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Legal technology, la situazione in Italia

Di Claudia Morelli

Mi sembra di poter affermare che gli “ambiti” di maggior attivismo delle legal tech sono quelli law driven: la compliance al GDPR, innanzitutto; la reputazione digitale e la tutela IP; certificazione identità digitale anche grazie a “grandi” player come Infocert.

Poi ci sono marketplace per avvocati (un classico); “poca” doc automation ma di successo (Iubenda e Lexdo.it; qualche gestionale avanzato per studi legali.

Nonostante l’alto interesse delle big law firm, realtà italiane che realizzino contract management ve ne è appena una, anche se l’interesse è cresciuto soprattutto a causa del Covid 19 e della necessità di rinegoziare tantissimi accordi (l’offerta però in questo caso è straniera); mentre è nata da pochissimo a Roma la prima realtà innovativa focalizzata esclusivamente sul legal design (Visual contract Italia), nata dalla collaborazione di avvocati con una agenzia di visual storytelling.

I numeri e il valore del mercato legaltech
Azzardando qualche numero, le legal tech tricolore non raggiungono le 50 unità. Il Legaltech Forum (iniziativa di Kopyra) ne ha censite 39 nel novembre scorso.

Tre le scale up: Cleafy srl, Inventia srl, Iubenda srl, misurate nel fatturato superiore a 1 milioni di euro.

Noi oggi ne contiamo 45. Forse un buon segno?

Con gli esperti contattati per l’articolo (vedi infra) abbiamo anche provato a fare una stima del peso della industry legaltech. Se il valore complessivo del settore dei servizi legali in Italia è di 2miliardi, il settore legal tech potrebbe coprire dall’1 al 10%: valere insomma fino a un 200milioni di euro. Ma sono stime grossolane.

“In tutti i settori produttivi il software si è mangiato il mondo. Non nel legal, ancora”, conferma Giulio Montoli, direttore del programma di accelerazione di Luiss EnLabs che con Lventure group ha investito in AvvocatoFlash, Confirmo e MyTutela (infra).

“L’innovazione legale ha bisogno di un processo di validazione”, approfondisce Tommaso Ricci, avvocato esperto di legaltech in DLA Piper: “Occorre poter valutare l’effettività di una proposta legaltech seguendo tre criteri: stabilità e sicurezza del prodotto, customer experience, operations”.

Ma cosa è una legal tech?
Anche qui la tassonomia è mobile. Per dire, la stessa Legalgeek quest’anno ha modificato la propria tassonomia. La creatività, d’altra parte, rifugge a schemi definiti.

Carlo Rossi Chauvenet, partner di CRCLEX studio legale propone una definizione: “legaltech è un processo tecnico giuridico in grado di automatizzare e garantire in termini di compliance la fornitura di un servizio legale, secondo la definizione. Ma io tenderei ad allargare la concezione fino ad abbracciare tutte le soluzioni tech che organizzano e garantiscono la compliance di qualsiasi attività”. Attenzione, perché ritengo questo un passaggio importante per comprendere quale potrà essere lo sviluppo del mercato legale, diciamo, tradizionale in versione innovativa. Garantire compliance di una soluzione legal tech è lavoro da avvocato 4.0. La conoscenza legale dovrà essere inglobata nella soluzione automatizzata che, ricordiamo soprattutto per i più timorosi, non potrà sostituire la funzione sociale dell’Avvocato, ossia quella capacità di suggerire, oltre che l’applicazione razionale della norma anche quella ragionevole, per così dire, adattata al fatto/evento concreto e perciò specifico e innovativa. Rossi Chauvenet è organizzatore di Sweet legal tech, un think thank dedicato alla legal innovation e si occupa di consulenza specifica sulla adozione di soluzioni legal tech: “un legal integrator”. “Il nostro modello di business è legato strettamente a quello del cliente: nel senso che il nostro valore aggiunto sta nel prospettare al cliente la soluzione legal tech più adatta e funzionale al su specifico business”. Dalla sua visuale, se un anno fa c’era grande curiosità, oggi in epoca post Covid 19, c’è una vera e propria necessità di legal tech, per esempi di contract management. “Nel mercato legal tech c’è molta opacità al momento, è complicato scattare una fotografia dai contorni precisi”, conveniamo.

“All’estero il termine legal tech ha una portata più ampia” riflette Nicolino Gentile dello studio legale BLB, promotore del Global legal hackathon. “Non si esaurisce dell’automazione di task forensi, ma sono tutte quelle soluzioni tecnologiche che forniscono all’utilizzatore finale out con valore giuridico e legale”.

Alejandro Perez, legal innovation consultant per Chiomenti, specifica: “Il mercato legaltech è ancora molto granulare, sfuggente. Questo rischia di far perdere molti soldi per l’acquisto di software o abbonamenti in piattaforme che, se non inseriti in una chiara strategia di business development, non si traducono in buon investimento”. Per Raffaele Battaglini, founder dello studio Battaglini-De Sabato, “da quest’anno in Italia tutti gli studi legali, anche i big, si sono accorti che esistono le legal tech. Per lo più ancora la legal industry si sta interrogando su funzionalità, vantaggi e convenienze”.

La “questione” legale
Se il settore legale tradizionale rimarrà invece arroccato nella propria visione difensiva, il rischio, ha avvisato Mark A. Cohen, di Legal Mosaic, è quello di essere scavalcati da quella che il legal futurist americano chiama la “nuova elìte”: ossia providers in grado di integrare legal, business e tech, e capaci di dare risposte di efficienza (oltre che di competenza giuridica) ai propri clienti.

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