dogmi. L’industria musicale, ad esempio, ha perso anni dicendo ‘no’ al posto di ‘come?’ “ “Se in materia di lotta alla pirateria non dovessero funzionare né l’educazione né l’approccio della ‘carota’, bisognerà usare il ‘bastone’. Il governo sarà chiamato ad intervenire posizionando i necessari meccanismi di controllo al loro posto, il che include anche ritenere gli Internet Service Provider responsabili se facilitano consapevolmente le pratiche di download illegale e non prendono provvedimenti per fermare queste forme di pirateria”. Così Mike Weatherley, il deputato conservatore nominato nel settembre scorso advisor sulla proprietà intellettuale del premier David Cameron, in un articolo pubblicato sulla rivista della World Intellectual Property Organization. Weatherley, 56 anni, già vice presidente della Motion picture licensing company, non usa mezze misure nel tentativo di rispondere a due domande:

“Qual è il giusto approccio nella tutela della proprietà intellettuale e come dovrebbero essere applicati certi diritti? C’è bisogno del coinvolgimento del governo, dei player dell’industria o una miscela di entrambi?”.

Dopo aver bollato come “inadeguati anche per l’era analogica” alcuni set di diritti riguardanti l’industria creativa e aver ricondotto alla necessità che il dibattito in materia abbia una dimensione europea, Weatherley punta il dito proprio verso i produttori e i distributori di contenuti: “Alla fine della giornata, l’industria creativa deve assumersi la responsabilità per la sua incapacità di tenere il passo con l’era digitale. La tecnologia metterà a disposizione sempre nuovi modi per accedere ai contenuti, e se i creatori non inizieranno ad abbracciare queste tecnologie lasceranno ai gruppi di interesse dei ‘diritti aperti’ il potere di dettare i tempi e le modalità del mercato. L’industria creativa è la sola responsabile del suo non evolvere abbastanza velocemente. L’industria musicale, ad esempio, ha perso anni dicendo ‘no’ al posto di ‘come?’ “.

Mike Weatherley
Mike Weatherley
Un invito ad un adeguamento tecnologico al quale si affianca quello ad una maggiore presenza in termini di rappresentanza di interessi e “più aggressivo sostegno” ai diritti di proprietà intellettuale: “Nel 2010 – scrive –  al Worldwide Internet Governance Forum delle Nazioni Unite tenutosi a Vilnius, Lituania, è stato scioccante vedere come nessuno dell’industria o del governo fosse presente per sostenere la tutela dei diritti di proprietà intellettuale. Al contrario, i membri del Partito Pirata erano lì nel pieno delle forze per sostenere che tutti i contenuti dovrebbero essere rese disponibili gratuitamente”. E ancora: “I titolari di diritti devono rendersi conto che il loro ruolo è fondamentale in questa partita; l’industria parla a se stessa con grande capacità ma non riesce a fare altrettanto all’esterno, finendo per perdere la guerra della propaganda”. Agli esempi sui modelli di maggiore “flessibilità” che l’industria creativa “deve adottare per essere parte della soluzione”, il consigliere di Cameron fa seguire i “tre fronti d’azione” per una riforma della disciplina del diritto d’autore nel Regno Unito volta a bilanciare tutele per chi produce e l’accesso ai contenuti: “Educazione, bastone e carota”. “L’educazione è il primo passo fondamentale, occorre far capire al consumatore che non pagando i contenuti si incoraggia la produzione di beni di bassa qualità. La ‘carota’ consiste nel cambiamento di alcune pratiche dell’industria, alla quale si chiede uno sforzo volto a mettere a disposizione del pubblico una sempre maggiore quantità di offerta legale, abbandonando i vecchi dogmi e abbracciando nuove soluzioni come le licenze multi-formato per l’industria cinematografica domestica e piattaforme come Spotify e Bloom.fm. L’industria deve quindi assumere un ruolo guida e dare ai consumatori quello che vogliono in un mercato in rapida evoluzione, deve assicurarsi che la ‘carota’ sia attraente . E poi, se tutto il resto fallisce, dovrà intervenire un supporto legale da parte dei legislatori”. La politica del ‘bastone’ è invece riassunta nelle intenzioni in materia di responsabilità degli Isp sopra menzionate, dopo le quali Weatherley chiosa: “Il settore creativo in tutti i paesi è un contributo significativo al PIL. Per prosperare la società ha bisogno di premiare chi crea”. L’advisor di Cameron sembra quindi alzare l’asticella in vista di un 2014 che sarà molto probabilmente dominato dal dibattito che condurrà all’adozione del Digital Economy Act (Dea), la nuova legge antipirateria per il Regno Unito che tuttavia non vedrà la luce prima del 2015. Il cammino di questa iniziativa legislativa è iniziato con l’approvazione della “cura Mandelson” nell’aprile del 2010, ma al fianco di infuocate polemiche per le misure di takedwon previste nel testo sono arrivate nel tempo anche azioni legali come il ricorso presentato nel giugno 2011 dai provider British Telecom e TalkTalk, iniziativa respinta nel marzo dell’anno successivo. Nell’aprile 2012 l’entrata in vigore della legge slittava al 2014mentre venivano pubblicate le linee guida sulle quali sarebbe stato messo a punto il testo. Nel giugno 2013 un nuovo rinvio, con le tempistiche della nuova legge che appaiono chiare anche in dichiarazioni come quella rilasciata da Campbell Cowie dell’Ofcom nel maggio scorso in occasione del workshop organizzato dall’Agcom alla Camera dei deputati:

“Dobbiamo avere la massima cautela su tutti i punti critici che riguardano il confine tra consumo ed infrazione. Esiste la necessità di valutare caso per caso per conoscere a fondo chi è che viola le regole e quale reale danno può arrecare all’industria. Questo per scongiurare decisione eccessive e talvolta inutili. È per questo che in Uk non avremo una nuova legge prima del 2015″.

Nel frattempo, le autorità di polizia hanno creato “reparti speciali” come la Police Intellectual Property Crime Unit (Pipcu) operativa all’interno del corpo polizia di Londra e impegnata nella repressione dei reati di violazione del diritto d’autore online con pratiche che arrivano anche all’ordine di oscuramento dei domini avanzato direttamente ai registar. Foto: 2.bp.blogspot.com  28 dicembre 2013

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