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Intervista al Prof. Enrico Al Mureden: “Driverless cars. Intelligenza artificiale e futuro della mobilità”

 

 

Enrico Al Mureden è professore ordinario di Diritto civile nell’Università di Bologna e titolare del corso Product Safety, Product Liability and Automotive nella Motorvehicle University of Emilia-Romagna (MUNER). È membro dell’Alma Mater Research Center for Human-Centered Artificial Intelligence dell’Università di Bologna. Tra i suoi libri G. Calabresi, E. Al Mureden «Driverless cars. Intelligenza artificiale e futuro della mobilità», Il Mulino, 2021 e E. Al Mureden, R. Rovatti «Gli assegni di mantenimento tra disciplina legale e intelligenza artificiale», Giappichelli, 2020.

 

Il Prof. Enrico Al Mureden 

 

 

Potrebbe darci una definizione di guida autonoma e di guida assistita? Per livelli di autonomia cosa si intende? 

La  classificazione elaborata  dalla SAE International (ente di normazione nel campo dell’industria aerospaziale, automobilistica e veicolistica che elabora standard tecnici funzionali alla fabbricazione di prodotti ed allo svolgimento di attività) ed universalmente adottata dai più rilevanti players  contempla un livello 0, che designa l’auto tradizionale in cui la conduzione è interamente devoluta al pilota; un livello 1 (Driver Assistance) in cui sono presenti dispositivi (Stability Control; Cruise Control; Lane Correction Technology) ormai diffusi sulla grande maggioranza dei veicoli più recenti; un livello 2 (Partial Automation) che designa i veicoli nei quali i dispositivi automatici controllano sia le funzioni di sterzata, sia quelle di accelerazione e decelerazione nell’ambito di scenari predeterminati, ma non permettono di escludere la permanente necessità di mantenere un costante controllo da parte del pilota umano. I successivi livelli di automazione, ancorché pienamente conseguiti dal punto di vista tecnico, riguardano veicoli non ancora in commercio che attualmente stanno attraversando – in molti ordinamenti caratterizzati da discipline differenziate – la fase della sperimentazione sia in contesti appositamente ideati a tal fine, sia, talvolta, nelle condizioni reali della circolazione stradale. Così le auto rientranti nel livello 3 (Conditional Automation) dispongono di meccanismi capaci di controllare ogni aspetto connesso alla guida in ambienti mappati, ma al tempo stesso richiedono la costante presenza a bordo di un pilota che svolga attività di monitoraggio e sia in grado di intervenire nelle ipotesi in cui lo scenario prefigurato nella mappatura si modifichi rendendo necessarie operazioni che non potevano essere programmate sulla base delle informazioni disponibili ex ante. Al livello 4 di automazione (High Automation) si collocano i veicoli nei quali la presenza di un pilota umano risulta del tutto superflua in ogni condizione; la presenza di strumenti che consentano la guida da parte di una persona, pertanto, si giustifica solo in ragione dell’eventualità che sia necessario utilizzare l’auto in ambienti e condizioni in cui la guida automatizzata sia impossibile o qualora il pilota decida di dedicarsi personalmente alla guida. Il livello 5 (Full Automation) include le auto che, discostandosi completamente dall’attuale concezione di veicolo, svolgono le funzioni di guida in modo del tutto autonomo escludendo ogni intervento umano e che, pertanto, possono essere prive degli strumenti (sterzo, pedali) attraverso i quali questo tipicamente si realizza.

In definitiva, pertanto, si può concludere che per guida assistita si intende quella nella quale il pilota, seppur sempre al comando del veicolo, è coadiuvato nello svolgimento di molteplici rilevanti operazioni, come, ad esempio, il mantenimento in carreggiata, la frenata, il parcheggio. La guida autonoma, invece, si realizza allorché il veicolo riesce a compiere il tragitto senza nessun intervento del pilota. Questa modalità di guida, seppur tecnicamente possibile, appare attualmente difficilmente conciliabile sia con le condizioni del traffico, sia con le regole legali che governano la circolazione stradale, le quali presuppongono sempre la presenza di una persona alla guida del veicolo, o quantomeno di un responsabile pronto a riassumerne il controllo.

 

Quali sono i veri problemi dietro l’attuale blocco della sperimentazione in strada a, così detto, circuito aperto della guida autonoma? 

Il problema principale consiste nell’esigenza di conciliare sistemi di guida tra loro assai differenziati. L’auto driverless, infatti, per esprimere appieno le proprie potenzialità necessita di un ambiente circostante adeguato formato da automobili e strade sensorizzate, nonché da pedoni dotati di dispositivi che consentano la loro individuazione ed il loro riconoscimento. La presenza di un sistema circostante che opera secondo modalità disomogenee rispetto a quelle delle driverless cars rappresenta un profilo di potenziale pericolo rispetto al quale occorre adottare un approccio improntato ad un ragionevole principio di precauzione. Per queste ragioni le sperimentazioni sono attualmente condotte in contesti controllati o, quantomeno, circondate da una serie di previsioni volte a ridurre ragionevolmente i rischi e consentire che l’attività di testing avvenga al tempo stesso in condizioni ragionevolmente probanti e sufficientemente sicure.

Una prima soluzione largamente praticata nei Paesi dell’Unione Europea e in Italia (decreto Smart Road) consiste nell’individuazione di aree specificamente dedicate alla sperimentazione, precisamente delimitate ed adeguatamente attrezzate nelle quali la circolazione automatizzata e connessa può svolgersi in condizioni ideali. Questa soluzione consente da una parte di effettuare le sperimentazioni in condizioni di elevata sicurezza senza coinvolgere la generalità di coloro che compongono attualmente lo scenario del traffico stradale ma, dall’altra, costituisce un modello di osservazione non del tutto completo in quanto, essendo appositamente strutturato per la sperimentazione, non può riprodurre tutta la complessità dello scenario reale.

Una diversa modalità di sperimentazione può essere ravvisata laddove si applichi la tecnologia driverless nell’ambito di determinati settori non delimitati fisicamente, ma definiti sulla base dello svolgimento di particolari attività. La sperimentazione della tecnologia driverless, pertanto, può avvenire attraverso un suo impiego riservato a determinate tipologie di veicoli come ad esempio gli autoarticolati oppure i taxi. Questa forma di sperimentazione, che consisterebbe nell’anticipare l’ingresso della tecnologia driverless in particolari ambiti del trasporto, porterebbe con sé alcuni inconvenienti sotto il profilo dei fattori di confusione che potrebbero alterare la percezione dell’ effettiva pericolosità della guida senza conducente. È noto infatti che attività come quelle appena menzionate si caratterizzano per peculiarità che le distinguono dalla circolazione generale.

Una terza opzione può consistere nell’adottare un approccio particolarmente favorevole alla sperimentazione e consentire la circolazione di auto altamente automatizzate o driverless anche destinate ad uso privato. In questo scenario le auto driverless, già capaci di operare autonomamente, potrebbero esprimere tutte le loro potenzialità nel traffico ordinario senza coinvolgere nella guida il conducente. Questa forma di sperimentazione si caratterizza da una parte per il più elevato livello di attendibilità circa le prestazioni dei veicoli driverless chiamati a muoversi in condizioni di traffico reale, ma, d’altra parte, impone un significativo sacrificio in termini di sicurezza in quanto tutte le reazioni impreviste ascrivibili al cosiddetto rischio da sviluppo rimarrebbero a carico di danneggiati che si troverebbero a circolare in uno scenario popolato da veicoli di nuova concezione potenzialmente portatori di rischi non completamente definibili ex ante.

 

Il legislatore di fronte a quali nuove sfide etiche si troverà a causa dell’aumento delle vetture a guida autonoma tra le strade a circuito aperto? Potrebbe approfondire con noi cosa intende esattamente per «costo degli incidenti» e l’assunzione di «scelte tragiche» di cui parla nel Suo volume Driverless cars. Intelligenza artificiale e futuro della mobilità? Contestualmente, è possibile ad oggi ipotizzare una generale riduzione degli incidenti stradali grazie all’utilizzo della guida autonoma?

Secondo le previsioni maggiormente accreditate la totale implementazione della guida automatizzata di livello 4 e 5 dovrebbe condurre ad una riduzione del numero degli incidenti in misura superiore al 90% rispetto alla situazione attuale. All’interno di questo limitato numero di sinistri appare verosimile prevedere che una percentuale dei “nuovi” incidenti sarà dovuta a difetti di funzionamento del veicolo, ad imperfezioni della struttura stradale o a comportamenti anomali delle persone. Altra parte dei sinistri, tuttavia, potrebbe essere cagionata da veicoli conformi, ossia operanti nella modalità autonoma secondo protocolli predeterminati e validati dagli standard legislativi che ne definiscono la sicurezza. Proprio quest’ultima tipologia di incidenti pone il problema dell’allocazione dei costi “morali” ed economici scaturenti da attività esercitate in piena conformità rispetto agli standard normativi che definiscono livelli di sicurezza valutati come ragionevoli dal legislatore.

La necessità di “programmare” le scelte che l’automobile deve compiere in situazioni critiche fa emergere anzitutto un conflitto tra doveri di solidarietà e condotte altruistiche, da un lato, e l’istanza individuale ed egoistica all’autoconservazione. Questa prospettiva ha indotto a polarizzare l’attenzione sul dilemma etico esemplificato mediante la metafora del «trolley problem», efficacemente evocata in Thompson, The Trolley Problem, 94 Yale L. J. 1395 (1985). Con questa espressione viene indicata la condizione di colui che – trovandosi al comando di un carrello su un binario nel quale sono presenti un certo numero di persone e potendo scegliere se azionare uno scambio che lo sposti su un altro binario nel quale è presente una persona soltanto – sia chiamato ad operare una scelta che consiste nel decidere se continuare la corsa sul binario originario sacrificando un più elevato numero di vite o cambiare direzione sacrificando una vita sola.

Polarizzare l’attenzione sul trolley problem, tuttavia, potrebbe risultare inutile e addirittura controproducente soprattutto laddove si consideri che esso ostacola l’implementazione della tecnologia driverless capace di assicurare significativi benefici in termini di riduzione degli incidenti. Per queste ragioni sembrano da osservare con interesse le opinioni di quanti, attraverso percorsi differenziati, hanno proposto soluzioni capaci di superare l’impasse di questi ostacoli etici.

In effetti il superamento del trolley problem può essere ascritto al novero di quelle “scelte tragiche” (Calabresi e Bobbit, Tragic Choices (Fels Lectures on Public Policy Analysis), London, 1978) caratterizzate dall’inevitabile assunzione di decisioni tese a privilegiare la soluzione funzionale a proteggere il maggior numero di persone, pur nella consapevolezza che ciò comporterà necessariamente un sacrificio per un numero sensibilmente inferiore di altre persone che subiranno danni significativi o fatali.

In una prospettiva nella quale possano considerarsi superati gli ostacoli scaturenti da questioni di carattere etico, si pone il problema di dar vita ad un quadro normativo idoneo a fornire un sufficiente livello di certezza e di prevedibilità riguardo alle responsabilità scaturenti dalla commercializzazione e dalla circolazione di veicoli altamente automatizzati ed un’efficiente allocazione dei costi degli incidenti cagionati dalla loro circolazione. In quest’ottica sono state prospettate nel sistema statunitense diverse soluzioni interpretative in una prospettiva de iure condendo ormai verosimilmente prossima a concretizzarsi. Tra queste sembra da preferire la visione che, superando gli attuali paradigmi della responsabilità civile, pone in rilievo l’esigenza di socializzare i costi dei nuovi incidenti causati dall’automazione della circolazione stradale e a tal fine lumeggia l’introduzione di un sistema denominato Market Enterprise Responsibility (MER), il quale presupporrebbe l’istituzione di un fondo alimentato dagli stessi produttori funzionale a creare le risorse a cui attingere per far fronte al risarcimento dei danni eventualmente cagionati. In questo modo si realizzerebbe una copertura di tipo latamente indennitario a favore degli occupanti, dei pedoni e di ogni tipo di bystander che consentirebbe di allocare tutti i costi derivanti dagli incidenti causati dai veicoli di driverless.

 

A Suo avviso, l’utilizzo della guida autonoma quali vantaggi darebbe all’Unione Europea? Qual è l’approccio dell’UE a fronte di tematiche quali la sicurezza e la consapevolezza stradale del guidatore?

La transizione verso un sistema di circolazione dei veicoli basato sulla tecnologia delle auto driverless potrebbe condurre ad una serie di trasformazioni la cui estensione e profondità assumerà verosimilmente i caratteri della disruptive innovation paragonabile a quella generata dall’avvento della motorizzazione di massa agli inizi del Ventesimo secolo.

L’avvento delle driverless cars e la graduale implementazione della mobilità connessa dovrebbero dare luogo, anzitutto, ad un processo di profonda trasformazione urbanistica nell’ambito del quale sarebbe possibile convertire aree attualmente destinate a servizio delle automobili trasformandole in aree verdi, dando vita così ad una riorganizzazione del tessuto urbano conforme alla transizione ecologica che l’Agenda ONU 2030 indica tra i suoi principali obiettivi. Sempre nella prospettiva di realizzare gli obiettivi dello sviluppo sostenibile è stata sottolineata la fondamentale rilevanza delle nuove forme di mobilità come indispensabile strumento per conseguire una complessiva razionalizzazione della circolazione e l’ottimizzazione dell’utilizzo dei mezzi. In questo scenario, inoltre, si creerebbero condizioni particolarmente favorevoli all’avvio del processo di decarbonizzazione e quindi all’affermarsi di un modello di mobilità fondato sull’utilizzo di energie rinnovabili e caratterizzato da un drastico abbattimento delle emissioni ed un limitato impatto ambientale. L’insieme di questi obiettivi, già delineati nel corso del primo decennio degli anni Duemila, è stato posto ulteriormente in risalto nel Recovery Plan Next Generation EU e nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che, a seguito dell’irrompere della pandemia causata dal COVID-19, hanno sottolineato l’indifferibile esigenza implementare sistemi di mobilità sostenibile (Missione 3 del PNRR) funzionali a realizzare il processo di transizione ecologica (Missione 2 del PNRR).

Lo sviluppo di forme di circolazione che prescindono dalla guida intesa in senso tradizionale costituirebbe un elemento fondamentale al fine di accrescere l’inclusione sociale e di consentire nuove forme di mobilità ed indipendenza a tutte le persone che per le più svariate ragioni dipendenti dall’età, dalle capacità fisiche e dalla indisponibilità delle risorse economiche necessarie per l’acquisto di un veicolo, si trovano attualmente in una condizione di emarginazione determinata dall’impossibilità di disporre liberamente della flessibilità di movimento garantita dall’automobile. I significativi benefici brevemente descritti si coniugherebbero, inoltre, con un impatto economico assai positivo dando vita ad una crescita le cui proporzioni sembrano trovare precedenti solo in quell’epoca, ormai lontana, nella quale si sviluppò il cosiddetto “miracolo automobilistico”. Secondo le stime elaborate nel contesto dell’Unione Europea l’accelerazione nel processo di transizione verso la guida automatizzata e l’affermarsi delle driverless cars costituirebbe una leva capace di generare un potenziale economico il cui valore potrebbe essere raggiungere ordini di grandezza assai significativi. A tale riguardo il documento A common EU approach to liability rules and insurance for connected and autonomous vehicles. European Added Value Assessment: Accompanying the European Parliament’s legislative own-initiative report, pubblicato nel 2018, stima la possibile crescita economica nella misura di 148 miliardi di euro nell’arco temporale di un lustro.

In definitiva, sembra possibile affermare che la guida altamente automatizzata costituirà una panacea capace di conciliare un incremento della circolazione veicolare e della sua efficienza con una drastica riduzione degli incidenti generati da errori umani, l’abbattimento dell’inquinamento atmosferico e una virtuosa riorganizzazione dell’intero tessuto urbanistico favorita da sistemi di “guida predittiva”, capaci di razionalizzare i flussi del traffico e dar vita ad una sinergia tra fattori storicamente caratterizzati da un rapporto di antagonismo.

 

 

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