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Class Action. Al vaglio i primi nodi problematici

Class Action

di Valeria Falce Class actionSin dall’introduzione dell’azione di classe ci si è interrogati sugli ambiti e limiti di applicabilità del nuovo istituto, senza che però si sia approdati ad una ipotesi ricostruttiva unitaria.

L’art. 140 bis del Codice del Consumo sembrerebbe chiaro nel consentire a consumatori e utenti di attivare il nuovo rimedio per il ristoro delle pretese derivanti da violazioni contrattuali, danni da prodotto e pregiudizi causati da comportamenti latamente anticoncorrenziali, sempre che lo stesso illecito colpisca diritti individuali e omogenei. Senonchè, se è certo che a promuovere l’azione debba essere un consumatore anche attraverso associazioni di categoria, è controverso chi sia il consumatore ai sensi e per gli effetti dell’art. 140 bis. Inoltre, mentre la norma elenca i diritti tutelabili, si discute se il suo raggio di operatività possa essere ulteriormente esteso. Ancora, se non è dubbio che attraverso la class action il legislatore intende introdurre un nuovo strumento processuale a tutela di una classe omogenea di diritti lesi, ci si domanda se l’art. 140 bis possa essere invocato anche per il ristoro di pregiudizi differenziati. A fronte delle incertezze del quadro normativo e la varietà delle ricostruzioni avanzate, dall’1 gennaio 2010 ad oggi sono state promosse 12 azioni. Di queste, una è stata dichiarata inammissibile e un’altra, superato il filtro dell’ammissibilità, è attualmente in corso (fonte: http://www.osservatorioantitrust.eu). In entrambe le vicende, esaminate rispettivamente dal giudice di Torino e Milano, sono stati affrontati alcuni snodi problematici dell’istituto, in particolare quelli relativi alla legittimazione attiva. Anzitutto, il giudice – dopo aver confermato che a proporre l’azione possa essere ciascun consumatore e utente, in quanto membro della classe e titolare dei diritti che con l’azione di classe s’intendono tutelare – ha precisato che, ai fini della legittimazione ad agire, è consumatore la persona fisica che agisce per scopi estranei alla propria attività professionale. Da questo punto di vista, il giudice non ha spostato gli assi di riferimento del Codice del Consumo, ribadendo che l’azione di classe tutela la parte debole non in sé, ma nella misura in cui in tale situazione versi un consumatore/utente che operi prevalentemente al di fuori della propria sfera professionale. In concreto, ciò significa che preponente dell’azione potrà essere oltre al consumatore-persona fisica anche il professionista che intrattenga un rapporto di consumo al di fuori del “quadro” delle proprie attività professionali. Ove dunque un contratto venga posto in essere per uno scopo non connesso all’esercizio dell’attività professionale, esso potrà essere sindacato, se del caso, anche attraverso l’azione di classe perchè concluso nella qualità di consumatore. Se invece un contratto risulti riconducibile ad un’attività promiscua e come tale in parte riferibile alla qualità di consumatore e in parte riferibile alla qualità di professionista, il suo contenuto sarà contestabile ai sensi dell’art. 140 bis, sempre che ricorrano le condizioni di applicabilità della norma, solo se la sua utilizzazione/destinazione per fini legati all’esercizio della professione risulti occasionale, marginale, anzi residuale. In conclusione, per superare la qualifica professionale e affermare la qualità di consumatore in capo all’attore, si tratterà di verificare la destinazione del contratto o del prodotto alla base della violazione assunta, che non dovrà essere strumento per l’esercizio dell’attività professionale. Ancora, e non secondariamente, il giudice ha colto l’occasione per avvertire che, ai fini dell’ammissibilità dell’azione, il preponente deve vantare un interesse ad agire, e più specificamente che il suo interesse deve coincidere con quello della classe. Proprio perché chi promuove l’azione è anzitutto portatore del medesimo diritto individuale, occorre, insomma, che le pretese siano sostanzialmente assimilabili e ogni persona sia individualmente titolare del diritto che si assume leso. In mancanza, pertanto, di un interesse concreto ed attuale del promotore in ragione della mancanza di una lesione del suo diritto, l’azione risulta inammissibile. Senza che a nulla possa valere la circostanza che altri soggetti titolari di un diritto omogeneo possano essere ritenuti lesi dalla medesima condotta.
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