skip to Main Content

Diffusione di strumenti digitali per la regolazione finanziaria. Intervista al Prof. Francesco Di Ciommo

 

Blockchain, smart contract, sono alcuni strumenti automatizzati di regolazione finanziaria digitale. La redazione di DImt ha intervistato il Prof. Francesco Di Ciommo in merito ai rischi e alle opportunità di queste nuove tecnologie.

Il professor Di Ciommo, nato nel 1975, è avvocato iscritto all’Albo dal 2001 ed è abilitato come cassazionista dal 2005. Laureato presso la Luiss “Guido Carli” di Roma, è Professore Ordinario di “Diritto Privato” (SSD 12/01) nello stesso Ateneo, dopo essere stato prima Ricercatore e poi Professore Associato nell’Università di Roma “Tor Vergata”.

 

A Suo avviso, quali sono le opportunità e i rischi per l’industria finanziaria nell’era del digitale?

L’industria finanziaria in questi ultimi anni ha dimostrato non solo di volere, ma anche di sapere, utilizzare a proprio favore l’evoluzione tecnologica in atto. A riguardo, basta vedere quanto è accaduto e sta accadendo in tema di pagamenti elettronici e criptovalute, robot advisor, utilizzazione dei servizi bancari attraverso Internet, trading algoritmico nei mercati finanziari, piattaforme di peer to peer lending, ed altro ancora. I rischi sono evidenti e da non trascurare. Il più importante è costituito dall’evidente inadeguatezza dei sistemi di controllo e di vigilanza tradizionali rispetto ai nuovi fenomeni in atto. Occorre, dunque, escogitare nuove regole, nuovi paradigmi, anche – o, forse, per lo più – tecnologici, e nuovi soggetti dotati di autorità e autorevolezza, atti a garantire la sicurezza delle transazioni e, in definitiva, la tutela di risparmiatori e investitori. La globalizzazione, che costituisce senz’altro una delle principali caratteristiche dell’industria finanziaria dei nostri giorni, non facilita la soluzione dei problemi in parola e anzi determina l’ecosistema ideale per il fiorire di novità che sfuggono al controllo delle autorità costituite.

La diffusione di strumenti automatizzati come gli smart contract, che impatto stanno avendo nella nostra società in ambito finanziario?  Il nuovo Decreto Semplificazione per la Blockchain e gli Smart contract, interviene, secondo Lei, nelle principali criticità nel nostro Paese?

Con la locuzione “smart contract” si fa riferimento a fenomeni para-contrattuali molto eterogenei tra loro, accomunati solo dal fatto di essere favoriti dall’operatività della c.d. intelligenza artificiale, e dunque degli algoritmi. Come già accennavo, nei mercati finanziari di tutto il mondo negli ultimi anni si è diffuso a macchia d’olio il c.d. trading algoritmico, e cioè il trading basato esclusivamente su scelte compiute dalle macchine, senza alcun intervento umano, in ragione della raccolta e dell’analisi continua nel tempo di una molte enorme di dati che le macchine si autoprocurano scandagliando senza sosta le reti telematiche. L’evoluzione più recente di questo fenomeno è detta “high frequency trading” per sottolineare come le transazioni in parola, decise e attuate dai computer, si caratterizzano anche per la incredibile velocità con cui vengono decise e poste in essere, al fine di garantire agli operatori più attrezzati un rilevante vantaggio competitivo che spesso si misura, sul piano temporale, in frazioni di secondo, e che consente a questi ultimi di immettere o revocare un ordine un istante prima del concorrente, così massimizzando la propria utilità. In Italia il Decreto Semplificazione ha preso atto del fenomeno della blockchain, e già questa è una buona notizia, ma ancora molto c’è da fare per poter affermare che l’ordinamento giuridico italiano sia concretamente, sotto il profilo tecnologico, al passo con i tempi.

Potrebbe parlarci meglio della crescente diffusione della consulenza automatizzata, è uno strumento efficace?

Si parla molto di c.d. robot advisor, o consulenza automatizzata, perchè in effetti negli ultimi anni è cresciuta in tutto il mondo – dove più, dove meno – la fetta di investitori che, per effettuare trading nei mercati finanziari, hanno sperimentato piattaforme che forniscono servizi rientranti nel novero della robot advisor. Sennonché, questo trand di crescita ulteriormente sembra rallentato e soprattutto gli analisti hanno notato come l’investitore tipo usa tali piattaforme solo per effettuare investimenti di medio-bassa entità. Viceversa, quando si tratta di impegnare ricchezze rilevanti, sembra che gli investitori non vogliano rinunciare alla possibilità di essere assistiti da un consulente persona fisica. La circostanza si spiega principalmente in termini di psicologia cognitiva e comportamentale, di talché io credo che effettivamente la robot advisor si evolverà sempre di più quale strumento di supporto ai consulenti finanziari nell’erogazione del servizio ai clienti, piuttosto che come tecnologia in grado di sostituire i consulenti nel rapporto con questi ultimi.

La redazione rimanda alla segnalazione editoriale:
Back To Top