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Il riparto di competenza tra Agcm e Agcom in materia di tutela del consumatore a 18 mesi dall’Adunanza Plenaria: lo “stato dell’arte” e i possibili sviluppi

di Valerio Mosca

Abstract

The purpose of this contribution is the assessment of the past developments and possible future evolutions of the jurisdictional aspects concerning the public enforcement of the consumer protection in Italy after the judgments of the Administrative Supreme Court (“Consiglio di Stato”) of 11 May 2012 that have declared the lack of jurisdiction of the Italian Antitrust Authority (Agcm) in the application of unfair commercial practices regulation in the communication sectors. In particular, according to the Administrative Supreme Court, the sole jurisdiction in the consumer protection in the communications sector can be exercised by the Italian Communications Authority (Agcom) due, in essence, to its more specific regulation. The reaction of Agcom and Agcm to these judgments has been very different: while the Agcom has claimed its sole jurisdiction in the consumer protection, the Agcm has continued to carry out the enforcement of the unfair commercial practices regulation also in the communication sector. Following the publication of other judgments of the administrative courts that have reaffirmed the sole jurisdiction of the Agcom, the Agcm has modified its position and has stated to refrain from initiating new proceedings for consumer protection in the communication sector. However, in such a context, the jurisdictional framework of the public enforcement in the consumer protection in Italy requires a further and clearer consolidation; the possible developments, both at the legislative and judicial level, will be examined. A partire dall’11 maggio 2012, una delle principali questioni che si è imposta nell’applicazione delle norme a tutela del consumatore nei settori regolamentati è stata, come noto, quella della competenza: in quella data, infatti, sono state pubblicate le sentenze dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nn. da 11 a 16/2013 con le quali è stata riconosciuta l’incompetenza dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) ad applicare la disciplina sulle pratiche commerciali scorrette (artt. 21 e ss. Codice del Consumo) nei settori in cui la tutela del consumatore è attribuita ad un’autorità regolamentare[1]. Dopo quasi un anno e mezzo da quelle sentenze, la pubblicazione sul Bollettino Agcm del 30 settembre 2013 del provvedimento n. 24467 recante “Adeguamento a giurisprudenza Tar su competenza Agcom” offre lo spunto per svolgere un breve excursus sulla recente evoluzione del public enforcement in materia di tutela del consumatore nel settore delle comunicazioni, analizzando le questioni aperte e i possibili sviluppi futuri[2]. Come detto, l’elemento di “rottura” rispetto al passato è stato rappresentato dalle sentenze dell’Adunanza Plenaria dell’11 maggio 2012. Queste ultime, in accoglimento dei ricorsi presentati da alcuni operatori di telefonia, hanno individuato nel principio di specialità il criterio di riparto della competenza in materia di tutela del consumatore, precisando che, ai sensi dell’art. 19, comma 3, del Codice del Consumo: in presenza di una sovrapposizione tra diverse normative finalizzate a perseguire l’obiettivo di tutelare il consumatore, prevale la disciplina che presenti maggiori elementi di specificità rispetto alla fattispecie concreta[3]. Nel caso delle comunicazioni, la normativa speciale prevalente è stata identificata in quella applicata dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom), caratterizzata da esaustività e completezza[4] anche dal punto di vista dell’apparato sanzionatorio[5]. L’intervento del Consiglio di Stato è stato accolto in maniera diametralmente opposta dalle autorità interessate: mentre l’Agcom pubblicava sul proprio sito internet un estratto delle sentenze sottolineando come esse le avessero riconosciuto un’ampia ed esclusiva competenza in materia di tutela del consumatore[6], l’Agcm ha sostanzialmente continuato a condurre la propria attività di enforcement in materia di pratiche commerciali scorrette anche nei settori regolamentati, compreso quello delle comunicazioni[7]. Il legislatore ha quindi ritenuto opportuno intervenire sulla questione con una norma primaria che, nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto risolvere dubbi e ambiguità interpretative. In realtà, l’art. 23, comma 12-quinquiesdecies, D.L. 95/2012 (conv. Legge 135/2012) si è sostanzialmente limitato a fissare a livello normativo i criteri di riparto già identificati dalle sentenze dell’Adunanza Plenaria, circoscrivendo il perimetro di competenza dell’Agcm “escluso unicamente il caso in cui le pratiche commerciali scorrette siano poste in essere in settori in cui esista una regolazione di derivazione comunitaria, con finalità di tutela del consumatore, affidata ad altra autorità munita di poteri inibitori e sanzionatori e limitatamente agli aspetti regolati”. Successivamente all’Adunanza Plenaria, la questione della competenza in materia di tutela del consumatore è stata affrontata anche dal Tar Lazio che, in coerenza con il dettato delle sentenze dell’11 maggio 2012, ha annullato una serie di provvedimenti sanzionatori dell’Agcm adottati nei confronti di operatori attivi sia nel settore delle comunicazioni[8], sia in altri settori regolamentati[9]. Tale costante indirizzo della sezione prima del Tar Lazio è stato caratterizzato, da un lato, dalla rigorosa e coerente considerazione dei principi sanciti dall’Adunanza Plenaria e, dall’altro, dalla concreta applicazione degli stessi alla singola fattispecie al fine di individuare l’autorità competente. Il Tar Lazio, inoltre, ha più volte sottolineato come il giudizio di incompetenza dell’Agcm fondato sulle statuizione dell’Adunanza Plenaria restasse fermo anche alla luce della modifica legislativa di cui all’art. 23 D.L. 95/2012[10]. Successivi contatti e incontri intercorsi tra Agcm e Agcom non sono stati risolutivi al fine di individuare un possibile punto di incontro condiviso sulle modalità e sui perimetri dei rispettivi interventi in materia di tutela del consumatore. Da questo punto di vista, il protocollo d’intesa firmato dalle due autorità il 22 maggio 2013, se da un lato ha rafforzato i profili di collaborazione tra esse, dall’altro nulla ha previsto sulla questione del riparto di competenza in esame. Ancora fino a luglio 2013 l’Agcm ha continuato a sanzionare società attive nel settore delle comunicazioni per presunte condotte ingannevoli sulle quali anche l’Agcom vantava (ed esercitava in concreto) la propria competenza[11]. In questi procedimenti, a dimostrazione dei persistenti difficili rapporti tra le due autorità, l’Agcom si è sempre rifiutata di rendere all’Agcm il parere obbligatorio previsto dall’art. 27, comma 6, Codice del Consumo poiché “richiamando le statuizioni dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato in merito all’actio finium regundorum tra Agcom e Antitrust, ha ravvisato l’impossibilità di rendere il parere richiesto”. Solo con il provvedimento n. 24467 approvato il 24 luglio 2013 l’Agcm, facendo riferimento ad alcune ulteriori sentenze del Tar Lazio pronunciate solo pochi giorni prima[12], ha modificato la propria posizione e, in particolare, ha deliberato di:

  • non procedere all’avvio di istruttorie in casi che ricadono nella competenza dell’Agcom sulla base dei principi contenuti sentenze del giudice amministrativo;
  • trasmettere all’Agcm gli atti dei fascicoli archiviati o in corso, relativi a pratiche che, sulla base dell’attuale giurisprudenza, ricadono nella competenza dell’Agcom;
  • trasmettere all’Agcom copia delle richieste di intervento, pervenute dal 1° marzo 2013, da ricondurre alla competenza dell’Agcom sulla base della citata giurisprudenza;
  • dare adeguata informazione a segnalanti, imprese ed associazioni dei consumatori di quanto sopra.

Nella medesima delibera, l’Agcm si è comunque riservata di proporre appello avverso le sentenze del Tar Lazio che ne avevano riconosciuto l’incompetenza. Quest’ultima delibera dell’Agcm è da accogliersi positivamente poiché va nella direzione più auspicabile, ossia quella della chiarezza nell’identificazione delle sfere di intervento delle autorità e della leale collaborazione tra esse. Da questo punto di vista – pur senza entrare in questa sede nel merito delle statuizioni dei giudici amministrativi -, non si può fare a meno di riconoscere come la costante giurisprudenza sia chiara nell’affermare la competenza esclusiva dell’Agcom nella tutela del consumatore nel settore delle comunicazioni. Dunque, se da un lato non vi sono dubbi sulla legittimità della stessa Agcm a sostenere in sede giurisdizionale le proprie ragioni contrarie, dall’altro non si può prescindere dall’ottemperanza al dictum dei giudici amministrativi. Va inoltre sottolineato come non sia accettabile nell’ordinamento che, su una medesima condotta posta in essere da un’impresa, per quanto illecita o ingannevole, intervengano due diverse autorità, entrambe ai fini di tutela del consumatore, sottoponendo l’impresa ad un duplice procedimento, con l’evidente rischio di una duplicazione delle sanzioni e conseguente violazione del fondamentale principio del ne bis in idem. Tale paradossale scenario è esattamente quello a cui le sentenze dell’Adunanza Plenaria avevano inteso porre rimedio, individuando un preciso criterio di riparto di competenza che consentisse di evitare “di sottoporre gli operatori a duplici procedimenti per gli stessi fatti”, di determinare una “situazione di possibile disorientamento [del mercato], con potenziali ripercussioni sulla stessa efficienza dei servizi dei riguardi degli utenti/consumatori” e di impedire la “evidente violazione del principio di proporzionalità che si verrebbe a configurare nel caso di cumulo materiale delle sanzioni da parte di entrambe le autorità”. Allo stesso tempo, in caso di contestuale intervento di due amministrazioni su una medesima fattispecie a tutela del consumatore, anche i principi costituzionali di efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione non possono certamente dirsi rispettati. In particolare, la duplicazione degli oneri derivanti da un procedimento sanzionatorio e dalla relativa fase istruttoria (soprattutto in termini delle risorse umane e finanziarie) sono tanto più ingiustificati alla luce della semplice considerazione che l’attività di una delle due autorità è destinata ad una probabile caducazione ad opera del giudice amministrativo, in applicazione dei principi già illustrati. La situazione che si sta venendo a creare a seguito della posizione espressa dall’Agcm nel provvedimento del 24 luglio 2013 (ossia l’esercizio delle funzioni a tutela del consumatore da parte della sola Agcom) potrebbe ulteriormente “stabilizzarsi” nel caso in cui i diversi giudizi di appello pendenti al Consiglio di Stato confermino le sentenze del Tar Lazio pronunciate successivamente al maggio 2012. Tuttavia, anche un tale scenario non eviterebbe del tutto residuali incertezze in merito all’applicazione dei criteri di riparto stabiliti dalla giurisprudenza e dal D.L. 95/2012, dal momento che essi, per quanto di per sé chiari, richiedono pur sempre un’applicazione concreta a fattispecie non sempre omogenee tra loro. A questo proposito, basti ricordare che le statuizioni dell’Adunanza Plenaria, nonché il successivo art. 23 D.L. 95/2012, riguardano non solo il settore delle comunicazioni, ma anche qualsiasi ambito economico nel quale un’autorità settoriale eserciti competenze speciali a tutela del consumatore (credito, assicurazioni, energia e gas, etc.). D’altra parte, la citata delibera Agcm del 24 luglio 2013 riguarda solo il settore delle comunicazioni, persistendo quindi una incertezza sui futuri comportamenti dell’Agcm stessa e delle autorità regolamentari in questi ulteriori settori economici. In tale contesto, restano per il momento sullo sfondo due soggetti che, con il loro intervento, potrebbero risolvere (almeno potenzialmente) ambiguità e dubbi sul riparto di competenze nella tutela del consumatore: il legislatore nazionale e l’Unione Europea. Per quanto riguarda un possibile intervento legislativo, si ritiene che questo debba essere effettuato in maniera differente rispetto a quello – per la verità poco chiaro nelle sue finalità – di cui all’art. 23 D.L. 95/2012, ossia in maniera tale da evitare che spazi interpretativi troppo ampi pregiudichino, di fatto, la risoluzione chiara e non ambigua delle questioni in esame. Senza svolgere in questa sede valutazioni di merito sul contenuto di una possibile norma di legge, ci si limita ad evidenziare che essa potrebbe “ri-attribuire” all’Agcm le competenze in materia di pratiche commerciali scorrette anche nei settori regolamentati (e non sono mancate proposte in questo senso[13]) oppure circoscrivere con precisione i settori economici o le discipline legislative in cui la tutela del consumatore sia attribuita alle autorità regolamentari. Per quanto riguarda il ruolo dell’Unione Europea, risulta che, fino ad oggi, la Commissione Europea si sia limitata a esaminare gli sviluppi conseguenti alle sentenze del’Adunanza Plenaria, in particolare per verificare il rispetto della Direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori (implementata in Italia dagli artt. 21 e ss. Codice del Consumo). A questo scopo è stata formulata anche una richiesta di informazioni all’Italia, ma ciò non ha portato all’apertura di alcun procedimento di infrazione. D’altra parte, la questione del riparto di competenze non è stata neanche sottoposta alla Corte di Giustizia, dal momento che le diverse istanze di rinvio pregiudiziale presentate dall’Agcm nell’ambito dei giudizi al Tar Lazio non sono state accolte. In ogni caso, alla luce di quanto sopra esposto, si ritiene che la questione del riparto di competenza in materia di tutela del consumatore nel settore delle comunicazioni (e negli ulteriori settori regolamentati) non possa prescindere da un ulteriore consolidamento, a livello normativo o giurisprudenziale. In particolare, questo consolidamento dovrebbe essere destinato innanzitutto a tracciare con quanta più chiarezza possibile la linea di ripartizione delle competenze (pur alla luce delle innumerevoli fattispecie astrattamente regolabili), soprattutto al fine di evitare il contestuale intervento di due autorità nei confronti della medesima fattispecie e superare uno scenario nel quale l’unica sede per superare e risolvere le incertezze interpretative è quella contenziosa dinanzi al giudice amministrativo.

Note

[*] Il presente contributo è stato preventivamente sottoposto a referaggio anonimo affidato ad un componente del Comitato di Referee secondo il Regolamento adottato da questa Rivista. [1] Per un approfondimento sul contenuto delle sentenze dell’Adunanza Plenaria dell’11 maggio 2012, si rinvia a R. Caponigro, L’actio finium regundorum tra l’Autorità antitrust e le altre Autorità indipendenti, relazione al Convegno “Le Autorità amministrative indipendenti. Realtà attuali e prospettive future”, Napoli, 22 marzo 2013; R. Garofoli, Pratiche commerciali scorrette e rapporti tra Autorità, in Libro dell’anno del Diritto 2013, Treccani, 2013. Sulla questione si è inoltre svolto il convegno “La competenza in materia di tutela dei consumatori: evoluzione alla luce dei recenti indirizzi del Consiglio di Stato” – CNEL, Roma, 12 luglio 2012. [2] Nel presente contributo non verranno invece esaminate le questioni sostanziali oggetto, in particolare, della recente giurisprudenza che si è sviluppata sulla questione del riparto di competenze in materia di tutela del consumatore. [3] “[…] la voluntas legis appare essere quella di evitare una sovrapposizione di discipline di diversa fonte e portata, a favore della disciplina che più presenti elementi di specificità rispetto alla fattispecie concreta. In altre parole, la disciplina generale va considerata quale livello minimo essenziale di tutela, cui la disciplina speciale offre elementi aggiuntivi e di specificazione”. In termini analoghi, peraltro, lo stesso Consiglio di Stato si era espresso nel parere n. 3999 del 2008, relativo al riparto di competenza nella tutela del consumatore nel settore dei servizi finanziari, giungendo alla conclusione che “non sussiste la competenza dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, mentre sussiste quella della Commissione nazionale per le società e la borsa ad intervenire riguardo alla scorrettezza delle condotte degli operatori del settore finanziario e ad irrogare le inerenti sanzioni”. [4] “[…] non v’è chi non veda come, anzitutto, la disciplina recata da quest’ultimo corpus normativo [i.e. Codice delle comunicazioni elettroniche e provvedimenti attuativi/integrativi adottati da Agcom], presenti proprio quei requisiti di specificità rispetto alla disciplina generale, che ne impone l’applicabilità alle fattispecie in esame. Ma ciò evidentemente non basta: per escludere la possibilità di un residuo campo di intervento di Antitrust occorre anche verificare la esaustività e la completezza della normativa di settore”. [5] “[…] occorre evidenziare che le sanzioni edittali attribuite alla competenza di Antitrust non sono superiori a quelle irrogabili da AGCOM. Inoltre, a quest’ultima Autorità, quale istituzione preposta all’intero settore delle comunicazioni elettroniche, spettano poteri inibitori e conformativi, tra l’altro in fatto già più volte esercitati, che non consentono di ritenere che la tutela apprestata da AGCOM possa ritenersi nel complesso qualitativamente inferiore a quella attribuita ad Antitrust”. [6] Si veda il comunicato pubblicato su www.agcom.it/Default.aspx?message=contenuto&DCId=648 (“la presenza di un’articolata normativa di ordine speciale, con relativi poteri sanzionatori in capo ad AGCom, esclude, in ossequio al principio di specialità, la contemporanea applicazione, da parte di AGCM, della disciplina generale relativa alle pratiche commerciali scorrette di cui al Codice del consumo. In definitiva, la disciplina comunitaria e nazionale sulle comunicazioni elettroniche configura un vero e proprio ordinamento settoriale, con attribuzione in via esclusiva ad AGCom non solo dei poteri di vigilanza e regolazione, ma anche inibitori e sanzionatori”). [7] Cfr. provvedimenti Agcm del 20 marzo 2013 (PS8355 – Tim-Promozione Carta Vacanze) e del 15 maggio 2013 (PS8287 – Postemobile-Piani Tariffari Zero Pensieri). [8] Cfr. sentenze Tar Lazio, sez. I, 18 febbraio 2013, nn. 1742-1752-1754. [9] Cfr. sentenze Tar Lazio, sez. I, 25 luglio 2012, n. 6962 (che ha riconosciuto la competenza del Ministero della Salute con riferimento alla commercializzazione di integratori) e Tar Lazio, sez. I, 17 gennaio 2013, n. 535 (che ha riconosciuto la competenza dell’IVASS nel settore assicurativo). [10] Cfr. sentenza Tar Lazio, sez. I, 18 luglio 2013, n. 7442, relativa ai servizi di telefonia mobile a sovrapprezzo: “A una siffatta conclusione non osta la recente disposizione, di cui all’art. 23, comma 12-quinquiesdecies del D.L. n. 95/12 (convertito dalla legge n. 135/12), secondo la quale, la competenza dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato ad accertare e sanzionare le violazioni delle norme in materia di pratiche commerciali scorrette è esclusa unicamente nel caso in cui “le pratiche commerciali scorrette siano poste in essere in settori in cui esista una regolazione di derivazione comunitaria, con finalità di tutela del consumatore, affidata ad altra autorità munita di poteri inibitori e sanzionatori e limitatamente agli aspetti regolati”. Invero, tutte le tre condizioni elencate nella citata previsione risultano soddisfatte dalla descritta disciplina dei cd. servizi a sovrapprezzo, essendo tale disciplina settoriale di diretta derivazione europea, orientata alla tutela dei consumatori, e affidata nella concreta applicazione all’AgCom, dotata di poteri inibitori e sanzionatori”. [11] Cfr. provvedimenti Agcm del 10 luglio 2013 (PS8055 – Okwit-Tekka/Servizi Premium non richiesti) e del 3 luglio 2013 (PS6783 – Noatel-Servizi Premium non richiesti via Sms, 3 luglio 2013 ). [12] Sentenze Tar Lazio, sez. I, 18 luglio 2013, nn. 7273 e 7275, nonché sentenze Tar Lazio, sez. I, 22 luglio 2013, nn. 7442 e 7464. [13] Si vedano gli emendamenti (non approvati) 4.3 e 4.5 presentati alla Camera dei Deputati in sede di conversione del Decreto Legge 69/2013 (“Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”), i quali proponevano di inserire il seguente comma 14-bis all’art. 27 Codice del Consumo: “nei settori regolati, la competenza ad intervenire nei confronti delle condotte dei professionisti che integrano una pratica commerciale scorretta spetta in via esclusiva all’Autorità, che la esercita in base ai poteri di cui al presente articolo, sentita l’Autorità di regolazione competente”. Scarica il contributo [Pdf] Scarica il quaderno Anno III – Numero 3 – Luglio/Settembre 2013 [pdf]

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