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Digitalizzazione, tutele della concorrenza nelle telecomunicazioni e Next Generation UE. Intervista al Prof. Giovanni Farese

 

In merito al piano Next Generation UE ed alle nuove sfide della transizione verso il digitale, la redazione di DIMT ha intervistato il Prof. Giovanni Farese, Professore associato di Storia economica nell’Università Europea di Roma, dove insegna anche Storia del pensiero economico. Dal 2012 è Managing Editor di “The Journal of European Economic History”. Nel 2017 è stato Marshall Memorial Fellow del German Marshall Fund of the United States.

 

 

 

Il Next Generation EU permetterà al Paese una transizione sia digitale sia ecologica. A Suo avviso quali dovranno essere le riforme e le strategie a cui dare la priorità in questa importante fase?  

L’utilizzo dei fondi è vincolato: non meno del 20 per cento per la transizione digitale, non meno del 37 per cento per la transizione ecologica. Il piano nazionale si chiama PNRR, dove le due “r” stanno per “ripresa” e “resilienza”. Vi è una “r” implicita, ma importante: le riforme. Quella della pubblica amministrazione e quella della giustizia sono cruciali per gli investitori. Quanto alle strategie, è vitale accentrare e semplificare, quanto più possibile, per evitare che l’attuazione del piano si perda tra decisioni, enti, livelli. In Francia vi sarà un “Commissariat au Plan”, come nel secondo dopoguerra.

 

Quale è il suo punto di vista sul deficit digitale?

Il 20 per cento delle risorse, più di 38 miliardi nel caso dell’Italia, sono vincolate alla digitalizzazione. È l’occasione per colmare il deficit digitale che colpisce amministrazioni, famiglie, imprese. Nell’Indice 2020 della Commissione europea sulla digitalizzazione dell’economia e della società, l’Italia è al terz’ultimo posto. Il ministro Vittorio Colao ha espresso obiettivi in linea con il Digital Compass 2030 approvato dalla Commissione il 9 marzo. L’Italia è un grande paese industriale: deve poter correre.

 

Una digitalizzazione capillare del territorio in tempi brevi potrà andare a discapito della tutela della concorrenza tra le telecomunicazioni. In tal caso, quali potrebbero essere le conseguenze?

La priorità è la banda larga in tutto il paese. La formula societaria è in certa misura secondaria, purché appunto si tuteli la concorrenza. L’autorità Antitrust ha esortato il Governo a tutelare la concorrenza, evidenziandone ancora una volta i benefici. Non si può tornare indietro. Penso che sia una posizione condivisa. Scelte diverse verrebbero sanzionate dall’Unione Europea, che ha una politica attenta al contrasto dei monopoli. E poi in quasi tutti i paesi dell’Unione vi è competizione infrastrutturale.

 

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