di Giusella Finocchiaro e Laura Greco Sommario: 1. Premessa 2. Gli ostacoli; 2.1.…
Circolazione dei contenuti e opera digitale
di Eugenio Prosperetti Relazione al Convegno organizzato dall’Università Europea di Roma e dalla Luiss Guido Carli, 13 maggio 2011 Non a tutti i contenuti veicolati online è applicabile direttamente e “in quanto tale” il modello classico del Diritto d’Autore: uno dei principali problemi, anzi, è proprio l’assenza a livello regolamentare, di una definizione compiuta e condivisa di “opera digitale”. Normativamente parlando, il quadro italiano rispecchia proprio questa carenza: esso prevede modelli di gestione ed inquadramento della proprietà intellettuale che sono perfetti per le opere tradizionali ma, solo in parte sono stati adeguati ai meccanismi digitali. Più che altro si è intervenuto a regolare le situazioni dove il digitale è distribuito tramite supporto o in situazioni di opera distribuita “anche via cavo” o “anche” on demand. Trova difficoltà l’inquadramento della distribuzione esclusivamente in via digitale e senza supporto di opere che non hanno riscontro in altra forma. Manca, cioè normativa che raccordi i principi di base con tali situazioni, oggettivamente nuove. Nessuno qui afferma che il diritto d’autore debba essere accantonato o che si debbano trovare sistemi alternativi. E’ però necessario costruire un raccordo, oggi mancante, tra distribuzione in forma digitale (interamente digitale) e l’attuale forma della regolamentazione del diritto d’autore. Il sistema italiano, recependo l’armonizzazione europea, come noto agli addetti e non, ha già compiuto simili operazioni, introducendo disciplinadi raccordo per la tutela giuridica del software, delle banche dati: non era infatti ipotizzabile applicare sic et simpliciter il diritto d’autore a queste particolarissime elaborazioni (1). Giacché, dunque, il mezzo digitale già rispecchia molte delle regole del Diritto d’Autore e ne condivide senza dubbio le finalità principali, è necessario fornire all’autore uno strumentario (sia di analisi, che di protezione) adeguato ai mezzi con i quali i contenuti vengono messi in circolazione e rispondente alle strategie di business ed alle dinamiche di un mercato in costante evoluzione. Molte le strade adottabili, in tal senso: dalla promozione di uno “statuto delle opere digitali”, all’introduzione di una direttiva dedicata, alla promozione di un’autoregolamentazione del settore. In tutte le ipotesi al centro ci dovrebbe essere il potenziamento delle c.d. “informazioni sul regime dei diritti”. Ciò in quanto, dell’enorme massa di ore di video in rete, la necessità principale è proprio quella di discernere cosa debba essere considerato “contenuto originale”, e dunque opera dell’ingegno che un autore intende sottoporre alle regole del diritto d’autore, e cosa sia invece mera ripetizione, materiale grezzo, contenuto altrui illecitamente appropriato, ecc. Una disciplina in tal senso gioverebbe anche allo stesso consumatore-produttore (prosumer, figura oramai parte integrante della catena del valore nella distribuzione digitale), che avrebbe maggiore coscienza di quale tipo di contenuto (lecito o illecito, autorizzato o non autorizzato, utilizzabile o vincolato, ecc.) stia effettivamente visionando od immettendo in rete; è la medesima logica che già da tempo utilizza con successo Creative Commons; essa andrebbe estesa anche alla generalità delle distribuzioni digitali. Senza un approccio di questo tipo sembrano poco utili ulteriori inasprimenti dell’enforcement online in quanto vengono a scontrarsi con la indeterminatezza dei contenuti ivi presenti e con la possibile inapplicabilità di norme, nate per regolare la circolazione nel mondo fisico e su supporto rispetto a logiche del tutto diverse. Per fornire un esempio pratico di quanto l’attuale quadro sia inadatto a livello non solo nazionale ma globale, basta citare il caso F.B.T. Productions v. Aftermath Records, 621 F.3d 958 (9th Circuit 2010) (2), confermato dalla Corte Suprema degli Stati Uniti nel marzo 2011, dove il rapper Eminem è riuscito a farsi attribuire maggiorazioni sui diritti, sfruttando proprio le inadeguate e risalenti definizioni contrattuali dei suoi diritti d’autore: poiché gli MP3 del rapper distribuiti su iTunes potevano essere masterizzati su supporti ottici digitali senza perdità di qualità dai singoli utenti, la Corte d’Appello ha dato ragione al rapper circa la applicabilità della definizione di master presente nel contratto alle vendite su Itunes. La definizione di “record”, per cui venivano pagati diritti inferiori, prevedeva impossibilità di riprodurre a qualità pari all’originale ottico per il cessionario. Altro esempio di situazione border line nell’attuale disciplina normativa è costituita da i più recenti ecoder ibridi di nuova generazione, che miscelano palinsesti sulla base delle preferenze dell’utente ed in futuro decideranno anche delle pubblicità da visionare su base individuale sovrappondendole a quelle decise dai broadcaster e che sono attualmente regolate in normativa con quote frutto di negoziati durati anni. Entrambi i casi riportati non sono, allo stato, adeguatamente coperti dalla normativa, e sarebbe bene lo fossero prima possibile, per evitare, una volta tanto, il costante inseguimento della tecnologia da parte del regolatore. Note (1) Sia consentito, per più ampia trattazione del tema e bibliografia, il rimando alla mia voce Opera Digitale, in Enc. Giur. Treccani, aggiornamento. (2) Cfr. http://www.scribd.com/doc/36866057/Eminem-vs-UMG-9th-Circuit-Ruling.