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FOIA, Ascani: “Il diritto ad uno Stato trasparente non può ledere il diritto ad uno Stato sicuro”

Anna Ascani

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Il deputato del Partito Democratico sull’emendamento approvato al Ddl di riforma della Pa: “È stato ritenuto necessario coordinare questo istituto con quello dell’accesso civico, introdotto con il d.lgs. 33/2013, e con il diritto di accesso ai documenti amministrativi di ex artt. 22 ss. l. 241/1990, nonché agli accessi previsti da discipline settoriali. Sarebbe auspicabile che anche il Legislatore nazionale scegliesse un metodo di exemptions improntato alla tassatività” di Marco Ciaffone Il 2 luglio scorso presso gli Archivi del Quirinale si è tenuto il Convegno “Patrimonio culturale digitale tra conoscenza e valorizzazione“, sull’attuazione della Direttiva 2013/37/UE (nuova Direttiva PSI in materia di riutilizzo dell’informazione nel settore pubblico), organizzato dall’Accademia Italiana del Codice di Internet. Ai lavori è intervenuto anche il deputato Pd e consigliere politico per l’Agenda Digitale del Ministro per la Pa Palo Coppola, il quale, insieme alla collega Anna Ascani, ha recentemente ottenuto una grande conquista: l’approvazione di un emendamento al ddl Madia che introdurrebbe in Italia i principi del Freedom of Information Act (FOIA). Ed è proprio Ascani ad aver rilasciato un’intervista a Dimt nella quale spiega alcuni dettagli dell’iniziativa. Onorevole, innanzitutto qual è la ratio dell’emendamento? Anna AscaniIl lavoro portato avanti in questi mesi è stato articolato ed ha raggiunto lo scopo che, insieme all’On. Coppola, intendevamo perseguire: consentire ai cittadini una maggiore libertà nell’accesso agli archivi della Pa. È questa la ratio dell’emendamento che abbiamo proposto, sebbene l’architettura immaginata sia più complessa di quanto si possa spiegare in poche righe: è stato ritenuto necessario, infatti, coordinare questo istituto con quello dell’accesso civico, introdotto con il d.lgs. 33/2013, e con il diritto di accesso ai documenti amministrativi di ex artt. 22 ss. l. 241/1990, nonché agli accessi previsti da discipline settoriali. Negli ultimi anni il tema dell’accesso alle informazioni detenute dalle Amministrazioni, infatti, è stato posto al centro dell’attenzione del Legislatore nazionale che, in questo senso, ha attuato numerose riforme. Tuttavia ancora mancava una disposizione normativa che, pur consentendo l’apertura ai dati e ai documenti detenuti dalla Pa, prevedesse anche un sistema per garantire l’effettività di questa prescrizione, introducendo esplicitamente delle sanzioni a carico degli enti che non adempiono agli obblighi previsti. Da anni soggetti come Foia4Italy si battono per questo passaggio, che ruolo ha avuto la cd “società civile” in questo percorso? Il contributo della società civile è stato ed è indispensabile: le leggi sono pensate per migliorare la vita dei cittadini e noi rappresentanti abbiamo il dovere di ascoltare le esigenze che ci si prospettano. In questo caso i promotori di Foia4Italy hanno messo in campo l’esperienza accumulata in anni di attivismo in favore della libertà d’informazione e diritto alla trasparenza. Una prima versione di FOIA è stata proposta dall’associazione all’Intergruppo per l’Innovazione Tecnologica della Camera dei Deputati. Le linee guida sono state condivise ed emendate grazie al contributo dell’ufficio legislativo della Camera e di esperti del settore. Ho potuto quindi personalmente annunciare, presso il Festival del Giornalismo di Perugia nell’aprile scorso, che grazie all’attivismo delle associazioni e alla collaborazione con il legislatore, il FOIA sarebbe stato incardinato nella riforma della Pa. Continueremo ad ascoltare le istanze delle associazioni su questo tema e non solo, tanto più che la tecnologia ha ormai consolidato canali di comunicazione con i cittadini che, su queste materie, sempre più chiedono norme moderne, di larga applicazione e di semplice utilizzo. Quali sono ora i prossimi passi istituzionali? L’emendamento proposto s’incardina in un disegno di legge, quello della riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche, che ha l’ambizione di affrontare, tra gli altri, il tema della semplificazione amministrativa in tutti i suoi aspetti. Il disegno di legge è stato approvato in Senato il 30 aprile scorso, dopo aver acquisito i pareri di tutte le Commissioni permanenti. Lo stesso percorso sarà seguito anche alla Camera dei Deputati: confidiamo che il Decreto Legislativo, che regolerà l’attuazione della materia, sarà la naturale ultima tappa della trasposizione dei principi ispiratori, che abbiamo condiviso con l’associazione Foia4Italy sin dall’inizio del percorso. Cosa vi aspettate da un Paese “trasparente”? E quali sono le priorità in termini attuativi per rendere effettiva ed efficace questa disclosure? Penso ad esempio a standard di pubblicazione per il riuso dei dataset. In primo luogo uno Stato trasparente garantisce a tutti i cittadini il right to know e, quindi, consente loro l’accesso a tutti i documenti e le informazioni detenute dalla Pa in modo gratuito e digitalizzato. Questo obiettivo potrà essere facilmente raggiunto se verranno confermate alcune disposizioni che, a mio avviso, contribuiscono a rendere effettiva la pubblicazione delle informazioni richieste come, ad esempio, la norma che prevede l’applicazione di sanzioni alle Pa che ritardano o omettono l’adempimento di questo obbligo. Il riuso dei dataset è un passo successivo, e non necessariamente l’obiettivo ultimo: favorire il riutilizzo dei dati e stimolare la ricerca e le iniziative imprenditoriali, infatti, non presuppone esclusivamente l’adozione di standard di pubblicazione specifici ma, ancor prima, un’attività di pubblicazione dei dati costante e conforme alle prescrizioni normative. Esiste il rischio che le eccezioni alla pubblicazione dei dati (ad es. per esigenze di sicurezza nazionale) possano essere utilizzate per “azzoppare” una tale conquista? E se si, come ci si difende? Il rapporto tra trasparenza e sicurezza nell’epoca dell’informazione è una questione d’importanza mondiale: si pensi per esempio all’accesissimo dibattito statunitense sul Patriot Act, che in quel caso riguarda il punto di vista opposto rispetto ad un FOIA, cioè il diritto, che lo Stato si arroga a fini di sicurezza, di ledere in certa misura la privacy dei cittadini. Pertanto, appare chiaro che il diritto ad uno Stato trasparente non può ledere il diritto ad uno Stato sicuro: sicurezza e protezione dei dati personali devono essere congruamente bilanciati ad una lettura normativa del quadro generale. Per questo motivo, analogamente a quanto previsto in altri ordinamenti, sarebbe auspicabile che anche il Legislatore nazionale scegliesse un metodo di exemptions improntato alla tassatività. È inevitabile che spetterà poi al Giudice stabilire, in ogni e singolo caso concreto di cui si dubiti, quale degli interessi in gioco meriti di essere tutelato: è anche per questo motivo che nelle proposte avanzate c’è anche quella di una maggiore semplificazione dell’accesso ai rimedi stragiudiziali e giudiziali in caso di controversie insorte tra cittadini e Pubblica Amministrazione. Tra FOIA e Dir. PSI c’è una forte connessione: pensa sia possibile garantire un bilanciamento tra accesso ai dati pubblici e tutela del patrimonio (in particolare culturale) delle Pa? Il right to know e il diritto al riutilizzo dei dati pubblici per finalità commerciali sono temi complementari e, probabilmente, anche interdipendenti: non è detto che chi accede ai dati decida di riutilizzarli per trarne un profitto ma è certamente vero che non potrebbe compiere questa scelta se non gli venisse assicurato, in primo luogo, l’accesso nei termini in cui l’ho descritto. È vero anche che il riutilizzo dei dati non ne comporta necessariamente una cattiva gestione. L’ampliamento dell’obbligo di pubblicazione dei dati alle Istituzioni culturali deve essere visto come un vantaggio per la collettività in termini di diffusione della conoscenza e promozione della cultura: sono certa che un bilanciamento delle diverse esigenze sia possibile. Anche per la tutela del patrimonio culturale, dunque, non potranno che valere le considerazione poc’anzi svolte. Ritiene che sia possibile pensare ad un regime di accesso differenziato tra chi accede per conoscere e chi accede per sfruttare i dati commercialmente? Come già detto, le due situazioni sono diverse e non necessariamente consequenziali. Quindi, ritengo che dinanzi a situazioni diverse debba essere applicata una diversa disciplina: con quali modalità, questo dipende molto dagli spazi che ci si riuscirà a ritagliare rispetto agli obblighi imposti dalla Direttiva 2013/37/UE. Il Prof. Gambino durante il prima citato convegno ha lanciato la proposta di un Osservatorio per il monitoraggio della digitalizzazione del patrimonio culturale del nostro Paese, aperto a esponenti delle istituzioni, giuristi e associazioni, cosa ne pensa?  Se è importante il contributo della società civile, lo è ancor di più quello di esperti e tecnici della materia, non fosse altro per garantire la coerenza del sistema e, di conseguenza, la sua tenuta nel tempo. Un’attività di monitoraggio consentirebbe a noi rappresentati di avere costantemente una cartina di tornasole sulle scelte legislative compiute e, pertanto, anche la possibilità di intervenire – se necessario – per apportare delle modifiche alle scelte già operate.

9 luglio 2015
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