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Intervista al Dr. Gaetano Dimita. Videogames: copyright and competition challenges

Il Dr. Gaetano Dimita è Senior Lecturer in International Intellectual Property Law presso il Centre for Commercial Law Studies, Queen Mary, Università di Londra, dove focalizza la sua ricerca e insegnamento sul Games and Interactive Entertainment Law.

È il fondatore e Direttore responsabile della Interactive Entertainment Law Review, edita da Edward Elgar, il promotore della serie di conferenze More Than Just a Game; coautore di Mastering the Game 2nd edition, pubblicato dall’OMPI, e un appassionato di videogiochi.

 

 

Il Prof. Gaetano Dimita è membro del Consiglio del National Video Game Museum, del Comitato Esecutivo di BLACA (British Literary and Artistic Copyright Association), del gruppo nazionale britannico di ALAI (Association Litteraire et Artistique Internationale), del British Copyright Council – Copyright and Technology Working Group, del Copyright Advisory Council britannico IPO; del Department for International Trade’s Intellectual Property Expert Trade Advisory Group britannico (IP ETGA); dell’Italian Bar Association (Rome), la Video Game Bar Association; della Fair Play Alliance e della Higher Education Video Game Association.

 

 

Come si valuta l’efficacia delle strategie di enforcement nel settore dei videogiochi per la tutela dei diritti di proprietà intellettuale, tenendo conto del loro impatto sulla diminuzione dei ricavi, sulla quota di mercato e sul danno alla reputazione, e quale percezione c’è dell’intelligenza artificiale, se come minaccia o opportunità, nell’industria dei videogiochi? 

Nel mondo dei videogiochi le strategie di Enforcement differiscono in modo sostanziale a seconda di diversi fattori, tra cui la tipo di gioco, il genere, la distribuzione e i modelli di business, la natura della presunta attività di violazione, il convenuto (contesto, scopo dell’uso, quota di mercato del convenuto), l’attore (strategia aziendale, quota di mercato dell’attore, rapporto con la comunità) e giurisdizione. Inoltre, la valutazione dell’impatto di queste strategie ha dei componenti soggettivi che sono difficili da quantificare su larga scala. Ciononostante, è possibile individuare alcuni temi e strategie comuni, come abbiamo evidenziato in uno studio (concentrato sul diritto d’autore) commissionato dall’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale: Dimita et all, Copyright Infringement in the Video Game Industry – https://www.wipo.int/meetings/en/doc_details.jsp?doc_id=576652).

La pluralita’ di proprieta’ intellettuali a disposizione garantisce un arsenale di strumenti di Enforcement, ma nel valutarne l’efficacia, molto spesso teoria e pratica non coincidono. Anche nel più semplice caso di violazione del diritto, non e’ garantito che una sentenza in favore garantisca i risultati auspicati e risolva il problema.

Inoltre, data la natura interattiva dei videogiochi, e dei modelli di business che sfruttano appieno la creatività della comunità, è chiaro che non tutte le attività potenzialmente illecite sono una minaccia e pertanto devono essere combattute. Alcune attività non autorizzate sono addirittura vantaggiose, direttamente o indirettamente, per il titolare dei diritti, ad esempio, nella risoluzione di bugs, e nel miglioramento e nell’espansione dei contenuti da parte dei giocatori. Inoltre, l’enforcement ha sempre una componente di rischio e spesso non è l’opzione migliore per risolvere il problema, in particolare quando il successo non è garantito, o potrebbe non portare alla soluzione auspicata o porta solo a risultati temporanei/insoddisfacenti (‘Streisand effect’ e ‘Whack-a-mole’ problem), o ad un precedente giuridico controproducente. Spesso sono disponibili approcci giuridici alternativi o soluzioni tecniche, che potrebbero anche essere più efficace in termini di costi.

Spesso la strategia più adeguata deve essere valutata ad hoc, ma in generale, nel mondo dei videogiochi, i titolari di diritti mostrano una tendenza a tollerare determinati usi e pratiche purché abbiano effetti positivi impatto economico e di marketing. Inoltre, gli stessi titolari si astengono dall’enforcement dei loro diritti qualora non sia strategicamente valido in termini di costi e risultati ed in alcuni casi autorizzano (anche ex post) alcuni usi creativi tramite schemi di licenza non convenzionali (soggetti a determinate limitazioni).

L’industria è stata particolarmente innovativa e proattiva nel trovare alternative al contenzioso e nel utilizzo di soluzioni tecniche.

Innovazione e proattivita’ influenzano anche la percezione di AI da parte dell’industria. Storicamente i videogiochi sono dove creatività e nuove tecnologie si incontrano. AI è stata da tempo – da prima che le problematiche diventassero mainstream – utilizzata dall’industria per la creazione di contenuti e per migliorate l’esperienza dei giocatori, ma nonostante gli anni di esperienza alcune domande rimangono senza una chiara risposta e le linee guida interne all’industria sono in continua evoluzione. In attesa di risposte alle domande esistenziali su protegibilita’ dell’output and potenziali violazioni delle proprietà’ intellettuali nell’input, – se mai le avremo e saranno internazionale armonizzate, cruciale e’ la valutazione dei rischi. In particolare, i rischi connessi a quali software utilizzare e per cosa utilizzarli e dove. L’approccio e’ generalmente molto pratico: il rischio di utilizzare un off-the-shelves generative AI per la creazione di un elemento centrale al videogioco (ie. Il personaggio principale del videogioco) e’ molto alto e probabilmente sconsigliato se rischia di non essere legalmente protetto, mentre l’utilizzo dello stesso software per elementi di sottofondo (ie un albero sullo sfondo) puo’ fare risparmiare ore al grafic designer con rischi limitati. Naturalmente tenendo anche in considerazione le eventuali responsabilità per i potenziali infingiments dell’input, e le problematiche relative a Trade secrets quando l’AI e’ utilizzate nella scrittura del software. GITHub Copilot, ChatGPT, tabline sono strumenti che semplificato enormemente la scrittura e il testing del software, ma richiedono l’upload del proprio code che puo’ comportare rischi.

Unity ha gia’ lanciato due programmi per developers: Muse, un bot per generare elementi artistici e code, e Sentis, una AI che può essere incorporata nel videogioco per creare dialoghi, etc. Apparentemente questi due programmi sono stati addestrati utilizzando risorse create internamente, mentre altre provengono da fonti autorizzate. Indipendentemente dalle risposte sulle questioni legale, AI e’ gia’ parte del processo creativo dei videogiochi e della gestione di molto videogiochi online.

 

 

Alla luce della natura complessa dei videogiochi come prodotti digitali interattivi, quali sono le sfide uniche che le pratiche e gli utilizzi potenzialmente infingenti presentano per le aziende del settore e per l’ecosistema nel suo complesso?

I videogiochi integrano tre livelli di complessità: proprietà intellettuali, contratti e regolamentazione. Sono una industria relativamente giovane, nata digitale, innovativa, creativa e globale. Spesso un problema legale vieni evidenziato per la prima volta da un videogioco per poi diventare una problematica generale di sistema. Per esempio, molte delle problematiche relative a videogiochi e proprietà intellettuali degli ultimi venti anni anticipano le problematiche relative a proprietà intellettuali e metaverso dei prossimi venti.

Come tutte le industrie creative, I detentori dei diritti sui videogiochi affrontano una serie di minacce alle loro proprietà intellettuali, soprattutto quando il videogioco ha successo commerciale. Queste minacce possono provenienti da concorrenti, giocatori e terzi in genere, che intendono utilizzare l’opera senza autorizzazione o oltre i termini della licenza. Alcune minacce sono simili a quelle in altre industrie creative (come la pirateria, sia attraverso la distribuzione online non autorizzata di copie digitali o la vendita di copie fisiche), ma altre sono specifiche e spesso uniche.

Come evidenziato precedentemente ci sono molteplici fattori da considerare e diversi generi di gioco e diversa distribuzione e modelli di business possono portare a diversi tipi di violazione, che a loro volta richiedono diverse strategie. Possiamo pero’ raggruppare per categorie:

  • Sfide relative al videogioco per se o aspetti chiave del videogioco, compresa la distribuzione e l’accesso (ad esempio, clonazione, emulatori e ROM, vendita di chiavi e vendita di account);
  • Sfide relative all’alterazione del videogioco (ad esempio, modding, utilizzo in-game di proprietà intellettuali di terze parti);
  • Sfide relative all’integrità del videogioco e/o con l’esperienza di altri giocatori

(ad esempio, imbrogli, server privati); e

  • Sfide relative al riutilizzo creativo del videogioco (principalmente da parte dei giocatori, ad esempio gli utenti del gioco creazioni, contenuti generati dagli utenti, live-streaming)

Alcuni esempi possono essere utili

  • CLONI

I cloni dei videogiochi implicano principalmente la copia del design generale del gioco e gameplay, i ruoli dei personaggi o i requisiti di vincita, senza la duplicazione dei singoli elementi come il software sottostante, l’arte o la musica. Questo problema è diventato particolarmente significativo nel contesto dell’industria dei giochi per dispositivi mobili, il cui modello di business significa che i giochi per dispositivi mobili di successo sono più suscettibili a questo tipo di imitazione. La mancata armonizzazione della natura giuridica dei video giochi comporta diversi livelli di successo nel combattere questo fenomeno, e la incompleta armonizzazione dei regimi di proprietà’ intellettuale comporta diverse strategie e l’utilizzo di diverse proprietà intellettuali in diverse giurisdizioni. A causa dei costi e dei rischi di contenzioso, gli sviluppatori indipendenti più piccoli preferiscono affidarsi a notifiche e rimozioni, e procedure e strategie non legali, come ‘nominare e svergognare’ i presunti produttori di cloni.

  • EMULATORI & ROM

I file ROM (Read-Only Memory) contengono dati digitali estratti da copie fisiche di videogiochi. Questi sono particolarmente importanti per i giocatori di giochi più vecchi o retro. Utilizzando un file ROM in combinazione con un programma di emulazione, i giocatori sono in grado di giocare a questi vecchi titoli su piattaforme software e hardware contemporanee. Fino a poco tempo fa, l’uso di emulatori da parte dei giocatori e i file ROM sono stati in gran parte ignorati dai titolari dei diritti in quanto questi erano diretti a titoli più vecchi non piu’ commercializzati. Ora la situazione è cambiata, a seguito di un’ondata di rinnovato interesse per il retro gaming.

Sebbene la creazione e l’uso di emulatori siano risultati non costituenti violazione nelle giurisdizioni in cui la questione è stata oggetto di controversia, la distribuzione dei file ROM quasi sempre costituisce una violazione delle proprietà intellettuali dei titolari dei diritti.

  • Integrità del video gioco

Imbrogliare nei videogiochi utilizzando hack, bot e lo sfruttamento di bug, nonché la fornitura di server privati non autorizzati ha forti implicazioni in materia di proprietà intellettuali (marchi, diritto d’autore, ed EULA). I fornitori di videogiochi sono stati molto attivi nell’applicazione delle norme nei confronti degli utenti e dei creatori di questi strumenti, e abbiamo gia’ un discreto numero di decisioni in particolare in USA, regno unito e Germania.

  • Modding

‘Modding’ si riferisce alla pratica di alterare uno o più aspetti di un videogioco, da piccole modifiche a revisioni complete. Le mod generalmente richiedono che l’utente abbia accesso al videogioco originale in quanto non sono in grado di funzionare senza di esso e non funzionano come software autonomo. Sebbene normalmente tollerata, questa pratica potenzialmente sostituisce vendite di nuovi contenuti ufficiali, soprattutto perché l’industria dei videogiochi si sta gradualmente evolvendo verso il modello game-as-a-service.

  • Uso In-game di proprietà intellettuali di terzi

I videogiochi sono parte della cultura pop e hanno una crescente attenzione al realismo,

sollevando così spesso la questione se determinate inclusioni o riferimenti ai proprietà intellettuali di terzi (ad esempio, veicoli, opere architettoniche, armi, passi di danza, cammei, ecc.) necessitano di licenza dai titolari dei diritti pertinenti, o se l’uso è consentito ai sensi legge. La casistica e’ notevole con risultati diversi a seconda della giurisdizione e comporta costante valutazione del rischio da parte dei sviluppatori.

  • Usi creativi del videogioco da parte di terzi

Poiché i giochi sono media digitali intrinsecamente interattivi e creativi, la creatività degli utenti è spesso accolta con favore e incoraggiata, nonostante il fatto che possa comportare un uso illecito del opera (questo dipenderà dal grado e dalla qualità delle scelte creative che gli utenti hanno all’interno del gioco). Data la natura benefica della creatività degli utenti (popolarità, coinvolgimento degli utenti), questa pratica è ampiamente tollerata. In casi isolati, i titolari dei diritti ricorrono a procedure di notifica e rimozione o approcci alternativi come le licenze aperte che permetto determinati usi creativi dei contenuti dei videogiochi

 

 

Qual è il Suo parere sulle modalità con cui la trasformazione dei videogiochi da prodotti digitali a servizi digitali sta influenzando i modelli di business e l’integrazione di altri media, eventi dal vivo e performance, e in che misura ciò potrebbe avere rilevanza nel contesto del Metaverse?

Questa evoluzione e’ esistenziale, rende addirittura il termine videogiochi antiquato. Adesso abbiamo forme di intrattenimento interattivo in constante evoluzione e quasi perpetue. Il mio personaggio in World of Warcraft esiste online dal 2005 ed e’ ‘cresciuto’ in parallelo all’universo creato da Blizzard Entertainment. Ma questo non e’ nulla in confronto a giochi come Fortnite o Roblox (o ancor prima SecondLife) dove non c’è solo mera partecipazione all’universo online, ma il giocatore puo’ modificare permanentemente l’ enviroment e queste modifiche sono accessibili e giocabili per gli altri giocatori. Questi videogiochi sono indistinguibili da pure piattaforme online, o come preferisco chiamarli ‘proto-metaversi’. Adattamenti cross-media, collaborazioni e partnership, marketplace digitali, tutto all’interno dello stesso videogioco. Un concerto in Fortnite, una partita di calcio in Roblox, non c’è limite alla immaginazione dei developer e dei giocatori: l’unico ostacolo diventa la proprietà intellettuale, o meglio la disponibilita’ the titolari dei diritti ad essere inclusi.

Sono sicuro che tutte le problematiche che discutiamo oggi riguardo ai videogiochi informeranno simili dibattiti sul metaverso domani. Senza dubbio il metaverso si evolverà dalle forme di intrattenimento interattivo che conosciamo oggi come videogiochi online. Perche’ il metaverso abbia successo deve prima di tutto essere un ‘luogo’ dove vogliamo andare e dove volgiamo passare il nostro tempo ed i videogiochi sono eccezionali a creare questi universi alternativi.

 

 

Qual è la Sua opinione sull’approccio più efficace per affrontare le sfide legate all’applicazione dei diritti di proprietà intellettuale nel contesto del Metaverse, considerando sia modelli centralizzati che decentralizzati?

L’ufficio proprietà intellettuali del regno unito (UKIPO) mi ha commissionato uno studio per investigare questo punto ed nonostante questo non mi e’ facile dare una risposta diretta: ci sono troppe variabili in gioco e molto spesso e’ il sistema di proprietà intellettuale che forza verso un determinato approccio anche quando ci sono alternative che potrebbero essere più appropriate. (Dimita at all – IP and Metaverse(s) – an externally commissioned research report – https://www.gov.uk/government/publications/ip-and-metaverses-an-externally-commissioned-research-report/ip-and-metaverses-an-externally-commissioned-research-report)

In assenza di un chiaro consenso su una definizione tecnologicamente neutra di Metaverso, bisogna concentrarsi sulle caratteristiche comuni che emergono dalle visioni contemporanee del Metaverso (compresi i “proto-Metaversi” esistenti), e selezionare quelle che hanno le implicazioni più di rilievo per la proprietà intellettuale: 1) interoperabilita’; 2) decentralizazione/centralizazione; 3) convergenza tra fisico e digitale; 4) molteplici contributori/autori. Queste caratteristiche poi, insieme alle tecnologie attuali, quelle potenziali e quelle proposte, informano poi le domande o, meglio, le sfide relative alla proprietà intellettuale.

Alcune di queste sfide sono già presenti e interessano i proto-metaversi di oggi: sono i problemi che persistono fin dalle prime problematiche relative alla digitalizzazione; altre sfide, sono invece nuove e direttamente collegate alle caratteristiche chiave delle definizioni e delle tecnologie del Metaverso.

Come spesso accade con le nuove tecnologie e i fenomeni digitali, il recente entusiasmo e gli investimenti per il Metaverso hanno stimolato una discussione tra accademici e professionisti del diritto, cercando di anticipare e delineare le potenziali sfide e opportunità che il Metaverso potrebbe presentare. La maggior parte della letteratura fornisce una panoramica storica del concetto (generalmente Snow Crash, Ready Player One, Second Life, Minecraft, Fortnite, Decentraland), ammette le difficoltà nel definirlo (spesso fornendo una nuova definizione – abbiamo trovato oltre 50 definizioni diverse), e poi adotta una posizione sulla scala tra due punti di vista: o il Metaverso è già qui, o non esisterà mai (questo è spesso determinato dalla definizione scelta). È abbastanza comune per gli autori delineare problemi legali e normativi potenziali o prevedibili, ma raramente suggerimenti specifici vengono formulati oltre un aspetto puramente teorico. D’altra parte, numerose fonti si concentrano su aspetti specifici del Metaverso (in particolare, la letteratura su NFT e AI è esplosa negli ultimi anni). Nonostante la crescente letteratura su marchi e NFT, contenuti generati dagli utenti, AI e creatività computazionale, esaurimento digitale o realtà miste, finora non è stato identificato in letteratura un approccio definitivo per la proprietà intellettuale nel Metaverso.

Non c’è neppure consenso su cosa sia il Metaverso e se e in quale forma possiamo sperimentarlo e accedervi ora o in futuro ed è quindi difficile anticipare problemi e sfide specifiche per la proprietà intellettuale. Ci sono una serie di caratteristiche che possono o non essere presenti, ma solo tre potenziali modelli che il Metaverso può adottare (decentralizzato, centralizzato e ibrido). Imparando dalla storia, e in linea con le differenze geopolitiche, si potrebbe facilmente dedurre che il modello ibrido (una serie di Metaversi con diversi livelli di interconnessione) sia quello più praticabile e possiamo aspettarci una serie di grandi monopoli tecnologici, che dominano le diverse regioni geografiche e culturali.

Sugli standard tecnologici c’è gia una discussione matura (ad esempio, il Metaverse Standard Forum) e un crescente discorso sull’etica e la regolamentazione, ma la maggior parte della letteratura attuale non formula ed esplora questioni rilevanti in materia di proprietà intellettuale, siano esse nuove o prevalenti. Si tratta di un’evidente lacuna in letteratura, soprattutto se si considera che la legge e la regolamentazione della proprietà intellettuale sono fondamentali per la costituzione del Metaverso.

Il Metaverso è una matrice complessa di prodotti e servizi di properieta intellettuale ed è persistente, infinito e in continua evoluzione. La proprietà intellettuale determinerà quindi il modo in cui il Metaverso viene creato, popolato e vissuto, come gli utenti possono migrare tra di loro e alla fine abbandonare il metaverso.

Ma la proprietà intellettuale è percepita e vissuta dalle aziende e dagli utenti in modo molto diverso. Se l’attuale regime non risponde in modo soddisfacente alle esigenze commerciali delle imprese, le imprese possono fare affidamento su percorsi alternativi, come contratti e soluzioni basate sulla tecnologia. Tuttavia, vi è il pericolo che eventuali lacune nel diritto della proprietà intellettuale e le incertezze affrontate attraverso questi mezzi mettano da parte non solo gli utenti, ma anche gli stessi regimi di proprietà intellettuale e i processi legali legittimi e democratici.

 

 

Secondo Lei, quale potrebbe essere il ruolo dell’interoperabilità nel contesto del Metaverse, e come potrebbe influenzare la protezione dei diritti di proprietà intellettuale a livello tecnologico, legale e di licenze?

I sostenitori del Metaverso spesso promettono che il Metaverso rivoluzionerà la libertà e la facilità con cui i dati, le informazioni, la proprietà virtuale e gli utenti potranno spostarsi ed essere trasferiti. Molti considerano la mobilità senza soluzione di continuità una caratteristica chiave del Metaverso e un aspetto integrante dell’infrastruttura del Metaverso. Di conseguenza, gran parte della più ampia discussione sul Metaverso si è concentrata sull’identificazione o sulla concettualizzazione del quadro tecnologico che faciliterà questa interoperabilità.

È stato suggerito che l’interoperabilità tra mondi virtuali potrebbe essere incoraggiata dai mercati. Tuttavia, non è chiaro se le aziende avranno incentivi sufficienti per concordare standard e creare interoperabilità tra i loro mondi virtuali, soprattutto data la portata del compito. Inoltre, la creazione di standard unificati da parte delle società private può sollevare preoccupazioni antitrust limitando al tempo stesso la scelta dei consumatori e l’innovazione competitiva.

Tuttavia, altrettanto importante è il quadro giuridico che deve funzionare parallelamente all’architettura tecnologica e che deve navigare tra le varie forme di governance, sia tra le rispettive piattaforme del Metaverso che tra le giurisdizioni legali – un compito che, soprattutto per la proprietà intellettuale, è carico di numerosi ostacoli e sfide.

La possibilità di sviluppare ambienti virtuali interconnessi in cui le risorse di proprietà intellettuale convergono e si muovono liberamente su piattaforme diverse può portare a situazioni complesse che ampliano i limiti per i titolari dei diritti. Le aziende potrebbero scoprire che la loro proprietà intellettuale viene utilizzata nel Metaverso in modi imprevisti o interagisce con altre proprietà intellettuali a cui potrebbero non voler essere associati.

Personalmente ho la certezza che i titolari di proprietà intellettuale e le aziende del settore che lo desiderano riusciranno a navigare tutti questi ostacoli e a vincere le relative sfide, ma ho dubbi su come le soluzioni impatteranno su noi utenti e sui creatori/autori.

Nello specifico, dalla letteratura sembra quasi che l’interoperabilità potrebbe essere meglio agevolata da termini contrattuali che concedano alla piattaforma o alle piattaforme una licenza non esclusiva per qualsiasi diritto di proprietà intellettuale derivante in relazione agli avatar. Questo, come molti paradigmi ToS ed EULA esistenti, conferisce potenzialmente una quantità sproporzionata di controllo nelle mani delle piattaforme del Metaverso. In una certa misura, questo non rappresenta un problema nuovo, tuttavia, a causa dell’interoperabilità e della scala potenziale che si può presumere necessaria per almeno una misura dell’interoperabilità promessa dai sostenitori del Metaverso, queste preoccupazioni esistenti vengono amplificate.

Oltre ai termini che possono costringere gli utenti a concedere in licenza potenziali diritti che potrebbero avere sul loro avatar o sul loro UGC, i termini possono anche essere redatti in modi che riducono le limitazioni e le eccezioni alla proprietà intellettuale. Anche in questo caso, questo non è raro, ma la scala su cui si verificherà nel Metaverso potrebbe avere implicazioni normative preoccupanti per la proprietà intellettuale.

Nonostante i numerosi strumenti internazionali che forniscono un’armonizzazione parziale, permangono notevoli disparità nella regolamentazione della proprietà intellettuale tra le diverse giurisdizioni e vi sono numerosi aspetti specifici della governance della proprietà intellettuale che rimangono localizzati, in particolare limitazioni ed eccezioni.

In quanto tale, i termini di servizio di un metaverso interoperabile e onnipresente hanno il potenziale per rafforzare la capacità delle piattaforme di standardizzare la governance della proprietà intellettuale. Nel migliore dei casi, ciò potrebbe significare che i Termini di servizio del Metaverso esporteranno e imporranno gli standard legali di altre giurisdizioni per la regolamentazione e, nel peggiore dei casi, un ToS potrebbe eludere completamente e ignorare i legittimi controlli e contrappesi garantiti dalle leggi nazionali e internazionali in materia di proprietà intellettuale. Se a ciò si aggiunge la considerazione che praticamente tutte le licenze e i termini di fornitura tra le piattaforme e gli utenti finali sono contratti di adesione, ciò può comportare un’estensione della portata dei diritti di proprietà intellettuale al di là dei loro obiettivi originari e a vantaggio delle entità aziendali dominanti.

 

Per questo credo sia molto importante discutere di queste problematiche apertamente adesso, anche se le incertezze sono molteplici e le previsioni imperfette. Vi ringrazio per questa intervista e vorrei cogliere l’occasione per ringraziare ALAI che con le sue numerose iniziative in Italia e all’estero fornisce una piattaforma su cui discutere queste problematiche.

 

 

 

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