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L’Informativa Economica di Sistema: quale perimetro? L’assenza di responsabilità editoriale non esime dalla comunicazione all’Agcom

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8475 del 2014, proposto da: Autorita’ per le garanzie nelle comunicazioni, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

contro

Sky Italia Srl, rappresentata e difesa dall’avv. Ottavio Grandinetti, con domicilio eletto presso Ottavio Grandinetti in Roma, Via Caroncini N. 2;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE I n. 05863/2014, resa tra le parti, concernente informativa sui dati economici annuali che i soggetti operanti nel settore dei media sono tenuti ad inviare – irrogazione sanzione amministrativa pecuniaria; Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio di Sky Italia Srl; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2015 il Cons. Carlo Deodato e uditi per le parti gli avvocati Grandinetti e dello Stato Varrone F.;

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha annullato, in accoglimento del ricorso e dei motivi aggiunti proposti da Sky Italia s.r.l., le delibere con cui l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (d’ora innanzi AGCom) aveva richiesto alla società ricorrente i dati economici relativi alla c.d. “Informativa Economica di Sistema” (d’ora innanzi IES), per gli anni 2010, 2011 e 2012, ed aveva, poi, irrogato alla stessa la sanzione pecuniaria di Euro 10.320,00, per aver comunicato solo il valore degli introiti strettamente riferibili ai contenuti editi direttamente da Sky, omettendo, in violazione della richiesta della stessa Autorità, di trasmettere l’importo complessivo dei ricavi relativi agli abbonamenti pay tv. Avverso la predetta decisione proponeva appello l’AGCom, contestandone la correttezza, insistendo nel sostenere la riconducibilità alla IES di tutti i ricavi riferibili agli abbonamenti pay tv della piattaforma Sky, a prescindere dalla responsabilità editoriale dei programmi ivi contenuti, e concludendo per la riforma della statuizione gravata e per il conseguente rigetto del ricorso proposto in primo grado da Sky Italia s.r.l. Resisteva quest’ultima, eccependo l’inammissibilità dell’appello dell’Autorità, contestandone, comunque, la fondatezza, proponendo appello incidentale avverso l’omessa pronuncia sul terzo atto per motivi aggiunti (con cui era stata impugnata la delibera AGCom n.665/13/CONS del 28 novembre 2013) e sulla domanda di restituzione della somma pagata in ottemperanza alla delibera con cui era stata irrogata la sanzione pecuniaria (annullata dal T.A.R.), riproponendo alcune censure non esaminate o assorbite dalla decisione di primo grado e concludendo per il rigetto dell’appello principale, per l’accoglimento di quello incidentale e per la coerente riforma parziale della statuizione gravata. Il ricorso veniva trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 15 gennaio 2015.

Motivi della decisione

1.- E’controversa l’ascrivibilità dell’intero volume dei ricavi da abbonamenti pay tv della piattaforma Sky entro il perimetro della IES (come preteso da AGCom e contestato da Sky Italia s.r.l.). I giudici di prima istanza hanno negato la fondatezza della pretesa conoscitiva dell’Autorità e hanno giudicato dovuti i soli dati pertinenti ai ricavi riconducibili alla commercializzazione dei programmi editi da Sky Italia s.r.l. e nei confronti dei quali è, dunque, configurabile una responsabilità editoriale diretta della stessa società. L’AGCom critica tale convincimento ed insiste nel sostenere che la normativa che regola la materia affida ad essa il potere di richiedere agli operatori televisivi tutti i dati economici necessari alla conoscenza del mercato delle televisioni, ivi compresi quelli attinenti alla diffusione a pagamento di contenuti non editi direttamente dalla società interessata. Sky Italia s.r.l. contesta tale tesi e ribadisce l’assunto per cui quest’ultima tipologia di ricavi esula da quelli acquisibili con la procedura controversa. 2.- Una compiuta disamina della questione appena sintetizzata postula una preliminare ricognizione della disciplina positiva che regola l’attività conoscitiva dell’AGCom nella specie dibattuta. L’art.1, commi 28 e 29, del D.L. 23 ottobre 1996 , n.545 (convertito nella L. 23 dicembre 1996, n. 650 ) ha affidato al Garante per la radiodiffusione e l’editoria il compito di determinare e di acquisire, dagli operatori del settore di mercato affidato al suo monitoraggio, i dati contabili ed extracontabili ritenuti rilevanti ai fini dell’espletamento delle sue funzioni istituzionali. Con decreto dell’11 febbraio 1997 il Garante per la radiodiffusione e l’editoria ha regolato le modalità e i contenuti delle suddette comunicazioni di sistema. L’art.2, comma 20, lett.a), L.14 novembre 1995, n. 481 (che detta norme generali per le Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità) ha attribuito alle Autorità il potere di chiedere “ai soggetti esercenti il servizio, informazioni e documenti sulle loro attività”. L’art.1, comma 6, lett. c), n.7, della L. 31 luglio 1997, n. 249 (istitutiva dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) ha stabilito che l’Autorità “verifica i bilanci ed i dati relativi alle attività ed alla proprietà dei soggetti autorizzati o concessionari del servizio radiotelevisivo”, mentre i commi 29 e 30 della medesima disposizione prevedono le sanzioni applicabili agli operatori che non adempiono correttamente alle richieste informative dell’Autorità. La stessa legge ha trasferito all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni le funzioni precedentemente assegnate al Garante per la radiodiffusione e l’editoria. L’AGCom ha regolato, in via astratta, l’informativa economica di sistema con le delibere n.129/02/CONS, n.116/10/CONS e n.303/11/CONS, mediante la determinazione dei soggetti tenuti alle relative comunicazioni, dell’oggetto delle stesse e delle modalità della loro trasmissione all’Autorità. L’art.43 D.Lgs. 31 luglio 2005 , n.177, testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (d’ora innanzi TUSMAR), ha affidato all’AGCom il compito di verificare l’esistenza di posizioni dominanti nel sistema integrato delle comunicazioni e di adottare le determinazioni necessarie ad eliminarle o ad impedirne la formazione. 3.- Così riassunto il sistema di regole alla cui stregua dev’essere giudicata la legittimità delle delibere impugnate in primo grado, occorre procedere all’esame degli appelli, principiando dallo scrutinio dell’eccezione di inammissibilità di quello principale, formulata da Sky Italia s.r.l. Sostiene, in sintesi, la società resistente che l’Autorità appellante avrebbe violato il divieto codificato all’art. 104 c.p.a., là dove ha fondato l’appello su argomentazioni difensive del tutto nuove (rispetto alle procedure amministrative contestate e al giudizio di primo grado) o, addirittura, configgenti con le tesi difensive sostenute dinanzi al T.A.R. L’eccezione è infondata e va disattesa. Il divieto di ius novorum in appello, infatti, se rettamente inteso, implica il divieto di ampliare l’oggetto della domanda giudiziale proposta in prima istanza (Cons. St., sez. VI, 4 luglio 2012, n.3897), sia quanto alla causa petendi (mediante la formulazione di censure nuove in appello) che al petitum (mediante la proposizione di richieste ulteriori rispetto a quelle cristallizzate nel gravame originario). Il principio in questione deve intendersi riferito all’atto amministrativo impugnato in primo grado e non alla decisione appellata, con l’ulteriore conseguenza che il divieto di proporre nuove domande ed eccezioni non riguarda le difese non articolate in prime cure dall’Amministrazione resistente (Cons. St., sez. VI, 24 gennaio 2011, n.479), che, quindi, possono trovare ingesso, senza alcuna preclusione, nel giudizio di secondo grado. 4.- Passando all’esame del merito dell’appello principale, si deve dichiarare inammissibile, per carenza di interesse, il primo motivo di impugnazione, con cui si assume l’utilizzo, nella motivazione della decisione gravata, di argomentazioni tra loro contraddittorie (in particolare tra quella che valorizza l’esegesi finalistica della normativa di riferimento e quella che si fonda sulla lettera delle disposizioni che regolano la materia), atteso che, quand’anche si ravvisasse tale conflitto logico (ma non è cosi, trattandosi di argomentazioni tra loro compatibili e non antinomiche), la decisione non potrebbe, per ciò solo, essere riformata o annullata, ma il predetto rilievo comporterebbe un nuovo esame della legittimità degli atti impugnati nel presente grado di giudizio, in virtù dell’effetto devolutivo dell’appello. 5.- Con il secondo motivo di appello, l’AGCom critica il convincimento, assunto a sostegno della decisione impugnata, secondo cui una corretta esegesi della normativa di riferimento impediva all’Autorità di richiedere dati economici relativi alla commercializzazione di contenuti non riferibili alla responsabilità editoriale diretta di Sky Italia s.r.l. L’Autorità appellante assume, a sostegno della censura, che, al contrario, il complesso delle disposizioni che regolano le sue funzioni la autorizzava a richiedere a Sky Italia s.r.l. tutti i dati relativi ai ricavi degli abbonamenti pay tv, a prescindere dalla riferibilità editoriale alla medesima società dei programmi trasmessi nella relativa piattaforma. 5.1- La tesi è fondata. L’esegesi della normativa di riferimento, preferita dal T.A.R., che limita l’oggetto della IES ai soli contenuti editi direttamente da Sky Italia s.r.l. si rivela, infatti, del tutto inaccettabile, siccome chiaramente configgente con le disposizioni attributive del potere nella specie esercitato dall’Autorità, sia quanto all’ambito applicativo soggettivo sia in ordine a quello oggettivo. 5.2- In merito al novero dei soggetti tenuti all’informativa in questione, si rileva che la semplice lettura dell’art.1, comma 28, del D.L. n. 545 del 1996 (da valersi quale la fonte attributiva del potere nella specie scrutinato, e, quindi, quale paradigma della sua legittimità) e dei coerenti regolamenti con cui l’Autorità ha disciplinato in via generale la IES (e, segnatamente, l’art.1 delle Delib. n.129 del 2002, Delib. n.116/ del 200 e Delib. n.303 del 2011) rivela l’univoca volontà di assoggettare agli obblighi di comunicazione in questione tutte le imprese che operano nel settore dei media. Il catalogo degli operatori ivi contenuto, infatti, risulta comprensivo di tutte le tipologie di soggetti legittimate ad operare, a qualsiasi titolo, nel mercato, per quanto qui interessa, delle produzioni e delle trasmissioni radiotelevisive. Che la volontà del legislatore fosse quella di costruire un meccanismo informativo idoneo a consegnare all’Autorità i dati economici riferibili a tutti gli operatori, senza alcuna esclusione, risulta, poi, confermato dal medesimo art.1, comma 28, D.L. n. 545 del 1996 cit. là dove, dopo aver catalogato tutte le tipologie di imprese soggette agli obblighi in questione, aggiunge “o che, comunque, esercitano in qualsiasi forma e con qualsiasi tecnologia, attività di radiodiffusione sonora o televisiva”, con ciò manifestando chiaramente l’intenzione (peraltro coerente con le finalità della disposizione, agevolmente identificabili nell’esigenza di consentire all’Autorità di regolazione una conoscenza completa delle dinamiche economiche del mercato) di comprendere, nel proprio ambito applicativo soggettivo, ogni impresa autorizzata ad operare nel settore (per quanto qui interessa) delle televisioni. In particolare, la dizione “in qualsiasi forma e con qualsiasi tecnologia” manifesta l’univoca volontà del legislatore di estendere gli obblighi informativi alla totalità degli operatori televisivi e di precludere all’interprete qualsivoglia opzione ermeneutica riduttiva della sua latitudine precettiva. Non vale, quindi, dibattere sulla qualificazione di Sky Italia s.r.l. come “fornitore di servizi media audiovisivi”, posto che la normativa di riferimento (ivi compresi i regolamenti emanati dall’AGCom e non impugnati da Sky Italia s.r.l.) non limita gli obblighi informativi in questione ai soli “fornitori di media”, ma vi comprende tutte le imprese che, a qualsiasi titolo e con qualsiasi modalità, operano nel settore delle televisioni (anche mediante la trasmissione e la commercializzazione, con il sistema degli abbonamenti pay tv, di contenuti editi da altri soggetti). Né può attribuirsi un significato dirimente, in favore della tesi sostenuta da Sky Italia s.r.l. (e avvalorata dai primi giudici), all’omessa inclusione nel catalogo dei soggetti obbligati alla IES, per come cristallizzato all’art.1, comma 28, del D.L. n. 545 del 1996 , della figura dei “fornitori di servizi interattivi o di servizi di accesso condizionato”, atteso che quest’ultima tipologia di operatori (che non aveva ancora assunto rilievo nel mercato dei media nel 1996) va, comunque, ricompresa nella clausola generale e aperta, sopra ricordata e contenuta nella medesima disposizione sopra citata, e risulta, in ogni caso, correttamente inclusa nelle delibere dell’Autorità che hanno disciplinato, in via generale, le modalità applicative della IES (oltre che nelle coerenti istruzioni alla compilazione dei relativi moduli), perimetrandone, altresì, l’ambito applicativo soggettivo (proprio in attuazione della norma in esame). Non può, in conclusione, dubitarsi dell’ascrivibilità di Sky Italia s.r.l. al catalogo delle imprese soggettivamente obbligate a trasmettere la IES all’AGCom. 5.3- Quanto alla latitudine oggettiva dei dati economici acquisibili dall’Autorità, invece, basti rilevare, anche qui, che la formulazione in termini generali (“i dati contabili ed extracontabili, nonché le notizie”) e senza alcuna eccezione testuale dell’oggetto degli obblighi di comunicazione in questione (per come definito nella disposizione attributiva del potere) impedisce qualsivoglia esegesi limitativa dei contenuti della IES. Non solo, ma anche le citate disposizioni contenute nelle leggi che regolano l’attività (in via generale) delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità e (in particolare) dell’AGCom confortano la suddetta lettura, nella misura in cui assegnano alle stesse il potere di acquisire, dagli operatori, tutte le informazioni (anche economiche) necessarie all’espletamento delle funzioni di regolazione e di vigilanza (che presuppongono una compiuta conoscenza del mercato di riferimento) e di sanzionare le imprese inadempimenti. Ragionando come vorrebbe Sky Italia s.r.l. (e come ritenuto dai primi giudici), e, cioè, escludendo dalla IES i ricavi riferibili alla diffusione di programmi non riconducibili alla responsabilità diretta di Sky Italia s.r.l., si perverrebbe all’inaccettabile conseguenza di precludere la conoscenza di un segmento rilevante del mercato, che resterebbe, quindi, sconosciuto alla stessa, con un’evidente e inaccettabile menomazione delle possibilità conoscitive che, invece, la normativa di riferimento ha voluto assicurare, in misura integrale, alle Autorità di regolazione. Né vale, ancora, contestare la qualificazione dei ricavi relativi agli abbonamenti pay tv, per la parte relativa a contenuti non riferibili alla responsabilità editoriale diretta di Sky Italia s.r.l., come “servizi di media audiovisivi”, secondo la definizione del TUSMAR, posto che, in coerenza con la lettura della normativa di riferimento sopra indicata come corretta, l’oggetto della IES va esteso a tutti i dati economici astrattamente e genericamente riconducibili all’attività televisiva. E non può attribuirsi un’efficacia limitativa dei dati dovuti alla menzione, nella rubrica dei modelli IES diramati dall’Autorità, della sola voce “servizi di media audiovisivi”, posto che tale indicazione serviva solo alla perimetrazione (in senso atecnico) dell’ambito dell’informativa e che alla stessa non può, in alcun modo, assegnarsi una portata riduttiva dei contenuti della comunicazione, anche in considerazione che nella declinazione della relativa voce del modello risultano compresi proprio i ricavi da abbonamenti a pagamento sulla piattaforma satellitare. Ne consegue che non appare dubitabile l’ascrivibilità dei dati relativi al complesso dei ricavi da abbonamenti pay tv entro il perimetro delle informazioni che l’Autorità era legittimata a richiedere a Sky Italia s.r.l. e che quest’ultima era obbligata a trasmettere. 5.4- Così verificata la coerenza delle delibere gravate in prima istanza con i paradigmi legali di riferimento, occorre esaminare le censure dedotte contro di esse in primo grado, non esaminate dal T.A.R. e ritualmente riproposte da Sky Italia s.r.l. ai sensi dell’art.101, comma 2, c.p.a. 5.4.1- Vanno, innanzitutto, disattese le censure (rubricate sub B1 e B2 nell’appello incidentale) con cui l’appellante incidentale insiste nel contestare, con una molteplicità di prospettazioni censorie, la propria qualificazione come “fornitore di servizi media audiovisivi” e la catalogazione dei dati economici richiesti nell’ambito della IES come “servizi di media audiovisivi” (anche ai fini della configurazione della violazione colpita con la sanzione pecuniaria), atteso che le pertinenti argomentazioni difensive sono già state esaminate e giudicate infondate nella parte della motivazione riferita all’accoglimento dell’appello principale (là dove si è chiarito che l’Autorità ha legittimamente richiesto a Sky Italia s.r.l. i dati pertinenti alla totalità dei ricavi percepiti per effetto degli abbonamenti alla piattaforma a pagamento). 5.4.2- Le censure rubricate sub B3 vanno, invece, dichiarate inammissibili, in quanto, dalla mera lettura della censura, non appare chiara la consistenza dei motivi riproposti contro la delibera n.303/11/CONS, non potendosi giudicare sufficiente, ai fini della valida riproposizione degli stessi, un richiamo alla sintetica, ma carente, rubrica dell’atto. 5.4.3- In ordine ai motivi rubricati sub B4, con cui si contesta l’attribuzione a Sky Italia s.r.l. dei ricavi riferiti a fornitori di “servizi media audiovisivi” terzi, è sufficiente rilevare che, ferma restando la correttezza dell’acquisizione dei relativi dati economici nell’ambito della IES, competerà poi all’Autorità imputare correttamente i pertinenti introiti ai diversi operatori coinvolti nell’attività di produzione e vendita di quei programmi, nell’abito dell’analisi delle dimensioni economiche del mercato, sicchè, nella fase procedurale in questione, non appare ravvisabile alcuna violazione della sfera giuridica dell’appellante incidentale. 5.4.4- In merito, da ultimo, alle censure intese a contestare la legittimità della sanzione pecuniaria, si osserva, per un verso, che la misura della stessa (Euro 10.320,00, rispetto agli estremi, previsti dall’art.1, comma 30, L. n. 249 del 1997 , di Euro 516,00, minimo, e Euro 103.300,00, massimo) appare del tutto proporzionata alla gravità dell’inadempimento (nella misura in cui ha sottratto all’Autorità la conoscenza di una parte rilevante del mercato) e, per un altro, che la pretesa erroneità dell’individuazione della disposizione di riferimento (art.1, comma 30, L. n. 249 del 1997 , anziché art.51 del TUSMAR) si rivela del tutto irrilevante, con la conseguenza del difetto di interesse alla sua denuncia (e, quindi, della declaratoria dell’inammissibilità del relativo motivo), nella misura in cui la norma che avrebbe dovuto essere applicata (secondo l’appellante incidentale) contempla un minimo (Euro 5.165,00) sensibilmente più alto di quello (Euro 516,00) previsto dalla disposizione erroneamente applicata. 5.4.5- I motivi riproposti in appello da Sky Italia s.r.l. vanno, in definitiva, dichiarati inammissibili o respinti. 6.- L’accoglimento dell’appello principale implica, inoltre, l’improcedibilità dell’appello incidentale, atteso che Sky Italia s.r.l. ha perso interesse a contestare l’omessa pronuncia sia sul terzo atto di motivi aggiunti (nella misura in cui si rivolge a una delibera dal contenuto precettivo e dal fondamento identici a quelli delle delibere già giudicate immuni dai vizi ascritti a loro carico) sia sulla domanda di restituzione della somma versata in esecuzione della sanzione pecuniaria (nella misura in cui la medesima postula logicamente l’annullamento di quest’ultima). Va dichiarato improcedibile anche il terzo motivo dell’appello incidentale, con cui si contesta l’asserita implicita reiezione del motivo con cui si sosteneva la differente fonte normativa del potere attinente alla IES, rispetto a quello su cui si fonda l’accertamento del SIC, atteso che le disposizioni legislative invocate come corrette da Sky Italia s.r.l. (e, cioè, quelle contenute nel D.L. n. 545 del 1996 , convertito nella L. n. 650 del 1996 ) sono proprio quelle in relazione alle quali è stata sopra giudicata la conformità delle delibere adottate dall’AGCom. 7- Alle considerazioni che precedono conseguono, in definitiva, l’accoglimento dell’appello principale, la declaratoria dell’improcedibilità di quello incidentale e, in riforma della decisione impugnata, il rigetto del ricorso e dei motivi aggiunti proposti in primo grado da Sky Italia s.r.l. 8.- Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della decisione appellata, respinge il ricorso di primo grado e dichiara improcedibile l’appello incidentale. Compensa le spese del doppio grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2015 con l’intervento dei magistrati: Gianpiero Paolo Cirillo,Presidente Carlo Deodato,Consigliere, Estensore Vittorio Stelo,Consigliere Angelica Dell’Utri,Consigliere Roberto Capuzzi,Consigliere Consiglio di Stato, Sez. III, 5 febbraio 2015, n. 582. Radiocomunicazioni – Radiocomunicazioni, in genere  – Sanzioni amministrative e depenalizzazione – Sanzione amministrativa in genere. Non appare dubitabile l’ascrivibilità dei dati relativi al complesso dei ricavi da abbonamenti pay tv – ivi compresi quelli attinenti alla diffusione a pagamento di contenuti non editi direttamente dalla società interessata – entro il perimetro delle informazioni che l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni è legittimata a richiedere agli operatori televisivi che risultano, pertanto, obbligati alla trasmissione.

L’Informativa Economica di Sistema: quale perimetro? L’assenza di responsabilità editoriale non esime dalla comunicazione all’Agcom

di Rosaria Petti

Abstract Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 582 depositata il 5 febbraio 2015, pare aver finalmente posto fine alla querelle tra Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (di seguito, Agcom) e la società Sky Italia s.r.l. in merito all’ascrivibilità dei ricavi da abbonamenti pay tv realizzati dalla stessa società entro il perimetro delineato dalla Informativa Economica di Sistema (c.d. IES). La vicenda trae origine dal rifiuto opposto da Sky alla comunicazione dei dati relativi ai ricavi riferibili agli abbonamenti pay tv e non riconducibili alla diretta responsabilità editoriale dell’emittente. Il Consiglio di Stato, annullando la sentenza del Tar Lazio n. 5863, depositata il 3 giugno 2014, ha rilevato la fondatezza delle richieste formulate dall’Autorità attraverso la IES. In particolare, il quadro giuridico di riferimento – secondo il Supremo Consesso – consentirebbe all’Agcom di richiedere i dati contestati da Sky, a prescindere dalla riferibilità alla responsabilità editoriale diretta di Sky in merito ai programmi trasmessi nella relativa piattaforma. Il Consiglio di Stato, dunque, disattendendo le conclusioni dei giudici di prima istanza, ha rilevato che l’oggetto della IES va esteso a tutti i dati economici astrattamente e genericamente riconducibili all’attività televisiva, ivi compresi quelli derivanti dalla commercializzazione di contenuti editi da terzi e non riferibili alla responsabilità editoriale diretta dell’operatore. Il presente contributo, dopo una breve esegesi della normativa di riferimento, proverà ad analizzare le motivazioni esposte dalle parti in causa e le dirimenti conclusioni del Supremo Consesso. The Council of State, with the judgement no. 582 filed on February 5th 2015, seems to have finally put an end to the controversy between the Authority for Communications Guarantees (hereinafter, AGCOM) and Sky Italia srl about the possibility of ascribing the revenues derived from pay tv subscriptions made by the same company within the perimeter outlined by the Informativa Economica di Sistema (so-called IES). The case stems from the refusal of Sky to communicate data relating to the revenues derived from pay tv subscriptions and not connected to direct editorial responsibility of the issuer. The Council of State, revoking the judgement no. 5863 of the Regional Administrative Court in Lazio, filed June 3rd 2014, pointed out the validity of the requests made by the Authority through the IES. In particular, the legal framework – according to the Supreme Assembly – would allow AGCOM to request the data contested by Sky, regardless of allusion to the direct editorial responsibility of Sky for the programmes broadcast in its platform. The Council of State, therefore, disregarding the findings of the courts of first instance, found that the object of the IES must be extended to all the economic data abstractly and generically attributable to television, including those arising from the commercialization of content published by third parties and not related to the direct editorial responsibility of the operator. This paper, after a brief exegesis of the relevant legislation, will try to analyse the reason given by the interested parties and the decisive conclusions of the Supreme Assembly. Sommario: 1. L’Informativa Economica di Sistema: la ratio dello strumento. Cenni – 2. La controversia – 3. Brevi cenni sulla normativa di riferimento e sulla disciplina positiva relativa all’attività conoscitiva dell’Agcom in virtù delle censure opposte da Sky – 4. L’iter giurisprudenziale: la decisione del Tar Lazio – 5. La decisione del Consiglio di Stato – 6. Conclusioni 1. L’Informativa Economica di Sistema: la ratio dello strumento. Cenni. La IES è una dichiarazione annuale cui sono obbligati gli operatori dei settori dei media, la quale ricomprende oltre ai dati anagrafici, anche i dati economici sull’attività svolta dagli operatori interessati. Lo strumento si prefigge di raccogliere gli elementi necessari per adempiere a precisi obblighi di legge affidati all’Agcom – in particolare, la verifica delle posizioni dominanti nel settore indagato – e consente l’aggiornamento della base statistica degli operatori di comunicazione [1]. Tra i soggetti obbligati alla dichiarazione vi sono operatori di rete [2], i fornitori di servizi di media audiovisivi o radiofonici [3], i fornitori di servizi interattivi associati e/o di servizi di accesso condizionato [4], i soggetti esercenti l’attività di radiodiffusione [5], le imprese concessionarie di pubblicità [6], le agenzie di stampa a carattere nazionale [7] e gli editori [8]. La IES riguarda, pertanto, l’offerta di pubblicità e di prodotti e servizi nei due versanti dei mercati media [9] e contiene i dati anagrafici, economici e di volume sull’attività svolta dagli operatori interessati. Il sistema di valorizzazione e analisi dei mercati media viene, dunque, alimentato annualmente dalle comunicazioni dei soggetti indicati. La funzione conoscitiva svolta dall’Autorità attraverso le rilevazioni degli aspetti economici dell’attività realizzata dai soggetti operanti nel settore dei media si pone nella direzione di una maggiore tutela del pluralismo, in quanto consente di rilevare la consistenza del mercato e le posizioni dei diversi soggetti al suo interno, permettendo una visione d’insieme circa il grado di sviluppo di un sano regime concorrenziale, in diretta rispondenza ai princìpi generali che governano il settore. [10] Tra le finalità della Informativa Economica di Sistema vi è anche quella di acquisire dati e informazioni per la valutazione delle dimensioni economiche del Sistema Integrato delle Comunicazioni (c.d. SIC). La ratio posta alla base dell’Informativa è, quindi, l’acquisizione dei dati necessari alla ricostruzione della dimensione economica dei diversi mercati di riferimento e delle posizioni degli operatori che agiscono negli stessi. In termini pratici lo strumento consente di contrastare il peso economico di ogni singolo operatore al fine di evitare che questo possa costituire un limite all’effettiva pluralità dei contenuti informativi e audiovisivi fruibili dagli utenti e, quindi, sia idoneo a determinare una potenziale lesione dei diritti e degli interessi pubblici. [11] Il monitoraggio dei mercati affidati all’Autorità acquista rilievo ai fini dell’espletamento delle funzioni istituzionali affidate alla Stessa. In particolare, ai sensi dell’art. 1, commi 28 e 29 del decreto legge 23 ottobre 1996, n. 545, al Garante per la radiodiffusione e l’editoria, prima, e all’Agcom poi, è stato attribuito, tra gli altri, il compito di determinare e acquisire dagli operatori di settore dei mercati monitorati i dati contabili ed extracontabili ritenuti rilevanti ai fini dell’espletamento delle funzioni istituzionali dell’Autorità. 2. La controversia L’Agcom al fine di espletare correttamente le funzioni attribuite dal dettato normativo aveva richiesto alla società Sky, in qualità di soggetto obbligato alla dichiarazione, i dati economici relativi alla IES per gli anni 2010, 2011 e 2012. Tuttavia, la società, ritenendosi obbligata alla comunicazione solo dei dati relativi ai ricavi che la stessa percepisce in quanto fornitore di servizi, forniva un valore dei ricavi da abbonamento pay tv non coerente con quanto dichiarato nella medesima voce presente nei bilanci di esercizio di riferimento. Il valore dichiarato da Sky era calcolato scomputando dal valore dei ricavi derivanti da abbonamento del fornitore di servizi di media audiovisivi i ricavi derivanti dalla commercializzazione di pacchetti di contenuti editi da terzi. La motivazione fornita dall’operatore era basata sulla considerazione che i ricavi afferenti all’attività di “piattaforma a pagamento”, sarebbero stati riconducibili a un’attività di commercializzazione di SMA non ricadenti sotto la propria responsabilità editoriale, anche se aggregati in pacchetti e offerti su abbonamento da Sky. Il convincimento dell’operatore era fondato su una interpretazione letterale dell’art. 2, comma 1, lett. b) del TUSMAR, secondo cui l’elemento caratterizzante dell’attività del fornitore di SMA sarebbe la responsabilità editoriale dei contenuti trasmessi. Pertanto, sulla scorta di tale esegesi la società aveva conseguentemente scomputato dalla voce “ricavi da abbonamento” come da bilancio, i ricavi afferenti all’attività di “piattaforma a pagamento”. La reiterata condotta di Sky per gli anni 2010, 2011, 2012, aveva indotto l’Autorità a rivolgere alla società diversi ordini volti all’acquisizione del valore dei ricavi da abbonamento pay tv coerente con il bilancio di esercizio. [12] La mancata comunicazione da parte della società di un valore dei ricavi coerente con la corrispondente voce “Canoni di abbonamento” di cui ai “Ricavi delle vendite e prestazioni di servizi” dei bilanci civilistici di riferimento non consentiva all’Autorità, nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, di rilevare l’operatività di scala di Sky nel mercato della televisione a pagamento. 3. Brevi cenni sulla normativa di riferimento e sulla disciplina positiva relativa all’attività conoscitiva dell’Agcom in virtù delle censure opposte da Sky L’attività di fornitura di un servizi di media audiovisivo, come noto, è soggetta a specifica autorizzazione, nonché al rispetto delle disposizioni in materia di tutela del pluralismo e della concorrenza nei media di cui al Titolo VI del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 recante “Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici” (di seguito, Tusmar). Il medesimo decreto demanda all’Autorità precise competenze a tutela del pluralismo del settore dei media, quali le garanzie dell’accesso dei fornitori di servizi di media audiovisivi e radiofonici alle piattaforme trasmissive, la valutazione delle intese e delle concentrazioni nel settore delle comunicazioni, ivi compresa l’adozione delle misure volte a rimuovere le posizioni lesive del pluralismo, e l’autorizzazione ai trasferimenti e le cessioni di proprietà di aziende radiotelevisive, per la diffusione delle trasmissioni via satellite, per i servizi di media audiovisivi lineari su altri mezzi di comunicazione e per i servizi a richiesta. In tale sede, tuttavia, non è possibile richiamare in dettaglio la disciplina che regola il settore audiovisivo. Pertanto – preliminarmente precisato che la questione in esame concerne il rifiuto opposto da Sky all’ordine rivolto dall’Autorità di comunicare il valore complessivo dei ricavi da abbonamento pay tv non riconducibili alla diretta responsabilità editoriale dell’emittente – si proverà a effettuare una breve analisi della normativa che regola l’attività conoscitiva dell’Autorità, evidenziando le previsioni che maggiormente rilevano nel caso sottoposto al vaglio del Consiglio di Stato. Posto che i poteri di monitoraggio affidati all’Autorità nel settore audiovisivo consentono alla Stessa di acquisire i dati contabili rilevanti per l’espletamento delle sue funzioni istituzionali, occorre rilevare come concretamente tali poteri si esplicano. In primo luogo, è opportuno richiamare l’art. 2, comma 20, lett. a), legge 481/95 [13], ai sensi del quale, per lo svolgimento delle proprie funzioni, l’Autorità può richiedere, ai soggetti esercenti il servizio,  informazioni  e documenti sulle loro attività. I compiti affidati all’Autorità, pertanto, consentirebbero e giustificherebbero una richiesta d’informazioni agli operatori. Tuttavia, la delicatezza dei dati richiesti attraverso la IES non sembra prestarsi a giustificazione del rifiuto opposto dall’operatore in questione. In particolare, l’art.1, comma 6, lett. c), n. 7 della legge 249/1997 [14] ha espressamente stabilito una «[…] verifica dei bilanci e dei dati relativi alle attività e alle proprietà dei soggetti autorizzati o concessionari del servizio radiotelevisivo […]», tale da consentire l’accesso da parte dell’Autorità anche a questi documenti. Conseguentemente, il rifiuto opposto alle richieste informative dell’Autorità determinerebbe l’adozione di adeguate sanzioni nei confronti degli operatori inottemperanti, secondo quanto previsto dai commi 29, 30 e 31 del medesimo articolo. [15] Brevemente analizzato l’aspetto puramente formale e la piena legittimazione dell’Autorità alla richiesta dei dati di bilancio, occorre esaminare l’aspetto sostanziale della richiesta. A tal proposito, in virtù della strumentalità della IES all’attività di valorizzazione del SIC, rileva il richiamo all’art. 43 del Tusmar. La norma ha affidato all’Agcom il compito di verificare l’esistenza di posizioni dominanti nel SIC e conseguentemente di adottare le azioni necessarie a eliminarle e/o impedirne la formazione. In particolare, il comma 10 del richiamato articolo, nell’elencare le tipologie di ricavo che l’Autorità deve considerare nell’ambito dei tale attività di valorizzazione, menziona tra queste i ricavi da “offerte televisive a pagamento” [16]. Anche se dal testo della norma non sussiste alcuna limitazione con riferimento ai detti ricavi, l’operatore, ha invece opposto una diversa interpretazione della disciplina. In particolare, Sky fondando la propria tesi sul combinato disposto del comma 10 dell’art. 43 e dell’art. 2, comma 1, lett. b) del Tusmar, ha ritenuto legittimo scomputare i ricavi derivanti dalla commercializzazione di pacchetti di contenuti editi da terzi. L’art. 2, comma 1, lett. b) del Tusmar definisce quale «[f]ornitore di servizi di media, la persona fisica o giuridica cui è riconducibile la responsabilità editoriale della scelta del contenuto audiovisivo del servizio di media audiovisivo[…]». L’interpretazione letterale dell’art. 2, comma 1, lett. b) del Tusmar – secondo cui l’elemento caratterizzante dell’attività del fornitore di SMA sarebbe la responsabilità editoriale dei contenuti trasmessi – ha portato la società a scomputare dalla voce “ricavi da abbonamento” come da bilancio, i ricavi afferenti all’attività di “piattaforma a pagamento”. Tuttavia, accanto a tali richiami, occorre effettuare un ulteriore riferimento normativo. La lettera s) del menzionato articolo [17], appare dirimente nella questione in esame, giacché nel fornire la definizione del SIC ricomprende anche i “servizi media audiovisivi”, senza operare alcuna limitazione relativa alla responsabilità editoriale. Pertanto, ai fini di una corretta valorizzazione dell’attività economica relativa ai servizi media audiovisivi la norma sembrerebbe richiedere la conoscenza dei ricavi derivanti dalla loro vendita al dettaglio, in qualunque forma essa avvenga. 4. L’iter giurisprudenziale: la decisione del Tar Lazio La decisione in commento del Consiglio di Stato ha fornito un’esegesi normativa differente rispetto a quella che era stata fornita dai giudici di prima istanza. Il Tar aveva, invero, negato la fondatezza della pretesa conoscitiva dell’Autorità, considerando parzialmente legittime le censure mosse da Sky nei confronti degli “ordini volti all’acquisizione del valore dei ricavi da abbonamento pay tv coerente con il bilancio di esercizio”. I giudici di prime cure avevano considerato valida la comunicazione da parte di Sky dei soli ricavi riconducibili alla commercializzazione dei programmi editi dall’operatore, stante la configurabilità della responsabilità editoriale diretta della stessa società. Il Tar aveva, infatti, rilevato l’invalidità della pretesa espressa dall’Autorità di ottenere la corrispondenza tra i dati forniti in sede di IES e quelli derivanti dai canoni di abbonamento riportati nei bilanci civilistici. La decisione dei giudici amministrativi di primo grado si fondava sulla considerazione che nella voce di bilancio afferente i ricavi da canoni di abbonamento non potrebbero rientrare solo proventi relativi all’attività di “servizi di media audiovisivi”. Pertanto, i contenuti commercializzati ma non editi dall’operatore, in assenza di responsabilità editoriale di quest’ultimo, non sarebbero soggetti ad alcun obbligo di comunicazione. In altri termini, l’esegesi della normativa di riferimento fornita dal Tar aveva circoscritto l’oggetto della IES ai soli contenuti editi direttamente da Sky. Contestando la correttezza di tale interpretazione, l’Autorità, quindi, aveva proposto appello, sostenendo la riconducibilità alla IES di tutti i ricavi riferibili agli abbonamenti pay tv della piattaforma Sky a prescindere dalla responsabilità editoriale dei programmi ivi contenuti. 5. La decisione del Consiglio di Stato Il Supremo Consesso ha rilevato inaccettabile l’esegesi della normativa preferita dai giudici di prime cure, in quanto confliggente con le disposizioni attributive del potere esercitato dall’Agcom. In particolare, la confliggenza, rilevata dal Consiglio di Stato, è stata riscontrata in termini applicativi considerandone gli aspetti soggettivi e oggettivi. Il novero dei soggetti tenuti alla IES sembra non essere soggetto alle limitazioni rilevate in primo grado. I giudici, nella decisione in commento, hanno richiamato l’art. 1, comma 28, d.l. n. 545/1996, che in quanto fonte attributiva del potere conferito all’Autorità legittima le richieste della Stessa e, in combinato con i regolamenti con cui l’Autorità ha disciplinato la IES, rileva l’univoca volontà di assoggettare agli obblighi di comunicazione in questione tutte le imprese operanti nel settore dei media. Il comma richiamato svolge un ruolo di identificazione dei soggetti sui quali ricadono gli obblighi di comunicazione di cui alla IES attraverso un’elencazione delle tipologie di imprese obbligate che termina includendo tutte le società che «[…] comunque esercitano in qualsiasi forma e con qualsiasi tecnologia, attività di radiodiffusione sonora o televisiva» [18]. L’estensione degli obblighi informativi alla totalità degli operatori televisivi manifesta il chiaro intento del legislatore di non operare una preclusione interpretativa riduttiva della portata applicativa della norma [19]. Non rileva, pertanto, secondo il Supremo Consesso la qualificazione dell’operatore – nella specie, fornitore di servizi media audiovisivi – considerando che la normativa di riferimento comprende tutte le imprese che operano nel mercato in questione. In altri termini, la stessa lettera della norma risulta idonea a comprendere, nel suo campo di applicazione soggettivo, anche i fornitori di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato, in quanto l’asserita tassatività e analiticità della norma richiamata è palesemente smentita dal tenore letterale della stessa. L’inciso del testo normativo sopra richiamato opera, infatti, un ampliamento soggettivo purché di fatto il soggetto svolga attività di radiodiffusione sonora o televisiva. Riconosciuta l’ascrivibilità soggettiva di Sky agli obblighi comunicativi imposti attraverso la IES, i giudici hanno, altresì, rilevato l’ascrivibilità anche oggettiva. In altri termini, non essendo rilevabile nella normativa applicabile alcuna eccezione testuale dell’oggetto degli obblighi di comunicazione, questi non potrebbero essere soggetti a un’esegesi limitativa. Per tali ragioni, i giudici hanno rilevato l’illegittimità di una eventuale perimetrazione dell’oggetto della IES, la quale va riferita «a tutti i dati economici astrattamente e genericamente riconducibili all’attività televisiva». In tale sede, tuttavia, non può non effettuarsi un breve cenno a una recente fattispecie posta al vaglio della Corte di giustizia UE [20]. Seppur, in una fattispecie parzialmente diversa [21], la Corte ha stabilito che la fornitura a titolo oneroso di un bouquet di servizi di diffusione radiofonica e audiovisiva ricevibili via satellite e ad accesso condizionato costituisca un servizio di comunicazione elettronica [22]. Tale classificazione subordina la prestazione del servizio a talune specifiche condizioni del settore delle comunicazioni elettroniche. [23] Se ne conclude che, le autorità nazionali sono legittimate a richiedere alle imprese che forniscono il servizio di comunicazioni elettronica le informazioni necessarie per verificare l’osservanza delle condizioni relative alla tutela dei consumatori. 6. Conclusioni La decisione del Consiglio di Stato sembra finalmente porre fine alla agognata vicenda in tema di ascrivibilità dell’intero volume dei ricavi da abbonamenti pay tv di Sky entro il perimetro della IES. La soluzione adottata dal Supremo Consesso amministrativo appare pienamente condivisibile se si considera che l’operatore satellitare – che nell’ambito della vendita delle offerte televisive a pagamento, propone la commercializzazione di pacchetti i cui contenuti sono editi anche da terzi – riceve a fronte dei servizi erogati un corrispettivo, indipendentemente dalle dinamiche e dalle relazioni negoziali che si collocano nei mercati wholesale (e cioè a monte rispetto a quello retail della televisione a pagamento). In ragione di tale considerazione appare evidente che Sky, quale fornitore di pacchetti di contenuti, sia propri, sia editi da soggetti terzi, sia tenuto a fornire il valore dei ricavi derivanti dalla vendita al dettaglio di tali pacchetti, per la relativa valorizzazione dei servizi media audiovisivi. L’opposta soluzione determinerebbe, invece, serie ripercussioni per l’analisi dell’assetto concorrenziale del mercato della televisione a pagamento. I dati forniti dall’operatore, infatti, non sarebbero rappresentativi dell’operatività di scala dei Sky nel mercato della televisione a pagamento e, inoltre – non potendo essere in altro modo calcolati – creerebbero una palese divergenza tra i ricavi effettivamente ottenuti per la commercializzazione di siffatti pacchetti e i costi sostenuti dall’utente finale. In altri termini, l’assenza di tali dati si ripercuoterebbe sulle finalità della IES che ne sarebbero compromesse. Se, invero, lo strumento dell’Informativa consente di acquisire i dati necessari alla ricostruzione della dimensione economica dei diversi mercati di riferimento e delle posizioni degli operatori che agiscono negli stessi, il dato relativo ai ricavi derivanti dalla vendita delle offerte televisive a pagamento risulta indispensabile per il calcolo delle quote dei diversi operatori presenti nel mercato della televisione a pagamento, e quindi per l’analisi concorrenziale di tale mercato. La decisione del Supremo Consesso, rilevando la legittimità di includere i fornitori di servizi interattivi associati o di accesso condizionato tra i soggetti obbligati, alla stregua di altri operatori che sono presenti nel mercato in questione, ha finalmente determinato un’importante vittoria volta a garantire una maggior efficacia in termini di tutela del pluralismo e sviluppo di un sano regime concorrenziale. Note [*] Il presente contributo è stato preventivamente sottoposto a referaggio anonimo affidato ad un componente del Comitato di Referee secondo il Regolamento adottato da questa Rivista. [1] Per un inquadramento generale dello strumento si rinvia a G. Cassano; I.P. Cimino, Diritto dell’Internet e delle nuove tecnologie telematiche, Padova, 2009; F. Bassan; E. Tosi, Diritto degli audiovisivi, Milano, 2012, pp. 55 e ss.; G. Cassano; A. Contaldo, Internet e tutela della libertà di espressione, Milano, 2009; M. Quaranta; M. Modugno, Il livello di semplificazione degli adempimenti amministrativi a carico degli operatori della comunicazione: tempistiche e procedure, in A. Di Amato (a cura di ), Diritto ed economia dei mezzi di comunicazione, Napoli, 2011. Per una trattazione aggiornata alle novità introdotte dalla delibera Agcom n. 397/13/CONS, si rinvia a A. Preto, In principio è la rete: suggestioni comunicative per una società connessa, Venezia, 2014. Per gli aspetti sanzionatori in caso di violazione dell’obbligo di comunicazione, si rinvia a M. Fratini, Le sanzioni delle autorità amministrative indipendenti, Milano, 2009, p. 897 e ss. [2] La delibera  n. 397/13/CONS, recante “Informativa Economica di Sistema” definisce all’art. 2, n. 1, lett. a), gli operatori di rete come «i soggetti titolari del diritto di installazione, esercizio e fornitura di una rete di comunicazione elettronica su frequenze terrestri in tecnica digitale, via cavo o via satellite, e di impianti di messa in onda, multiplazione, distribuzione e diffusione delle risorse frequenziali che consentono la trasmissione dei programmi agli utenti». [3] La lettera b), n. 1, del medesimo articolo, già precedentemente richiamato alla nota n. 2, definisce i fornitori di servizi media audiovisivi (o SMA) o radiofonici lineari, intesi quali «soggetti che hanno la responsabilità editoriale nella predisposizione di programmi televisivi o radiofonici destinati alla diffusione anche ad accesso condizionato su frequenze terrestri in tecnica digitale, nonché alla diffusione via cavo, via satellite o su altri mezzi di comunicazione elettronica e che sono legittimati a svolgere le attività commerciali ed editoriali connesse alla diffusione delle immagini o dei suoni e dei relativi dati»; e fornitori di sma o radiofonici non lineari, ossia «i soggetti che hanno la responsabilità editoriale nella predisposizione di un catalogo di programmi destinati alla diffusione anche ad accesso condizionato su frequenze terrestri in tecnica digitale, nonché alla diffusione via cavo, via satellite o su altri mezzi di comunicazione elettronica che possono essere fruiti al momento scelto dall’utente e che sono legittimati a svolgere le attività commerciali ed editoriali connesse alla diffusione delle immagini o dei suoni e dei relativi dati». [4] La stessa delibera al medesimo articolo lett. c) definisce i fornitori di servizi interattivi associati e/o di servizi di accesso condizionato come «i soggetti che forniscono, al pubblico o a terzi operatori, servizi di accesso condizionato, compresa la pay per view, mediante distribuzione di chiavi numeriche per l’abilitazione alla visione dei programmi, alla fatturazione dei servizi ed eventualmente alla fornitura di apparati, ovvero che forniscono servizi della c.d. “società dell’informazione” ai sensi dell’articolo 2 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, ovvero forniscono una guida elettronica ai programmi». [5] La definizione di tali soggetti è fornita dalla medesima delibera, art. 1, lett. d), che ricomprende in tale categoria «la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e i soggetti titolari di concessione, autorizzazione, o di altro provvedimento abilitativo, rilasciato dal Ministero dello Sviluppo Economico – Dipartimento per le Comunicazioni, per l’esercizio della radiodiffusione sonora o televisiva, via etere terrestre, con qualsiasi tecnica e modalità, ad accesso libero o condizionato, e per l’installazione e l’esercizio di impianti ripetitori via etere di programmi sonori e televisivi esteri e nazionali, nonché i soggetti a cui la legge impone gli stessi obblighi dei concessionari». [6] Analogamente la delibera definisce anche le concessionarie di pubblicità alla lett. e), considerandole come «i soggetti che esercitano, direttamente o per conto di terzi, attività di negoziazione e conclusione di contratti di vendita di spazi pubblicitari da trasmettere mediante impianti radiofonici o televisivi o da diffondere su giornali quotidiani, periodici, sul web e altre piattaforme digitali fisse o mobili, sugli annuari, al cinema e attraverso agenzie di stampa». [7] Si ricomprendono nella classificazione «le agenzie di stampa a carattere nazionale ex art. 27 della legge 416/81, i cui notiziari siano distribuiti in abbonamento a titolo oneroso, qualunque sia il mezzo di trasmissione utilizzato, ad almeno quindici testate quotidiane in cinque regioni, che abbiano alle loro dipendenze a norma del contratto nazionale di lavoro più di dieci giornalisti professionisti con rapporto a tempo pieno, indeterminato ed esclusivo, ed effettuino un minimo di dodici ore di trasmissione al giorno per almeno cinque giorni alla settimana»; nonché «le altre agenzie di stampa a rilevanza nazionale, i cui notiziari siano distribuiti in abbonamento, a titolo oneroso, qualunque sia il mezzo di trasmissione utilizzato, ad almeno un editore a carattere nazionale che realizzi un prodotto ai sensi della legge n. 62 del 2001, compresi i soggetti di cui alle lettere b), c), d) e g) del presente comma» (lett. f), art. 1, n. 1 della delibera richiamata alle note precedenti). [8] Nella categoria sono ricompresi dalla delibera alla lettera g) «[g]li editori, anche in formato elettronico, di giornali quotidiani, periodici o riviste, altre pubblicazioni periodiche ed annuaristiche e altri prodotti editoriali»  In particolare si tratta dei «[…] soggetti editori di cui all’articolo 1, comma 1, e quelli equiparati di cui all’articolo 18, comma 1, della legge n. 416 del 1981, che pubblicano, anche in formato elettronico, testate diffuse al pubblico con periodicità quotidiana, o altri prodotti editoriali in misura superiore a dodici numeri l’anno; [nonché] gli altri soggetti editori, anche ad azionariato diffuso, che pubblicano, anche in formato elettronico, una o più testate giornalistiche diffuse al pubblico con regolare periodicità, ovvero prodotti realizzati su supporto informatico, destinati alla diffusione di informazioni presso il pubblico (con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici), purché sotto la direzione di un giornalista o di un pubblicista (art. 46, legge n. 69 del 1963; C. cost., sent. n. 98 del 1968); [e ancora] i soggetti editori di annuari». [9] Il settore dei mezzi di comunicazione si compone di una serie di mercati, distinti ma collegati fra di loro, che presentano una struttura a due versanti. Nel primo versante, i consumatori o utenti soddisfano attraverso il mezzo le proprie esigenze di informazione, comunicazione e intrattenimento. Nel secondo versante, gli inserzionisti di pubblicità domandano spazi pubblicitari all’editore del mezzo di comunicazione per promuovere i propri prodotti ai consumatori finali in cambio di un numero di contatti pubblicitari realizzati dal mezzo. [10] In tal senso la delibera n. 397/13/CONS, recante “Informativa Economica di Sistema”, in rispondenza dei principi espressi all’art. 21 Cost., all’art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo, all’art. 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e agli artt. 1 e 4, del d.lgs. n. 177/2005, recante “Testo unico della radiotelevisione”. [11] In questi termini anche A.M. Basso, Informativa di sistema, tutela del mercato e delle comunicazioni, in Il Quotidiano Giuridico, Milano, 2014. [12] Cfr. gli ordini rivolti alla società con la delibera n. 48/12/CONS in data 25 gennaio 2012, in relazione al valore dei ricavi da abbonamento pay tv per l’anno 2010; con la delibera n. 536/12/CONS  in data 8 novembre 2012, in relazione al valore dei ricavi da abbonamento pay tv relativi all’anno 2011; nonché con la delibera n. 665/13/CONS in data 28 novembre 2013, in relazione al valore dei ricavi da abbonamento pay tv per l’anno 2012. [13] Si tratta della legge 14 novembre 1995, n. 481 recante “Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità”. [14] Si tratta della legge 31 luglio 1997, n. 249, recante “Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo”. [15] Il comma 29 del richiamato articolo prevede che «[i] soggetti che nelle comunicazioni richieste dall’Autorità espongono dati contabili o fatti concernenti l’esercizio della propria attività non rispondenti al vero, sono puniti con le pene previste dall’articolo 2621 del codice civile». Il successivo comma 30 prevede che «[i] soggetti che non provvedono, nei termini e con le modalità prescritti, alla comunicazione dei documenti, dei dati e delle notizie richiesti dall’Autorità sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire duecento milioni irrogata dalla stessa Autorità». Infine, il comma 31 prevede che « [i] soggetti che non  ottemperano  agli  ordini  e  alle  diffide dell’Autorità, impartiti ai sensi della presente legge, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da  lire  venti  milioni a lire cinquecento milioni. Se l’inottemperanza riguarda  provvedimenti adottati in ordine alla violazione delle norme  sulle  posizioni dominanti, si applica a ciascun soggetto interessato una sanzione amministrativa pecuniaria non inferiore  al  2 per cento e non superiore al 5 per cento del fatturato realizzato  dallo  stesso soggetto nell’ultimo   esercizio    chiuso    anteriormente alla notificazione della contestazione. Le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente comma sono irrogate dall’Autorità». [16] Il comma 10 dispone che «[i]  ricavi  di  cui  al  comma  9  sono  quelli  derivanti  dal finanziamento del servizio  pubblico  radiotelevisivo  al  netto  dei diritti dell’erario, da pubblicità nazionale e locale anche in forma diretta,  da  televendite,  da  sponsorizzazioni,  da  attività di diffusione del prodotto realizzata al punto vendita con esclusione di azioni sui prezzi, da convenzioni con soggetti pubblici  a  carattere continuativo e  da  provvidenze  pubbliche  erogate  direttamente ai soggetti esercenti le attività indicate  all’articolo  2,  comma  1, lettera s) da offerte televisive a  pagamento,  dagli  abbonamenti  e dalla vendita di quotidiani e periodici inclusi i prodotti librari  e fonografici commercializzati in allegato, nonché  dalle  agenzie  di stampa   a   carattere   nazionale,   dall’editoria   elettronica   e annuaristica anche per il tramite di internet, da pubblicità on line e sulle diverse  piattaforme  anche  in  forma  diretta,  incluse  le risorse raccolte da motori di ricerca, da piattaforme  sociali  e  di condivisione, e  dalla  utilizzazione  delle  opere  cinematografiche nelle diverse forme di fruizione del pubblico». [17] La lettera s), comma 1, dell’art. 2 del Tusmar fornisce la definizione del “Sistema Integrato delle Comunicazioni”. Il SIC è «[…] il settore economico che  comprende  le seguenti attività: stampa quotidiana e periodica; editoria   annuaristica  ed  elettronica  anche  per  il  tramite  di Internet; radio e servizi di media audiovisivi; cinema; pubblicità esterna; iniziative di comunicazione di prodotti e servizi; sponsorizzazioni». [18] L’articolo prevede che il Garante per la radiodiffusione e l’editoria – oggi l’Autorità – «determina con propri provvedimenti da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, stabilendo altresì le modalità e i termini di comunicazione e con un anticipo di almeno novanta giorni rispetto ai termini fissati, i dati contabili ed extra-contabili, nonché le notizie che i soggetti di cui agli articoli 11, commi secondo e quarto, 12, 18, commi primo, secondo e terzo, e 19, comma primo, della legge 5 agosto, 1981, n. 416, all’articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni e integrazioni, agli articoli 12 e 21 della legge 6 agosto 1990, n. 223, e all’articolo 6, comma 3, del decreto-legge 27 agosto 1993, n. 323, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1993, n. 422, o che comunque esercitano, in qualsiasi forma e con qualsiasi tecnologia, attività di radiodiffusione sonora o televisiva, sono tenuti a trasmettere al suo ufficio, nonché i dati che devono formare oggetto di comunicazione da parte dei soggetti di cui agli articoli 5 della legge 25 febbraio 1987, n. 67, e 11 -bis del decreto-legge 27 agosto 1993, n. 323, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1993, n. 422». [19] Diversamente, seguendo una forzata interpretazione letterale – fornita dall’operatore – si giungerebbe a escludere dal novero dei soggetti contemplati dalla norma i fornitori di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato. Tali soggetti, invece, secondo la ricostruzione offerta dal Supremo Consesso, sarebbero inclusi tra i soggetti obbligati all’invio della IES. [20] Si veda la sentenza 30 aprile 2014, causa C-475/12,  UPC DTH Sàrl / Nemzeti Média- és Hírközlési Hatóság Elnökhelyettese. [21] Il caso coinvolgeva una società commerciale registrata in Lussemburgo – UPC DTH Sàrl – fornitrice, agli abbonati residenti in alcuni Stati membri e, in particolare, in Ungheria, di bouquet di servizi di diffusione radiofonica e audiovisiva ad accesso condizionato ricevibili via satellite. Tuttavia, non essendo proprietaria di impianti satellitari, la UPC si avvaleva a tal fine dei servizi di terzi, non effettuando nel contempo alcun controllo editoriale sui programmi e calcolando il prezzo finale sulla base dei costi di trasmissione e dei diritti d’uso corrisposti agli organismi di radiodiffusione e alle società di gestione collettiva per la diffusione dei loro contenuti. La domanda pregiudiziale alla Corte veniva presentata nell’ambito di una controversia tra la UPC e il Nemzeti Média- és Hírközlési Hatóság Elnökhelyettese (vicepresidente dell’Autorità nazionale delle comunicazioni e dei media), in merito a un procedimento di vigilanza del mercato ungherese delle comunicazioni elettroniche promosso contro la UPC. Anche in tale fattispecie, seppur per vicende parzialmente differenti da quelle intercorrenti tra Agcom e Sky (nella fattispecie veniva opposta la mancata legittimazione delle richieste dell’Autorità per difetto di competenza internazionale e sostanziale), l’operatore contestava all’Autorità l’obbligo di fornire la documentazione e le informazioni richieste nell’ambito di un procedimento di vigilanza del mercato. [22] Tali servizi, ai sensi della direttiva quadro – n. 98/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 1998, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato – sono definiti come «servizi forniti di norma a pagamento consistenti esclusivamente o prevalentemente nella trasmissione di segnali su reti di comunicazioni elettroniche, compresi i servizi di telecomunicazioni e i servizi di trasmissione nelle reti utilizzate per la diffusione circolare radiotelevisiva, ma ad esclusione dei servizi che forniscono contenuti trasmessi utilizzando reti e servizi di comunicazione elettronica o che esercitano un controllo editoriale su tali contenuti; sono inoltre esclusi i servizi della società dell’informazione di cui all’articolo 1 della direttiva 98/34/CE non consistenti interamente o prevalentemente nella trasmissione di segnali su reti di comunicazione elettronica […]». [23] Per una disamina approfondita della normativa in materia di comunicazioni elettroniche si rinvia a M. Siragusa; S. Ciullo, Il nuovo quadro regolatorio delle comunicazioni e i rapporti con il diritto della concorrenza, in Mercato, concorrenza e regole, 2002; R. Bell, N. Ray, EU elettronic communications law, Oxford, 2004; G. De Minico, Le direttive CE sulle comuniocazioni elettroniche dal 2002 alla revisione del 2006. Un punto fermo?, in P. Costanzo; G. De Minico; R. Zaccaria (a cura di), I tre codici della società dell’informazione, Torino, 2006; F. Donati, L’ordinamento amministrativo delle comunicazioni, Torino, 2007; R. Mastroianni, L’influenza del diritto comunitario nel settore dell’audiovisivo, in A. Tizzano (a cura di), Il processo d’integrazione europea: un bilancio 50 anni dopo i Trattati di Roma, Torino, 2008. Per un approfondimento in merito alla revisione delle direttive in materia di comunicazioni elettroniche operata dalla direttiva n. 2009/140/CE si rinvia a G. Morbidelli; F. Donati, La nuova disciplina delle comunicazioni elettroniche, Torino, 2009 e F. Bassan, Diritto delle comunicazioni elettroniche, telecomunicazioni e televisione dopo la terza riforma comunitaria del 2009, Milano, 2010. Per una visione d’insieme si rinvia a R. Mastroianni, La direttiva sui servizi di media, Torino, 2011. 14 luglio 2015

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