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Net Neutrality: Internet a più velocità?

Ascolta Il Podcast Della Puntata Del 23 Febbraio 2014

Italia, Unione Europea e Stati Uniti, la necessità di mettere ordine in un dibattito che oltreoceano ha subito una svolta dopo la recente sentenza che ha bocciato l’Open Internet Order spingendo la Federal Communications Commission a varare un nuovo regolamento, e che nel Vecchio Continente si appresta a diventare sempre più attuale alla luce del “pacchetto Kroes”. Le posizioni in campo e le divergenze su Radio Radicale nell’ultima puntata di “Presi per il Web” con il magistrato ed ex commissario Agcom Nicola D’Angelo, il deputato di Scelta Civica Stefano Quintarelli, il direttore di Key4Biz Raffaele Barberio e l’esperto di regolamentazione e policy europee nei settori di Internet e delle telecomunicazioni Innocenzo Genna

Ascolta il podcast della puntata del 23 febbraio 2014
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Non possono esistere discriminazioni tra i contenuti che viaggiano all’interno di una rete di computer. È questo il cardine fondamentale del concetto di neutralità della rete, tematica che in apparenza sembra solo materia informatica ma che presenta al contrario importanti risvolti economici, giuridici e sociali. Quali? Quelli al centro della puntata del 23 febbraio di “Presi per il Web“, trasmissione di Radio Radicale condotta da Marco PerducaMarco Scialdone e Fulvio Sarzana con la collaborazione di Marco Ciaffone Sara Sbaffi. Ospiti dell’appuntamento il magistrato ed ex commissario Agcom Nicola D’Angelo, il deputato di Scelta Civica Stefano Quintarelli, il direttore di Key4Biz Raffaele Barberio e l’esperto di regolamentazione e policy europee nei settori di Internet e delle telecomunicazioni Innocenzo Genna. La differenza di vedute sulla materia è netta tra gli operatori di telecomunicazione e gli Over The Top, con i primi che rivendicano da anni una giusta remunerazione per la quantità di dati scambiati, e monetizzati, attraverso i servizi dei colossi della rete. Un’impostazione non sempre supportata dai dati, come quelli diffusi lo scorso anno da Idate  in merito al mercato delle telecomunicazioni, che parlavano, per il 2012, di un’incidenza del 3% degli OTT sui ricavi complessivi dell’intero comparto; tuttavia, sono sempre più forti le pressioni sui governi nazionali e sugli organismi di governance sovranazionale affinché l’impostazione delle rete neutrale subisca radicali modifiche. Ma anche gli studiosi della materia si posizionano su punti di vista diversi. Come ricorda Augusto Preta, nel suo saggio “Network neutrality. Teoria economica e ruolo della regolamentazione: il modello USA”, l’espressione Network Neutrality si è sviluppata negli Stati Uniti nel corso degli ultimi dieci anni con riferimento ad una serie di comportamenti che potevano essere considerati anticompetitivi ed implica che tutti i pacchetti trasmessi su Protocollo IP1 debbano essere trattati allo stesso modo. Il dibattito sulla Network Neutrality, riferisce lo studioso, è frutto della preoccupazione che uno o più operatori di rete possano scientemente porre in essere comportamenti discriminatori relativamente a pacchetti IP associati a specifici servizi, applicazioni, origini, destinazioni o apparecchi. Al contrario occorrerebbe, secondo tale visione, imporre condizioni di trattamento uniformi e non discriminatorie, tali che nessun flusso di dati possa essere degradato e ancor meno bloccato. Tutti i pacchetti dovrebbero viaggiare secondo un’ipotetica medesima velocità: la loro trasmissione non dovrebbe essere artificialmente facilitata od ostacolata dagli operatori di telecomunicazione, potendo essere influenzata solo da circostanze oggettive legate alla banda disponibile in un dato momento e in un certo punto della rete, punto di vista che, come accennato, sconta feroci obiezioni. In Italia il dibattito sulla neutralità della rete non è mai seriamente decollato, nonostante nella scorsa legislatura fosse arrivata anche una proposta di legge dei sentarori del Pd Vincenzo Vita e Luigi Vimercati, nella quale si puntava a garantire che “la gestione del traffico da parte dell’operatore deve essere assolutamente rispettosa dei diritti individuali degli utenti, ovvero non deve discriminare tra utenti sulla base del contenuto del traffico né degli interlocutori coinvolti nella comunicazione né delle applicazioni o servizi utilizzati”. “La neutralità della rete è un tabù che ostacola la creazione dell’Ngn (Next generation networking), è giusto che i fornitori di contenuti più pesanti paghino di più la banda”, era invece il punto di vista espresso nell’ottobre 2010 dall’allora presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà, negli ultimi anni  reduce da esperienze di Governo con Monti prima e Letta poi. Più sfumati, ma sulla stessa falsariga,  i punti di vista espressi a più riprese dall’ex presidente di Telecom Franco Bernabè  e dall’amministratore delegato della compagnia Marco Patuano. “Premetto – ha affermato Quintarelli – che io non ho una visione radicale della neutralità; essendomi occupato di reti so che in determinate situazioni di crisi, vuoi per congestione vuoi per attacchi esterni, una gestione del traffico è necessaria. Ma occorre che questa gestione sia, appunto, un’eccezione, non un sistematico e scientifico metodo col quale qualcuno, a monte della filiera, decide cosa transita e cosa no, magari escludendo nuovi player dalla competizione. Perché questo è il rischio più grande che si corre. Prendiamo come esempio Whatsapp; il servizio toglie traffico agli sms, pensate non ci sia nessuno che avrebbe interesse a bloccarlo costringendo ad annosi procedimenti giudiziari che ucciderebbero il servizio? Sono dell’opinione che sia giusto che siano gli utenti a decidere cosa acquistare e cosa avere in forma prioritaria all’interno di un contesto dove ogni contenuto abbia le stesse possibilità di raggiungerlo e dove non si rischi di ricevere un’offerta ridotta con decisione unilaterale. Senza contare che gli unici metodi di gestione del traffico efficienti implicano un’analisi dei pacchetti, con tutte le implicazioni che comporta sulla riservatezza delle comunicazioni”. “Questo non significa – ha precisato Quintarelli – che ci siano da un lato i buoni e dall’altro i cattivi, tutt’altro. Esistono anche casi di discriminazioni al contrario. Basti pensare a tutto quello che possono fare gli Ott con i nostri dati e che invece è vietato agli operatori di telecomunicazioni. Oppure pensiamo alla mancanza di neutralità nei motori di ricerca”. Punti di vista contestati da Barberio: “Il dibattito sulla neutralità della rete non c’entra nulla con la libertà d’espressione. Pensiamo davvero che chi chiede di regolare il traffico dati voglia limitare la libertà d’espressione? Partiamo dal presupposto che il termine discriminazione rispetto alla tematica è fuori luogo, non è che ci sia qualcuno che vuole chiudere la porta a qualcun altro. La questione della net neutrality non è affare privato tra telco e Ott, perché sono in ballo cose molto più rilevanti, come i processi di modernizzazione dei Paesi verso sistemi digitali e l’affermazione a pieno titolo di economie digitali nazionali, questioni che attengono l’intera catena del valore”. “Gli Ott e le telco – ha proseguito Barberio – sono entrambi operatori di un mercato e creano valore in un sistema paese, e questo basta da solo a far capire quanto il problema non possa essere quello di uno scontro a due. Infine, è importante capire cosa voglia dire gestire il traffico. Quando c’è un intasamento di rete ha priorità Raffaele Barberio che vuole vedere ‘Via col vento?’ o l’invio di un’ecografia in alta definizione da Aosta a Roma? È la mancanza di regolazione che potrebbe creare danni all’utente, non il contrario”. Capitolo Europa Nel maggio 2012 l’Olanda diventava  la prima nazione europea a tutelare esplicitamente la net neutrality per legge e la seconda nazione al mondo dato che il Cile si era già dotato di una norma in materia nel luglio 2010. Nel gennaio 2013 anche la Slovenia sposava l’approccio della neutralità per legge. In Francia lo scorso anno è stato caratterizzato dalla battaglia tra Google il locale Isp “Free”, impegnato nel filtraggio delle pubblicità che apparivano sugli spazi online, sempre con l’argomento che gli “over the top” della Rete, BigG in primis, fossero colpevoli di utilizzare una smisurata quantità di banda senza pagare un costo aggiuntivo ai fornitori di connessione. Tesi che non sembrava trovare terreno fertile soprattutto in chi, come l’allora ministro dell’Economia digitale francese Fleur Pellerin, dichiarava che queste pratiche di filtraggio vadano riviste proprio perché poco compatibili con la net neutrality. Dopo pochi giorni dalla vicenda di Free, finiva sotto la lente l’attività dell’Isp Orange. Naturalmente, coinvolto era ancora BigG, che sembrava dover pagare per far transitare traffico sull’Isp “arancione”. A confermarlo era proprio il Ceo della compagnia di telecomunicazioni, Stephane Richard, che parlava di semplice “bilanciamento” tra i servizi offerti dal provider e l’enorme volume di dati generato dal search engine e dai suoi servizi. Esattamente la tesi preferita da chi non vede l’ora di scardinare l’attuale architettura di Internet, che sulla net neutrality si fonda dalle origini. E così, a marzo arrivava un report del Consiglio nazionale per il digitale nel quale si affermava con certezza: serve rinforzare le tutele alla net neutrality garantite dal quadro legale allora vigente. Posizione ribadita a stretto giro dal Senato d’oltralpe . In Germania, nel maggio 2013, la Deutsche Telekom disegnava la riduzione di velocità per gli utenti “colpevoli” di generare maggiore traffico sulle proprie reti, peraltro escludendo da questa dinamica i suoi servizi video. Un’impostazione che appare confliggere in maniera netta con la neutralità della rete (oltre che con il mercato) e che veniva bocciata in autunno da un tribunale tedesco. Ma la vera partita si gioca sul “pacchetto Kroes”. Il 17 novembre 2011 il Parlamento Europeo adottava una risoluzione nella quale si stabilivano concetti come questi: “Il carattere aperto di Internet ha rappresentato un incentivo determinante per la competitività, la crescita economica, lo sviluppo sociale e l’innovazione, portando a livelli di sviluppo straordinari per quanto riguarda le applicazioni, i contenuti e i servizi online, e ha in tal modo dato un contributo fondamentale alla crescita dell’offerta e della domanda di contenuti e servizi [ed ha] impresso un’accelerazione fondamentale alla libera circolazione di conoscenze, idee e informazioni, anche nei paesi in cui l’accesso a mezzi di comunicazione indipendenti è limitato”. Dunque, una ferma presa di posizione a favore della neutralità della Rete e contro tutte le pratiche di network management. A dicembre Parlamento e Consiglio si schieravano dalla parte del VoIP , mentre il gruppo di regolatori del Berec proponeva agli ISP continentali un “questionario sulla neutrality ”, e a maggio diffondeva i dati di uno studio sulle restrizioni delle connessioni nel continente. A luglio 2012 partiva una consultazione pubblica sulla net neutrality. Nel gennaio 2013, tuttavia, il commissario Kroes apriva ad offerte “tiered” da parte degli operatori, cioè alla possibilità che le telco offrissero agli utenti la possibilità di pagare diverse tariffe per diversificati utilizzi di banda. E se nel gennaio 2013 le telco del Vecchio Continente annunciavano grandi progetti per una rete unica su scala europea, a settembre era proprio la Kroes a vedere il suo pacchetto sul mercato unico delle telecomunicazioni approvato dai commissari dell’Ue . Un passo importante che apriva subito i dubbi degli addetti ai lavori sui rischi ai quali veniva esposta la neutralità della rete in Europa. Addetti ai lavori come Quintarelli, che nella consultazione pubblica, insieme al collettivo NNSquad Italia, aveva suggerito: “Nelle reti in cui il segmento di accesso è dedicato ed in assenza di carenze strutturali di risorse, l’utente, sul suo segmento di accesso alla rete, ha il diritto di stabilire liberamente, senza costrizioni o forzature, ed essendo adeguatamente informato, quali servizi a valore aggiunto o politiche di gestione del traffico acquistare incrementalmente rispetto all’accesso base ad internet (best effort)”. Dopo l’approvazione del pacchetto, Quintarelli afferma che la difesa della net neutrality annunciata è diversa rispetto a quella messa nero su bianco all’articolo 19, che “prevede esplicitamente l’obbligo per gli operatori monopolisti di predisporre una offerta non neutrale“. “Quello che ci premeva sottolineare alle autorità europee – precisa – è che la neutralità della rete è una importante forma di prevenzione di abuso di posizione dominante e quindi di procedure antitrust. Garantisce il mercato e i suoi operatori prima ancora che i diritti degli utenti”. “Nella revisione delle direttive quadro sulle comunicazioni elettroniche – è intervenuto D’Angelo – si dice che il diritto alla neutralità è tale per il cittadino europeo e va garantito tramite il best effort. Dunque, c’è un principio nel sistema”. A rimettere ordine sulle tempistiche dei provvedimenti è Genna: “Attualmente abbiamo un processo legislativo in corso iniziato con la proposta del settembre scorso del commissario Kroes, a ore la pronuncia della commissione Industria sul tema, una decisione che verrà ratificata dalla plenaria del Parlamento ad aprile. Infine, la conferma ufficiale del Consiglio Europeo, che si pronuncerà durante la presidenza italiana nella seconda metà dell’anno. Avremo dunque una regolazione europea della Net Neutrality entro la fine dell’anno”. “Nel merito della proposta – ha continuato Genna – possiamo dire che con le modifiche del Parlamento c’è una situazione un po’ ibrida. Parlamento e Commissione sono d’accordo nell’evitare eventuali manovre di disturbo che le telco possono attuare nei confronti dei servizi, ma resta aperto il tema della discriminazione tariffaria, cioè se gli operatori telecom possono tariffare diversamente gli utenti o gli operatori Internet a seconda dei servizi che scorrono nella rete; sarebbe come se l’autostrada facesse pagare diversamente il pedaggio non sulla base della dimensione dell’auto, ma del modello. Una dinamica che accade già adesso in alcuni casi, e su questo tema purtroppo la riforma del Parlamento appare abbastanza lasca”. Le novità in Usa Il fragore più grande in materia di neutralità della rete è suscitato dalle vicende statunitensi, dove la questione è matura da anni e il quadro è radicalmente cambiato solo poche settimane fa quando  la Corte d’Appello del District of Columbia ha bocciato le norme in materia di neutralità della rete contenute nell’Open Internet Order messo a punto nel 2010 dalla Federal Communications Commission allora presieduta dal fedelissmo di Barack Obama Julius Genachowski. È un cammino accidentato quello che negli ultimi undici anni si è sviluppato intorno alla neutralità della rete negli Stati Uniti. Nel 2002 il Cable Modem Order emanato dall’FCC sanciva l’uscita della banda larga dal novero dei servizi di telecomunicazione regolamentati dalla Commission classificandola genericamente come un “information service”. Tra anni dopo la conferma della norma da parte della Corte Suprema. Nell’aprile del 2010 il quadro veniva rafforzato dalla corte federale del distretto di Columbia, che con una decisione unanime dei tre giudici emetteva una sentenza secondo la quale l’FCC avrebbe abusato dei propri poteri quando nel 2008 aveva multato Comcast Corporation per aver deliberatamente rallentato il traffico Internet di alcuni consumatori che utilizzavano un programma di condivisione per scaricare file molto pesanti. Altro dato rilevante è la tendenza che prendeva piede a stringere accordi extra-giudiziali. A metà del 2010 Comcast veniva invece condannato al pagamento dell’irrisoria somma di 16 dollari (spalmabili su due anni) per ogni utente potenzialmente vittima dei rallentamenti del file sharing, che aveva cioè sottoscritto un contratto col provider tra il primo di aprile 2006 e il 31 dicembre 2008. Per intenderci, i 16 milioni di dollari che il provider ha dovuto sborsare rappresentavano lo 0,07% dei ricavi incassati nei 30 mesi di riferimento. Un momento importante è stato, nel 2009, appunto la nomina da parte di Barack Obama a capo dell’FCC di Julius Genachowski, favorevole all’impostazione di una rete libera e aperta e propenso a far rientrare la banda larga nella regolamentazione dei tradizionali servizi di telecomunicazione. Più che ribaltare il Cable Modem Order, Ganachowski spinse la Rete sotto le regole che avevano fino ad allora gestito i network telefonici, riconoscendo la componente di trasmissione dei servizi d’accesso al broadband come un più tradizionale servizio di telecomunicazione. Un anno dopo vedeva la luce l’Open Internet Order sopra menzionato. A chi giudicava e giudica superato l’approccio di una rete neutrale, soprattutto nel mondo del mobile, e ai provider e fornitori di contenuti che avevano intavolato accordi continuava a contrapporsi la visione di Genachowski e degli operatori spaventati dal riscio di essere relegati in una Internet di “serie B”. Nel settembre 2011 la FCC ribadiva le sue regole sulle neutralità in un documento in cui si parla di trasparenza su tutta la filiera, impossibilità di blocchi e divieto assoluto di irragionevoli discriminazioni tra i contenuti che passano sulle reti dei provider. Poche settimane dopo, la sentenza che è entrata a gamba tesa nello scenario della Net Neutrality a stelle e strisce. È di pochi giorni fa la notizia che la Federal Communications Commission (FCC) non presenterà un ulteriore appello dopo la sentenza sfavorevole. Ad annunciarlo è il nuovo numero uno della Commission Tom Wheeler, che rilancia con la notizia di un nuovo regolamento all’orizzonte che potrebbe avere come cardine fondamentale la valutazione “caso per caso” ma che di sicuro dovrà sciogliere il nodo attorno alla classificazione dei servizi di connettività come common carriers o telecommunication services. “Nella sentenza che vedeva la FCC contrapposta a Verizon – si legge in una dichiarazione  – la Corte ci ha invitato ad agire per preservare un Internet libero e aperto. Ho intenzione di accettare l’invito e proporre norme in grado di impedire il blocco improprio e la discriminazione del traffico Internet, garantendo una vera trasparenza nel modo in cui gli Internet Service Provider gestiscono il traffico e un rafforzamento della concorrenza”. Lo stesso Wheeler, tuttavia, qualche settimana prima della sentenza si era detto favorevole all’imposizione di una tariffa, da parte degli Isp, nei confronti di servizi come Netflix. “Sono un convinto sostenitore del mercato – aveva dichiarato – Penso che ci stiamo preparando a vedere un mercato a due facce dove Netflix potrebbe dire: ‘Bene, io pago per fare in modo che il mio abbonato possa ricevere la migliore trasmissione di questo film’ ”. Esternazioni alle quali fecero seguito pesanti critiche di organismi come Public Knowledge PV, che per bocca di Michael Weinberg parlava di “endorsement contro la neutralità della rete che vorrebbe lasciare agli Isp il potere di scegliere i vincitori e i vinti dell’online”. Vedremo quale dei due aspetti prevarrà nel nuovo regolamento che la Commission si prepara a mettere a punto, mentre si sollevano le preoccupazioni anche in virtù della parallela concentrazione del mercato della distribuzione dei contenuti online e si rivela sempre più attuale lo scenario in cui fornitori di contenuti che sono anche Isp potrebbero essere tentati di discriminare i servizi di distribuzione concorrenti. Non da meno, accordi come quello stretto da poche ore tra Comcast e Netflix. “Una premessa fondamentale – ha chiosato ieri D’Angelo – è non limitarsi ad analizzare le questioni relative alla neutralità  solo all’interno del cattivo rapporto tra telco ed Over the Top. Capisco che il problema dell’equilibrio delle revenues sia centrale e tocchi tanti interessi, ma concentrarsi solo su essi significa mettere in secondo piano i consumatori utenti e i loro diritti. E attenzione, stiamo spesso parlando di diritti fondamentali. O anche solo economici, perché se un operatore come Netflix dovrà pagare una tariffa è scontato che si rifarà di un tale aggravio sull’utente finale”. Immagine in home page: Webnews.it LEGGINet Neutrality, niente ricorso per l’FCC. Un nuovo regolamento dovrà sciogliere il nodo intorno ai ‘common carriers ” LEGGIGli ‘Sponsored data’ per i content provider, una nuova strategia per il mobile di AT&T. Ma è polemica sul rispetto della Net NeutralityLEGGIAT&T brevetta un nuovo strumento per individuare i ‘pirati’  ” LEGGIL’integrazione europea delle telecoms: le ragioni della Commissione e quelle di AGCOM” di Innocenzo Genna 24 febbraio 2014

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