skip to Main Content

Tutela del marchio rinomato e ricadute sul sistema concorrenziale: brevi considerazioni a margine del caso Intel

Intel

di Paola Solito

IntelLa disciplina del marchio c.d. rinomato, esorbitando dai confini propri del paradigma tradizionale di protezione del segno distintivo, presenta una serie di criticità e compressioni della disciplina concorrenziale. Marchio rinomato, nel silenzio della legge, deve intendersi quello noto ad un’ampia percentuale di consumatori, eventualmente, anche in ambiti limitati territorialmente, la cui appropriazione da parte di terzi risulti suscettibile di determinare un indebito vantaggio per l’usurpatore, ovvero un pregiudizio per il titolare del marchio stesso. Tratto distintivo della disciplina, normativamente prevista dall’art. 4, n. 4, lett. a) della direttiva 89/104/CEE diretta al ravvicinamento delle legislazioni nazionali in materia di marchi di impresa e recepita nel nostro ordinamento dal decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 480 e dagli artt. 12, comma 1, lett. f) e 20, comma 1, lett. c) del codice della proprietà industriale, è quella di esulare dalla relatività della tutela, potendo il titolare del marchio rinomato vietare ai terzi l’utilizzazione di un segno identico o simile al proprio anche per prodotti o servizi non affini. Si tratta di una disciplina volta ad assicurare una tutela a favore dei marchi che godono di notorietà dal: 1. pregiudizio al carattere distintivo del marchio, dato il possibile indebolimento sia del connotato distintivo sia dell’idoneità del segno ad identificare come provenienti dal suo titolare i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato; 2. pregiudizio alla notorietà del marchio, ravvisabile nell’offuscamento dell’immagine del segno distintivo, data l’adozione dello stesso per prodotti eventualmente non in linea con l’immagine connessa al marchio d’impresa; 3. indebito vantaggio dell’usurpatore, consistente sia nei vantaggi derivanti dall’agganciamento parassitario alla buona fama del titolare, sia nei risparmi per l’affermazione del prodotto, data l’adozione di un marchio che è già noto al pubblico. Una vera e propria tutela ampliata che protegge il titolare del marchio rinomato a prescindere dal rischio confusorio o di associazione nei consumatori, coerente con la valorizzazione del potere attrattivo e del valore autonomo, economicamente misurabile e sfruttabile e sempre più rilevante rispetto agli assets dell’impresa, di certi tipi di marchio per i quali una protezione limitata alla sola funzione distintiva risulterebbe del tutto inadeguata ed irrealistica. Finché il cuore della disciplina del marchio d’impresa era rappresentato dalla funzione distintiva e dall’informazione della fonte di provenienza dei servizi e dei beni offerti sul mercato, l’istituto del marchio rispondeva ad una finalità pro-concorrenziale non avvertendosi, pertanto, l’esigenza di limitare le facoltà del titolare entro limiti temporali, non rappresentando il segno distintivo alcuna riserva di sfruttamento del prodotto, ma unicamente una riserva di utilizzazione di uno strumento di distinzione sul mercato. La valorizzazione del potere attrattivo e del valore autonomo del marchio può, invece, condurre a delle ricadute pericolose sul sistema concorrenziale, dovendosi riconoscere allo stesso un vero e proprio effetto fidelizzante sulla clientela e come tale suscettibile di condurre, da solo o con altri fattori, ad una posizione di dominanza dell’impresa titolare del marchio. Di qui la necessità di un’applicazione rigorosa e scrupolosa della disciplina della tutela extra moenia del marchio rinomato attraverso una valutazione globale che consideri tutti i fattori pertinenti del caso di specie. Orientamento, quest’ultimo, confermato dalle stesse autorità comunitarie ed in particolare dalla Corte di Giustizia che in più di un’occasione è intervenuta fornendo indicazioni circa l’esatto significato e l’applicazione della disciplina. La Corte ha ribadito la necessità di una valutazione globale circa la sussistenza di un nesso tra il marchio anteriore notorio ed il marchio posteriore, sussistenza quest’ultima non sufficiente a concludere l’indebito vantaggio o il pregiudizio richiesti dalla normativa, essendo indispensabile un’attenta analisi dei pubblici di riferimento dei prodotti o dei servizi per i quali i marchi sono registrati. Nella recente pronuncia Intel (Corte di Giustizia delle Comunità Europee, Sez. I, 27 novembre 2008, C-252/07, Intel Corporation Inc. v. CPM United Kingdom Ltd.) la Corte ha, inoltre, chiarito la necessità della prova di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie, vale a dire del pregiudizio arrecato al titolare del marchio notorio o dell’indebito vantaggio dell’usurpatore, dovendosi, pertanto, dimostrare una modifica del comportamento economico del consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente avveduto, dei prodotti o servizi per i quali il marchio anteriore notorio è registrato; modifica dovuta all’uso del marchio posteriore. Ai fini di questa prova, è sufficiente l’esistenza di un rischio serio che un simile cambiamento di abitudini del consumatore si produca, non rendendosi necessario che il titolare del marchio posteriore tragga un effettivo vantaggio commerciale dal carattere distintivo del segno notorio. Tale prova del pregiudizio e dell’indebito vantaggio confermano l’orientamento rigoroso circa l’applicazione dell’art. 4, n. 4, lett. a) direttiva 89/104, cercando di ristabilire e recuperare un nesso con la funzione distintiva tradizionale del marchio, annoverando espressamente il pregiudizio al carattere distintivo del marchio tra gli elementi costituivi della fattispecie. Il riferimento costante alla classica funzione distintiva del marchio deve fungere da argine per la deriva registrata dalla tutela extra moenia del marchio rinomato, che risolvendosi in una protezione di un goodwill commerciale espressivo, spesso, soltanto di capacità comunicativa e pubblicitaria peraltro non giustificata da meriti creativi, tecnologici od estetici, rischia di dar vita ad un nuovo tipo di barriera immateriale, per di più senza limiti di durata, capace di ostacolare l’ingresso sul mercato di nuovi operatori.
Back To Top