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Accesso ai contenuti audiovisivi e strategie di impresa nello scenario della comunicazione multimediale

di Gianluigi Magri   Relazione al Convegno organizzato dall’Università Europea di Roma e dalla Luiss Guido Carli, 13 maggio 2011 1. La tecnologia digitale, l’economia delle reti e l’accesso ai contenuti audiovisivi Nell’odierno scenario della tecnologia digitale, accanto alle tradizionali economie di scala, stanno acquisendo un ruolo sempre più rilevante le economie di velocità. Essere per prima sul mercato consente a un’impresa di imporre un prezzo più elevato e godere di margini di profitto più ampi. In questo senso, anche pochi mesi di anticipo sui concorrenti possono risultare determinanti, per realizzare un profitto prima che il prodotto diventi obsoleto o diffuso – magari con lievi variazioni che impediscano la violazione di diritti di proprietà intellettuale – attraverso un numero tale di reti e supporti alternativi da perdere, o dover condividere con i concorrenti, gran parte dei guadagni da esso generati per l’impresa. La velocità di arrivo su un mercato, d’altronde, può consentire altresì a un’impresa di precludere, da un lato, l’accesso ad altri operatori, dall’altro, a monte, la stessa nascita del mercato. Alla riduzione del ciclo di vita dei prodotti, inoltre, si accompagna un’attenzione sempre più labile da parte dei consumatori. Di fronte a migliaia di nuovi prodotti e servizi offerti sul mercato a ritmo incessante, l’intervallo fra desiderio e gratificazione si sta avvicinando alla simultaneità, ed i consumatori si attendono un ricambio dei prodotti e loro versioni più evolute a frequenza assai elevata. Sono queste le giustificazioni economiche più evidenti che conducono spesso i nuovi entranti su un mercato a evitare il più possibile investimenti in costi fissi o irrecuperabili, in quanto appunto sussiste il serio rischio che tali investimenti non siano recuperati affatto, dati la rapidità dell’innovazione ed il continuo ricambio dei prodotti. Nella nuova fase economica in cui ci troviamo, pertanto, il fornitore per lo più conserva la proprietà dei beni, che noleggia, affitta o cede in uso temporaneo a fronte del pagamento di una tariffa, un abbonamento, etc. Il passaggio dal regime di proprietà – fondato sul concetto della cessione della titolarità dei beni – al regime di accesso – basato sulla garanzia della disponibilità temporanea di beni o servizi (controllati per lo più da reti di fornitori) – muta radicalmente la nozione stessa di potere economico. In questo senso, il potere maggiore, già oggi e sempre più nei prossimi anni, sembra destinato a confluire nelle mani di quei soggetti che si pongono quali “gatekeepers”, “guardiani” rispetto all’accesso alle reti ovvero ai beni o servizi scambiati attraverso di esse. Questi fenomeni avvengono nel contesto di una trasformazione più ampia che riguarda l’essenza stessa del sistema capitalistico, interessato da uno spostamento di lungo periodo dalla produzione industriale a quella culturale. Una quota sempre crescente di scambi economici si riferisce ormai alla commercializzazione, più che di beni e servizi prodotti industrialmente, di una vasta gamma di esperienze culturali, fruite tramite i diversi mezzi d’intrattenimento esistenti sul mercato e moltiplicati esponenzialmente dal progresso tecnologico. In questo nuovo scenario economico, la garanzia di accesso alle esperienze e risorse culturali, nonché alle reti polifunzionali che le diffondono, acquisisce una rilevanza analoga a quella della proprietà sui beni materiali. Le grandi imprese che gestiscono le reti di comunicazione e i loro fornitori di contenuti rappresentano quindi i gatekeepers in grado di determinare le condizioni in base alle quali, da un lato, le imprese concorrenti e, dall’altro, l’universo dei consumatori/utenti possono avere accesso alle relazioni sociali ed economiche a livello globale. Per quanto riguarda poi specificamente l’industria dell’intrattenimento, questa deve gestire il rischio che deriva da prodotti con un ciclo di vita brevissimo; ciò rende l’approccio reticolare a quest’attività economica una necessità. Il sistema di produzione a rete è stato introdotto dapprima nell’industria cinematografica hollywoodiana negli anni cinquanta del secolo scorso, in risposta al bisogno di disporre di professionalità diverse per ciascun progetto e di ripartire il rischio in caso di suo fallimento. In tal modo hanno iniziato a diffondersi case di produzione indipendenti, delle quali i grandi studios si avvalgono agendo da investitori, fornendo ai produttori indipendenti le risorse finanziarie necessarie in cambio, oltre che del controllo sul processo di produzione, dei diritti di distribuzione del prodotto finale. Questo modello, in linea generale, è ripreso oggi anche dall’industria audiovisiva, e in particolare televisiva, del nostro Paese, con le emittenti che rivestono il ruolo di coordinatrici e distributrici in luogo degli studios. Ciò, evidentemente, dà luogo alla possibilità che queste, in relazione ai contenuti prodotti di propria iniziativa – ma allo stesso modo riguardo a quelli acquisiti da terzi, o a quelli che questi ultimi vorrebbero trasmettere mediante le emittenti stesse – possano rivestire il ruolo di gatekeepers, rispetto alla quantità e alle possibilità di fruizione dei contenuti audiovisivi. D’altro canto, l’approccio reticolare all’organizzazione produttiva, che sul modello hollywoodiano si è successivamente diffuso a macchia d’olio nei principali settori dell’economia odierna, dà a un ampio numero di imprese la possibilità di liberarsi di impianti, attrezzature e personale, creando relazioni strategiche con i fornitori per la produzione dei contenuti. In uno scenario di concorrenza crescente e senza confini, di beni e servizi sempre più diversificati e di cicli di vita dei prodotti sempre più brevi, le imprese conservano le loro posizioni di leadership attraverso il controllo dei canali di finanziamento e distribuzione ed il trasferimento a soggetti economici più piccoli o esterni del peso della proprietà e della gestione del capitale fisico. In un sistema basato sull’accesso, il problema maggiore, la necessità più impellente per un’impresa è quella di essere inclusa nelle reti e nei rapporti che consentono di svolgere la propria attività economica. Pertanto, tutte le imprese, maggiori e minori, tentano incessantemente di entrare a far parte delle reti commerciali in espansione o in formazione. Nell’era dell’accesso, la differenza è fra chi è connesso e chi non lo è, fra inclusi ed esclusi. E’ per questa ragione che, ad esempio, le principali società d’intrattenimento, software e telecomunicazioni, consapevoli del ruolo essenziale dei gatekeepers, stanno acquisendo i fornitori di servizi e contenuti di maggiore successo. Le multinazionali dei media sono oggi impegnate in una lotta incessante per il controllo dei canali di comunicazione e delle risorse culturali, con una conseguente espansione incessante dell’offerta nel mercato – sempre più globale – delle esperienze e dell’intrattenimento. In un mondo sempre più incentrato su relazioni sociali ed economiche che si svolgono per lo più attraverso reti di comunicazione elettronica, dunque, il diritto all’accesso alle risorse culturali, ed in particolare ai contenuti audiovisivi, assume un’importanza centrale. Nell’economia delle reti, il concetto di libertà dell’individuo si basa sugli indici dell’accesso e dell’inclusione, piuttosto che sui precedenti dell’autonomia e del possesso. In questo senso, evidentemente, deve leggersi la recente previsione, nell’ambito delle direttive di riforma del framework regolamentare comunitario sulle comunicazioni elettroniche, del diritto di accesso alla rete quale diritto fondamentale dell’individuo. In questo nuovo contesto, si afferma, il ruolo dello Stato sarebbe quello di garantire a ciascuno il diritto di accedere alla infinite reti attraverso le quali gli individui interagiscono, comunicano, gestiscono le attività economiche e creano cultura. Sotto il profilo delle “regole del gioco”, ossia dell’approccio normativo in materia, pertanto, si pone il problema del c.d. nuovo “diritto individuale di non essere escluso dalla fruizione delle risorse produttive”, ed in particolare – per quanto d’interesse nell’incontro odierno – dei contenuti audiovisivi sulle diverse piattaforme di comunicazione offerte dall’incessante sviluppo della tecnologia digitale. A fronte di questo nuovo diritto degli utenti, d’altronde, devono tenersi in considerazione le legittime esigenze delle imprese operanti sulle nuove piattaforme offerte dallo sviluppo tecnologico – dalle più vicine alla televisione “tradizionale” (digitale terrestre, satellite) alle più innovative o “emergenti” come quelle di tv via Internet – assicurando il pieno dispiegarsi della loro libertà d’iniziativa economica. L’equo contemperamento dei diritti degli utenti con i legittimi interessi delle imprese, dunque, rappresenta la principale sfida regolamentare posta dallo sviluppo incessante della tecnologia digitale. In proposito, due recenti interventi regolamentari dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (uno dei quali ancora in fase di elaborazione a seguito della relativa consultazione pubblica), unitamente allo studio contenuto nel “Libro bianco sui contenuti” presentato presso l’AGCOM il 26 gennaio scorso, hanno evidenziato quanto un simile contemperamento d’interessi possa risultare effettivamente complesso e irto d’insidie, e quanto i provvedimenti volti a realizzarlo possano essere oggetto di polemiche – spesso strumentali a interessi di parte – che ostacolano un sereno confronto sulle regole migliori da adottare per consentire il pieno sviluppo delle nuove piattaforme di diffusione dei contenuti audiovisivi, avendo come obiettivo quello della piena salvaguardia degli interessi sia degli utenti sia delle imprese. Gli interventi ai quali faccio riferimento sono, in particolare, i regolamenti “web tv” e “video on demand” e i “lineamenti di provvedimento” sul diritto d’autore on line (attualmente in fase i elaborazione dopo la conclusione della relativa consultazione pubblica). 2. I regolamenti “web tv” e “video on demand” Nel novembre del 2010 l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, sulla base delle competenze ad essa assegnate dal Decreto legislativo n. 44/2010 (c.d. “decreto Romani”), con delibere nn. 606/10/CONS e 607/10/CONS ha approvato due regolamenti concernenti rispettivamente la prestazione di servizi di media audiovisivi lineari o radiofonici sui mezzi di comunicazione elettronica diversi da televisione e radio (in particolare WEB TV, IPTV e Mobile TV), nonché la fornitura di servizi di media audiovisivi a richiesta. Il Decreto, ispirandosi alle definizioni e ai criteri contenuti nella Direttiva europea 2007/65/CE, ora 2010/13/UE, e tenendo conto degli sviluppi tecnologici e dei cambiamenti avvenuti nel settore audiovisivo, stabilisce di applicare un complesso minimo di norme coordinate a tutti i servizi di media audiovisivi lineari o radiofonici sui nuovi mezzi di comunicazione elettronica o a richiesta. Per servizi di media audiovisivi, in base al Decreto 44/2010, si intendono quelli, posti sotto la responsabilità editoriale di un fornitore di servizi di media, il cui obiettivo principale è la fornitura di programmi al fine di informare, intrattenere o istruire il grande pubblico, attraverso reti di comunicazioni elettroniche. Ai sensi della Direttiva 2010/13/UE sono esclusi dal campo di applicazione dei regolamenti, oltre ad ogni forma di corrispondenza privata, come i messaggi di posta elettronica inviati a un numero limitato di destinatari, anche tutti i servizi la cui finalità principale non è la fornitura di programmi, vale a dire i servizi nei quali il contenuto audiovisivo è meramente incidentale e non ne costituisce la finalità principale. Inoltre, sono naturalmente esclusi dal campo di applicazione dei regolamenti i servizi prestati nell’ambito di attività a prevalente carattere non economico e non in concorrenza con emittenti radiotelevisive, ed i servizi che non hanno come finalità principale la fornitura di programmi o nei quali il contenuto audiovisivo è solo accessorio. Sono esclusi poi, in particolare, i servizi basati sul caricamento di contenuti da parte degli utenti (ad esempio YouTube), in quanto tale attività non presuppone una responsabilità editoriale sulla selezione dei contenuti, ma solo l’aggregazione e il commento dei contenuti medesimi da parte degli utenti stessi, a fini di condivisione e senza alcuna finalità economica. Tale esclusione, prevista in aderenza con i principi stabiliti dalla Direttiva e dal Decreto, non ha luogo nel caso in cui sussistano, congiuntamente, due condizioni in capo ai soggetti aggregatori: sia la responsabilità editoriale, in qualsiasi modo esercitata, sia uno sfruttamento economico. Mentre lo sfruttamento economico è facilmente individuabile, affinché si determini la responsabilità editoriale sono invece richiesti due elementi concorrenti: l’esercizio di un controllo effettivo sia sulla selezione dei programmi, ivi inclusi i programmi-dati, sia sulla loro organizzazione in un palinsesto cronologico, nel caso delle radiodiffusioni televisive o radiofoniche, o in un catalogo nel caso dei servizi a richiesta. Pertanto, i siti che non selezionano ex ante i contenuti generati dagli utenti, ma effettuano una mera classificazione dei contenuti stessi, non rientrano nel campo di applicazione della norma. Ancora, sono esclusi: – per i servizi lineari, i palinsesti che irradiano programmi per meno di ventiquattro ore settimanali, in analogia con quanto previsto per le emittenti terrestri operanti in tecnica digitale, nonché per i servizi che non sono rivolti ad un pubblico esteso, come i servizi per gruppi chiusi di utenti, ad esempio i servizi televisivi aziendali, o quelli a circuito chiuso anche irradiati in luoghi aperti al pubblico, come ad esempio le stazioni ferroviarie; – per i servizi a richiesta, i cataloghi composti esclusivamente di programmi già trasmessi in modalità lineare, come la c.d. catch-up tv o i servizi di archivio, e l’offerta di contenuti che, pur identificata da uno specifico marchio, non si configura come un catalogo autonomamente accessibile dal pubblico, come quelli inseriti all’interno di bouquet offerti direttamente al pubblico da un diverso soggetto. Infine, sono esclusi i quotidiani online e le versioni elettroniche di giornali e periodici, i siti Internet che contengono elementi audiovisivi a titolo puramente accessorio, quali elementi grafici animati, brevi spot pubblicitari o informazioni relative a un prodotto o a un servizio non audiovisivo, i giochi d’azzardo con posta in denaro, comprese le lotterie, le scommesse e altre forme di servizi di giochi d’azzardo, nonché i giochi in linea e i motori di ricerca, ma non le trasmissioni dedicate a giochi d’azzardo o di fortuna. I regolamenti, in particolare, prevedono la necessità di una richiesta di autorizzazione, sia per i servizi lineari, sia per quelli a richiesta. Con riferimento ai servizi lineari, è stato previsto l’istituto del silenzio-assenso attraverso il tacito accoglimento della domanda (ex art. 20 della Legge n. 241/1990) senza l’espresso rilascio del titolo abilitativo. Di conseguenza, i soggetti che presentano la domanda si intendono autorizzati entro 30 giorni dalla sua presentazione, salva l’adozione di un motivato provvedimento di diniego in mancanza dei requisiti. Per i servizi a richiesta occorre, invece, presentare una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA). L’AGCOM, peraltro, ha circoscritto il campo di applicazione delle regole solo ai professionisti che siano effettivamente provvisti di capacità competitiva, cioè ai soggetti che abbiano una soglia minima di ricavi annui derivanti da attività tipicamente radiotelevisive (pubblicità, televendite, sponsorizzazioni, contratti e convenzioni con soggetti pubblici e privati, provvidenze pubbliche e da offerte televisive a pagamento) superiore a 100.000 euro. Riguardo infine ai contributi d’istruttoria previsti per la prestazione di servizi lineari e a richiesta, essi sono dovuti solo da parte di chi richiede l’autorizzazione, ed ammontano, rispettivamente, a 500 euro per la televisione e 250 euro per la radio, da corrispondere una tantum. Da questi brevi cenni sui contenuti dei regolamenti, dunque, mi sembra evidente che non vi è in essi alcun intento censorio (come affermato da alcuni), bensì piuttosto la chiara volontà di fornire un quadro di regole semplici e non onerose agli operatori – e quindi di garanzie di trasparenza, concorrenza e accesso agli utenti – di questi nuovi servizi per la fruizione di contenuti audiovisivi via Internet. 3. I “lineamenti di provvedimento” sulla tutela del diritto d’autore on line Il provvedimento sulla tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica di recente sottoposto a consultazione pubblica fa seguito a una Indagine conoscitiva svolta dall’AGCOM lo scorso anno, che aveva riscosso grande apprezzamento da parte della maggioranza degli operatori, i quali – oltre a commentare l’iniziativa su siti Internet e in articoli di stampa – sono stati sentiti in audizione. Tra i principali soggetti sentiti si segnalano, ad esempio, le Associazioni FAPAV, FIMI, Confindustria Cultura, ASSTEL, AIIP, MPA (Motion Picture Association), Associazione IPTV e le società RAI, Mediaset, SKY, Fastweb, Telecom Italia, Google, Microsoft, Vodafone, Wind, Nokia, diverse associazioni dei consumatori, etc. Sono inoltre pervenuti numerosi commenti da importanti associazioni e soggetti esponenti del mondo istituzionale e scientifico, fra i quali la Guardia di Finanza, la SIAE, il Centro Nexa del Politecnico di Torino, l’Osservatorio di proprietà intellettuale della LUISS, etc. A maggio dell’anno scorso, inoltre, si è svolto un workshop di presentazione dell’Indagine conoscitiva presso l’Università LUISS con la partecipazione dei referenti dell’AGCOM e di esperti del settore, e nei mesi successivi è proseguita l’attività di confronto con le sedi istituzionali nazionali ed internazionali e la revisione dell’Accordo di collaborazione AGCOM-SIAE. Dall’ampio coinvolgimento del mercato, è emersa una condivisione generalizzata dell’approccio seguito dall’Autorità, volto a risolvere i problemi dello sviluppo dei contenuti digitali in condivisione con il mercato, piuttosto che con approcci dirigistici e repressivi. L’ampia maggioranza degli stakeholders ha evidenziato la necessità che sia l’AGCOM a esercitare un ruolo guida nella gestione della disciplina sul diritto d’autore on line, auspicando l’utilizzo delle sue competenze per trovare soluzioni condivise, che coniughino misure di contrasto alla pirateria con lo sviluppo di un’offerta legale di contenuti on line e rimuovendo quelle barriere al mercato digitale che impediscono il dispiegarsi degli effetti benefici della concorrenza. Il provvedimento propone la soluzione in materia che appare più convincente a livello internazionale, adottando un approccio simile a quello statunitense (Online Copyright Infringement Liability Limitation Act: notice and take down procedure), nettamente differente da quelli “polizieschi” recentemente adottati in Francia (Legge Hadopi) e Regno Unito (Digital Economy Act), e che consente di salvaguardare allo stesso tempo il diritto d’autore e la libertà degli utenti di accedere alla rete. Con il provvedimento, in particolare, si richiede agli Internet service provider di collaborare attivamente con l’AGCOM al fine di prevenire e porre fine alle violazioni perpetrate attraverso i loro server o siti. Le iniziative previste nel provvedimento, che erano state tutte già preannunciate nell’Indagine conoscitiva, si basano quindi soprattutto sulla responsabilizzazione dei fornitori di servizi di comunicazione elettronica. In capo ad essi, infatti, ai sensi della normativa vigente (si vedano, oltre al recente decreto legislativo n. 44 del 2010, c.d. Romani, la legge n. 248 del 2000 e il decreto legislativo n. 70 del 2003 sul commercio elettronico), è posto un obbligo di collaborazione con le autorità – giudiziaria ed amministrativa – ogniqualvolta sia segnalata loro una violazione della normativa sul diritto d’autore realizzata attraverso i servizi da essi forniti. Nel dettaglio, le principali iniziative prefigurate nei “lineamenti di provvedimento” sono le seguenti: 1. Monitoraggio e gestione dei flussi di traffico 2. Promozione di un’offerta legale sul mercato 3. Attività informativa e di educazione alla legalità 4. Provvedimenti inibitori dell’AGCOM 5. Licenze collettive estese. 1. Monitoraggio e gestione dei flussi di traffico Il documento ipotizza di imporre in capo agli Internet service provider un obbligo di monitoraggio e gestione dei flussi di traffico, con conseguente comunicazione periodica all’AGCOM dei relativi dati. In tal modo si consentirebbe all’Autorità di quantificare le diverse correnti di traffico (peer-to-peer, streaming, downloading) e quindi di individuare misure sempre più puntuali per contrastare il fenomeno della pirateria (in continua e frenetica evoluzione). Naturalmente, tali dati andrebbero raccolti in forma anonima ed aggregati per servizio (peer-to-peer, streaming, etc.), nel rispetto della normativa a tutela della privacy e nella salvaguardia del principio di neutralità della rete. 2. Promozione di un’offerta legale sul mercato Qualunque politica o intervento di contrasto della pirateria non può prescindere dalla contestuale identificazione di misure finalizzate a favorire la diffusione dell’offerta legale di contenuti accessibili ai cittadini. Tuttavia, dalle audizioni con gli stakeholders, è emerso che le licenze di sfruttamento in esclusiva dei diritti e le c.d. “finestre di distribuzione” fungono d ostacolo allo sviluppo di una valida offerta legale sul mercato, alternativa a quella “pirata”. Al riguardo – posto che le iniziative tese a favorire la promozione di un’ampia offerta legale sui medesimi canali distributivi utilizzati dalla pirateria debbono essere lasciate alla libera iniziativa economica dei soggetti interessati – ove gli operatori lo ritenessero utile, l’AGCOM potrebbe offrire la propria disponibilità a svolgere un ruolo di mediazione tra le parti coinvolte al fine di favorire il superamento degli ostacoli (in particolare normativi) che attualmente rallentano lo sviluppo di un’offerta legale di contenuti. 3. Attività informativa e di educazione alla legalità Si ritiene che promuovere l’educazione alla legalità possa contribuire a favorire la diffusione di un utilizzo corretto della rete Internet. In quest’ottica, potrebbe essere utile la pianificazione di una campagna di informazione e di educazione alla legalità intesa a rendere gli utenti, e in particolare i più giovani, più consapevoli delle violazioni cui vanno incontro ogni volta che fruiscono di materiale protetto da diritto d’autore messo illecitamente a disposizione sulla rete Internet da parte di terzi. 4. Provvedimenti inibitori dell’AGCOM La proposta più discussa, ossia quella relativa agli eventuali provvedimenti inibitori, prevede una procedura articolata in quattro fasi: 1. segnalazione all’AGCOM; 2. verifica e comunicazione d’avvio del procedimento; 3. adozione del provvedimento inibitorio; 4. monitoraggio successivo. La procedura si attiverebbe a seguito di una segnalazione dei titolari dei diritti e dei soggetti licenziatari dello sfruttamento degli stessi (ovvero della SIAE o del Nucleo speciale della Guardia di Finanza). L’AGCOM, dopo aver assolto, attraverso una procedura semplificata e accelerata, all’onere di garantire il contraddittorio al soggetto segnalato, potrebbe disporre l’adozione della misura tecnica ritenuta più adeguata alla rimozione della fattispecie violativa rilevata. Nel documento si propongono alcuni dei provvedimenti che l’AGCOM potrebbe valutare di adottare. Tra questi, la rimozione selettiva dei contenuti coperti da diritto d’autore e l’inibizione dell’accesso al sito dall’Italia rappresentano le forme d’intervento che appaiono più incisive. La misura della rimozione selettiva potrebbe rivelarsi particolarmente efficace ogniqualvolta non tutti i contenuti di un sito abbiano natura illecita e siano ospitati su siti Internet fisicamente collocati sul territorio italiano. Nelle ipotesi in cui, invece, non sia possibile risalire all’ identità del gestore del sito, oppure i server che lo ospitano siano collocati all’estero, l’inibizione dell’accesso al sito dall’Italia sembrerebbe la misura più idonea. Al riguardo, peraltro, si rileva come molte delle misure tecniche proposte nel provvedimento siano già attualmente implementate dagli operatori per l’adempimento degli obblighi in tema di pedo-pornografia e di gambling/betting on line, oltre che per contenere il fenomeno dello spamming e la diffusione di virus, malware, etc. L’adozione delle misure individuate non impedirebbe agli utenti più esperti di aggirare comunque il blocco e continuare a fruire dei contenuti illecitamente messi a disposizione da terzi, ma potrebbe senz’altro contribuire a ridurre il fenomeno ad una dimensione fisiologica. Una simile procedura d’intervento appare preferibile rispetto a quella adottate in Francia e nel Regno Unito, fondate sull’identificazione del singolo utente “sorpreso” nel download non autorizzato di materiale audiovisivo protetto, o nella fruizione di eventi in streaming senza avere i relativi diritti di visione, attraverso meccanismi di “avvertimento progressivo”, che sollevano perplessità in termini di violazione della privacy e di ostacolo alla libertà d’espressione e di accesso a Internet. 5. Licenze collettive estese Infine, un valido sistema per favorire la fruizione legale di contenuti on line appare quello delle c.d. “licenze collettive estese”, uno strumento negoziale a carattere volontario che, consentendo agli utenti di acquisire un’autorizzazione generale all’utilizzo dei contenuti digitali protetti, pone gli stessi al riparo dal rischio di essere perseguiti in sede civile o penale e, al contempo, assicura agli autori un’equa remunerazione per l’utilizzo delle loro opere distribuite via Internet. In proposito, si propone che l’AGCOM assuma un ruolo propulsivo nell’incentivare la sottoscrizione di accordi in tal senso tra enti rappresentativi dei titolari dei diritti, degli Internet provider e degli utenti. In particolare, l’AGCOM potrebbe valutare la percorribilità di soluzioni volte a introdurre norme regolamentari che estendano in via automatica l’efficacia di accordi volontari conclusi tra gli enti rappresentativi degli autori e titolari di diritti connessi, degli Internet provider e degli utenti anche ai soggetti non rappresentati. 4. Conclusioni Le “relazioni pericolose” tra il nuovo diritto di accesso alle risorse culturali, e in particolare ai contenuti audiovisivi, da un lato, ed i legittimi interessi delle imprese operanti sulle nuove piattaforme di diffusione offerte dalla tecnologia digitale, dall’altro, pongono rilevanti sfide regolamentari alle Istituzioni preposte alla disciplina della materia. L’approccio da seguire nell’affrontare tali sfide, a mio avviso, è quello di un equo contemperamento degli interessi in gioco ispirato al bilanciamento dei valori fondamentali sottesi a tali interessi, riconducibili a principi indicati nella nostra Carta Costituzionale (eguaglianza di tutti i cittadini/utenti, sviluppo della cultura, libertà di manifestazione del pensiero, libertà d’iniziativa economica privata, etc.). A tale scopo, dal punto di vista delle modalità operative necessarie per giungere a provvedimenti effettivamente equi e bilanciati, occorre assicurare la piena possibilità di partecipazione e di opinione rispetto ai relativi procedimenti di adozione da parte di tutti i soggetti portatori d’interessi coinvolti. Ciò, attraverso ampie consultazioni, ma anche mediante dibattiti pubblici (come quello odierno), che consentano di comprendere appieno sia le dinamiche concrete di funzionamento delle nuove piattaforme e delle relative modalità di distribuzione e fruizione dei contenuti audiovisivi, sia i profili problematici ai quali esse danno luogo, sia – “last but first“ – le migliori soluzioni possibili per assicurare l’effettivo contemperamento dei valori fondamentali rilevanti nel caso di specie.

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