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Il Cardinale Ravasi: la civiltà della memoria contro la frenesia virtuale

di Eduardo Meligrana   “Per evitare il dissolvimento dell’Europa lottare contro smemoratezza e brutture”. Lo ha detto il Cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura, nella sua Lectio Magistralis “L’Europa e la sfida dell’integrazione: cultura, conoscenza e solidarietà”, svolta all’Università Europea di Roma in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’Anno accademico 2015–2016, nel decimo anniversario di fondazione dell’Ateneo. Analizzando il pensiero di filosofi e artisti, quali Nietzsche, Chagall, Goethe, Kant, il cardinale Ravasi ha rimarcato la necessità di “una lotta contro la smemoratezza, ossia la dimenticanza del proprio passato” al fine di riscoprire le radici della nostra civiltà. Quella che viviamo oggi, ricorda Ravasi: “È la situazione già illustrata dal  noto scrittore cattolico francese, Georges Bernanos, che in un’opera dal titolo emblematico, La France contre les robots – i “robot” erano allora quasi l’equivalente dell’attuale esperienza di internet, della presente frenesia informatica e virtuale –, affermava: Una civiltà non crolla mai come un edificio, si direbbe molto più esattamente che si svuota a poco a poco della sua sostanza finché non ne resta che la scorza, la corteccia, l’esterno”. E l’Europa di oggi ad apparire proprio “disseccata come un tronco arido: è l’esperienza che stiamo facendo, ma che dobbiamo a tutti i costi superare rigenerando quel tronco”. Un appello alla memoria, quello di Ravasi, cui si accompagna anche un’esortazione  ad andare oltre la bruttura e la bruttezza. “La bruttura è una categoria di tipo etico –  sottolinea – e designa una degenerazione morale. La bruttezza, invece, è una categoria di tipo estetico”. “Non ci dobbiamo stupire se le giovani generazioni – cresciute in periferie difficili e degradate come quelle delle nostre più grandi città e abituate alle bruttezze e brutture urbane ma anche della comunicazione informatica – quando si trovano davanti all’armonia e alla bellezza di tanti monumenti – dice ancora Ravasi – non riescano a comprenderla e non esitino a sfregiarla, considerando quelle opere come realtà analoghe alla bruttura in cui vivono. Paradossalmente potremmo dire che il giovane che nel Trecento usciva di casa ed entrava in piazza dei Miracoli a Siena era già spontaneamente educato al bello”. Un richiamo alto a significativo quello di Ravasi a guardare oltre, tracciando una visione d’insieme e riscoprendo criteri di comprensione profonda e discernimento. “Sempre più quella sorta di Moloch della comunicazione che è la televisione o internet comunica solo – a folle di persone con le mani alzate in segno di resa o di adorazione – ciò che dobbiamo acquistare, mangiare, indossare, le mode e i modi della vita. Manca una voce che indichi la rotta, il senso della vita, che ci interpelli sul bene e sul male, sul giusto e sull’ingiusto, sul vero e sul falso, sull’esistere e sul morire”. L’Europa – conclude Ravasi, deve riscoprire la nobiltà del logos, della ragione, che diventa dialogo, incontro e autentica comunicazione. 18 febbraio 2016

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