skip to Main Content

Perché è necessario semplificare la burocrazia. Intervista ad Andrea Zoppini

Andrea Zoppini è avvocato e professore ordinario presso il dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi Roma Tre.

In una lettera al Corriere della Sera, lei ha proposto una revisione del sistema normativo per “eliminare” ogni eccesso regolativo che – come ha spiegato – si traduce spesso in una pluralità di sanzioni nei confronti della stessa condotta illecita. Una semplificazione sarebbe invece cruciale per favorire la ripartenza economica del Paese. Della necessità di una “sburocratizzazione” si parla però da tempo, senza grandi risultati concreti. Lei crede che l’emergenza coronavirus – e gli scenari di crisi economica e sociale che aprirà – possa davvero rappresentare una buona occasione per compiere questo passo? C’è già un dibattito politico in corso?

Indubbiamente il particolare momento storico induce alla riflessione sul tema che Lei ha indicato, soprattutto in merito alla capacità d’intervenire prontamente, da un lato, per tutelare la salute e, dall’altro lato, per scongiurare il pericolo d’una ripresa economica mortificata e inefficace, salvaguardando la funzionalità del mercato. Mi pare evidente, sin dalle prime misure adottate per fronteggiare il problema sanitario, che vi sia l’intento di rendere maggiormente celeri le procedure burocratiche con riguardo alle dinamiche produttive essenziali; tuttavia, non so quanta effettiva consapevolezza si abbia delle ricadute sul sistema che questo abbrivio comporta. Vi è il rischio concreto che l’emergenza si riveli un episodico fattore di semplificazione, tramite il quale si dà adito a misure spot prive di coerenza e destinate a incidere solo temporaneamente sul plesso organizzativo del nostro Paese.

Quanto alla necessità di ridurre l’eccesso di regolazione, l’analisi scientifica del problema, com’è noto, è risalente e ha portato ad avanzare significative proposte di revisione del sistema ordinamentale; di queste proposte il dibattito politico ha talvolta tenuto conto, pur se spesso i progetti di riforma, anche se convintamente declamati, non si sono tradotti in atti normativi nel corso delle ultime legislature. Personalmente ritengo che un obbiettivo senz’altro realizzabile e, proprio in quanto tale, meritevole di discussione in questi giorni sia quello segnalato in termini generali nel mio intervento sul Corriere della Sera: il riallineamento con il diritto europeo nella materia dei controlli dell’attività d’impresa, oltre ad essere necessario per un’uniformazione effettiva tra i Paesi membri, costituisce una scelta coraggiosa in termini politici perché destinata a conformare le regole del mercato in senso duraturo e stabile, prescindendo da logiche elettorali di breve periodo. Che, poi, il rischio coronavirus sia l’effettivo catalizzatore d’una simile svolta a livello sistemico lo si vedrà nei prossimi mesi.

La tecnologia viene spesso considerata, in maniera troppo semplicistica, un silver bullet, uno strumento capace di risolvere – da solo e rapidamente – ogni problema. Ma è tuttavia vero che la tecnologia può aiutare nella creazione di sistemi più semplici ed efficienti. Lei cosa ne pensa?

Senza enfatizzare in modo eccessivo il valore, pur sempre strumentale, degli apparati tecnologici, per rendersi pienamente conto dell’impatto che dispiegano sulla nostra vita quotidiana si consideri come, nel tempo presente, essi siano indispensabili canali di erogazione dei servizî essenziali per la collettività (e qui basti cennare, ciò che mi impegna personalmente, alla trasmissione della conoscenza e allo sviluppo dell’attività scientifica, motore primario del progresso economico e culturale del Paese, che consentono alla scuola e all’università di proseguire nei compiti formativi loro proprî). Inoltre, a loro si deve la sopravvivenza di un nucleo essenziale di mercato, specie nell’àmbito consumeristico, che oggi si esprime nelle transazioni telematiche come unica risorsa per l’acquisizione di determinati beni e prestazioni, in un momento in cui è preclusa la contrattazione in presenza anche per gli scambi più immediati. Da alternativa disponibile all’operatore con maggiore dimestichezza nel ricorso all’e-commerce, allora, tali apparati nella crisi pandemica sono divenuti un sostegno pressoché indispensabile per la tenuta del sistema economico, almeno finché perdurerà la sospensione delle ordinarie dinamiche del mercato.

Ritengo, allora, fallace il dilemma che spesso si propone tra la rassegnazione sconsolata di fronte al cosiddetto neoumanesimo tecnologico e la nostalgica rievocazione dei rapporti, anche economici, maggiormente incentrati sul personalismo. Semplicità ed efficienza, difatti, non scontano il degradare dell’imprenditore o del cliente a mera appendice della tecnica – là dove taluno ha autorevolmente posto l’interrogativo circa la disumanizzazione del diritto e, segnatamente, del contratto – ma sono il risultato di una rinnovata consapevolezza delle possibilità rese disponibili agli attori economici quando sono chiamati a soddisfare i reciproci interessi.

Ciò mi pare dimostrato anche dalla rivalutazione delle tecnologie comunicative, sulle quali, nel passato anche recente, gravava l’accusa di alienare l’utente favorendo la deprivazione dell’effettiva capacità di acquisire ed elaborare informazioni, e, al contempo, di essere funzionali all’acritica recezione di dati spesso non comprovabili nella loro veridicità e consistenza. Di contro, l’isolamento domestico ha recuperato le relazioni interpersonali ad una nuova consapevolezza nell’uso delle tecniche di social networking e di consultazione dei media online, sì che appare ormai palese anche in questo settore la neutralità dello strumento rispetto alla connotazione, spesso ideologica, che si proclama delle relative caratteristiche.

Ritengo, pertanto, che si debba guardare in senso positivo ai rapporti tra mercato e tecnologia, là dove essi siano indirizzati verso obbiettivi di sistema per mezzo di un’appropriata strategia regolatoria. Diversamente, l’impatto del mutamento tecnologico, oltre a generare distorsioni che nel lungo periodo tendono a contrarre l’economia reale, diseduca l’operatore ad affrontare le crisi innescate da fattori contingenti e con elevato grado di imprevedibilità, come l’esperienza di questi giorni ci insegna.

Back To Top