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Coronavirus: dalla pandemia ad un nuovo welfare

Pubblichiamo di seguito la lettera di Gustavo Ghidini – avvocato, professore e presidente del Movimento Consumatori – inviata al direttore del “Corriere della Sera” Luciano Fontana.


Caro Direttore,

la pandemia in corso trasmette un una indicazione politica che spero contagiosa: la necessità di potenziare la pubblica sanità, secondo l’indicazione Costituzionale (art 32):” La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività , e garantisce cure gratuite agli indigenti”.

Nel corso di almeno gli ultimi venti anni, la sanità quale servizio universale ha visto una progressiva netta riduzione di mezzi. E pur mantenendo, grazie al senso del dovere del personale sanitario, un livello quali/quantitativo che altri nel mondo ci invidiano, ha inevitabilmente mostrato crescenti e talora gravissime debolezze, anche a macchia di leopardo da Regione a Regione. Ad esempio, ben prima del coronavirus, lo scarto temporale fra l’effettuazione degli esami diagnostici in regime mutualistico e quelli ‘a pagamento’ aveva spesso raggiunto misure intollerabili. Aggravate, ripeto, da differenze regionali per lo più imputabili a disfunzioni amministrative di matrice clientelare — e peggio.

Il campanello d’allarme, insomma, aveva suonato ben prima dell’epidemia, facendo avvertire un pericolo gravissimo: che, passo dopo passo (all’indietro) diritti appunto ‘fondamentali’ regrediscano di fatto alla condizione di privilegi. Privilegi anche di censo (e di relazioni :le due cose sono spesso congiunte), del tutto inammissibili, e che la stessa Costituzione impone di rimuovere (art 3,secondo comma) come “ostacoli… che limitando di fatto… l’ eguaglianza dei cittadini… impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.

L’epidemia ha insomma trasformato il campanello in una squillante sirena rispetto alla quale nessuno può turarsi le orecchie con la cera. Le insufficienze che essa ha ingigantito rischiano di compromettere la tenuta del sistema sanitario, pur nella integrazione pubblico-privato. E addirittura di prefigurare scelte tragiche, come quelle di ‘scegliere’ chi tener in vita in ragione della gravità della condizione sanitaria e dell’età del malato. Scelte sinora rifiutate, ma di cui mai avremmo immaginato neppure si potesse parlare, anche da parte di medici: sopraffatti dalla sproporzione fra morbo e mezzi a disposizione.

Tanti generosi aiuti di privati ed enti, tante provvidenziali raccolte fondi, promosse anche da benemeriti giornali come il Suo, non possono colmare in prospettiva stabile, ‘strutturale’, questa sproporzione. Occorre una inversione di politiche di welfare che restituisca anzitutto alla sanità pubblica, quel primato socio- economico che le spetta.

E in proposito, anzi, perché non vedere in un rinnovato potenziamento del welfare (accompagnato da una vera lotta a parassitismi e sperperi clientelari ) una battaglia fondamentale per un nuovo inizio della costruzione di una ‘Europa dei popoli’? Con i suoi corollari economici e finanziari ispirati a lungimirante solidarietà (Eurobond, ad esempio), e l’abbandono di ‘rigori’ tanto crudeli — come quelli che devastarono il popolo greco — quanto miopi . La campana di un welfare morente suona per tutti.

E del resto, non è vero che proprio la valorizzazione del welfare rappresenta uno storico valore fondante della civiltà europea? Valore caratteristico, e differenziale, rispetto a “modelli” extraeuropei nei quali milioni di persone, solo perché indigenti, non possono neppure sperare in una decente assistenza sanitaria per sé e i loro familiari. Valore —aggiungo e termino — messo in crisi ben più che da limiti interni, dal progressivo distacco di forze politiche di tradizione pro-sociale dalle loro storiche matrici di testimonianza e lotta. Ma questo è un altro, anch’esso doloroso, tema.

Gustavo Ghidini
Presidente del Movimento Consumatori

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