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Internet non è a rischio, ma la nostra privacy sì

Dall’inizio della quarantena, il volume di traffico online è aumentato in maniera impressionante. Usiamo Internet per lavorare da casa e per fare la spesa. Ci colleghiamo per tenerci in contatto con amici e parenti, per informarci, per studiare, ma anche per passare il tempo, distrarci e rilassarci. Internet si sta rivelando una risorsa eccezionale durante questa emergenza sanitaria. Basti pensare a come sarebbe, in questo momento, la nostra vita se non avessimo accesso alla Rete. Numeri alla mano, sembra che anche i più tenaci ‘eremiti digitali’ stiano cedendo alla necessità di restare collegati.

Tuttavia, questo mezzo dal potenziale enorme ha anche problemi, falle e rischi. Un uso intensivo rischia di ‘intasare’ la Rete? Ci rende più vulnerabili alle truffe? E soprattutto, qual è il prezzo da pagare se decidessimo di usarlo per contrastare l’epidemia? upday ne ha parlato con Carola Frediani, giornalista ed esperta di cybersicurezza, autrice della newsletter Guerre di Rete e del libro #Cybercrime (Hoepli).

Partiamo da una prima, diffusa preoccupazione. Avremo accesso a Internet finché saremo costretti al distanziamento sociale, o con le nostre mutate abitudini rischiamo di ‘intasare’ la Rete?

In realtà finora l’infrastruttura ha retto e dovrebbe continuare a reggere. Questo non lo dico io, ma l’Agenzia dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC), che pochi giorni fa ha detto che non ci sono state grosse congestioni nonostante l’evidente aumento di traffico. Su richiesta della stessa BEREC, alcune piattaforme come Netlifx e Youtube hanno ridotto la qualità dello streaming per prevenire sovraccarichi, e sono poi state seguite da altri servizi, fra cui anche quelli di gaming. Ma al momento non sembra necessario dover prendere altri provvedimenti.

L’improvviso accesso alla Rete di persone meno ‘educate’ all’uso di Internet sta creando un humus particolarmente favorevole ai cybercriminali?

È difficile parlare di aumento perché le attività cybercriminali non sono facilmente quantificabili. Inoltre è passato pochissimo tempo, magari fra sei mesi potremo provare a fare un bilancio. Una cosa però è certa: le persone si stanno tutte riversando online, anche chi prima non lo faceva. Anche chi non conosce gli strumenti si sta attrezzando, pensiamo solo a quante app di videochiamate stiamo scaricando. Ovviamente questo può aumentare la possibilità che le persone siano più esposte a eventuali rischi. La cybercriminalità non solo continua il ‘business as usual’, ma come ha sempre fatto con qualunque crisi e qualunque argomento ‘mediatico’, lo sfrutta come esca.

L’esempio più comune di truffa online è quello del phishing, ovvero la frode attraverso cui si rubano informazioni sensibili tramite una mail, messaggi o siti web travestiti da ‘fonte attendibile’. Ovviamente oggi questi testi sono spesso a tema coronavirus.

Si sa che la gente è più in ansia e preoccupata. E infatti si stanno già vedendo diverse ‘campagne’ criminali a tema coronavirus. Addirittura si Sfrutta la mappa delle Johns Hopkins (quella che aggiorna in tempo reale l’andamento del contagio nel mondo, n.d.r.) per dare credibilità e sostanza alla mail truffaldina per convincere le persone a scaricare un allegato o a cedere i propri dati.

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