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Procurement pubblico, così diventa forte leva di ripresa per l’Italia

Per la prima volta da molto tempo a questa parte, del resto, la spesa pubblica è guardata con favore, come possibile innesco per il motore della ripresa. Pur con tutte le difficoltà che la situazione dei conti pubblici nazionali necessariamente porta con sé, investire per i giusti obiettivi potrebbe consentire di spingere il Paese fuori dalla palude della recessione, nella quale – di fatto – si trovava già prima della devastante esperienza della pandemia indirizzandolo verso una reale crescita.

L’emergenza sanitaria ha, poi, messo a nudo i punti deboli della macchina amministrativa, portando in superficie problemi in gran parte noti, ma mai affrontati in modo strutturale e risolutivo. È questo il tempo dei piani, dei programmi, delle visioni. Un tempo che non deve essere sprecato e, soprattutto, non può essere affrontato solo con l’ottica dell’emergenza, che induce a formulare proposte meramente contingenti e, per ciò stesso, miopi ed incapaci di proiettarsi oltre l’orizzonte della crisi.

Il public procurement come nodo cruciale

Non vi è dubbio che gli affidamenti pubblici, che costituiscono annualmente circa il 10% del PIL nazionale, rappresentino una leva potente per la ripresa e un nodo cruciale da sciogliere per ridare vigore all’economia prostrata dal coronavirus. Non serve soltanto che gli appalti siano aggiudicati, ma anche che le relative prestazioni siano concretamente eseguite dagli operatori economici e tempestivamente remunerate da parte della pubblica amministrazione. Sul fronte del public procurement in tempo di crisi si fronteggiano due scuole di pensiero.

La prima è quella che vorrebbe un approccio di tipo derogatorio: tempi eccezionali richiedono misure eccezionali e, quindi, sospensione temporanea delle norme vigenti in materia e utilizzo di commissari che possano operare in sostanziale libertà per immettere immediatamente nel tessuto economico le risorse necessarie a costituire il volano per la ripresa. La seconda scuola di pensiero è quella che, invece, ritiene che occorra accelerare e dare piena attuazione a quello che le norme già prevedono, limitandosi – ove necessario – alla modifica puntuale delle sole disposizioni che hanno dimostrato di caricare i processi di oneri non necessari.

 

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