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Note a margine del privilegio ex art. 2751-bis n. 2 cod. civ. e il diritto dell’autore di opera letteraria

Copyright

di Ferdinando Tozzi Sommario: §1. Il privilegio dei crediti per diritti d’autore. §2. Il contratto di edizione e sua natura giuridica: dare o facere – Applicabilità del privilegio ex art. 2751 bis n° 2 cod. civ.. 1. Il privilegio dei crediti per diritti d’autore. Il privilegio di cui all’art. 2751 biCopyrights cod.civ. è una causa legittima di prelazione prevista dalla legge in considerazione della natura del credito. Esso è generale (se su tutti i beni del debitore) o speciale (se su beni specifici) . Il privilegio è un vero e proprio accessorio del credito che la legge accorda a determinati creditori, come individuati nel testo normativo, in considerazione della natura del credito (dunque con una differenziazione soggettiva ed oggettiva). Esso si fonda sul genus comune di afferire a crediti latu sensu definibili di lavoro, “il riferimento all’attività lavorativa deve intendersi [infatti] in senso lato in termini analoghi a quello in cui è fatto nel libro V del codice civile” . Appare dunque pacifico come sia poi l’interprete a dover applicare la generale previsione del privilegio alle singole fattispecie concrete, tenendo in conto sia le differenze oggettive che soggettive dedotte dalla legge. Ai fini della presente nota rileva in particolare il numero 2 dell’articolo 2751 bis cod. civ. riferito ai “professionisti” e ad “ogni altro prestatore d’opera” . Come noto infatti la normativa sul diritto di autore è preposta proprio alla tutela delle opere frutto dell’ingegno dell’autore (prestatore d’opera), al fine di disciplinare i diritti sui contenuti creativi e culturali per una ottimale ed equilibrata gestione degli stessi . Il diritto dell’autore nasce al momento della creazione dell’opera, che il nostro codice civile identifica in una ”particolare espressione del lavoro intellettuale” ; è dall’atto creativo che, incondizionatamente, il diritto si origina. Non vi è pertanto alcun obbligo di deposito, di registrazione o di pubblicazione dell’opera (a differenza del brevetto industriale e sui modelli e disegni di utilità che vanno registrati con efficacia costitutiva). Il diritto patrimoniale è originariamente dell’autore, il quale può cederlo, a titolo oneroso o gratuito, a terzi e può dunque sfruttare la propria opera in ogni forma e modo. Ciò che il diritto d’autore riconosce al creatore di un’opera sono una serie di facoltà esclusive , indipendenti l’una dall’altra. La legge sul diritto di autore (avendo, come anticipato, ad oggetto le opere dell’ingegno di carattere creativo “qualunque ne sia il modo o la forma di espressione” ) è in particolare volta a garantire il giusto equilibrio tra la diffusione e l’accesso alla cultura (legato al principio di libertà di scambio delle idee, sebbene non necessariamente delle opere in cui esse sono espresse) e l’interesse degli autori ad avere il controllo dell’opera ed in particolare a salvaguardare i diritti e la remunerazione delle attività creative ; valori irrinunciabili soprattutto in un mondo globale di comunicazione interattiva ove è fin troppo semplice cadere nell’inganno di ritenere i beni intellettuali liberamente disponibili solo perché il più delle volte non hanno una loro consistenza materiale. E’ invece doveroso preservare i proventi economici generati dallo sfruttamento economico del bene intellettuale. In tale contesto il privilegio di cui all’art. 2751 bis cod.civ. (in particolare al numero 2) si colloca come uno degli strumenti messi a disposizione dell’autore per tutelare il proprio credito afferente la remunerazione derivante dallo sfruttamento dei diritti economici su di un’opera dell’ingegno, frutto della creatività del singolo individuo . 2. Il contratto di edizione e sua natura giuridica: dare o facere – Applicabilità del privilegio ex art. 2751 bis n° 2 cod. civ.. La giurisprudenza, relativamente alla proprietà intellettuale, ha già avuto modo di statuire che “ai fini del riconoscimento del privilegio del credito ai sensi dell’art. 2751 bis n. 2 codice civile occorre distinguere tra le professioni c.d. protette […] da quelle non protette nelle quali l’autore non assume necessariamente la qualifica di prestatore d’opera intellettuale che presuppone attività di intelligenza e di cultura in misura prevalente rispetto alla energia manuale” . Se in generale non può dunque negarsi che la creazione di un’opera dell’ingegno rientri nella previsione di cui al numero 2 dell’art. 2751 bis cod. civ., dubbi sorgono per il caso del contratto di edizione letteraria, anche in ragione dell’orientamento espresso dalla pronuncia in commento. Sulla natura del contratto di edizione si sono nel tempo contrapposte varie tesi, dall’inquadramento del contratto quale species della compravendita fino al sostenere che all’editore si trasferisce la proprietà su di una “parte dell’idea”; vi è poi chi ritiene essersi in presenza di trasferimento di un diritto personale di godimento e chi ritiene invece aversi una successione costitutiva di un diritto autonomo ed assoluto sull’opera . L’essenza del contratto di edizione è comunque data dallo scambio di opera: intellettuale dell’autore e imprenditoriale dell’editore; si tratta poi di stabilire – ed in questo risiede il cuore del problema – se le rispettive prestazioni configurino un negozio avente ad oggetto un facere basato sull’intuitus personae e cioè sulla infungibilità delle prestazioni ovvero se hanno ad oggetto un dare fungibile. La causa di tale negozio consiste comunque nella creazione di un’opera che poi dovrà essere ceduta (per quanto riguarda l’autore) e nella pubblicazione della medesima (per l’editore). Pare a chi scrive non facilmente confutabile che creare (dunque scrivere) un’opera letteraria sia attività intellettuale di fare, alla quale si affianca, per le prestazioni dell’autore, anche un dare che però è mera conseguenza della primigenia ed essenziale attività creativa in mancanza della quale non potremmo avere alcuna opera da “dare” e non potremmo nemmeno avere un contratto di edizione in quanto tale figura, tipica, di negozio è da collocare nell’alveo della legge sul diritto di autore che presuppone, per la sua applicabilità, la presenza, dal lato soggettivo, dell’autore e dal lato oggettivo di un’opera dell’ingegno. Elemento essenziale del contratto di edizione è cioè la circostanza che l’opera sia meritevole di tutela per il diritto di autore, frutto di originale lavoro intellettuale. L’editore realizza il proprio interesse con il trarre profitto dal lavoro creativo dell’autore mediante l’assunzione – a sue spese – degli oneri di riproduzione e di pubblicazione dell’opera (ovviamente oltre all’onere fondamentale relativo al compenso prestato all’autore della creazione). L’autore dell’opera, invece, sul piano degli obblighi che caratterizzano la sua posizione – consistendo principalmente e proprio nella realizzazione dell’opera – si colloca in una posizione che non pare differenziarsi da quella dei soggetti di cui agli artt. 2222 e 2230 cod. civ.. Sono allora proprio le obbligazioni di fare a caratterizzare il contratto tipico di edizione e differenziarlo dai negozi di mero trasferimento dei diritti di autore: oggetto del contratto è, come appena detto, l’effettuazione della prestazione di un facere consistente nella creazione e scrittura dell’opera e, successivamente, della consegna della medesima che peraltro per alcuni “non rappresenta una obbligazione capace di influire su tale acquisto” in quanto trattasi di contratto consensuale per cui l’acquisto dei diritti sull’opera è immediato (altrimenti sarebbe al più un contratto reale). Esso è cioè un contratto di prestazione d’opera ad esecuzione continuata che comporta la costituzione a favore dell’editore di uno speciale diritto di durata più breve di quella prevista all’art. 25 l.a.. In mancanza di tali caratteri è necessario qualificare di volta in volta quale sia il negozio voluto dalle parti nell’esercizio dei poteri di autonomia contrattuale. Si pensi ad esempio ad un contratto di edizione che, pur ricalcando gli elementi tipizzati dalla normativa, si arricchisce di connotati atipici che potrebbero condurre ad una prevalenza del dare sul fare, oppure si prendano in considerazione quei negozi con i quali l’autore di un’opera letteraria, addossandosi ogni spesa necessaria, dia incarico ad uno stampatore di stampare, pubblicare e vendere l’opera. È di tutta evidenza come nel caso ultimo di specie, si versi in una disciplina diversa da quella del contratto di edizione, con la conseguenza che i diritti di autore sull’opera non si trasferiscono allo stampatore, ma rimangono di spettanza dell’autore e soprattutto, ai fini della presente breve nota, che le prestazioni dell’autore saranno effettivamente solo di dare e nel limitato fine di permettere allo stampatore di svolgere la propria attività. Ove nello schema negoziale manchi il fare si ha, dunque, il più delle volte contratto c.d. di stampa (o librario ove l’autore, già proprietario delle copie a stampa le fa pubblicare attraverso un soggetto che si occupa della distribuzione commerciale). Peraltro un indizio utile a supportare l’assunto che il contratto di edizione, come tipizzato nella l.a., abbia ad oggetto prevalentemente un facere è da rinvenire nell’art. 125 l.a. che espressamente prevede come obbligo (e diritto) dell’autore il “correggere le bozze di stampa secondo le modalità fissate dall’uso” con ciò ponendo in capo all’autore una ulteriore attività di fare – che “presuppone attività di intelligenza e di cultura in misura prevalente” – certo successiva a quella prima ed essenziale di creazione dell’opera. Soccorre nel rafforzare quanto appena dedotto anche il disposto dell’art. 128 l.a. che, in caso di mancata pubblicazione dell’opera, pone in capo all’autore il diritto alla risoluzione del contratto e relativo risarcimento ma giammai alla esecuzione coattiva che non è applicabile proprio perché si colloca nell’alveo di un facere, infungibile, quale è l’attività creativa dell’autore, basato sul c.d. intuitus personae. Alla luce delle considerazioni sin qui enunciate deriva che il diritto derivante dall’utilizzazione economica dell’opera dell’ingegno debba essere assistito dal privilegio generale di cui all’art. 2751bis n° 2 cod. civ. perché ha natura di compenso per la prestazione di un’opera ed è diretto a remunerare l’esplicazione di una attività di tipo intellettuale – peraltro espressione anche della personalità del singolo individuo e dunque costituzionalmente protetta -; il privilegio diviene così strumento atto a garantire l’effettività della tutela dei diritti patrimoniali dell’autore afferenti il risultato della sua prestazione d’opera intellettuale. Pertanto, le conseguenze cui, con estremo rigore scientifico, sono giunti i giudici di appello appaiono del tutto condivisibili laddove si accolga il presupposto logico che il contratto di edizione – con una prevalenza del dare sul facere – non sia un contratto di prestazione d’opera ritenendosi prevalente l’attività di mera consegna del bene sulla attività intellettiva atta a realizzarlo. Laddove però tale contratto è collocato nell’alveo dei contratti di prestazione d’opera (intellettuale) – con una prevalenza del facere sul dare (sia che l’opera sia da creare che già creata) – necessariamente il numero 2 dell’articolo 2751 bis cod. civ. sarà previsione applicabile anche a tutela del credito derivante da cessione di opera dell’ingegno (quale frutto del lavoro intellettuale dell’autore) attraverso il contratto di edizione. In conclusione di tali brevissime considerazioni – senza la presunzione di offrire soluzioni ma di far emergere alcune criticità – può sostenersi come l’interprete si trova innanzi alla classica quaestio facti che potrà risolvere solo con una attenta analisi che, di volta in volta, dovrà essere condotta in particolare sulla volontà delle parti del contratto (secondo il c.d. criterio della prevalenza, come individuato per i rapporti tra contratto di appalto e di vendita ) che permetterà di comprendere se le parti hanno inteso stipulare un, tipizzato, contratto di edizione o utilizzare formule contrattuali atipiche (ove dunque sarà ben possibile la prevalenza del dare sul fare e la conseguente inapplicabilità del privilegio).

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