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Esame avvocato e concorso notarile, sì a correzioni e prove a distanza. Intervista a Loredana Giani

Loredana Giani è professoressa di Diritto amministrativo presso l’Università Europea di Roma.

Il decreto Rilancio (D.L. 19 maggio 2020, n. 34) prevede, tra le altre cose, la correzione da remoto degli elaborati scritti per il concorso notarile e per l’esame di abilitazione alla professione di avvocato. Come giudica la misura e quali sono, secondo lei, gli aspetti più critici?

L.G.: La norma (art. 254 del Decreto rilancio) prevede, per il Concorso per esame a 300 posti da notaio bandito con il decreto dirigenziale 16 novembre 2018 e per l’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato, bandito con decreto del Ministro della giustizia 11 giugno 2019, la correzione degli elaborati scritti con le modalità a distanza, previa autorizzazione dei presidenti di commissione, a condizione che venga garantito il mantenimento dei criteri predeterminati all’inizio della procedura (comma 2). La materiale organizzazione della procedura, tale da garantire trasparenza, collegialità, correttezza e riservatezza delle sedute, è demandata ai presidenti della commissione notarile e delle sottocommissioni per l’esame di abilitazione da avvocato, e questi ultimi devono provvedere “in conformità ai criteri organizzativi uniformi stabiliti dalla Commissione centrale” (comma 2).

Schema analogo è seguito per le prove orali, programmate fino al 30 settembre 2020, per le quali è però richiesta la presenza, presso la sede di esame, del Presidente della commissione notarile, o di altro soggetto da lui delegato, e del presidente della sottocommissione per l’esame di abilitazione alla professione di avvocato, nonché del segretario della seduta, nel rispetto e garanzia delle prescrizioni sanitare “a tutela della salute dei candidati, dei commissari e del personale amministrativo” (comma 3). Disposizione questa la cui applicazione, dal comma 5 del medesimo articolo, viene estesa anche alle prove orali dell’esame per l’iscrizione all’albo speciale per il patrocinio dinanzi alla Corte di Cassazione e alle altre giurisdizioni superiori bandito con il decreto dirigenziale 10 aprile 2019.

L’ultimo comma dell’art. 254 non riguarda le procedure d’esame ma una modifica della norma relativa alla composizione della commissione dell’esame da avvocato, attraverso la introduzione della possibilità di nominare docenti universitari anche in pensione.

Il quadro regolatorio va completato con le previsioni contenute all’art. 247 del decreto, che disciplina la procedura concorsuale della Commissione RIPAM. In particolare con il comma 7 che richiama espressamente la necessità che venga garantita “la sicurezza e la tracciabilità delle comunicazioni”, e con il comma 3, per quanto riguarda le prove orali, che prevede che la prova possa “essere svolta in videoconferenza, attraverso l’utilizzo di strumenti informatici e digitali, garantendo comunque l’adozione di soluzioni tecniche che assicurino la pubblicità della stessa, l’identificazione dei partecipanti, nonché la sicurezza delle comunicazioni e la loro tracciabilità”.

Un quadro che, ad una prima lettura, non risulta del tutto lineare, basti pensare alla diversa formulazione delle norme relative alle prove orali.

Seguendo un ordine espositivo che muove dalla finalità della disposizione, essa è evidentemente mossa dalla necessità di porre rimedio alla situazione creatasi per le tre procedure menzionate, che in ragione della sospensione delle procedure determinata dal lock-down, ha lasciato in sospeso migliaia di aspiranti avvocati, anche per le giurisdizioni superiori, e notai.

Una necessità avvertita, evidentemente, anche per gli altri esami di abilitazione all’esercizio delle professioni regolamentate per le quali, però, le valutazioni operate nelle sedi ministeriali sono state diverse, riguardando tra l’altro procedure non ancora avviate. Si pensi, ad esempio, agli esami per l’esercizio delle professioni regolamentate dal d.P.R. 328/2000, nonché delle professioni di odontoiatra, farmacista, veterinario, tecnologo alimentare, dottore commercialista, esperto contabile e revisore legale, per le quali, in attuazione delle previsioni contenute nel d.l. 8 aprile 2020, n. 22, con il DM 29 aprile 2020, n. 57 il Ministro dell’Università e della ricerca ha previsto che le prove siano sostituite da un’unica prova orale svolta con modalità a distanza che deve vertere “su tutte le materie previste dalle specifiche normative di riferimento e che sia in grado di accertare l’acquisizione delle competenze, nozioni e abilità richieste dalle normative riguardanti ogni singolo profilo professionale”.

La diversa disciplina, dettata evidentemente anche dallo stato in cui le procedure versavano, sottende una assolutamente condivisibile scelta, come sottolineato dall’AIGA, fondata sull’implicito riconoscimento della rilevanza che le prove scritte assumono nelle menzionate procedure concorsuali, che, come ben sappiamo, rappresentano elemento cardine della valutazione dell’idoneità del candidato a esercitare le professioni di avvocato (capacità del candidato di elaborare strategie difensive) e di notaio (capacità di individuare gli elementi essenziali per la corretta redazione di un atto inter vivos o mortis causa e, dunque, per la corretta definizione degli interessi in gioco).

Venendo al contesto procedurale, la norma, che presenta la “possibilità” (e non l’obbligatorietà) del ricorso alle correzioni degli scritti e allo svolgimento degli orali in modalità telematica, individua il presidente della commissione (e delle sottocommissioni, in coordinamento con il presidente della Commissione centrale per l’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense) quale fulcro della procedura, al quale spetta in primis la stessa scelta di fare ricorso a tali modalità. Una previsione, soprattutto con riferimento al concorso di abilitazione all’esercizio della professione forense, che in astratto può rappresentare un vuluns della unitarietà (anche in termini procedimentali) della stessa procedura. Infatti, stando alla lettera della legge, ben potrebbero i presidenti delle sottocommissioni decidere, rispettando le norme a tutela della salute dei componenti e del personale di segreteria, di procedere con la correzione “in presenza”. Mi risulta, ad esempio, che alcune Sottocommissioni avessero, anche prima dell’emanazione del Decreto, manifestato la disponibilità a riprendere le correzioni (ovviamente in presenza).

Quanto alla procedura, è evidente che la correzione da remoto (che, peraltro, è una possibilità prevista anche per le correzioni delle prove scritte del concorso per magistrato ordinario) presenta, in teoria, degli aspetti critici con riguardo, in particolare, alla garanzia della trasparenza, riservatezza e collegialità della correzione, dovendosi garantire che tutti i commissari siano connessi in video e in audio per tutto il tempo della seduta, in modo che sia assicurato a tutti i commissari di poter verificare la regolarità delle operazioni di apertura dei plichi e delle buste e di poter ascoltare la lettura degli elaborati e partecipare alla valutazione, ma anche che il luogo in cui si trovano sia un luogo “privato” e riservato, ossia che a quel luogo, durante la correzione, non possano accedere altri soggetti e che non vi siano in atto collegamenti telematici o registrazioni, e, infine, che nella sede della Corte d’Appello o, per ciò che riguarda il concorso notarile, nella sede ministeriale, sia presente, unitamente al personale di segreteria, il Presidente della Sottocommissione o della Commissione Notarile (o un suo delegato), al fine di assicurare l’applicazione delle regole procedurali che garantiscono trasparenza e anonimato (prelievo degli elaborati dal luogo in cui vengono custoditi, verifica dell’integrità dei plichi, apertura delle buste, nonché lettura dell’elaborato e redazione del verbale).

Ebbene, è vero che l’art. 254 del Decreto, sotto questo profilo, sembra lasciare ampi spazi di discrezionalità, non contenendo prescrizioni puntuali sulle modalità di svolgimento della correzione da remoto, ma è altresì vero che vi è un espresso richiamo ai principi di trasparenza, collegialità e correttezza che devono rispettati nella definizione delle modalità per il collegamento a distanza e delle disposizioni organizzative, oltre al richiamo all’art. 247 del medesimo Decreto in tema di sicurezza e tracciabilità delle comunicazioni.

Quindi, il Decreto stesso, con il richiamo ai principi generali limita in origine la discrezionalità dei Presidenti, che viene ancor più circoscritta dalla previsione che le modalità di svolgimento della correzione debbano essere definite sulla base dei criteri uniformi che per il concorso per l’abilitazione all’esercizio della professione forense sono stabiliti dalla Commissione centrale.

E, con riguardo alla discrezionalità, mi sento di poter ribadire che il richiamo ai principi richiamati, nonché l’applicazione dei principi che governano le procedure concorsuali, in astratto sono elementi che possono guidare i presidenti delle commissioni nell’individuare i percorsi idonei e sufficienti a garantire la legittimità delle procedure di correzione.

In concreto, però, si pone un problema relativo alla valutazione della adeguatezza delle singole misure adottate, rispetto allo scopo prefisso, e, dunque, ad esempio le modalità individuate per la condivisione del testo scritto da correggere, che se trasmesso ai singoli commissari a seguito di una scansione dello stesso, dovrebbe essere trasmesso con modalità che garantiscano il requisito della segretezza, o, in alternativa, potrebbe essere condiviso in lettura, attraverso una semplice condivisione dello schermo. Ma anche in questo caso si porrebbe il problema collaterale di garantire che i membri della commissione siano collegati non solo in audio ma anche in video.

Come sempre, in questi casi, non esiste la formula perfetta, ma l’alchimia va ricercata nel giusto bilanciamento tra le diverse esigenze, che magari solo apparentemente possono risultare contrapposte.

Per le prove orali è stata invece prevista una modalità “mista”.

L.G.: L’opzione per la modalità “mista”, per quei candidati che dovranno sostenere il colloquio orale prima del 30 settembre 2020, è sicuramente la più idonea a garantire lo svolgimento del colloquio secondo i principi generali che governano i procedimenti concorsuali, attraverso l’adozione di soluzioni tecniche che assicurino la pubblicità della seduta, l’identificazione dei partecipanti, la sicurezza delle comunicazioni e la loro tracciabilità, e, nel contempo, a tutelare la salute dei candidati, dei componenti la commissione e del personale di segreteria e del pubblico eventualmente ammesso.

Sul punto però va precisato che, sebbene il comma 4 dell’art. 254 richiami le modalità previste al comma 7 dell’art. 247 relativo al Concorso RIPAM, le modalità sono diverse, nel senso che nel caso che qui interessa il candidato deve essere in presenza, mentre il collegamento da remoto è previsto soltanto per i restanti membri della commissione.

Lo svolgimento dell’esame con la compresenza del presidente, del segretario e del candidato garantisce la correttezza della prova evitando, in nuce il rischio che il candidato, collegato da remoto, possa usufruire di ausili “esterni” (un problema che è stato sollevato ad esempio per lo svolgimento degli esami universitari e che è di difficile soluzione; anche adottando tutte le accortezze del caso, infatti, non si è mai certi che l’esaminando non si giovi di un ausilio, cartaceo o telematico, o che non vi siano persone all’interno della stanza o collegate telematicamente con l’esaminando), così falsando il risultato finale.

La regolarità dello svolgimento è poi garantita dalla possibilità di consentire l’accesso al pubblico.

In sostanza, per il candidato non cambia nulla rispetto alle scorse edizioni, se non che gli altri commissari conducono l’esame da una sede diversa rispetto alla sede d’esame.

E nessun problema pone la valutazione. Del resto, la modalità telematica è comunemente utilizzata anche per le riunioni delle commissioni nelle valutazioni comparative dei concorsi universitari.

Peraltro, come nel caso delle prove scritte, la predeterminazione di criteri da parte della Commissione centrale (per gli esami di abilitazione alla professione di avvocato) e della Commissione Notarile, che come ribadito dalla stessa norma vanno applicati, garantisce l’uniformità delle procedure.

Dunque, la modalità “mista” risulta forse più gravosa per la individuazione delle modalità e gestione dell’accesso al pubblico e dei candidati in conformità alle prescrizioni sanitarie (dimensioni delle stanze, procedure di sanificazione della strumentazione tecnica, utilizzo dei dispositivi di protezione individuale e dei disinfettanti, misure per il distanziamento sociale, misure per l’utilizzo dei servizi igienici) adottate a tutela della salute.

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