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Perché le Big Tech non vanno spezzate, secondo Google e Facebook

(Via Startmag)

Le Big Tech sono “troppo grandi” in termini di dimensioni? Per il numero uno di Google Sundar Pichai è positivo che le aziende tecnologiche possono fare attività in virtù delle loro dimensioni: “Non sta a noi dire qual è la dimensione giusta”, ha detto Pichai durante un’intervista con “Axios on HBO”.

Pichai ha però anche aggiunto: “Vediamo i benefici che possiamo apportare. Siamo in grado di lavorare sodo su aree importanti per la società e di avere una visione a lungo termine nello sviluppo di queste tecnologie di base”.

Nel frattempo, anche i dirigenti di Facebook hanno affrontato la questione durante la Code Conference, ma hanno parlato con maggiore enfasi sul perché le aziende molto grandi non dovrebbe essere smembrate. Adam Mosseri, responsabile di Instagram, ha detto che così facendo si danneggerebbe la capacità del social network di combattere le frodi elettorali ma anche di affrontare altre grandi questioni. Mosseri ha osservato che ci sono più persone su Facebook che lavorano sull’integrità e la sicurezza di tutte le persone che lavorano su Instagram. “Se ci dividessimo, le taglieremmo via”, ha detto Mosseri citato da Axios.

Alcuni critici, tra cui la candidata alle presidenziali 2020 Elizabeth Warren, hanno chiesto di ridurre le dimensioni delle aziende Big Tech. Il timore, come si legge su Cnet, è quello di un “presunto monopolio dei social network”. Solo cinque anni fa, milioni di consumatori consideravano la tecnologia come un vantaggio, e le autorità di regolamentazione statunitensi avevano adottato un approccio morbido per consentire la rapida crescita dell’industria digitale. Ora invece, entrambi i gruppi sono molto più sospettosi di queste gigantesche società e molto più interessati a ciò che fanno con i dati. Questa improvvisa inversione di tendenza è stata causata soprattutto dalle pratiche di privacy di Facebook, che hanno portato la Russia a interferire con le elezioni presidenziali americane del 2016, e con il caso di Cambridge Analytics che ha divorato milioni di informazioni sugli utenti di Facebook sfruttandole per annunci politici mirati.

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