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Processo telematico, Panzani (Pres. Corte d’Appello di Roma): “Troppo poco si è fatto per garantire la completa attuazione”

Il Presidente della Corte d’Appello Capitolina alla inaugurazione dell’anno giudiziario: “Alcune delle incertezze riguardano la solidità della rete Giustizia nel momento in cui con l’attuazione del processo telematico essa deve sopportare carichi sempre maggiori. All’auspicato intensificarsi dell’utilizzo dello strumento informatico nel processo civile, si accompagna un deciso calo di prestazioni”. Il procuratore generale Antonio Marini ha invece rivolto la sua attenzione alle misure antiterrorismo che intervengono sulle comunicazioni via Internet: “Il web costituisce un mezzo potente di propagazione della minaccia portata dall’Isis nel mondo Occidentale. Vi è la necessità di rafforzare gli strumenti normativi in materia per affrontare con più efficacia questo grave e insidioso fenomeno”

“In civile come in penale è essenziale assicurare l’efficienza delle strutture e dei servizi e dunque intervenire sulle carenze di personale e sull’informatica. Poco, troppo poco si è fatto per coprire le 8mila vacanze di personale amministrativo delle cancellerie e per assicurare la completa attuazione del processo telematico, sia civile che penale”. Così il Presidente della Corte d’Appello di Roma, Luciano Panzani, nella relazione con la quale è intervenuto alla odierna inaugurazione dell’anno giudiziario nella Capitale. Il processo telematico è al centro di una dura riflessione all’interno delle conclusioni: “In penale esso resta meramente sperimentale, salvo che per le notifiche a persona diversa dall’imputato, mentre per il civile vi sono ancora troppi segmenti della riforma che non sono attuati. Dal 1 gennaio 2015 è divenuto vincolante nei Tribunali il deposito delle memorie endoprocessuali e di numerosi atti del curatore e nelle esecuzioni civili, dopo che vi era stato uno slittamento, restringendo ai soli fascicoli nuovi tale obbligo originariamente previsto per il 1 luglio 2014. Per il giudizio di appello la consolle del magistrato non è ancora adeguatamente sviluppata ed allo stato presenta carenze gravi che mettono in pericolo lo stesso rispetto della scadenza del 30 giugno 2015 fissata dal legislatore. Com’è stato esattamente osservato da alcuni magistrati, lo slittamento di alcune delle originarie scadenze previste per l’entrata in funzione di taluni dei servizi del processo telematico, non è stata occasione per l’adozione di un piano di miglioramento. Si può anzi dire che c’è stato un progressivo decadimento dei servizi”. “Altre incertezze – prosegue l’intervento – riguardano la solidità della rete Giustizia nel momento in cui con l’attuazione del processo telematico essa deve sopportare carichi sempre maggiori. All’auspicato intensificarsi dell’utilizzo dello strumento informatico nel processo civile, si accompagna un deciso calo di prestazioni. È esperienza quotidiana per gli avvocati tentare l’accesso ai servizi ed essere rifiutati, spesso per time-out, a volte senza spiegazioni; ancora peggio accade che le operazioni telematiche degli avvocati si interrompano durante la esecuzione, costringendo a ripetere le procedure. La stessa cosa accade alle Cancellerie, mentre i provvedimenti dei giudici spesso spariscono e vengono recuperati manualmente o riavviati, con enormi incertezze e dispendio di tempo e risorse. Lo stesso successo dello strumento informatico ne mette in evidenza le criticità. L’utilità, ormai necessità, della base-dati giudiziaria genera un numero impressionante di interrogazioni, un numero che le attuali strutture non sono sempre in grado di gestire. Al potenziamento della rete e delle infrastrutture non si è pensato per tempo, nemmeno nei sei mesi di sostanziale, ed opportuno, rinvio dal 30 giugno della obbligatorietà delle memorie telematiche”. Il Presidente chiosa successivamente: “Anche la formazione dei magistrati è insufficiente. Va poi aggiunto che il processo telematico è stato studiato più per porre rimedio alle insufficienze delle cancellerie che per fornire uno strumento efficiente al giudice. Esso in molti casi, pur rappresentando un innegabile progresso per gli utenti del servizio giustizia, si risolve in un aggravio di lavoro per il magistrato che impiega più tempo di quanto era richiesto per redigere un analogo provvedimento cartaceo. Anche la consultazione dei documenti e degli scritti difensivi su file richiede un mutamento di mentalità ed uno sforzo non sempre facili, soprattutto per i magistrati meno giovani. Queste difficoltà, aumentate dall’indisponibilità in molti uffici di schermi per computer di dimensioni adeguate, possono trovare più agevole soluzione per mezzo dell’impiego degli stagisti, in numero di due per magistrato, reso possibile dall’art 73 l. 69/2013, come modificato dall’art. 50 d.l. 90/2014, per la durata di 18 mesi con la costituzione dell’Ufficio del processo. Si tratta di un’ importante innovazione, fortemente voluta dalla magistratura, la cui attuazione va salutata con soddisfazione. I giovani che opereranno negli uffici in veste di assistenti del giudice, potranno effettuare ricerche e studi e redigere bozze di provvedimenti. Si tratta dell’unica misura concreta di cui ad oggi si dispone per assicurare un aumento della produttività perché i giudici ausiliari previsti per le corti di appello non saranno operativi, per i tempi necessari per l’espletamento dei concorsi, prima della seconda metà del 2015”. “Il processo telematico, insieme all’ufficio del processo, è una delle riforme epocali da sempre chieste dalla magistratura. Sarebbe grave se l’attuazione fosse pregiudicata dalla mancanza di personale e di spazi adeguati cui il Ministero della Giustizia, come ho più volte chiesto, può e deve porre rimedio”.

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Web e terrorismo – Il procuratore generale presso la Corte di Appello di Roma Antonio Marini ha invece rivolto la sua attenzione alle misure antiterrorismo che intervengono sulle comunicazioni via Internet: “Purtroppo sono sempre più numerosi in Italia e in Europa i soggetti vicini alle posizioni più radicali dell’estremismo islamico che possono essere considerati a rischio, dai convertiti ai predicatori, dai migranti di seconda generazione ai reduci dai teatri di guerra. La stragrande maggioranza di loro si radicalizza sul web, attingendo dalla propaganda dei siti e dei forum jihadisti presenti in rete. Il web costituisce un mezzo potente di propagazione della minaccia portata dall’Isis nel mondo Occidentale. La capacità diffusiva della rete, anche se non è un fatto nuovo, costringe a fare i conti con la dimensione pervasiva e di massa che ha assunto il fenomeno della cooptazione e del reclutamento attraverso Internet, nel quale il contatto con l’aspirante jihadista non richiede né strutture, né articolazioni organizzative complesse”. “L’elenco dei soggetti più a rischio e quello degli ambienti dove è più radicato l’estremismo è fluido – ha così chiosato Marini – e perciò va costantemente aggiornato in base alle informazioni raccolte con le indagini sul territorio, il monitoraggio della rete, le informazioni provenienti dagli apparati di sicurezza e lo scambio di informazioni tra le forze di polizia, anche di altri Paesi. Vi è la necessità di rafforzare gli strumenti normativi in materia di terrorismo per affrontare con più efficacia questo grave e insidioso fenomeno, elaborando nuove norme che sembrano in arrivo, come è stato annunciato dal ministro dell’Interno Angelino Alfano, che tengano conto della evoluzione della minaccia terroristica”. 24 gennaio 2015

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