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Privacy, Soro: “Bene Immuni. Se le altre app non hanno valutato i rischi, interverremo”
Riportiamo di seguito uno stralcio dell’intervista rilasciata al quotidiano la Repubblica da Antonello Soro, presidente del Garante per la protezione dei dati personali.
Presidente, ancora ci si chiede se Immuni manda i dati all’estero e se ci geolocalizza. Ma non lo fanno già le app regionali?
Immuni non lo fa. Nelle prime settimane sotto la spinta emotiva, regioni, comuni e imprese hanno promesso il ricorso a un app salvifica usando come base giuridica l’ordinanza della Protezione civile recepita poi con decreto legge. Per alcuni è rimasto un progetto, altri ne hanno fatto uno strumento. Ma il ricorso a sistemi autogestiti e autoprodotti anche da società non italiane che hanno offerto tecnologie e servizi è avvenuto con poche garanzie.
Complice l’opinione pubblica che non dava valore alla Privacy?
L’Italia sembrava innamorata della Corea del Sud e della Cina. Le misure di contrasto tecnologiche apparivano giustificate e illustri virologi hanno detto che era un babbeo chi si preoccupava della privacy e chi la definiva una fisima.
Ma poi l’atteggiamento è cambiato.
Le forze politiche hanno preteso una norma primaria che attualmente è all’esame del Parlamento. Dalle agenzie apprendo che alcuni parlamentari non se ne sono accorti. Perfino il Copasir si è occupato del problema rivendicando la controllabilità di dati molto delicati.
Grazie al vostro intervento: l’Autorità ha richiamato principi generali e declinato il comportamento virtuoso intervenendo anche nel Board europeo per un orientamento comune.
Principi sovrapponibili a quanto avevamo detto in audizione nella Commissione trasporti: meglio il tracciamento dei contatti invece della geolocalizzazione, meglio la volontarietà, la gestione pubblica dell’app, i server pubblici, la controllabilità e la trasparenza e poi il sistema decentralizzato, la pseudonimizzazione, fino al parere sulla norma e le misure di sicurezza.
Così siamo arrivati a un prodotto la cui unica finalità è il tracciamento dei contatti.
Questo perché in un tempo di emergenza è possibile usare tecnologia anche per limitare i diritti ma il suo impiego deve essere proporzionato e a termine, lo dicono sia la Costituzione italiana che il Regolamento europeo. Parliamo di sostenibilità democratica. Mi pare che ci siamo riusciti.
Ma continuano le polemiche.
È legittimo esprimere giudizi critici ma devono essere frutto di una conoscenza puntuale del tema e sulla base di argomenti concreti. In un momento difficile come questo alimentare sfiducia e assecondare gli umori negativi non serve, soprattutto per chi ha responsabilità verso il Paese, e questo vale pure per il mondo dell’informazione. Il mio appello è di non dare giudizi sommari decontestualizzati e privi di fondamento.
Sì, ma il problema dell’invasività delle tecnologie è un tema vero, non crede?
Il ricorso necessitato alle tecnologie di distanza ha fatto crescere la confidenza degli italiani in una dimensione prima percepita solo come ludica e virtuale. Adesso è tempo di porre con forza il tema della dimensione digitale e il ricorso massiccio alle piattaforme online dovrebbe farci pretendere una maggiore garanzia di sicurezza per tutte le attività più rilevanti: si pensi al processo penale, alle riunioni del Consiglio dei ministri fino al consiglio comunale, alle attività di Camera e Senato.
Cosa vuole dire?
Le piattaforme che usiamo hanno una natura non direttamente controllabile. Bisogna aprire una discussione su questo. Bisogna promuovere una forte regolazione del digitale sia in Italia che in Europa, per proteggere i dati più rilevanti, dal dato sanitario a quello fiscale a quello che riguarda la sicurezza nazionale, e bisogna costruire garanzie ulteriori. Lo dico sommessamente, ma non possiamo sfuggirgli.
Vuole regolare le piattaforme? E come?
Io dico che la dimensione digitale è cresciuta in maniera anarchica, guidata dai privati, e con regole molto lasche anche quando c’è stato un rilevante uso pubblico degli strumenti digitali. Per questo il primato del pubblico va riesaminato. I dati che circolano sono i dati riferiti alla nostra persona e il primo punto è proteggere la persona digitale. Per questo ci vuole un supplemento di iniziativa.
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