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Pratiche commerciali scorrette: il Consiglio di Stato chiarisce le relazioni tra operatori di telefonia mobile e content provider.

Pratiche Commerciali Scorrette Telefoniche

di Gilberto Nava, Valerio Mosca

Pratiche commerciali scorrette telefoniche Con una serie di sentenze adottate tra marzo e aprile 2011 e dal contenuto sostanzialmente analogo [1], il Consiglio di Stato si è pronunciato su una serie di ricorsi relativi ad alcuni provvedimenti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) in materia di pratiche commerciali scorrette nel settore della fornitura di mobile content (ad esempio loghi e suonerie) attraverso numerazioni mobili in decade “4” [2]. Tali pronunce assumono un interesse peculiare in quanto non si sono limitate – in parziale riforma delle pronunce di primo grado del Tar Lazio [3] – a confermare la correttezza delle conclusioni a cui era giunta l’AGCM nelle decisioni impugnate, ma ha svolto altresì un esame approfondito (fornendo importanti chiarimenti in merito) delle relazioni contrattuali tra gli operatori di rete mobile (cd. mobile network operator, MNO) ed i cd. content provider (ossia le imprese che, tra l’altro, realizzano i contenuti forniti al cliente e le campagne promozionali) in un settore – quello dei mobile content –che si caratterizza per un rilevante squilibrio nel peso economico e di mercato dei diversi attori coinvolti [4]. Vale appena la pena di ricordare che, nella propria prassi decisionale in materia di pratiche commerciali scorrette nella fornitura al pubblico di mobile content, l’Autorità ha costantemente ritenuto responsabili (e, conseguentemente, sanzionato) sia i content provider (in quanto soggetti che realizzano concretamente i contenuti ed effettuano le campagne promozionali), sia i MNO in qualità di co-autori, questi ultimi in quanto esercitano un ampio potere di controllo sul contenuto dei messaggi promozionali, forniscono il consenso all’utilizzo dei propri segni distintivi nell’ambito delle campagne pubblicitarie, traggono un significativo vantaggio economico dal particolare meccanismo di remunerazione di cd. revenue sarin [5]. Proprio con riferimento a tale aspetto, il Tar Lazio aveva annullato le sanzioni irrogate dall’AGCM ai MNO a causa dell’errata ponderazione dei ruoli svolti dalle diverse imprese. In particolare, i giudici di primo grado avevano ritenuto sproporzionato e irragionevole il fatto che tali imprese fossero state assoggettate ad una sanzione superiore rispetto a quella imposta all’autore principale dell’illecito (ossia al content provider), pur essendo qualificabili come “co-autori” della pratica commerciale scorretta ed avendo agito con un livello di gravità attenuata [6]. Il Consiglio di Stato, invece, giunge a conclusioni parzialmente difformi. In primo luogo, è significativo il fatto che il Collegio individui la chiave di volta per inquadrare il ruolo dei MNO nel meccanismo di revenue sharing, affermando che esso determina “una diretta cointeressenza degli operatori telefonici carrier nella diffusione di messaggi e, in ultima analisi, nella migliore riuscita della campagna pubblicitaria in termini di diffusione e remuneratività”. In sostanza, la diretta compartecipazione dei MNO ai ricavi derivanti dalla fornitura del contenuto al cliente finale attribuisce a tali operatori un interesse diretto a massimizzare la diffusione dei messaggi promozionali ritenuti ingannevoli, con un conseguente incremento del traffico telefonico (intermini di numero di SMS) generato. Le sentenze in esame hanno inoltre sottolineato che il controllo preventivo effettuato dai MNO sul contenuto dei messaggi promozionali ed il consenso all’utilizzo dei propri segni distintivi nell’ambito delle campagne pubblicitarie determinano il sorgere in capo agli stessi MNO di una vera e propria “responsabilità editoriale” e, in ultima istanza, la condivisone del contenuto delle campagne promozionali e delle stesse finalità imprenditoriali dei content provider. In definitiva gli operatori di telefonia, lungi dal limitarsi a cedere a condizioni di mercato le proprie risorse di rete per la trasmissione dei mobile content agli utenti finali, sono stati considerati “a pieno titolo compartecipi dell’iniziativa economica nel suo complesso”. Alla luce dell’apporto causale nei termini sopra inquadrati e dell’interesse diretto alla realizzazione della condotta commerciale, il Consiglio di Stato ha ritenuto che la quantificazione della sanzione effettuata dall’AGCM [7] fosse stata “congruamente motivata e scevra di vizi logici” [8] e, per l’effetto, ha annullato le diverse sentenze del Tar Lazio che, invece, avevano annullato le sanzioni imposte ai MNO censurando il fatto che esse non riflettessero la minor gravita della condotta dei MNO rispetto a quella dei content provider. Infine, va evidenziato che i giudici del Consiglio di Stato hanno inquadrato, in maniera sostanzialmente inedita, gli effetti delle clausole di manleva contenute negli accordi bilaterali tra MNO e content provider (caratterizzati il più delle volte da un significativo squilibrio nel potere contrattuale delle parti), con le quali i content provider si impegnano a tenere indenne il MNP da qualsiasi pregiudizio derivante dalla violazione, inter alia, della normativa in materia di pratiche commerciali scorrette. Tale clausola è stata utilizzata in molti casi dagli operatori di telefonia per porre interamente in capo al content provider il pagamento delle sanzioni irrogate dall’AGCM. Con le sentenze in questione, invece, il Consiglio di Stato sembra porre alcuni vincoli all’utilizzo di tali clausole di manleva, evidenziando cioè che esse non possono andare ad incidere su materie indisponibili per le parti, tra cui la responsabilità per aver commesso un illecito amministrativo. In particolare, il Collegio sottolinea che “laddove si consentisse il pieno dispiegarsi delle richiamate clausole di manleva, si ammetterebbe l’introduzione per via pattizia di nuove ipotesi scriminanti destinate ad operare nell’ambito (evidentemente, indisponibile) della disciplina degli illeciti amministrativi”. Pur se tale formulazione lascia spazio a residue ambiguità, sembrerebbe che il Collegio voglia indicare che una clausola di manleva non può essere utilizzata per ribaltare su un unico soggetto l’intero pregiudizio economico negativo derivante da violazioni normative o condotte illecite a cui abbia contribuito anche l’altra parte, a prescindere cioè da una concreta verifica delle effettive responsabilità e condotte. Anche sotto questo profilo, dunque, l’intervento del Consiglio di Stato incide indirettamente sui rapporti contrattuali tra MNO e content provider, contribuendo ad identificarne i rispettivi ruoli.Leggi la sentenza commentata ______________ Note [1] Sent. Cons. St n. 1810/2011 (appello contro la sent. Tar Lazio n. 646/2010 relativa al procedimento PS1469 – SUONERIE.IT-SUONERIE PER CELLULARI); Sent. Cons. St. n. 1811/2011 (appello contro la sent. Tar Lazio n. 648/2010 relativa al procedimento PS1325 – ZENG-LOGHI E SUONERIE); Sent. Cons. St. n. 1812/2011 (appello contro la sent. Tar Lazio n. 645/2010 relativa al procedimento PS1551 – DADA-LOGHI E SUONERIE); Sent. Cons. St. n. 1813/2011 (appello contro la sent. Tar Lazio n. 647/2010 relativa al procedimento PS1451 – ZED-SMS NON RICHIESTI); Sent. Cons. St. n. 2242/2011 (appello contro la sent. Tar Lazio n. 10645/2008 relativa al procedimento PI5723 – COSTI SMS PER IL SERVIZIO 48469); Sent. Cons. St. n. 2251/2011 (appello contro le sentt. Tar Lazio nn. 10466-10467-10468/2008 relative al procedimento PI6254 – MOBY.DADA.NET-BRANI MUSICALI GRATIS SUL CELLULARE); Sent. Cons. St. n. 2256/2011 (appello contro le sentt. Tar Lazio nn. 7122-7123-7558/2009, relative al procedimento PS457 – 10 SMS GRATIS). [2] I procedimenti svolti dall’Autorità hanno accertato l’ingannevolezza delle promozioni relative alla fornitura di mobile content e, in particolare, l’omissiva e fuorviante indicazione delle caratteristiche e dei costi del servizio. [3] Cfr. nota n. 1. [4] Le sentenze qui in esame riguardano esclusivamente la posizione dei MNO mentre i ricorsi dei content provider saranno oggetto di distinte pronunce da parte del Consiglio di Stato. [5] In maniera molto semplificata, attraverso il meccanismo del revenue sharing il corrispettivo pagato dal cliente finale per l’acquisto del contenuto viene addebitato sul conto prepagato o sull’abbonamento da parte del MNO, che trattiene una quota (che ad oggi è pari all’incirca al 50-55%) e retrocede la restante parte al content provider. [6] Va osservato che l’AGCM, a seguito delle pronunce del Tar Lazio, ha proceduto, attraverso nuove decisioni che hanno accolto le indicazioni fornite dai giudici amministravi, a riadottare le sanzioni nei confronti dei MNO “salvo conguaglio ad esito del giudizio di appello”. [7] L’art. 11 della Legge 689/1981 stabilisce che “nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo e nell’applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si ha riguardo alla gravità della violazione, all’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche”. [8] In particolare, secondo il Collegio, “se è vero che la responsabilità del provider è superiore, secondo il codice del consumo va considerata anche la maggiore rilevanza economica delle tre società, ciò che giustifica sanzioni di importo sostanzialmente analogo”.
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