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Tariffe notarili e disciplina della concorrenza: una soluzione dall’ordinamento giuridico dell’Unione Europea?

di Valeria Capuano

Abstract

The article deals with the professional tariffs issue, in particular the notarial remunerations. It aims to demonstrate that, in this specific case – attested the service of general economic interest ruled by notaries – tariffs liberalization could constitute an improper legislative choice. Particularly, it seems to be at odds with art. 106 TFEU and the relevant EU case –law. The article further examines recent decisions of Italian Supreme Court and National Antitrust Authority to verify the conformity of national legal framework with EU context.  L’articolo affronta il tema delle tariffe professionali, in particolare quelle della categoria notarile. Si intende, infatti, dimostrare come, in questo specifico caso – provata la funzione di servizio di interesse economico generale svolta dai notai – la piena liberalizzazione del sistema tariffario potrebbe rivelarsi una scelta inadeguata alla luce, tra l’altro, dell’art. 106 del TFUE e della rilevante giurisprudenza comunitaria. L’articolo esamina, inoltre, le più recenti posizioni in materia sia della Corte di Cassazione che dell’AGCM al fine di verificare la conformità della normativa interna con i dicta provenienti dall’ordinamento giuridico dell’UE. Sommario

  1. Introduzione.
  2. La funzione del notaio ai sensi della legge organica n. 89 del 1913.
  3. Il notaio e le libere professioni nel mercato unico europeo.
  4. La normativa rilevante: il divieto di intese restrittive.
  5. La deroga concessa dall’art. 106, comma 2, TFUE alle imprese esercenti servizi di interesse economico generale.
  6. L’assetto giuridico nazionale.
  7. Rilievi critici.
  8. Conclusioni.

1. Introduzione. 

Da non pochi lustri il tema delle tariffe professionali stimola un certo interesse sia a livello nazionale che comunitario, considerate queste ultime un possibile vulnus per la realizzazione di un mercato comune effettivamente competitivo [1]. Inoltre, la difficoltà di armonizzare le professioni liberali all’interno dell’Unione Europea, associata alla funzione sociale di alcune di esse, rendono la questione per molti versi ancora irrisolta. In particolare la discussione appare tutt’altro che conclusa relativamente alla categoria professionale dei notai che – dopo anni di indiscusso prestigio e autorevolezza nel novero delle professioni giuridiche regolamentate- appare vittima (ma a tratti anche artefice) di un progressivo indebolimento della funzione da essa esercitata. Il presente studio – muovendo dall’esame del ruolo attualmente rivestito da questi professionisti nel contesto giuridico ed economico contemporaneo – intende verificare se i vincoli derivanti dall’ordinamento giuridico UE costituiscano per questa categoria dei limiti o, piuttosto, dei baluardi capaci di salvaguardarne la funzione essenziale.

2. La funzione del notaio ai sensi della legge organica n. 89 del 1913. 

Strumentale alla presente indagine è un chiarimento preliminare sulla natura dell’ufficio notarile nel e per il sistema giuridico nazionale. La storia di questa professione nell’ordinamento italiano è lunga ed articolata, e non è certo questa la sede adatta a ripercorrerla [2]. Eppure la “camaleonticità” che sembra caratterizzare l’evoluzione del notariato – adattandosi questa figura ai continui stimoli provenienti dalle diverse istanze economico-sociali [3] – può aiutare a comprenderne a contrario quali siano i tratti immutati di questa professione che, evidentemente, ne diventano i connotati salienti [4]. Nella varietà delle funzioni notarili il dato imprescindibile è rappresentato dalla funzione pubblica [5], che si estrinseca nel dovere di legalità e adeguamento della volontà delle parti alla legge, di certificazione ed autenticazione degli atti. Basti ricordare la definizione contenuta all’art. 1 della legge notarile (L. N. ) [6] secondo cui i notai sono «ufficiali pubblici istituiti per ricevere gli atti tra vivi e di ultima volontà, attribuire loro pubblica fede, conservarne il deposito, rilasciarne le copie i certificati e gli estratti». Tale definizione, seppur non esaustiva (lo stesso articolo indica ulteriori funzioni attribuite ai notai) evidenzia il tratto essenziale del notaio – pubblico ufficiale che conferisce pubblica fede agli atti di sua competenza. Ebbene, in ragione della qualifica di “pubblico ufficiale” esercente un servizio di pubblica utilità il legislatore pone limiti, obblighi e sanzioni in capo a tali professionisti. Si pensi, tra i vincoli, all’impossibilità di scegliere liberamente il luogo dove esercitare la propria attività: ciascuna sede notarile è, infatti, stabilita in base alle esigenze generali sulla base di un’apposita Tabella Ministeriale, redatta in applicazione dei criteri indicati all’art. 4 della L. N. [7]. Ancora, ispirato alla necessità di fornire con continuità il servizio pubblico è l’art. 26 della legge notarile che impone l’obbligo di assistenza personale alla sede e stringenti possibilità di assenza dall’ufficio [8]. Conseguenza della funzione pubblica svolta da tale categoria professionale è l’obbligatorietà del ministero, nei limiti imposti dalla legge. Il notaio è, infatti, obbligato a ricevere la volontà delle parti, seppur adeguandola ai limiti imposti dall’ordinamento giuridico. Le fonti normative da cui discendono l’obbligatorietà e la funzione di legalità ed adeguamento sono gli artt. 27 e 28 della L. N. per i quali: «il notaro è obbligato a prestare il suo ministero ogni volta che ne è richiesto» ma « (…) non può ricevere o autenticare atti se essi sono espressamente proibiti dalla legge o manifestamente contrari al buon costume o all’ordine pubblico». Ne discende che, attraverso l’ufficio notarile, l’ordinamento offre ai cittadini una serie di attività extragiudiziali volte – nell’ambito del più complesso apparato del sistema giudiziario – alla prevenzione delle liti e alla garanzia della certezza dei traffici giuridici. In particolare, riguardo al notaio “garante” della certezza dei traffici giuridici si noti che l’intero impianto civilistico italiano è strutturato in modo tale che nei pubblici registri non possa essere reso pubblico qualsiasi atto proveniente da privato, ma solo quegli atti che abbiano superato il vaglio del controllo di legalità affidato, appunto, ai notai [9]. In definitiva, già dall’esame di pochi elementi, è agevole dedurre che il legislatore abbia inteso attribuire a questa categoria una serie di obblighi che certamente li distingue dalla generalità dei liberi professionisti, sebbene rimanga con essi il dato comune che, tra le loro mansioni, vi sia lo svolgimento di una prestazione di servizi di natura intellettuale resa in cambio di un corrispettivo economico.

3. Il notaio e le libere professioni nel mercato unico europeo. 

Quanto finora esaminato nel ristretto ambito delle norme nazionali deve necessariamente confrontarsi ed adeguarsi ai più ampi confini europei, all’interno dei quali gli Stati membri sono costretti ad abbandonare le classiche categorie giuridiche interne per abbracciare nuovi e più complessi scenari gius-normativi come, nella specie, quelli derivanti dalla nozione di “impresa”. A differenza delle disposizioni del nostro codice civile [10], per l’ordinamento UE – in virtù di un’ormai corposa e nota giurisprudenza della Corte di giustizia [11] – costituisce “impresa” ogni soggetto che svolge un’attività economicamente rilevante, comprendendo, tra le altre, chi svolge una prestazione di servizi che si realizza nell’esercizio di una professione liberale [12]. All’evidenza tale definizione attrae la categoria dei notai che sia la giurisprudenza che il legislatore UE includono tra le professioni liberali, negando l’ipotesi che quest’attività, sia pur occasionalmente, partecipi dei pubblici poteri [13]. E’ lo stesso Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), invero, che all’art. 51 prevede per alcuni lavoratori la possibilità di sottrarli all’applicazione delle norme UE, in particolare quelle del mercato. Qualora si tratti di un’occupazione che esprime esigenze proprie ed infungibili dello Stato si ritiene giustificato concedere l’esclusività di queste cariche ai cittadini di quel medesimo Stato. La Corte di giustizia ha, come accennato, espressamente escluso che la funzione notarile goda di tale deroga – avvalendosi di un’interpretazione di certo restrittiva dell’art. 51 TFUE (già art. 45 TCE) [14] – confermando così l’inclusione di tale ufficio tra le tante professioni liberali in cerca di una disciplina di armonizzazione, essendo esso esercitabile da tutti i cittadini UE in qualsiasi Stato membro [15]. Nell’affermare l’illegittimità di tutte le discipline nazionali che impongono il requisito della cittadinanza per l’accesso alla professione notarile, la Corte ha escluso che le diverse mansioni attribuite ai notai dalla legge nazionale potessero in alcun modo attuare l’esercizio di pubblici poteri [16]. Tuttavia, la medesima giurisprudenza ricorda come, nel caso in questione, è pur vero «che gli onorari dei notai sono fissati dalla legge» [17] ma resta la possibilità per il cliente di scegliere il singolo professionista a seconda della qualità del servizio prestato. Implicitamente la Corte conferma in tal modo che la fissazione delle tariffe non esclude che questa attività si svolga in regime di concorrenza. Di conseguenza i notai, seppure non partecipino dei pubblici poteri e siano – in qualità di imprese – soggetti alle norme della concorrenza, nondimeno possono veder regolamentati taluni aspetti della loro professione [18]. Occorre uscire dall’equivoco per cui concorrenza e mercato siano sinonimi di libertà assolute, prive di limiti od eccezioni. Per quel che concerne le norme sul mercato, l’art. 51 TFUE ne è un esempio che, seppur non abbia trovato applicazione nel caso di specie, invita a riflettere sul dato che lo stesso Trattato contempla delle deroghe, quantunque esse vadano poi verificate nelle singole fattispecie. Nel caso della professione notarile va poi osservato come essa – benché lasciata fuori dall’art. 51 TFUE – risulta però inclusa tra le possibili eccezioni che gli Stati possono individuare nell’ambito della direttiva cd. “servizi” [19]. Non a caso il decreto legislativo del 26 marzo 2010, n. 59 [20], con il quale l’Italia ha dato attuazione alla summenzionata direttiva, prevede, all’art. 7, tra i “servizi esclusi” dall’applicazione della disciplina generale i servizi forniti dai notai e, a fortiori, all’art. 12, riconosce la possibilità «nei casi in cui sussistono motivi imperativi di interesse generale» che l’esercizio di una attività di servizio possa, nel rispetto dei principi di proporzionalità e non discriminazione, essere subordinato al rispetto di alcuni requisiti tra cui le tariffe obbligatorie. Aprirsi al mercato comune non significa ignorare gli interessi generali prevalenti, ma, piuttosto, consentire una miglior qualità delle prestazioni per tutti gli attori economici, ciò che può realizzarsi solo nel rispetto delle istanze altresì sociali che il mercato unico oggi pure rappresenta. In quest’ottica va letto anche il rapporto della Commissione sui progressi compiuti dagli Stati membri per l’eliminazione delle restrizioni alla concorrenza nel settore dei servizi professionali [21]. Rispetto alla questione delle tariffe lo studio rileva che ancora parecchi Stati membri, soprattutto nell’ambito della professione legale e notarile, mantengono la pratica di fissare le tariffe, sull’assunto che esse sono necessarie per evitare al consumatore prezzi eccessivi e assicurare altresì il prestigio e l’indipendenza di queste professioni che sarebbero altrimenti sacrificati sull’altare della scarsa qualità delle prestazioni. Sul punto la Commissione, proprio rispetto al notariato latino, riconosce che esso è attualmente caratterizzato da una elevata regolamentazione di molti aspetti della professione e che, in siffatto contesto, la regolamentazione anche delle tariffe può risultare necessaria per proteggere i consumatori [22]. Tuttavia, la Commissione non considera impossibile una rimozione delle stesse ove, però, affiancata da ulteriori interventi di deregolamentazione su altri aspetti della professione (come le barriere all’accesso o taluni monopoli) [23]. In definitiva, nel notariato non appare opportuno risolvere il problema delle tariffe isolandolo, senza tener in conto contemporaneamente delle altre barriere che possono minare lo svolgimento di quest’attività in un contesto effettivamente concorrenziale, ma, al contempo, rispettoso degli interessi generali. Quantunque nelle sue relazioni la Commissione sembri propendere per una progressiva abolizione dei sistemi di tariffazione, una lettura di questi reports più ampia e, soprattutto, coordinata con la giurisprudenza della Corte di giustizia in materia di servizi legali [24], sembra suggerire sul punto un approccio certamente più cauto. Sull’assunto che regolazione e concorrenza non sono due aspetti inconciliabili ma, anzi, in taluni casi complementari al raggiungimento di un mercato competitivo [25], l’abolizione tout court delle tariffe professionali non appare sempre in linea con i precetti comunitari [26].

4. La normativa rilevante: il divieto di intese restrittive. 

Conferma di quanto testé affermato sembrano essere gli orientamenti politici che connotano più di recente l’applicazione delle norme antitrust a livello comunitario. Come noto, il diritto della concorrenza dell’Unione Europea – così come le corrispondenti norme nazionali che ad esso si uniformano [27] – contempla una serie di divieti il cui contenuto sostanziale è rimasto immutato sin dall’origine dei Trattati, in particolare gli artt. da 101 a 108 del TFUE. Modificatesi negli anni sono invece le norme relative all’applicazione e all’approccio da adottare rispetto ai suddetti divieti [28]. Nella specie qui in esame rileva l’art. 101 TFUE che proibisce alle imprese di costituire intese atte a falsare il libero gioco della concorrenza, comprendendo tra queste le decisioni di associazioni di imprese. Nella misura in cui i notai sono imprese è pacifico annoverare le decisioni dei relativi ordini professionali –in particolare quelle aventi ad oggetto limiti tariffari – tra le intese potenzialmente vietate dal disposto dell’art. 101 TFUE e dal corrispondente art. 2, comma 2, della l. 287/90 [29]. Orbene, partendo dal dato pressoché incontestabile che le delibere con le quali i Consigli notarili distrettuali invitano i consociati ad adeguarsi ai tariffari costituiscono intese vietate dal diritto antitrust, è necessario indagare se tale divieto ammetta nella specie deroghe ed, eventualmente, quali. E’ fondamentale chiarire preliminarmente che, soprattutto negli ultimi anni, il diritto della concorrenza UE nella sua applicazione rifugge qualsiasi approccio cd. “per sé” a favore di un’impostazione improntata alla cd. regola della ragionevolezza [30]. In altri termini qualsiasi divieto antitrust deve essere sempre applicato nel rispetto degli ulteriori interessi ed istanze, non solo economiche ma anche sociali, che possono risentire dell’applicazione delle norme in esame. Nel caso del divieto di intese ricordiamo che addirittura è la stessa disposizione che ne prevede l’inapplicabilità qualora sussistono particolari condizioni. Invero le tariffe stabilite dagli ordini professionali, in particolare dai collegi notarili distrettuali, non appaiono giustificabili alla luce delle condizioni prescritte dalla norma secondo cui il divieto non si applica per le intese che “contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico, pur riservando agli utilizzatori una congrua parte dell’utile che ne deriva, ed evitando di a) imporre alle imprese interessate restrizioni che non siano indispensabili per raggiungere tali obiettivi; b) dare a tali imprese la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi” [31]. Eppure il divieto di intese contemplato dall’art. 101 TFUE può conoscere ulteriori limiti laddove esigenze superiori di natura pubblica si impongono [32], ovvero nelle circostanze specifiche previste dal Trattato all’art. 106, comma 2 [33], per le imprese esercenti servizi economici generali. Rispetto alla professione notarile, ci sembra che quest’ultima deroga potrebbe trovare compiuta applicazione o, quantomeno, meriti di essere indagata, assumendo che il divieto di intese tariffarie senz’altro qui si scontra con lo svolgimento di una funzione di interesse generale.

5. La deroga concessa dall’art. 106, comma 2, TFUE alle imprese esercenti servizi di interesse economico generale. 

In generale l’art. 106 TFUE, così come interpretato ed applicato dalla Corte di giustizia [34], ha costituito e, evidentemente, continua a rappresentare un momento fondamentale dello sviluppo dei processi di liberalizzazione avvenuti nel mercato unico. Infatti, sebbene al comma 1 dell’art. 106 TFUE sia previsto che « gli Stati membri non emanano né mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme dei trattati, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 18 e da 101 a 109 inclusi», il comma successivo prevede che «le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale (…) sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata». In virtù di questa disposizione, dunque, gli Stati membri restano liberi di indirizzare le loro politiche economiche e sociali attraverso l’attribuzione di diritti speciali od esclusivi, nondimeno, qualora questo avvenga al fine di perseguire scopi di carattere generale, le medesime imprese possono sottrarsi all’applicazione delle norme UE, specie quelle della concorrenza. Ne discende che qualora si consideri il notaio come un «soggetto erogatore di un servizio universale di natura pubblicistica (…) essendo la funzione notarile preordinata al soddisfacimento di un interesse pubblico (correlato anzitutto alla certezza dei rapporti negoziali e alla legalità dei traffici giuridici)» [35], l’art. 106, comma 2, potrebbe trovare applicazione [36]. Inoltre, secondo la Corte «occorre ricordare poi che non è necessario, ai fini dell’applicazione dell’art. (106) n. 2, del Trattato, che risultino minacciati l’equilibrio finanziario o la redditività economica dell’impresa incaricata della gestione di un servizio di interesse economico generale. È sufficiente che, in mancanza dei diritti controversi, possa risultare compromesso l’adempimento delle specifiche funzioni assegnate all’impresa, quali precisate dagli obblighi e dai vincoli impostile, o che il mantenimento dei diritti di cui trattasi sia necessario per consentire al loro titolare di adempiere le funzioni di interesse economico generale affidategli in condizioni economicamente accettabili» [37]. All’interno di questo quadro normativo un sistema di regolamentazione delle tariffe non risulterebbe necessariamente vietato, anzi potrebbe trovare la sua ratio nella necessità che alcune funzioni obbligatoriamente svolte dai notai siano in tal modo garantite attraverso adeguati schemi di compensazione [38]. Si realizzerebbe così quel sistema di “sovvenzioni incrociate” sovente richiamato al fine del buon funzionamento dei servizi di interesse economico generale [39].

6. L’assetto giuridico nazionale. 

Più complessa diventa la situazione se, invece, è lo Stato medesimo ad imporre alle imprese, cui pure riconosce diritti speciali (evidentemente consapevole del ruolo da esse ricoperto), una disciplina che sostanzialmente può impedire loro di svolgere la particolare missione loro affidata. Questo è quanto sembra stia avvenendo nell’ordinamento italiano a seguito della legge n. 27/2012 [40] (di conversione del decreto legge n. 1/2012, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività), in particolare del relativo art. 9 che abolisce le tariffe per tutti gli ordini professionali, senza alcun distinguo delle prerogative dei singoli professionisti [41]. Invero, tale norma si colloca nel solco di una tendenza riformatrice che muove dal cd. “decreto Bersani”[42] che per primo ha introdotto – nel quadro di un più ampio processo di liberalizzazione – il principio della libera determinazione dei compensi, prevedendo la derogabilità delle tariffe fisse e minime per tutte le attività di servizi [43]. L’applicabilità di questa complessiva riforma ai servizi notarili è stata però contestata [44], affermandosi solo di recente a seguito della sentenza 3715/13 [45] della Suprema Corte di Cassazione. In questa pronuncia si ricorda dapprima il passato orientamento giurisprudenziale secondo cui la compatibilità dell’inderogabilità delle tariffe notarili con i principi dell’ordinamento comunitario era giustificata in forza delle caratteristiche proprie della funzione notarile [46], per poi subito rivisitarlo [47]. Indubbiamente, questo precedente indirizzo andava riformato ove esso non riconosceva nemmeno come “ipotizzabile” che questa professione potesse essere prestata come servizio e in regime di concorrenza da parte di altri liberi professionisti dell’UE. Nella sentenza n. 3715/13 la Corte – accogliendo i motivi di un notaio che contestava le tariffe imposte dal consiglio notarile del suo distretto di appartenenza – ha applicato la normativa nazionale affermando che l’abrogazione delle tariffe obbligatorie si applica a tutte le professioni, senza alcuna eccezione, senza tener conto delle specificità dell’attività notarile [48]. La pronuncia, infatti, rigetta la posizione del giudice d’appello secondo cui rispetto alla professione notarile l’abrogazione del sistema delle tariffe «costituirebbe un vulnus dell’ordine pubblico economico in quanto riguarderebbe prestazioni effettuate nell’esercizio di una funzione pubblica, in relazione alla quale non sarebbe ipotizzabile il regime di libera concorrenza» [49]. A tal fine essa richiama la innanzi esaminata giurisprudenza comunitaria che, viceversa, attesta a chiare lettere la non partecipazione di quest’attività all’esercizio dei pubblici poteri, nonché lo svolgimento di tale funzione in un contesto concorrenziale [50]. In ultimo, la sentenza richiama la legge n. 27 del 2012 spiegandola in termini di naturale evoluzione normativa della strada riformatrice avviata dal decreto Bersani. E’ da segnalare, però, che in aggiunta al ragionamento condotto sulla questione delle tariffe, tale pronuncia ribadisce in capo ai consigli notarili il controllo relativamente alle altre regole deontologiche che devono caratterizzare la condotta dei notai. In questo modo la Suprema Corte riconosce le «peculiari caratteristiche tecniche della professione notarile», ricordando come essi siano giuristi di «alta qualificazione» accedendovi solo all’esito di un severo concorso. La sentenza rammenta altresì i doveri e gli obblighi incombenti su tale categoria, nonché la funzione di pubblico ufficiale da essa svolta al fine, tra l’altro, di garantire la certezza dei traffici giuridici e di deflazionare il contenzioso giudiziario, elementi fondamentali per una sana amministrazione della giustizia. In altri termini, anche la Cassazione identifica quei tratti specifici della professione notarile come sopra descritti [51], seppure il loro riconoscimento diventi funzionale segnatamente alla giustificazione dei poteri disciplinari dei consigli distrettuali. Medesima posizione in merito al divieto di fissazione delle tariffe notarili pare aver adottato l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) che, con una decisione di poco successiva alla summenzionata pronuncia della Cassazione, ha sanzionato il Consiglio Notarile di Lucca (CNL), ai sensi dell’art. 2 della l. 287/90, per aver posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza consistente, per l’appunto, in una delibera del Consiglio in cui venivano approvati specifici tariffari [52]. Vero è che in questo provvedimento l’AGCM richiama largamente la citata sentenza della Cassazione (sebbene nessun richiamo è operato in relazione ai poteri disciplinari dei consigli distrettuali), senza offrire nuovi e diversi spunti per la soluzione della questione qui in esame [53]. Sicuramente più approfondite sono, invece, le recentissime decisioni dell’AGCM nei confronti dei Consigli Notarili – rispettivamente – di Milano (CNM), Bari (CNB) e Verona (CNV), con le quali l’Autorità ha sanzionato i predetti Consigli per aver violato il divieto di intese restrittive [54]. Analogamente ai colleghi lucchesi, anche in queste ipotesi le condotte che hanno dato luogo ai diversi procedimenti consistono in delibere, ac similia, in cui i presidenti dei rispettivi consigli richiamano la questione delle tariffe. I singoli procedimenti, sebbene nel doveroso rispetto delle loro peculiarità [55], sono stati di fatto trattati unitamente dall’Autorità. Questo pare confermato, non solo dalla coincidenza temporale per cui essi sono stati emanati tutte il medesimo giorno, ma altresì dalla presenza di periodi linguistici identici per tutti i provvedimenti. In altri termini, essi vanno letti dall’interprete in maniera congiunta. Per questo, nell’accertamento dell’assoggettabilità dell’attività notarile alla legge antitrust possiamo affermare che l’AGCM nega ogni possibilità di deroga. Infatti, nel provvedimento avverso il CNM sostiene che sia «irrilevante il fatto che i notai agiscano perseguendo un interesse generale giacché (…) tale caratteristica non è unicamente prerogativa della professione notarile, ma è propria di numerose attività svolte nell’ambito delle professioni regolamentate». Tuttavia, tale assimilazione non pare poi valere ai fini dell’applicazione della deroga “Wouters”, per cui si esclude la natura di imprese per gli ordini degli avvocati quando essi adottano regolamenti volti a garantire la funzione sociale da essi svolta. Infatti, secondo l’AGCM, nel caso in questione trattasi unicamente di atti volti ad influenzare le condotte economiche dei notai, senza alcun rilievo per la missione di carattere generale o l’esercizio di prerogative tipiche dei pubblici poteri [56]. Allo stesso modo l’Autorità esclude espressamente anche l’eccezione da noi sostenuta, relativa all’applicazione dell’art. 106, comma 2, TFUE, ovvero dell’art. 8, comma 2, legge 287/90. Sia nel provvedimento avverso il CNB che in quello contro il CNV si nega l’applicabilità di questa deroga sul presupposto che la Cassazione ha inserito questa professione nell’ambito delle professioni intellettuali e che, inoltre – sempre richiamando la Suprema Corte – la circostanza che i notai perseguono obiettivi di interesse generale non è sufficiente a far rientrare la loro attività come una «partecipazione diretta e specifica all’esercizio dei pubblici poteri» tale da sottrarli dalle maglie dell’antitrust [57]. Le motivazioni addotte dall’ACGM sul punto appaiono esigue e, senz’altro, poco confacenti alla ratio della deroga dell’art. 106, comma 2, TFUE. L’applicabilità di questa disposizione non è, infatti, legata all’esercizio dei pubblici poteri o allo svolgimento di mansioni intellettuali. Ancora, non è rilevante il dato che tale attività sia – in linea generale – soggetta alle norme della concorrenza, anzi. Vero è che la deroga a favore delle imprese esercenti cd. servizio pubblico nasce proprio per opporsi alla regola per cui esse sono generalmente soggette alle norme antitrust, ponendosi appunto come eccezione da richiamare in casi peculiari. Per cui il dato che i notai sono imprese soggette alle regole di concorrenza non escluderebbe ma, a contrario, confermerebbe l’applicabilità di tale eccezione. Volendo respingere questa tesi l’AGCM avrebbe, piuttosto, dovuto provare che l’apertura del regime tariffario in nessun modo incide sullo svolgimento delle funzioni pubbliche di interesse generale affidate, per legge, ai notai. Ad ogni modo, allo stato delle decisioni e della giurisprudenza più recente, pare che – prescindendo dai possibili rilievi critici – il panorama giuridico italiano si presenti piuttosto uniforme: nell’applicazione delle regole della concorrenza – avvenga essa in un contesto di private ovvero di public enforcement – le tariffe notarili sono de iure condito considerate illegittime, senza possibilità di deroga.

7. Rilievi critici. 

Alla luce del complessivo scenario normativo e giurisprudenziale sin qui tratteggiato alcune riflessioni si impongono. In particolare conviene interrogarsi, in primis, sulla conformità della normativa italiana ai dettami comunitari ed, in secondo luogo, in caso di esito negativo, sul ruolo che il giudice nazionale e l’AGCM possono eventualmente ricoprire quali interpreti privilegiati delle norme antitrust. Sul primo punto, una lettura comunitariamente orientata del tema delle tariffe conduce a considerare l’art. 9 della legge n. 27 del 2012 come una norma che, seppure sospinta dall’intento di liberalizzazione, non ha tenuto del pari conto delle indicazioni della Corte di giustizia. Si pensi, per citare solo la più recente, alla sentenza Commissione c. Italia [58] con la quale la Corte ha respinto il ricorso della Commissione giudicando la normativa italiana che fissava tariffe massime per gli avvocati non contraria alle norme del mercato. In effetti in questo caso sotto scrutinio erano le tariffe massime stabilite per legge, le norme sulla libera circolazione dei servizi e non della concorrenza e, soprattutto, la categoria sotto indagine era quella degli avvocati, eppure questa sentenza è strumentale ai nostri fini. Essa, infatti, sembra allinearsi e, dunque, confermare la giurisprudenza che, partendo dal caso Arduino, passando per la sentenza Cipolla e l’ordinanza Hospital Holding, con diversi argomenti giunge sempre e comunque a “salvare” le tariffe, sia minime che massime, qualora esse siano funzionali all’assolvimento di ragioni imperative di interesse pubblico [59]. Se questa è la posizione assunta dalla Corte di giustizia rispetto all’avvocatura, a fortiori tali considerazioni appaiono applicabili alla professione notarile, la cui funzione pubblicistica costituisce aspetto tipico e costante [60]. Ma al momento tali indicazioni, come sopra illustrato, non sembrano essere state colte dal legislatore italiano. Vi è, inoltre, da precisare che, seppure non vi sia specifica e diretta giurisprudenza comunitaria sulla questione delle tariffe notarili [61], a differenza della giurisprudenza in materia di professioni legali, nel caso del notariato inquadrare la fattispecie tra le regole di concorrenza anziché dei servizi sembra una scelta pressoché obbligata. Per i notai, infatti, la libertà di servizi può rilevare solo nel momento di accesso alla professione – così come statuito nelle sentenze del maggio 2011 – ma non certo come possibilità di svolgere la professione in un altro Stato membro, vigendo per quest’ordine, in tutti i paesi di notariato latino, il principio di territorialità [62]. Ne consegue che la fissazione delle tariffe può essere sindacata solo sotto il profilo antitrust, non incidendo in alcun modo sulla possibilità di notai abilitati in altri Stati membri di prestare servizio in Italia, essendo tale evenienza esclusa de facto. Rispetto all’attuale assetto legislativo il giudice nazionale non gode certo di un gran margine di manovra e, in questo senso, comprensibile è la posizione assunta dalla Cassazione nella citata sentenza n. 3715/13. Malgrado ciò, ci sembra che tale pronuncia contribuisca a fomentare una serie di fraintendimenti, che sarebbe comunque auspicabile chiarire. In particolare la Corte supera l’argomento del giudice di merito per il quale il notaio svolge funzione pubblica e, pertanto, non è assoggettabile alle norme antitrust, richiamando la nota giurisprudenza della Corte di giustizia nei casi dei notai del maggio 2011, riferimento non perfettamente pertinente e, comunque, insufficiente. Come sopra illustrato, quelle sentenze escludono che la funzione notarile partecipi dei pubblici poteri ai sensi dell’art. 51 TFUE e la assoggettano alle regole antitrust, ma di certo non negano che essa svolga funzione pubblica che, è d’uopo ribadire, è un aspetto diverso dalla “partecipazione ai pubblici poteri”. Sono tante, infatti, le imprese che operano nel mercato in regime di concorrenza e, nondimeno, svolgono funzioni pubblicistiche. Si pensi a tutti i settori in cui sono presenti le cd. “infrastrutture essenziali” (poste, ferrovie, telecomunicazioni, etc. ); è evidente che esse non partecipano dei pubblici poteri, ma è altrettanto chiaro che esse svolgono anche attività di interesse generale [63]. E’ necessario non confondere il profilo collegato alla libera circolazione dei servizi da quello inerente alla concorrenza, trattandosi di due aspetti complementari ed entrambi funzionali al mercato comune pur nelle loro specificità. Se non esiste ampia possibilità di deroga per la libera circolazione dei servizi notarili [64], dei margini di derogabilità paiono sussistere per l’applicazione delle norme antitrust allorché un regime di piena concorrenza impedisca a questa categoria lo svolgimento del servizio di interesse generale di cui sono incaricati, conformemente all’art. 106, comma 2, TFUE. Invero – come innanzi precisato – la stessa Cassazione ammette che, ad esclusione dell’abbassamento delle tariffe, sotto il profilo disciplinare continuino ad essere sanzionabili, ai sensi dell’art. 147, comma 1 lettera c, L. N. , le condotte dei notai che portano ad illecita concorrenza mediante attività non confacenti al decoro e al prestigio della categoria. A tal fine, come innanzi esaminato, la sentenza 3715/13 spiega l’attività notarile in chiave pubblicistica, facendo riferimento espresso alla funzione di interesse generale da essa esercitata. In questo senso, la Corte Suprema sembrerebbe – seppure in modo indiretto – consentire all’interprete una lettura che prospetti delle possibilità di apertura verso la soluzione da noi presentata rispetto all’applicazione della deroga di cui all’art. 106, comma 2, TFUE. Tuttavia, la eventualità di convertire o, meglio, interpretare i poteri disciplinari ancora riconosciuti ai consigli notarili distrettuali come mezzi per garantire lo svolgimento della funzione pubblicistica del ministero notarile è una strada non facilmente percorribile. È vero che l’illecita concorrenza può avvenire e, spesso, si realizza anche con strumenti diversi dalla fissazione delle tariffe (si pensi all’acquisizione di clientela tramite procacciatori). Il legislatore nazionale – come confermato dalla Cassazione – continua, dunque, ad assicurare, tramite il riconoscimento dei poteri disciplinari dei consigli, gli strumenti necessari ad avversare questo tipo di condotte. Tuttavia, ci sembra che tali rimedi rimangano nel campo della tutela privatistica, nel senso che possono aiutare il singolo notaio che si trovi in difficoltà a motivo dei comportamenti scorretti del collega, ma non certo a ricomporre in termini generali l’equilibrio tra lo svolgimento di un’attività di impresa svolta in regime di concorrenza e gli oneri di servizio pubblico da essa sopportati. Con questo non si intende sostenere che l’esistenza di un sistema di tariffazione, e il relativo controllo da parte dei consigli notarili, siano l’unica soluzione al problema qui posto, ma di certo l’esistenza di tariffe, quantunque flessibili, e il relativo controllo da parte dei consigli distrettuali, pare riuscire a svolgere una funzione pure pubblicistica, dotando il sistema ordinamentale di un parametro più solido per il riequilibrio delle istanze sociali del mercato. A conferma di quanto testé affermato, si ricorda che, da un’analisi comparata delle legislazione dei 21 Stati membri dell’UE che adottano il modello di notariato latino, solo l’Italia e l’Olanda hanno sinora abolito totalmente le tariffe [65]. Forse è proprio quest’ultima annotazione che palesa il vero punto debole dell’art. 106 TFUE, laddove i Padri fondatori – pur riconoscendo l’importanza dei servizi di interesse economico generale – hanno rimesso la disciplina di tali fattispecie ai legislatori nazionali, con chiaro nocumento per l’uniformità di disciplina nel mercato comune. In tal modo il sistema comunitario, con l’art. 106 TFUE – oggi coordinato con l’art. 14 TFUE – se da un lato offre ampi ed importanti spunti per la soluzione del problema in esame, d’altra parte concede agli Stati totale autonomia. Da qui la possibilità di aporie non solo tra gli Stati membri e, quindi, nel mercato comune, ma anche all’interno dello stesso Stato, come il caso italiano pare dimostrare. Il legislatore nazionale, ad esempio, pur avendo abolito tout court le tariffe in un provvedimento di portata generale, ad altri fini si trova a far ricorso ad esse [66]. Si guardi, da ultimo, al decreto legge 8 aprile 2013 [67], che all’art. 8 disciplina la “Semplificazione e detassazione della cessione dei crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni”. Segnatamente, secondo tale disposizione, nel caso in cui l’autenticazione delle sottoscrizioni degli atti di cessione dei crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni sia effettuata da un notaio «gli onorari sono comunque ridotti alla metà». Resta beninteso ardua l’applicazione di una norma siffatta in un ordinamento che al contempo non prevede l’applicazione di tariffe per la quantificazione delle prestazioni. Il quadro normativo nazionale si presenta, dunque, contraddittorio e disomogeneo e, nonostante, il giudice nazionale cerchi di stabilire un ordine nelle singole fattispecie, è chiaro che tale compito di carattere generale spetti al legislatore. Rispetto a tali incongruenze normative e alla proposizione di possibili soluzioni, l’AGCM – quale soggetto preposto al controllo pubblicistico delle norme antitrust – pare meglio titolato a sollevare quantomeno qualche interrogativo. In altri contesti, come ad esempio in occasione del parere da presentare al Parlamento per la promulgazione della legge annuale sulla concorrenza [68], sarebbe auspicabile da parte della nostra Autorità qualche riflessione in merito all’applicazione della legge n. 27/2012 alla professione notarile e alla conformità dell’attuale assetto con l’art. 106 TFUE, o meglio al corrispondente art. 8 della l. 287/09. All’evidenza i dati attualmente disponibili sembrano indicare che l’andamento sia rivolto verso tutt’altra direzione [69], e difficili appaiono dei ripensamenti tali da incoraggiare il legislatore verso la soluzione da noi segnalata [70].

8. Conclusioni. 

In conclusione, dallo scenario complessivo sin qui rappresentato, sembra lecito asserire che le indicazioni in materia antitrust provenienti dall’ordinamento comunitario non siano state esattamente recepite dall’ordinamento interno [71], che appare intento a procedere verso un percorso di liberalizzazione sfrenato e, talvolta, irrispettoso delle peculiarità di alcune categorie coinvolte, come il caso della professione notarile pare dimostrare. Di certo è l’ordinamento UE ad aver impresso in tutti gli Stati membri e, quindi, anche nel sistema italiano, la necessità di aprire i mercati alla concorrenza, ma questo dovrebbe avvenire anche a livello interno con la stessa ponderatezza che abbiamo visto connotare i Trattati e la giurisprudenza comunitaria. Leggendo le citate “Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza anno 2013” [72] colpisce il ricorrente richiamo dell’AGCM all’ “economia capitalista” per spiegare la necessità delle riforme connesse all’apertura del mercato. Ebbene questo riferimento, ad avviso di chi scrive, rappresenta un ulteriore dato non perfettamente coerente con i precetti UE. In particolare nel Trattato di Lisbona l’obiettivo della concorrenza non è più spiegato in termini di liberismo incondizionato, bensì, ai sensi dell’art. 3, par. 3, del TUE, è stato contestualizzato all’interno di un’ «economia sociale di mercato fortemente competitiva». In definitiva, per l’UE le ragioni della concorrenza non possono essere realizzate col sacrificio di altri valori pur meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico comunitario. Probabilmente, cogliendo al giusto questa premessa ideologica abbracciata dall’Unione Europea, de iure condendo, talune problematiche interne come quelle sin qui delineate riuscirebbero a trovare una soluzione diversa atta a soddisfare tutte le istanze ivi rappresentate.

Note

[*] Il presente contributo è stato preventivamente sottoposto a referaggio anonimo affidato ad un componente del Comitato di Referee secondo il Regolamento adottato da questa Rivista. [1] Ex multiis, B. Nascimbene, Tariffe professionali e norme sulla concorrenza fra giudice comunitario e giudice nazionale, in Contr. Impres. /Europa, 1997, p. 482; A. Berlinguer, Sulla vexata quaestio delle tariffe professionali forensi, in Mercato concorrenza regole, 1, 2011, p. 65; L. Minervini, La lunga agonia delle tariffe professionali: tra spinte nazionali di liberalizzazione e giurisprudenza della corte di Giustizia, in Foro amm. CDS, 2012, 9, p. 2197. [2] Per questa v. E. Marmocchi, La funzione del notaio per l’Italia unita, in Riv. Notariato, 2012,4, p. 755; G. Laurini, L’Evoluzione della funzione notarile dopo la legge n. 89/1913, in Riv. Notariato, 2013, 2, p. 134; Sinisi, Prima della L. n. 89/1913: il lungo cammino del notariato italiano dall’età napoleonica all’unificazione nazionale, in Riv. Notariato, 2013, 2, p. 129. [3] N. Raiti, Il notaio: da pubblico ufficiale a consulente d’impresa, in Analisi Giuridica dell’Economia, 1, 2005, p. 193. [4] Cfr. S. Romano, La distinzione tra diritto pubblico e privato (e suoi riflessi nella configurazione dell’ufficio notarile), in Riv. Notariato, 1963, p. 3; M. Nigro, Il notaio nel diritto pubblico, in Riv. Notariato, 1979, p. 1160. [5] M. Catricalà, Professione notarile e funzione pubblica, in Foro amm. CDS, 2011,11,p. 3285. [6] L. N. n. 89 del 16 febbraio 1913. [7] « Il numero e la residenza dei notai per ciascun distretto è determinato con decreto del Ministro della giustizia emanato, uditi i Consigli notarili e le Corti d’appello, tenendo conto della popolazione, della quantità degli affari, della estensione del territorio e dei mezzi di comunicazione, e procurando che di regola ad ogni posto notarile corrispondano una popolazione di almeno 7. 000 abitanti ed un reddito annuo, determinato sulla media degli ultimi tre anni, di almeno 50. 000 euro di onorari professionali repertoriali. La tabella che determina il numero e la residenza dei notai dovrà, udite le Corti d’appello e i Consigli notarili, essere rivista ogni tre anni, e potrà essere modificata parzialmente anche entro un termine più breve, quando ne sia dimostrata l’opportunità » (art. 4 L. N. ). [8] Tra gli obblighi imposti ex lege, si pensi, da ultimo, alla costituzione delle S. r. l per le persone fisiche che non abbiano compiuto il 35° anno di età al momento della costituzione (disciplinato dall’art. 2463 bis del Codice civile, introdotto dall’art. 3 del D. L. 24 gennaio 2012 n. 1, convertito con la Legge n. 27/2012) per le quali è previsto, tra l’altro, che l’atto costitutivo e l’iscrizione nel registro delle imprese sono esenti da diritto di bollo e di segreteria e non sono dovuti onorari notarili (mentre deve essere versata l’imposta di registro). [9] Come esempio, si guardi agli Uffici del Territorio di Pubblicità Immobiliare dove il preventivo controllo notarile consente di evitare al cittadino che consulta i pubblici registri incertezze e dubbi circa la provenienza, la paternità e la legittimità di un atto di trasferimento, assicurando un servizio di consultazione rapido e sicuro. [10] E’ noto che il codice civile italiano all’art. 2082 contempla invero la nozione di imprenditore. [11] V. Corte di giust. , Commissione c. Italia (spedizionieri doganali), C-35/96, sent. 18 giugno 1998, Racc. p. 3851; Pavlov, C-180 e 184/98, sent. 12 settembre 2000, Racc. p. I-6451; Wouters, C-309/99, sent. 19 febbraio 2002, Racc. p. I-1577; Arduino, C-35/99, sent. 19 febbraio 2002, Racc. I- 1529. Più di recente v. Corte di giust. , sent. 12 luglio 2012, Compass –Datenbank, C-138/11 e sent. 28 febbraio 2013 , Ordem dos Tècnicios officiai de Contas, C- 1/12. [12] Cfr. C. Townley, The Concept of an ‘Undertaking’: The Boundaries of the Corporation – a discussion of agency, employees and subsidiaries, in Amato, G. , and Ehlermann, C-D. (eds. ), EC Competition Law: a critical assessment, 2007, Hart Publishing, Oxford. [13] Corte di giust. , sentenze 24 maggio 2011, Commissione c. Belgio, C-47/08, Commissione c. Francia, C-50/08, Commissione c. Lussemburgo, C-51/08, Commissione c. Portogallo, C-52/08, Commissione c. Austria, C-53/08, Commissione c. Germania, C-54/08, Commissione c. Grecia, C-61/08. Per un commento a queste sentenze v. F. Ferraro, L’applicazione del diritto dell’Unione alla professione notarile: il diritto di stabilimento dei notai alla luce delle sentenze della Corte di giustizia del 24 maggio 2011, in Aspetti d’interesse notarile nel diritto dell’Unione europea, Studio Immigrazione, 2012; F. Spagnuolo, La nozione europea di pubblici poteri, in Giornale di diritto amministrativo, 2011, p. 1289; V. Michel, Profession notariale, Europe, 2011, p. 353. [14] Si ricorda che ai sensi dell’art. 51 TFUE «Sono escluse dall’applicazione delle disposizioni del presente capo, per quanto riguarda lo Stato membro interessato, le attività che in tale Stato partecipino, sia pure occasionalmente, all’esercizio dei pubblici poteri». [15] Cfr. A. Barone, L’attività notarile nel quadro del riordino della disciplina comunitaria delle professioni: brevi spunti di riflessione fra evoluzione normativa e sviluppi giurisprudenziali, in Riv. Notariato, 4, 2004, p. 851; S. M. Carbone, Il notaio tra regole nazionali ed europee: diritto societario e professioni regolamentate alla prova delle libertà comunitarie, Dir. Un. Eur. , 2003, 04, p. 689. [16] Cfr. da par. 96 a par. 123 Corte di giust. , sentenze 24 maggio 2011, Commissione c. Belgio, cit. [17] Par. 117, cit. supra. [18] V. C. Licini, Riflessioni sulla qualificazione della professione notarile alla luce delle norme comunitarie a tutela della concorrenza, in Notariato, 1, 2010, p. 62. [19] Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, in GUUE L 376 del 27. 12. 2006. Sulla deroga cfr. A. Arena, La nozione di “servizio pubblico” nel diritto dell’integrazione economica, Napoli, 2011, p. 96 ss. [20] In Gazzetta Ufficiale n. 94 del 23 aprile 2010 – Suppl. Ordinario n. 75. [21] V. Commission Staff working document, SEC(2005) 1064 (05. 09. 2005) e Comunicazione della Commissione, I servizi professionali – Proseguire la riforma 5. 9. 2005, COM (2005) 405 final, che a sua volta rinvia alla comunicazione della Commissione, Relazione sulla concorrenza nei servizi professionali, Bruxelles, 9 febbraio 2004, COM (2004)83. [22] Sul punto v. A. Andreangeli, Editorial Comment: Between the Public Interest and the Free Market: Would the Liberalisation of the Legal profession Bring Benefit to the Client – And to the Market?, in European Business Law Review, 2008, p. 1051. [23] Cit. par. 71. [24] V. sentenze Corte giust. 19 febbraio 2002, causa C 35/99, Arduino, Racc. I- 1529; 5 dicembre 2006, cause riunite C 94/04 e C 202/04, Cipolla, Racc. I-11421; ordinanza 5 maggio 2008, causa C 386/07, Hospital Consulting, Racc. I-00067. [25] Per un’ampia disamina in merito v. J. Jordana-D. Levi-Faur The politics of regulation in the age of governance, J. Jordana-D. Levi-Faur (eds), The Politics of Regulation, EE, 2004. Con specifico riguardo al mercato comune v. M. Monti, Concorrenza e regolazione nell’Unione Europea, in G. Tesauro- M. D’Alberti (a cura di), Regolazione e concorrenza, Bologna, 2000, p. 75. [26] V. A. Andreangeli, Editorial Comment: Between the Public Interest and the Free Market: Would the Liberalisation of the Legal Profession Bring Benefits to the Client – And to the Market?, EBLR, 2008, p. 1051. [27] Legge n. 287 del 10 ottobre 1990. [28] Cfr. reg. 1/2003, del 16 dicembre 2002, in GUUE 4 gennaio 2003; Commissione, DG Competition discussio paper on the application of Article 82 of the Treaty to exclusionary abuses, Brussels,2005, disponibile on-line all’indirizzo: http://ec. europa. eu/comm/competition/antitrust/art82/index. html. [29] V. Da ultimo, v. Decisione AGCM del 13 marzo 2013, provvedimento n. 24275, Consiglio notarile di LUCCA e Corte di cassazione, sez. II, n. 3715 del 14 febbraio 2013. [30] Sulla questione amplius ci permettiamo di rinviare a V. Capuano, Abuso di posizione dominante e diritti di proprietà intellettuale nel diritto dell’UE, Napoli, 2012, p. 149 e ss. , e la bibliografia ivi indicata [31] Art. 101, comma 3. [32] Cfr. Sentenza Wouters, cit. Amplius v. C. Townley, Article 81 EC and Public Policy, 2009, Hart Publishing. [33] Ripreso nella legge 287/90 all’art. 8, comma 2, che recita: «Le disposizioni di cui ai precedenti articoli non si applicano alle imprese che, per disposizioni di legge, esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale ovvero operano in regime di monopolio sul mercato, per tutto quanto strettamente connesso all’adempimento degli specifici compiti loro affidati». [34] V. Corte giust. , sentenze 19 maggio 1993, causa C-320/91, Corbeau, Racc. I-2533, e 21 settembre 1999, causa C-67/96, Albany, Racc. I-5751. [35] A. Barone, op. cit. , p. 853. [36] T. Karayigit, The Notion of Services of General Economic Interest Revisited, in European Public law, 2009, 15, p. 575. [37] Corte di giust. 21 settembre 1999, Albany, causa C-67/96, cit. , par. 107. [38] V. la costituzione gratuita delle Srl, supra nota 8. [39] Sul punto v. M. Libertini, Rapporto ZERP, Antitrust e destino del notariato “latino”, in Notariato, 2008,5, p. 485, in particolare p. 487. [40] SO n. 53 alla G. U. 24 marzo 2012 n. 53, cd. “Decreto Cresci Italia”. [41] «Art. 9 (Disposizioni sulle professioni regolamentate). – 1. Sono abrogate le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico. (…)4. Il compenso per le prestazioni professionali e’ pattuito, nelle forme previste dall’ordinamento, al momento del conferimento dell’incarico professionale. Il professionista deve rendere noto al cliente il grado di complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento fino alla conclusione dell’incarico e deve altresì indicare i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell’esercizio dell’attività professionale. In ogni caso la misura del compenso e’ previamente resa nota al cliente con un preventivo di massima, deve essere adeguata all’importanza dell’opera e va pattuita indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi». [42] Decreto legge n. 223/06 convertito in legge n. 248/2006 [43] V. G. Petrelli, Brevi note sull’inderogabilità della tariffa notarile dopo il d. l. n. 223/2006, in Riv. Not, 2006, 6, p. 1611. [44] Cfr. Cass. , Sez. III, 15 aprile 2008, n. 9878, ma v. anche L’indagine conoscitiva nei settori professionali, IC34 conclusa il 15 gennaio 2009 con provvedimento n. 19435. [45] Cit. [46] Cass. , Sez. III, 25 aprile 2008, n. 9878. [47] Par. 2. 3 sentenza n. 3715/13. [48] Par. 2. 4. [49] Par. 2. 4. [50] Corte di giust. , sentenze 24 maggio 2011, cit. [51] V. par. 2. [52] Cit. nota 29. [53] Pur vero è che, alla luce della comunicazione sulle risultanze istruttorie relativa al caso, le scarne e deboli argomentazioni difensive avanzate dal Collegio Notarile di Lucca hanno di certo favorito l’adozione di questo tipo di decisione, avendo avuto gioco facile nella prova dell’intesa. [54] V. Provvedimenti nn. 24377, 24378, 24379, in Bollettino settimanale Anno XXIII – n. 23, 17 giugno 2013, pubblicato sul sito www. agcm. it . [55] A conferma si veda il diverso peso delle sanzioni irrogate. [56] Provvedimento n. 24377 – CNM, in Bollettino AGCM, cit. , p. 17. [57] V. Provvedimento n. 24378 – CNB, cit. , p. 37 e provvedimento n. 24379 – CNV, cit. , p. 56. [58] Corte di Giustizia sentenza del 29 marzo 2011, causa C-565/08. In dottrina v. L. Minervini, cit. , supra; B. Nascimbene, Tariffe degli avvocati e Corte di Giustizia: un conflitto risolto?, in Il corriere giuridico, 8/2011, p. 1014, F. Wally, La Corte di giustizia salva le tariffe massime, in Rassegna dell’avvocatura dello Stato, 2011, 3, p. 64. [59] A. Jones, Regulating the legal profession: Art. 81, the Public Interest and the ECJ’s Judgement in Wouters, in European Business Law Review, 2008, p. 1079. [60] V. Corte di Giustizia sentenza del 21 settembre 2000, causa C-19/99, Modelo Continente. [61] Nel caso Modelo Continente, cit. supra, gli onorari dei notai portoghesi vengono esaminati, ma solo incidentalmente, al fine di interpretare la direttiva 69/335/CEE concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali. [62] V. Studi del Consiglio dei Notariati dell’UE, reperibili all’indirizzo web http://www. notaries-of-europe. eu. [63] In dottrina v. G. Caggiano, La disciplina dei servizi di interesse economico generale. Contributo allo studio del modello sociale europeo, Torino, 2008. [64] Meglio per l’accesso alla professione notarile, v. inoltre supra nota 19. Inoltre, dato il vincolo di territorialità, abbiamo visto, che voler risolvere il problema delle tariffe notarili attraverso l’inquadramento nelle norme sui servizi è, ad ogni modo, improprio. [65] Studi del Consiglio dei Notariati dell’UE, reperibili all’indirizzo web http://www. notaries-of-europe. eu . [66] Si pensi alla tassa per l’archivio notarile che continua ad essere parametrata in percentuale alle tariffe, come confermato dal decreto del 27 novembre 2012, n. 265 – Regolamento recante la determinazione dei parametri per oneri e contribuzioni dovuti alle Casse professionali e agli Archivi a norma dell’articolo 9, comma 2, secondo e terzo periodo, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. (13G00041) (GU n. 51 del 1-3-2013). [67] Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali. GURI 8 aprile 2013, n. 82. [68] La legge 23 luglio 2009, n. 99 «Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia» (pubblicata in GU n. 176 del 31 luglio 2009) ha, infatti, disposto l’introduzione nell’ordinamento italiano dell’ istituto della «legge annuale per il mercato e la concorrenza». Per un approfondimento dei poteri da essa attribuiti e delle relative problematiche v. F. Florà, La nascita della legge annuale per il mercato e la concorrenza, in Mercato concorrenza regole, n. 3, 2009, p. 609. [69] V. AS988 – Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza anno 2013, reperibile all’indirizzo www. agcm. it . [70] In particolare si veda L’indagine conoscitiva nei settori professionali, IC34 conclusa il 15 gennaio 2009 con provvedimento n. 19435; la Relazione annuale 2012 sull’attività svolta nel 2011; LA POLITICA DI CONCORRENZA NELL’ECONOMIA ITALIANA. PROFILI GENERALI E LINEE DI INTERVENTO, tutto reperibile all’indirizzo www. agcm. it. [71] Da ultimo si veda anche la sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani, Tarantino and others v. Italy, del 2 aprile 2013, (reperibile all’indirizzo web http://www. echr. coe. int/) che in materia di accesso a numeroso chiuso ai corsi universitari – anche in forza delle norme dell’UE – smentisce sostanzialmente la posizione dell’AGCM espressa nel documento– Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza anno 2013, cit. [72] V. para 1, supra nota 61. Scarica il contributo [Pdf] Scarica il quaderno Anno III – Numero 3 – Luglio/Settembre 2013 [pdf]

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