di Vittorio Occorsio e Alessia Amore [*] Cinque persone tra i 28 e i 49 anni…
HealthKit di Apple: la diffusione delle app mediche passa per l’adeguamento normativo
di Vittorio Occorsio [*] Nello sviluppo delle nuove tecnologie in sanità, si registra uno stridente contrasto tra le possibilità tecniche e operative, e la difficoltà per l’attuale assetto normativo di tutelare e garantire le situazioni in cui il soggetto si possa trovare a causa dell’utilizzo di quelle tecniche. Durante la Worldwide Developers Conference, Apple ha annunciato l’uscita del software HealthKit e della app Health, per il sistema operativo iOS 8. Questi strumenti permetteranno di monitorare ed organizzare le informazioni sullo stato di salute e sull’attività fisica delle persone. La nuova Health app condividerà tutte le informazioni raccolte con una piattaforma cloud chiamata HealthKit, concepita come un deposito globale delle informazioni sanitarie del singolo utente, che potrà ricevere dati anche da altre app sviluppate da altri produttori. Ad esempio la Nike si è dichiarata interessata a far interagire le proprie app focalizzate sul mondo del fitness, con il sistema HealthKit. Lo Stanford University Hospital e la Duke University hanno confermato la propria disponibilità a sperimentare tali tecniche di rilevamento a distanza con i propri pazienti, mediante un periodo di prova per raccogliere e diffondere i dati relativi alle informazioni mediche legate a particolari patologie. La Duke ha in cantiere un progetto per monitorare il peso e la pressione sanguigna nei pazienti con malattie cardiache o anche il cancro, mentre lo Stanford University Hospital permetterà ad Apple di lavorare con i medici per monitorare i livelli di zucchero nel sangue nei bambini diabetici. Mentre HealthKit promette di migliorare il processo di condivisione dei dati tra medici e pazienti, sono molti gli osservatori che hanno notato il potenziale rischio per l’uso improprio dei dati sensibili dei malati e molti temono di avere informazioni private memorizzate in un’unico dispositivo suscettibile a violazioni da parte di hacker. Per garantire la privacy del paziente, riporta l’agenzia Reuters, Apple starebbe prendendo in considerazione la creazione di una “Certificazione HealthKit” per gli sviluppatori di terze parti, con condizioni rigide che stabiliscono come i dati debbano essere memorizzati in modo sicuro su dispositivi e vietando la vendita di tali dati agli inserzionisti. Tuttavia, il lancio del prodotto era atteso per oggi 17 settembre, e all’ultimo momento la Apple ha bloccato l’uscita poiché era presente un “bug” nel sistema, ed ha annunciato lo slittamento della messa a disposizione del nuovo software per la fine del mese di settembre. Alcuni developers hanno attribuito la repentina sottrazione del software dal mercato web a problemi legati al data management. Ecco, sembra che i fatti parlino da sé. In mancanza di un adeguamento del contesto normativo, da realizzarsi anche mediante fonti secondarie, su come trattare i dati sanitari che circolano in rete, difficilmente vi potrà essere una capillare diffusione di questo tipo di strumenti, come è invece auspicabile, poiché permetterebbero ai pazienti e alle strutture sanitarie un più continuo monitoraggio dello stato di salute, a costi molto più contenuti di quelli che dovrebbero sostenersi nel caso in cui vi debba essere un contatto fisico col medico e con la struttura. L’introduzione di queste tecnologie mediante app per smartphone rende poi ancor più facile e gestibile il loro utilizzo da parte di tutti, in qualunque luogo o contesto ci si trovi. Certamente, si pone anche il problema di come garantire la fiducia e l’autenticità della comunicazione tra medico e paziente, in un momento in cui è proprio la perdita del significato di “alleanza terapeutica” che ha portato ad un incremento del contenzioso in campo di responsabilità medica: da una ricerca condotta dallo Jama, Journal of American Medical Association, è emerso che il contenzioso medico-legale aumenta considerevolmente per visite della durata inferiore ai 15 minuti, mentre decresce altrettanto vertiginosamente quando il medico visita il paziente per più di 18 minuti. L’auspicio è dunque quello di integrare, da un lato, le nuove tecnologie rendendo l’impianto normativo e regolamentare idoneo a tutelare i numerosi rischi che ne possano emergere; dall’altro, quello, di natura non solo sociale ma anche gestionale, di non far mancare la presenza fisica del medico nel rapporto con la persona malata. [*] Questo intervento è inserito all’interno della rubrica di Dimt “E-Health: diritto sanitario e nuove tecnologie”