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Intervista al Prof. Vincenzo Ricciuto in memoria del Maestro Giovanni Battista Ferri

 

il Prof. Giovanni Battista Ferri

 

In ricordo del Maestro Giovanni Battista Ferri, la Redazione di DIMT ha intervistato il Prof. Vincenzo Ricciuto, attualmente Professore Ordinario di Istituzioni di diritto privato presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Oltre alla sua carriera accademica, il Prof. Ricciuto è un avvocato cassazionista iscritto all’Ordine degli Avvocati di Roma, con esperienza nell’assistenza legale a imprese, privati ed enti pubblici. Ha partecipato a convegni nazionali e internazionali, contribuendo significativamente nel campo del diritto privato, civile e dell’economia.

Il Prof Vincenzo Ricciuto

 

 

Approfondendo il tema centrale del contributo del Maestro Giovanni Battista Ferri nella dottrina del diritto civile, come si manifesta la sua visione e quale ruolo ha svolto in questo ambito specifico?

Gli studi del Prof. Ferri hanno interessato gli ambiti fondamentali del diritto civile e non si sono mai sottratti – semmai ne sono stati  un forte stimolo –  al dibattito scientifico sui temi più complessi  di questo ambito del sapere. Gli esiti scientifici delle sue riflessioni – a partire dal volume Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico  (1966) – sono divenuti, con il tempo, patrimonio culturale e concettuale del diritto civile moderno, al centro di un dibattito intenso e profondo  della scienza del diritto per numerose generazioni di studiosi. Nelle premesse logiche di quelle meditazioni e nelle categorie elaborate in quei primi anni ’60 del secolo scorso è possibile ritrovare un apparato teorico-concettuale  che la stessa giurisprudenza ha sempre più frequentemente utilizzato, anche in tempi recenti, per interpretare e meglio comprendere e risolvere i disordinati e sfuggevoli fenomeni dei nostri giorni. Studiosi ma anche operatori del diritto si sono, più o meno consapevolmente, via via appropriati di quella elaborazione della causa del negozio giuridico come veicolo, come collettore della variabilità del reale all’interno dell’astrattezza e della fissità della forma giuridica; hanno fatto propria la distinzione tra causa e “tipo contrattuale” inizialmente sfuggenti ad una propria identità concettuale. E ciò, per quanto sia avvenuto attraverso un percorso tormentato, è parso, grazie alle analisi e teorizzazioni del Maestro, il percorso più naturale e, al contempo, la chiave di lettura dei fenomeni negoziali in una prospettiva sistematica del diritto dei privati. I concetti elaborati da G.B.Ferri hanno consentito di dar rilievo a momenti ed aspetti di indubbia rilevanza altrimenti esclusi ed estranei alla valutazione giuridica del comportamento (negoziale) concretamente adottato. E’ ben nota agli studiosi del diritto civile l’idea di causa del negozio come intesa e proposta dal Maestro quale funzione economico-individuale, l’interesse concretamente perseguito attraverso quell’atto di scambio; è il riferimento ad un’effettiva operazione economica  articolata nei suoi concreti elementi che emerge una funzione individuale. Così come, in quell’opera (e in quelle successive), si possono trovare concetti e modelli in grado di aiutare a descrivere e, quindi, ad intendere, la variabilità e l’incertezza della legislazione odierna così come dell’esperienza pratica. Si pensi, ad esempio, al tema, oggi al centro del dibattito anche della dottrina civilistica, del mercato, che ha visto – ed ancora oggi, vede – la dottrina e la giurisprudenza in affanno di fronte alla comprensione della fisiologia del fenomeno così come sui profili  della sua patologia e dei rimedi. Il concetto di operazione economica e la contestualizzazione giuridicamente significativa dell’atto di autonomia, nella prospettiva concettuale proposta dal prof. Ferri e svolta nell’ottica della costruzione di categorie scientifiche, offrono gli strumenti fondamentali non solo per procedere all’esegesi delle normative ma per ricondurne le variabili disciplinari  ad un sistema razionale; eventualmente segnalarne manchevolezze, contraddizioni o inutilità; procedere ed appliacare, riscoprire o formulare ex novo concetti e categorie ordinanti che consentano di risolvere le problematiche riscontrabili.

E certamente al centro del dibattito della dottrina del diritto civile si pone un’altra opera  di G.B Ferri, Il negozio giuridico fra libertà e norma agli inizi degli anni ’80 del secolo scorso: sin dal suo apparire (1987) quest’opera apparve centrale nella sempre tormentata vicenda scientifica e, in senso ampio, politica  (come scelta di valori) del rapporto tra autonomia privata ed ordinamento giuridico, che nell’elaborazione del Maestro segnano i termini di una dialettica più generale tra libertà ed autorità. Una dialettica che nella prospettazione di G.B.Ferri non si pone mai secondo la ricostruzione di un’alternativa drastica che veda sempre e necessariamente soccombere l’uno o l’altro dei due termini che la compongono,  essendo essi destinati a convivere e a confrontarsi. In questa ricostruzione, la figura del negozio esprime tutta la sua valenza ordinatrice dell’attività economica, sociale, giuridica degli individui, fenomeno di organizzione degli assetti di interessi dei privati di fronte all’ordinamento dello Stato che predispone i criteri e gli indici di valutazione della realtà sociale , economica, morale, culturale cui si rifersice. Insomma, il negozio giuridico è un valore inevitabilmente destinato a confrontarsi con il sitema dei valori epresso dall’ordinamento giuridico statuale. La loro relazione, come vicenda di libertà ed autorità, è  tra un sistema di valori (il negozio), espressione di personali, specifici interessi dei privati ed un sistema di valori (l’ordinamento statuale), espressione di una visione generale e conformativa  della realtà sociale in cui il negozio si inserisce ( o tenta di inserirsi). Il negozio è dunque strumento che consente ai privati di realizzare determinate finalità attraverso una regola, è regolamentazione (privata) di interessi (privati).

Muovendo da una rivisitazione della figura del negozio come si era affermata e sviluppata in dottrina fino a quegli anni, G. B. Ferri ne offrì una lettura che, attenta ai nuovi  fenomeni della realtà economico e sociale, fosse in grado di esprimere le esigenze di regolazione della varietà degli interessi privati in una logica sistematica, ma non certamente asettica e astrattizzante.

Questa sua visione ha espresso un modo di intendere il diritto privato stesso come scienza di concetti permeabili dalla realtà, senza dover cedere al particolarismo o ad una visione più marcatamente empirica del diritto. Una visione coraggiosa, in quegli anni, che vedevano l’affermarsi di una forte tendenza al superamento delle categorie concettuali generali ed ordinatrici del fenomeno del diritto civile. In questo contesto, egli è stato uno strenuo difensore della categoria del negozio giuridico, in un’accesa dialettica con ricostruzioni che ne dichiaravano l’inconsistenza  concettuale e l’inutilità pratica. E nell’epoca nostra, in una sempre più avvertita consapevolezza della perdita di una visione d’insieme dei fenomeni sociali, economici, ecc. che ne consenta una razionale ed efficace regolazione, che consenta di riconoscere in ogni “regola” giuridica l’esigenza di sottoporre i vari momenti della vita umana a criteri generali di comprensione, valutazione, orientamento e fare del ragionamento giuridico non un mero esercizio di stile  logico, ma uno strumento per la migliore comprensione dell’agire umano, l’elaborazione della categoria del negozio secondo il pensiero e la ricostruzione di G.B. Ferri esprime tutta la valenza ordinatrice e la funzione sistematica della figura. Ed è proprio questa tensione al sistema e attenzione alla funzione, nelle vicende umane, del diritto e dei suoi singoli istituti a caratterizzare l’opera del Maestro.

 

 Considerando il Prof. Ferri come un giurista intellettuale, in che modo egli ha affrontato i temi della realtà sociale e politica nella sua produzione giuridica? Inoltre, come si manifestano le influenze culturali e gli interessi più ampi del Maestro, evidenziando la dimensione non esclusivamente tecnica delle sue opere, ma anche di taglio letterario?

La ricerca e la costruzione di un continuo dialogo fra diritto e realtà, condotte con passione e rigore scientifico, diventano, nelle opere del Maestro, una dichiarata scelta di campo intellettuale. Mi piace ricordare le sue parole contenute nella Introduzione  a  Il potere e la parola  dove G. B. Ferri scrive che “le riflessioni contenute nei saggi del presente volume si sono mosse in una linea in cui continuano a coesistere, in un rapporto forse ambiguamente ancora irrisolto, da un lato, le tentazioni dei testi delle ‘leggi’, intesi come espressione del Diritto dello Stato,  considerato come ‘algido ed esclusivo’ monopolista giuridico e, dall’altro, le ‘mobili’ fantasie delle ‘prassi’, che, anche quando si esprimono nelle forme di un sistema di regole, lasciano intravvedere anche le inattese suggestioni,  la cultura, insomma, che scandisce, accompagna ed ispira l’esistenza degli uomini, con tutto il carico di passioni, di vizi, di virtù e di contraddizioni che li caratterizzano”. E come non richiamare quello straordinario saggio di G.B. Ferri  (“Il diritto statuale e il suo doppio”) dove egli, dopo averci ricordato che il fenomeno del diritto appare composto di molteplici momenti (norme, principi, concetti,  ossia  forme di qualificazione, di valutazione e di organizzzione del mondo reale) ci dice che c’è un mondo reale, ulteriore rispetto a quello risultante dalle forme. Un “mondo ulteriore”, scrive il Maestro, “popolato ed animato da idee, da ideali, da interessi e da azioni, i più svariati e mutevoli”. Sicchè, “il compito del giurista non può evidentemente limitarsi alla conoscenza e alla ricostruzione delle espressioni formali, comunque, riconducibili o ricavabili dal sistema giuridico prescelto. Per ricomprendere, nella sua intierezza e globalità, la dimensione storica di una determinata esperienza giuridica, è necessario non ridurre la propria indagine nei confini, pur sempre angusti, delineati dalle specifiche forme di quel sistema, ma bisogna considerare anche i molteplici fattori che tale esperienza caratterizzano, quale fenomeno sociale”. Il riferimento di G.B. Ferri è “sia ai fermenti di idee e di interessi che popolano ed animano il mondo reale; sia alle manifestazioni normative ed organizzative, che, nel corpo sociale, possono eventualmente emergere, per modi e tecniche diversi ed autonomi, da quelli espressi dal sistema prescelto”.

Insomma, è la definizione della funzione stessa del diritto civile e del ruolo del giurista, secondo un insegnamento di Filippo Vassalli che G. B. Ferri amava spesso ricordare, e per il quale il compito dello studioso del diritto  è “quello di tradurre i dati della vita in schemi di pensiero”. E proprio il Maestro, in questa sua personale attività di comprensione della realtà umana negli schemi giuridici, ha coltivato costantemente un fecondo dialogo con gli ambienti letterari, con la frequentazione personale di numerosi autori di opere e romanzi del Novecento. Al punto che sarebbe davvero impossibile una loro elencazione, anche approssimativa.

Il mio ricordo personale va alle innumerevoli volte nelle quali mi chiedeva di accompagnarlo in libreria e in quelle occasioni mi faceva omaggio di numerosi romanzi e opere letterarie che formano buona parte della mia biblioteca.

E, d’altra parte, anche la lettura dei suoi studi, anche di quelli più tecnici, riflette sempre una dimensione ampia, autenticamente intellettuale, profondamente colta, della ricerca giuridica.

E questa attenzione ad una dimensione culturale ed esegetica più ampia, si coglie anche in opere che, pur edite in tempi e contesti sociali ed economici più risalenti, hanno contenuti e messaggi di sicura modernità ed attualità. Così, si consideri un’altra sua opera fondamentale Ordine pubblico e buon costume e la teoria del contratto. Qui, a ben vedere, non solo la ricostruzione della nozione di ordine pubblico e buon costume, ma il tema stesso che sta alla base di quei concetti è particolarmente vivo  nell’epoca attuale, ove è fortemente avvertita l’esigenza che l’agire dei privati non sovverta i valori fondamentali su cui si fonda un dato ordine sociale ed economico, e dunque dove è particolarmente sentito il bisogno della presenza di strumenti a garanzia dell’integrità del sistema, nei rapporti negoziali tra privato e privato e tra privato e pubblico, dei valori e dei principi fondamentali su cui la comunità si fonda.

 

Nel contesto dell’umanesimo liberale di Ferri, potrebbe approfondire la sua attenzione al profilo umano e come questa sensibilità alle vicende umane ha influenzato le sue riflessioni nell’ambito giuridico? In che modo la sua prospettiva, orientata verso la realtà concreta e non solo ipotesi astratte, si è manifestata nella sua visione del diritto, considerando il contesto culturale e sociale in cui ha operato?

Io credo che, parlando di attualità del suo insegnamento, forse un aspetto rimane difficilmente recuperabile, perché riconducibile ad una sensibilità del tutto personale ed innata di G.B. Ferri e che ne caratterizza al sua figura nel panorama della civilistica  italiana: l’approccio, mi verrebbe da dire, “umanistico” al fenomeno giuridico. La regola del diritto non è studiata in quanto tale, asetticamente, come mero enunciato; ma è compresa come regola di (e per) fenomeni umani; è concepita (come deve essere) quale strumento privilegiato per la comprensione dell’uomo, delle sue esigenze e del contesto in cui egli si muove. Lungi dall’essere pura astrazione accademica, la riflessione giuridica è condotta, in altri termini, con un’attenzione costante al ruolo giocato dalle categorie giuridiche nella decifrazione, valutazione e protezione di interessi e bisogni umani.

Le opere del Maestro, quelle qui citate e tutte le altre, in cui vengono ricostruiti concetti giuridici attraverso il richiamo a interessi concreti e a valori fondamentali, e quindi al reale, sono testimonianza di un metodo che, lungi dal farsi strumento per l’ingresso nel ragionamento giuridico di elementi extragiuridici, guida la riflessione  entro margini logici estremamente tecnici e rigorosi. L’ammonimento a non lasciare che, di fronte ad un’apparente evanescenza del principio o alla sua genericità, l’interprete si muova con troppa discrezionalità è un insegnamento metodologico che oggigiorno è necessario ribadire.  Il contenuto del concetto giuridico deve necessariamente ricavarsi dall’assetto del dato normativo positivo (sistematicamente considerato) pur nella sua storicità.

L’opera di G. B. Ferri è testimonianza diretta di un metodo che, tramite l’utilizzo delle categorie generali del diritto, la comprensione dei fenomeni giuridici nella loro unità, e la loro collocazione nel sistema, arriva a cogliere la peculiarità dei singoli aspetti della persona e del suo agire come individuo o come membro di una collettività, senza contaminare, sacrificare o piegare la necessaria tecnicità del diritto ad elementi extragiuridici.

E il tema della persona e delle relazioni tra gli individui, la sensibilità verso questo ambito di indagine così delicata dell’esperienza umana che egli ha voluto sempre trasmetterci, mi porterebbe ad una testimonianza personale del rapporto Maestro-allievo e dei tanti momenti che compongono quel particolare rapporto su cui si fonda la vicenda scientifica e, mi piace dirlo in questa sede, anche umana di ciascuno di noi. Vi risparmierò il racconto di questa vicenda e risolverò questa delicata incombenza facendo ricorso a ciò che mi piacque dirgli in occasione del compimento dei suoi settant’anni e del suo pensionamento dall’Università La Sapienza mutuando le parole degli allievi di un importante abate francese al loro Maestro: “che non le venga mai in mente che ora, noi, divenuti adulti, non abbiamo più bisogno di lei”. E così, al suo insegnamento e a tutta la sua produzione scientifica ho fatto continuamente riferimento, cercandovi – e trovandovi – ispirazione, analisi, riferimenti, chiavi di lettura, ricostruzioni fondamentali per lo studio di nuovi fenomeni economici, sociali e tecnologici, come pure delle vicende umane della nostra così complicata esistenza.

 

 

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