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Regolazione vs Innovazione?

di Gianfrancesco Rizzuti [*] Regolazione vs Innovazione. È il tema di un seminario che si terrà a Milano il 19 e 20 maggio prossimi in materia finanziaria e che ben si presta ad essere analizzato in questa rubrica, perché è lo spunto per riflettere sul ruolo dei regolatori, non solo di settore, della comunicazione e della rappresentanza di interessi privati. La regolazione è infatti il “tempio” della conservazione. Si tratta di una constatazione che interpreta un comune modo di pensare. Prima si muove la realtà, con la sua dinamica pre-giuridica, poi arriva il diritto a regolare. E spesso ingessare. Questo che è un principio generale bene si applica ai mercati. Lo “spirito animale” dell’imprenditore e di chi opera investendo o gestendo denaro prima o poi va ingabbiato in un reticolo ordinamentale che finisce per fotografare l’esistente. Con la conseguenza di frenare ogni genere di innovazione, o di confinare quest’ultima in una terra di nessuno in attesa di qualcuno che viene a piantare paletti e a rivendicare una potestà regolamentare che prima o poi diventa anche di supervisione. Mercati e ordinamenti sembra temano l’horror vacui, hanno bisogno di un custode che vigili sulla capacità di cambiare, di apportare novità. Perché ogni cambiamento cela insidie, costringe a fare i conti con una realtà differente e competitiva, impedisce rendite di posizione che poi sono quelle dello status quo e del monopolio in termini economici. È forse arrivato il momento per superare l’antinomia tra regolazione e innovazione, per gettare un seme nuovo nel terreno della normazione. Per gettarlo anche per chi, come le associazioni di categoria, accettano una sfida innovativa per la rappresentanza degli interessi privati. Chi regola, chi vigila, ma anche chi “rappresenta” interessi economici e finanziari, ha una responsabilità in più. Non fermarsi per la propria comodità a frenare il progresso, ma agevolarlo, spingerlo in avanti, senza il timore che ogni novità sia necessariamente diabolica. Purtroppo la tentazione è forte e la recente crisi finanziaria globale ha dato buone munizioni all’esercito della conservazione. Strumenti finanziari “nuovi”, come i derivati, o ambienti e piattaforme finanziari non regolamentati – come lo shadow banking – sono stati giudicati all’origine di molti dei mali recenti e della stessa tempesta “perfetta” che si è abbattuta sui mercati internazionali negli ultimi anni. Ma come la storia dimostra, e non per abusare della citazione hegeliana per la quale tutto ciò che è reale è razionale, ogni tentativo di reprimere le innovazioni è destinato a fallire. Non solo perché in sistemi aperti la repressione fatica ad inseguire le vicende regolamentate e non, ma anche perché senza innovazione la storia si ferma e finisce con il tornare indietro, e a impoverire la società nel suo complesso. Se regolatori e legislatori vogliono diventare elemento di crescita e sviluppo non devono ingabbiare, ma facilitare l’innovazione che proviene dal mercato e dai suoi operatori. Normandola senza bloccarla, anzi, incentivandola ed indirizzandola verso fini generali. È questa la sfida di un diritto moderno, è questa la sfida per un regolatore efficace e per rappresentanze di interessi che puntano ad essere promotori di cambiamento tra di loro e all’interno delle rispettive constituency, facilitatori ed interlocutori credibili di un nuovo modo di relazionarsi e di comunicare. In un dialogo che diventa strumento di progresso per tutti, istituzioni, imprese, cittadini. Per una rivista come DIMT, che lega la tecnologia al mercato e alla comunicazione, è questione da approfondire. [*] Questo intervento è inserito in “Occhio di riguardo: la comunicazione tra tecnologia, mercato e diritto”, rubrica affidata a Gianfrancesco Rizzuti, docente di Relazioni Pubbliche Economiche e Finanziarie all’Università Europea di Roma, con la collaborazione, tra gli altri, di Marco Ciaffone. 4 maggio 2015

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