Diritto Mercato e Tecnologia Numero speciale 2024 Tutela del corpo e normativa sui trapianti…
L’evoluzione della regolamentazione ex ante nelle comunicazioni elettroniche: il ruolo della Commissione e dei Regolatori nazionali tra diritto della concorrenza e politica industriale
di Gilberto Nava Sommario
- L’evoluzione del quadro regolamentare: dalle direttive di liberalizzazione al nuovo quadro regolamentare. – 1.1. Il nuovo quadro regolamentare comunitario del 2002.
- Strumenti e prassi della regolamentazione. – 2.1. Il diritto di veto della Commissione. – 2.2. I rimedi regolamentari. – 2.3. Le Raccomandazioni. – 2.4. Le lettere di commento ex art. 7 Direttiva Quadro. – 2.5 Il principio di separazione strutturale tra le attività di gestione o di controllo di operatori di comunicazioni e le attività di regolamentazione.
- Il processo di riforma del quadro regolamentare.
- Il terzo pacchetto di direttive. – 4.1. Genesi, poteri ed evoluzione dell’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC) – 4.2. L’applicazione dell’art. 7 della Direttiva Quadro. – 4.3. Il principio dell’indipendenza delle ANR. – 4.4. Nuovi obiettivi generali e principi dell’attività di regolamentazione della Direttiva Better Regulation.
- L’intervento dei giudici nazionali. – 5.1. Il giudice olandese. – 5.2. Il giudice irlandese.
- L’evoluzione della regolamentazione comunitaria. – 6.1. La Raccomandazione. – 6.2. La proposta di Regolamento.
- Conclusioni.
1. L’evoluzione del quadro regolamentare: dalle direttive di liberalizzazione al nuovo quadro regolamentare.
Nel presente contributo esaminiamo l’evoluzione della regolamentazione dei servizi di comunicazione elettronica, con particolare riferimento ai mercato dell’accesso (mercati n. 4 e n. 5 della Raccomandazione 2007/879/CE), ed approfondiamo come siano stati declinati dalla Commissione, dalle Autorità nazionali di regolamentazione (ANR)[1] e dai giudici nazionali alcuni principi che presidiano l’azione regolamentare definiti dal nuovo quadro regolamentare del 2002[2]. Inoltre analizziamo le modifiche introdotte con la riforma del quadro normativo comunitario del 2009 con lo scopo di superare la frammentazione normativa e le discrepanze rilevate tra l’operatività delle diverse ANR nella prospettiva del consolidamento di un mercato interno delle comunicazioni elettroniche[3]. L’esame degli strumenti a disposizione della Commissione, della loro prassi applicativa e la valutazione della loro rilevanza nella prospettiva del vaglio dei giudici nazionali ci consentono anche di comprendere quali siano i vincoli ed i limiti procedurali e sostanziali che AGCom dovrà affrontare per completare efficacemente i propri procedimenti di analisi dei mercati rilevanti e di definizione dei rimedi anche nell’ipotesi in cui Telecom Italia adottasse una scelta definitiva di separazione volontaria della rete di accesso ex art. 50-ter del Codice delle comunicazioni elettroniche (CCE)[4][5]. 1.1. Il nuovo quadro regolamentare comunitario del 2002. Dopo una prima fase del processo di liberalizzazione e regolazione dei mercati nazionali delle telecomunicazioni (collocabile negli anni ’90)[6] con l’adozione delle direttive di liberalizzazione[7] e di armonizzazione[8], che aveva visto strategie e politiche industriali e regolatorie in alcuni casi profondamente diverse tra la Commissione e gli Stati membri[9], con il nuovo quadro regolamentare del 2002 il legislatore comunitario aveva impostato un modello finalizzato ad armonizzare l’evoluzione della regolamentazione nei diversi Stati membri[10] adottando per la qualificazione dell’operatore avente significativo potere di mercato e della concorrenzialità del mercato la consolidata “cassetta degli attrezzi” del diritto della concorrenza, e prevedendo la definizione da parte della Commissione, mediante raccomandazioni[11], di quali fossero i mercati rilevanti ritenuti meritevoli di una regolamentazione ex ante nonché quali fossero i criteri per poter valutare la carenza di una effettiva competitività di un mercato (c.d. triple test)[12]. Perciò alle ANR era dato il compito di effettuare, prioritariamente tra i mercati già qualificati come meritevoli di regolamentazione ex ante, un’analisi di mercato con gli strumenti del diritto della concorrenza, che ne valutasse l’effettiva competitività in una logica prospettica del mercato, individuasse uno o più soggetti che (eventualmente) detenessero un significativo potere di mercato (i.e. una posizione dominante) e applicasse i rimedi analiticamente previsti dagli artt. 46-50 CCE[13] secondo i principi di proporzionalità e ragionevolezza alla luce degli obiettivi dell’art. 13 CCE e in funzione delle circostanze riscontrate nel mercato geografico rilevante. Dopo che l’analisi preliminare svolta dalla Commissione aveva evidenziato la non ragionevolezza e proporzionalità della costituzione di un’autorità di settore a livello comunitario[14] il legislatore aveva strutturato un processo di formazione del provvedimento sulla base di un modello di interazione tra la Commissione e le ANR nazionali che è stato definito un procedimento comunitario composto [15]. Infatti il legislatore aveva dotato la Commissione di diversi strumenti procedimentali, tra i quali nella prassi si era consolidato l’utilizzo in particolare delle Raccomandazioni e delle lettere di commento e, in misura molto minore, dei veti. Ultimo ma spesso risolutivo attore del processo di regolazione era (ed è) il giudice amministrativo nazionale che esamina il procedimento adottato dall’ANR secondo le leggi processuali che l’ordinamento interno di ciascun Stato membro identifica per garantire la tutela dei diritti spettanti ai soggetti in virtù delle norme di diritto comunitario, scrutinandolisulla base dei principi di equivalenza e di effettività[16]. alla luce dei principi legislativi e giurisdizionali nazionali, soppesando ai fini della valutazione di legittimità sovente anche i profili di merito emersi nella dialettica tra le due istituzioni[17].
2. Strumenti e prassi della regolamentazione.
2.1. Il diritto di veto della Commissione. In prima istanza esaminiamo perché il diritto di veto sia stato lo strumento meno utilizzato dalla Commissione: allo scopo di limitare le forze centripete delle ANR nazionali il legislatore comunitario ha innanzitutto definito il “campo da gioco” e “gli strumenti con cui giocare”. Innanzitutto la Direttiva Quadro (Considerando 27 e art. 15, comma 2) ha previsto che la Commissione pubblicasse degli orientamenti per l’analisi del mercato e la valutazione del significativo potere di mercato[18] conformi al diritto della concorrenza[19] e che le ANR li tenessero “in massima considerazione” nella definizione dei mercati rilevanti. Inoltre lo stesso articolo 15, comma 1 della medesima Direttiva prevede l’adozione da parte della Commissione di una raccomandazione avente ad oggetto i mercati rilevanti dei servizi e dei prodotti all’interno del settore delle comunicazioni elettroniche che abbiano le caratteristiche per giustificare, secondo una analisi paneuropea della Commissione svolta secondo i principi del diritto della concorrenza, l’imposizione degli obblighi regolamentari tipizzati dalle Direttive. In particolare i mercati elencati nell’allegato sono stati individuati sulla base dei tre criteri cumulativi sottodescritti. La presenza o meno di un mercato rilevante nella raccomandazione non pregiudica che le ANR nazionali possano individuare ulteriori mercati rilevanti ed imporre delle misure ex ante, così come che i mercati identificati nella raccomandazione possano essere dichiarati competitivi dopo una specifica analisi di mercato, conformemente alla procedura dell’art. 7[20][21]. In sintesi la Raccomandazione prevede che per individuare dei mercati ulteriori rispetto a quelli “pre-esaminati” dalla Raccomandazione che possano essere oggetto di una regolamentazione ex ante, sia opportuno applicare tre criteri cumulativi. Il primo criterio è la presenza di forti ostacoli non transitori all’accesso, che possono essere di carattere strutturale, giuridico o normativo, ma che nel corso dell’analisi emerge che non che possano ragionevolmente essere superati nel corso del periodo di tempo oggetto dell’analisi prospettica. Per questo motivo, il secondo criterio prevede che sia ammissibile l’imposizione di regolamentazione ex ante esclusivamente in quei mercati la cui struttura non tenda a produrre condizioni di concorrenza effettiva nell’arco di tempo considerato. L’applicazione di tale criterio comporta l’esame dello stato concorrenziale al di là della presenza di forti ostacoli all’accesso. Il terzo criterio, infine, prescrive che l’applicazione del diritto della concorrenza non sarebbe di per sé sufficiente a rimediare ai fallimenti di mercato esistenti[220]. Perciò, con riferimento all’ipotesi di dare attuazione all’art. 50-ter CCE, l’Autorità dovrebbe effettuare approfondite analisi e motivare in modo particolarmente qualificato la propria richiesta (comunque soggetta al potere di veto della Commissione, come vedremo al successivo § 4.1) qualora, nel corso dell’analisi sulla separazione volontaria, volesse discostarsi dai mercati dell’accesso individuati dalle Raccomandazioni e peraltro già rilevati nel corso delle analisi dei mercati dell’accesso concluse con le delibere 314/09/CONS, 731/09/CONS e 578/10/CONS e attualmente in corso nel procedimento avviato con la delibera 390/12/CONS e posto in consultazione con delibera 238/13/CONS[23]. 2.2. I rimedi regolamentari. Infine i rimedi applicabili agli operatori SMP sono stati identificati dal legislatore comunitario agli articoli 9-13 della Direttiva Accesso[24] e rappresentano gli strumenti regolamentari con cui prevenire, in una prospettiva ex ante, la concreta manifestazione delle problematiche concorrenziali che potrebbero essere individuate nel corso delle analisi dei mercati. Le caratteristiche strutturali dei mercati delle comunicazioni hanno portato ad identificare con l’utilizzo degli strumenti concettuali del diritto della concorrenza quattro categorie di problemi competitivi: (i) estensione verticale del potere di mercato; (ii) estensione orizzontale del potere di mercato; (iii) posizione dominante in un singolo mercato; (iv) posizione dominante nel servizio di terminazione con 27 problematiche competitive che potrebbero emergere dai comportamenti degli operatori SMP[25]. I rimedi possono essere qualificati come di natura strutturale (obblighi di non discriminazione e di interconnessione ed accesso) oppure di natura strumentale all’efficace attuazione dei precedenti (obblighi di trasparenza, di separazione contabile e di controllo dei prezzi e di contabilità dei costi) e devono essere applicati sulla base del “problema evidenziato” e “proporzionati e giustificati alla luce degli obiettivi dell’art. 7” della Direttiva Quadro[26]. L’insieme degli elementi descritti (orientamenti per l’analisi di mercato, raccomandazioni sui mercati rilevanti meritevoli di regolamentazione ex ante, definizione dei rimedi per gli operatori SMP)[27] hanno identificato “l’ortodossia comunitaria sui mercati oggetto di regolamentazione ex ante”. Ciascuno degli strumenti adottati dalla Commissione (orientamenti, raccomandazioni) non sono, in termini di fonti del diritto comunitario, vincolanti per le ANR; ma la loro espressa previsione nella Direttiva Quadro e il presidio posto dall’art. 7 ‒ che prevedeva il possibile esercizio del potere di veto da parte della Commissione qualora venisse identificato un mercato rilevante diverso da quelli previsti dalla raccomandazione vigente ratione temporis oppure sulla designazione di un operatore come SMP, nonché qualora tale misura influenzasse gli scambi tra Stati membri e costituisse una barriera al mercato unico o fosse considerata incompatibile con il diritto comunitario e gli obiettivi dell’art. 8 della Direttiva Quadro ‒ hanno ottenuto lo scopo di garantire una sostanziale armonizzazione dell’applicazione delle regole a livello dei singoli Stati membri, nonostante l’effettiva applicazione del diritto di veto sia stata molto modesta rispetto al cospicuo numero delle notifiche ricevute[28]. Mentre sui rimedi il potere di veto della Commissione si può applicare soltanto qualora l’ANR adotti un rimedio atipico, diverso da quelli definiti negli artt. 9-13 della Direttiva Accesso[29]. Occorre evidenziare che, nella prassi applicativa, il maggior livello di disarmonia nell’introduzione della regolamentazione ex ante si è riscontrata ovviamente non nei rimedi imposti, ma nelle modalità con le quali le singole ANR hanno concretamente dato attuazione ai rimedi astrattamente definiti dal legislatore comunitario, nonostante fosse stata elaborata dall’European Regulators Group (ERG) già nel 2004, e successivamente integrata nel 2006, una Common Position on regulatory remedies[30]. Infine, nel complesso sistema di armonizzazione dell’applicazione del quadro comunitario, nel 2012 il BEREC, nell’esercizio della sua funzione di sviluppo e diffusione tra le ANR delle migliori prassi regolamentari, quali approcci, metodologie o orientamenti comuni sull’attuazione del quadro normativo comunitario ai sensi dell’art. 2 del Regolamento (CE) 1211/2009 (cfr. § 4.1) ha poi adottato ulteriori common positions relative all’applicazione dei rimedi in singoli mercati wholesale[31]. 2.3. Le Raccomandazioni. Il secondo atto utilizzato dalla Commissione per indirizzare l’attuazione del quadro regolamentare comune è rappresentato dalle Raccomandazioni che sono espressamente previste dall’art. 19, comma 1 della Direttiva Quadro come strumento rivolto agli Stati membri per armonizzare le modalità attuative delle direttive comunitarie. La Direttiva prevede che gli Stati membri provvedano affinché le ANR “tengano nella massima considerazione tali raccomandazioni” nell’assolvere gli obblighi e nel perseguire gli obiettivi della regolamentazione dettati dall’art. 8 della Direttiva. La Commissione ha fatto un ampio uso dello strumento della raccomandazione in particolare quando ha rilevato, nel suo ruolo di cooperazione ed indirizzo previsto dall’art. 7 della Direttiva Quadro, significative incoerenze tra le scelte regolamentari dei diversi Stati membri[32] oppure qualora abbia ritenuto di dover esprimere un orientamento non vincolante dell’istituzione comunitaria in merito alle implicazioni regolamentari delle evoluzioni strategiche o tecnologiche delle reti o dei servizi[33]. È pacifico che le raccomandazioni non abbiano efficacia vincolante, ma non significa che esse siano del tutto sprovviste di effetti giuridici: la giurisprudenza ha posto in evidenza come possano avere effetti giuridici poiché il giudice nazionale deve tenerne conto per procedere all’interpretazione di altri atti vincolanti emanati dalle istituzioni comunitarie e dalle norme nazionali[34]. Le raccomandazioni hanno avuto una duplice funzione nell’ambito dei procedimenti per la definizione dei rimedi regolamentari: (i) hanno rappresentato un importante punto di riferimento per le ANR per motivare l’adozione di misure regolamentari che potevano avere un significativo impatto sugli operatori SMP; (ii) nel contempo, in alcune fattispecie, la loro natura di indirizzo per armonizzare le modalità attuative delle direttive ha rappresentato un elemento di distonia rispetto all’indipendenza riconosciuta alle ANR ‒ anche dalla giurisprudenza comunitaria[35] ‒ nel bilanciare gli obiettivi comunitari dell’art. 8 della Direttiva Quadro nonché rispetto al principio secondo cui gli obblighi imposti “sono basati sulla natura delle questioni oggetto dell’istruttoria, proporzionati e giustificati” (art. 45, comma 4 CCE). Limitandoci ai procedimenti nazionali, la Raccomandazione del 7 maggio 2009 sulla regolamentazione della terminazione su reti fisse e mobili (2009/396/CE) ha trovato alterna “considerazione” dall’AGCom poiché sia nelle delibera 667/08/CONS che nella delibera 621/11/CONS (e nella successiva ottemperanza con la delibera 11/13/CONS) relative alle terminazione sulle reti mobili l’Autorità ha disatteso l’indirizzo della Commissione di superare l’asimmetria tariffaria a beneficio di H3G che, infatti, è stata prolungata ulteriormente fino al 30 giugno 2013, nonostante le numerose lettere di commento negative della Commissione[36]. A questo proposito, il giudice amministrativo ha in un primo momento confermato la posizione assunta dall’AGCom nella delibera 667/08/CONS in merito all’asimmetria tariffaria di H3G (sentenze Tar Lazio n. 1336/2011 e Consiglio di Stato n. 3106/2011), mentre successivamente ha annullato parzialmente la Delibera 621/11/CONS nella parte in cui aveva prolungato ulteriormente l’asimmetria tariffaria di H3G per carenza di motivazione e ingiustificato contrasto con il contenuto della Raccomandazione 2009/36 e della lettera di osservazioni della Commissione Europea del 23 giugno 2011 (sentenze Tar Lazio 8381-10263-10265/2012). Esito diverso hanno avuto le delibere 179/10/CONS e 229/11/CONS che, con riferimento al servizio di terminazione su rete fissa, avevano mantenuto tariffe asimmetriche tra Telecom Italia e gli OLO. Queste delibere erano state annullate dal Tar Lazio che, con sentenza 9739/2011, le ha ritenute in contraddizione con l’obiettivo stabilito a livello comunitario di giungere ad obblighi di prezzo simmetrici per tutti gli operatori e prive della motivazione rafforzata necessaria per superare i rilievi svolti dalla Commissione[37]. Il Consiglio di Stato, con sentenza 2802/2012, ha invece annullato la sentenza del Tar e confermato la correttezza delle scelte regolamentari dell’AGCom, in quanto l’asimmetria di prezzo tra Telecom Italia e gli OLO sarebbe giustificata dalle diverse caratteristiche delle rispettive infrastrutture, secondo la corretta motivazione fornita dall’AGCom (anche in relazione allo scostamento rispetto alla Raccomandazione della Commissione)[38]. Ai fini dell’analisi sui mercati dell’accesso assumono rilevanza sia la Raccomandazione del 20 settembre 2010 relativa all’accesso regolamentato alle reti di accesso di nuova generazione (NGA), che la Raccomandazione della Commissione dell’11 settembre 2013, relativa all’applicazione coerente degli obblighi di non discriminazione e delle metodologie di determinazione dei costi per promuovere la concorrenza e migliorare il contesto degli investimenti in banda larga. La Raccomandazione della Commissione del 20 settembre 2010 relativa all’accesso regolamentato alle reti di accesso di nuova generazione (NGA) 2010/572/UE ha, in sintesi, lo scopo di favorire l’installazione di reti di accesso di nuova generazione basate sulla fibra ottica quale elemento di crescita economica e per il conseguimento degli obiettivi in termini di investimenti, creazione di posti di lavoro e ripresa dell’economia nell’UE che il mercato unico delle comunicazioni elettroniche può apportare per il perseguimento degli obiettivi della strategia “Europa 2020”. La Raccomandazione NGA vuole favorire lo sviluppo delle reti NGA attraverso un rafforzamento della certezza della regolamentazione applicabile, anche prospetticamente, e contemperando le esigenze di promuovere gli investimenti in infrastrutture a banda larga e la concorrenza, in particolare nella fase di transizione tra le reti di accesso in rame verso le reti di accesso di nuova generazione. In particolare indica l’ambito di applicazione alle misure regolamentari dei mercati 4 e 5 della Raccomandazione 2007/879/CE la cui applicazione dovrebbe essere caratterizzata da coerenza reciproca, in modo costante per periodi di revisione adeguati e avendo cura di indicare preventivamente quali possano essere le successive modifiche delle misure regolamentari in conseguenza di probabili cambiamenti di mercato. La Raccomandazione inoltre indirizza la disciplina applicabile alle infrastrutture di ingegneria civile (e.g. condotti, pozzetti, palificazioni) sia in termini di accesso che di orientamento al costo e le modalità di definizione di mercati geografici subnazionali o di misure correttive differenziate in mercati geografici influenzati dall’installazione di reti NGA. Inoltre la Commissione identifica quali possano essere le modalità di accesso sia alle risorse di rete che alle risorse ingegneristiche da parte dei concorrenti in termini di costi (inclusi i rischi supplementari dell’investimento) e prestazioni offerte qualora l’operatore SMP installi una rete FTTH o FTTN[39], tenendo anche conto di modalità di coinvestimento e di contrattualizzazione di accordi di lungo periodo nella definizione dei test di prezzo e delle dinamiche concorrenziali. La Raccomandazione, infine, identifica quali debba essere l’evoluzione delle misure regolamentari e dei prodotti all’ingrosso offerti nel mercato 5 (accesso a banda larga all’ingrosso) in presenza dell’installazione delle reti NGA e dell’avvio dei relativi servizi al dettaglio che consentano l’esercizio di una concorrenza effettiva nonché indirizza gli obblighi dell’operatore SMP in caso di migrazione dalla rete in rame alla rete NGA. L’analisi della Raccomandazione in esame nella prospettiva della dialettica tra Commissione e ANR si caratterizza, sia nel linguaggio adottato che nei contenuti, in modo coerente con il consolidato orientamento della Corte di Giustizia e del Consiglio di Stato[40] che attribuiscono a tale strumento una natura non vincolante e finalizzata a prospettare la modalità attuativa che appare preferibile adottare in una prospettiva eurocentrica per assicurare l’attuazione del quadro normativo comunitario. Senza valutare in questa sede la fondatezza delle analisi e l’efficacia delle soluzioni regolamentari proposte dalla Commissione per lo sviluppo delle reti di accesso di nuova generazione, emergono alcune prime considerazioni: (i) la Raccomandazione NGA ha tratteggiato alcune proposte di applicazione dei principi regolamentari che contemperassero gli obiettivi dell’art. 8 Direttiva Quadro ed in particolare di incentivazione degli investimenti e di tutela della concorrenza differenziate sulla base del diverso livello di installazione delle reti in fibra ottica nella rete di accesso da parte dell’operatore SMP. Tra le diverse opzioni che, in modo flessibile, sono state identificate dalla Commissione e dalle ANR[41], gli operatori dei singoli mercati rilevanti nazionali hanno potuto cominciare ad attuare la propria strategia di investimento sulle reti di accesso di nuova generazione sulla base delle condizioni della domanda e dell’offerta (al dettaglio ed all’ingrosso), delle caratteristiche della rete di accesso dell’operatore SMP e della propria capacità di investire. Nel mercato italiano, in considerazione dei costi e delle difficoltà operative probabilmente insostenibili per una rete FTTH si è cominciata a implementare uno sviluppo delle reti NGA che configura una concorrenza a livello delle sottoreti di accesso, secondo quanto prospettato dalla Raccomandazione NGA considerando 29-32[42]. (ii) L’adozione a distanza di meno di tre anni dalla Raccomandazione NGA di una nuova Raccomandazione che, come vedremo di seguito, specifichi ed ampli i casi in cui può non essere necessario applicare il principio dell’orientamento ai costi per l’accesso all’ingrosso a reti NGA a banda larga confligge sostanzialmente con il principio di prevedibilità regolamentare che stabilisce un approccio regolatore coerente nel periodo minimo di revisione delle misure regolamentari adottate che corrisponde a tre anni, ai sensi dell’art. 16, comma 6 Direttiva Quadro, come riformato dalla Direttiva Better Regulation, poiché la Commissione modifica ed amplia con la nuova Raccomandazione i propri criteri applicativi dei principi e degli obiettivi regolamentari in un termine inferiore alla metà del periodo che ritiene necessario per “promuovere la prevedibilità regolamentare” (sei anni ai sensi del § 46 della Raccomandazione dell’11 settembre 2013). Infine la Raccomandazione della Commissione dell’11 settembre 2013 relativa all’applicazione coerente degli obblighi di non discriminazione e delle metodologie di determinazione dei costi per promuovere la concorrenza e migliorare il contesto per gli investimenti in banda larga ha, in sintesi, e come vedremo più approfonditamente nel successivo § 6.1, la finalità di promuovere investimenti efficienti e innovazione in infrastrutture di nuova costruzione, contemperando la necessità di mantenere una concorrenza effettiva, che costituisce un importante incentivo per gli investimenti a lungo termine. La Commissione nel redigere la Raccomandazione si è perciò posta i seguenti obiettivi: i) assicurare parità di condizioni attraverso l’applicazione di principi di non discriminazione più rigidi sotto il profilo tecnico ed economico; ii) dare indicazioni stringenti alle ANR affinché determinino prezzi regolamentati stabili e prevedibili per l’accesso all’ingrosso alle reti in rame degli operatori SMP; iii) incrementare la certezza negli investitori in merito ai presupposti che de terminano la non imposizione di prezzi di accesso all’ingrosso regolamentati per i servizi NGA, stimolando gli investimenti necessari alla realizzazione delle reti NGA nel breve e medio periodo. In sintesi la Raccomandazione perciò prevede: (i) l’identificazione del principio di equivalence of inputs (EoI) come strumento più efficace per garantire l’applicazione del principio di non discriminazione[43][44]; (ii) la definizione delle caratteristiche e degli effetti della replicabilità tecnica delle nuove offerte al dettaglio dell’operatore SMP; (iii) l’identificazione e l’imposizione dei Key Performance Indicators nella fornitura di servizi all’ingrosso regolamentati, di accordi sul livello di servizio accompagnati da garanzie sul livello di servizio dei prodotti dell’accesso forniti dagli operatori SMP; (iv) l’individuazione di un rimedio di accesso all’ingrosso orientato ai costi che sia raccomandato, basato sulla metodologia dei costi di tipo Bottom Up-Long Run Incremental Cost con maggiorazione per il recupero dei costi comuni (BU-LRIC plus) che garantisca prezzi di accesso all’ingrosso stabili ed efficienti che incentivino gli investimenti ed una Regulatory Access Base (RAB) valorizzata a costi correnti per le infrastrutture civili esistenti che siano riutilizzabili; (v) l’applicazione della metodologia dei costi raccomandata, con un periodo di transizione fino al 31 dicembre 2016, fissando una fascia di prezzi entro cui collocare i prezzi medi mensili dell’accesso disaggregato alla rete locale in rame che garantisca la stabilità e la prevedibilità dei prezzi della rete di accesso tradizionale dell’SMP; (vi) l’applicazione di un modello di regolazione per le reti NGA dell’operatore SMP che garantisca gli obblighi di non discriminazione sugli elementi attivi e passivi delle reti NGA mediante l’EoI, gli obblighi di replicabilità tecnica e di replicabilità economica (vii) il monitoraggio degli investimenti destinati alla banda larga NGA a fronte di una non imposizione di prezzi di accesso regolamentati che quindi possano valorizzare la condivisione da parte dei soggetti richiedenti l’accesso di una parte dei costi dell’investimento mediante accordi di durata differenziata e garanzie sui volumi. Senza entrare – in questa sede – nel merito della valutazione degli impatti strategici degli indirizzi regolamentari espressi dalla Commissione, non si può non evidenziare che le scelte di AGCom di tenere o meno nella “massima considerazione” le citate raccomandazioni nel corso del primo procedimento in Europa per valutare gli impatti sulla regolamentazione della rete d’accesso della separazione volontaria di un operatore integrato saranno attentamente scrutinate dalla Commissione nella lettera di commento e successivamente dal giudice amministrativo e necessiteranno delle motivazioni “massimamente rafforzate” per evidenziare, anche istituzionalmente, il corretto esercizio della propria indipendenza nel bilanciare i diversi obiettivi regolamentari dell’art. 8 della Direttiva Quadro, sia che aderiscano alle raccomandazioni comunitarie sia che vi si discostino. 2.4. Le lettere di commento ex art. 7 Direttiva Quadro. L’ultimo strumento utilizzato dalla Commissione per indirizzare una applicazione omogenea del quadro regolamentare comunitario è rappresentato dalle lettere di commento ex art. 7 della Direttiva Quadro. Le lettere di commento possono essere inviate dalla Commissione entro un mese dalla notifica della bozza di provvedimento da parte dell’ANR e, teoricamente, dovrebbero rappresentare una eccezione in quanto, secondo il dettato della norma, la Commissione dovrebbe collaborare con le ANR per il rispetto dei principi del diritto della concorrenza ed in particolare l’attuazione degli obiettivi dell’art. 8 della Direttiva Quadro “nella misura in cui concernono il funzionamento del mercato interno”[45], a maggior ragione quando l’Autorità dello Stato membro ha rispettato “l’ortodossia dei mercati rilevanti e degli operatori SMP” e si limita ad applicare i rimedi standardizzati dalla Direttiva Accesso. Inoltre, sotto un profilo giuridico, le lettere devono essere tenute nelle “massima considerazione” dalle ANR, ma pacificamente non hanno natura vincolante per le ANR sia ai sensi della giurisprudenza comunitaria[46] che della costante giurisprudenza nazionale che si è limitata a prevedere per AGCom un “obbligo rafforzato di motivazione” qualora decida di discostarsi dall’opinione espressa nella lettera di commenti[47]. Al contrario l’intervento della Commissione mediante la lettera di commento risulta molto frequente e spesso invasivo dei poteri discrezionali riconosciuti alle ANR di applicare i rimedi in modo coerente e proporzionato alle esigenze competitive rilevate localmente, tanto da configurare un giudizio che riesamina nel merito le scelte tecniche adottate alla luce delle condizioni competitive del mercato nazionale. La Commissione non si limita a valutare approfonditamente le analisi e le proposte di rimedi con le relative motivazioni, ma confronta e ribadisce le proprie posizioni rispetto a quanto già affermato nello stesso mercato nazionale in occasione di precedenti notifiche (quindi in un diverso contesto temporale e quindi concorrenziale) oppure presso altri mercati europei. Anche in questa fattispecie possiamo dare una molteplice lettura all’azione della Commissione mediante le lettere ex art. 7: (i) in alcune fattispecie la riproposizione di alcuni commenti nel corso delle successive analisi oppure richiamando delle analoghe posizioni espresse rispetto alle analisi sul medesimo mercato da ANR di altri Stati membri rappresenta la manifestazione della linea strategica della Commissione rispetto a diversi approcci applicativi adottati a livello nazionale, replicando alle differenti motivazioni via via prospettate dalle ANR[48]; (ii) in altri casi le lettere di commenti hanno rappresentato la manifestazione di un indirizzo strategico che successivamente si è formalizzato nell’ambito del dettato di una raccomandazione o di una direttiva[49]; (iii) in altre richiamano le singole ANR ad una coerenza della strategia regolamentare ed agli impegni procedimentali proposti nelle precedenti comunicazioni della medesima ANR sottolineando la necessità di una prevedibilità e logicità dell’azione regolamentare che potrà essere sottoposta al vaglio dai giudici[50]. L’esito concreto dell’intervento della Commissione tramite le lettere di commenti come garante non solo dell’armonizzazione dei metodi di analisi dei mercati e delle notifiche (rispetto alle quali ha il potere di esercitare il veto), ma anche dell’ortodossia con la quale le singole ANR avrebbero dovuto disporre dei rimedi regolamentari previsti per “mimare un mercato concorrenziale” e sopperire alle carenze competitive non transitorie riscontrate nel mercato nazionale, ha comportato che le ANR tenessero effettivamente nella massima considerazione i commenti della Commissione e trovassero delle modalità adeguate al contesto nazionale per recepire gli indirizzi comunitari. Occorre però notare come questa azione conformatrice delle lettere di commenti ha avuto più effetti sulle modalità di natura operativa (ad esempio la metodologia contabile da utilizzare per determinare le tariffe dei servizi wholesale) piuttosto che sui rimedi che avessero impatti strategici, quali ad esempio la regolamentazione delle reti di nuova generazione, i criteri contabili per la remunerazione delle reti di accesso o i presupposti per il riconoscimento di asimmetrie nelle terminazioni delle reti fisse e mobili[51][52]. Da questa constatazione è sorta, dapprima, la necessità di adottare delle specifiche Raccomandazioni [53] che esplicitassero le problematiche e le relative soluzioni regolamentari emerse nel corso dell’esame sinottico e transnazionale delle proposte nazionali di provvedimenti di imposizione/modifica/revoca di rimedi regolamentari, e di rendere più efficace l’obiettivo di creare il mercato unico delle comunicazioni integrando il nuovo quadro regolamentare con le direttive 136/2009/CE e 140/2009/CE e, da ultimo, con la proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio “laying down measures concerning the European single market for electronic communications and to achieve a Connected Continent, and amending Directives 2002/20/EC, 2002/21/EC and 2002/22/EC and Regulations (EC) n. 1211/2009 and (EU) n. 531/2012”, presentata dalla Commissione l’11 settembre 2013 al Parlamento, al Consiglio, al Comitato europeo economico e sociale ed al Comitato delle Regioni (denominata Telecommunications Single Market). 2.5 Il principio di separazione strutturale tra le attività di gestione o di controllo di operatori di comunicazioni e le attività di regolamentazione. Infine il legislatore comunitario si era focalizzato sulla necessità che gli Stati membri che esercitavano contemporaneamente il ruolo di Stato “padrone” e di Stato “regolatore”, ossia possedevano quote azionarie significative di un operatore nazionale (quasi sempre l’ex monopolista) garantissero una effettiva separazione strutturale (giuridica e funzionale) tra le attività di gestione o di controllo delle imprese di comunicazioni elettroniche e le attività di regolamentazione. In questo modo, grazie alla separazione delle funzioni ed all’obbligo di garantire l’esercizio dei poteri da parte di una Autorità competente e quindi dotata di risorse umane e finanziarie adeguate, si voleva garantire l’indipendenza delle ANR “in modo da assicurare l’indipendenza delle loro decisioni”[54][55]. La separazione formale non impedisce, come ovvio, che vi possa essere un indirizzo politico unitario nei confronti sia degli operatori a capitale pubblico che del regolatore che sia indirizzato a perseguire gli obiettivi di politica industrale o finanziaria del governo in carica[56]. 3. Il processo di riforma del quadro regolamentare. Ma parafrasando una suggestiva definizione dell’architettura regolamentare disegnata dal legislatore comunitario nel 2002[57], non tutti gli Stati membri e non tutte le ANR hanno “suonato armonicamente la medesima melodia” coerente con il disegno del mercato unico delle comunicazioni, nonostante le modalità di coordinamento orizzontale tra le ANR e verticale con la Commissione prevista dall’art. 7 della Direttiva Quadro[58]. Innanzitutto i diversi modelli nazionali di privatizzazione hanno condotto ad interventi amministrativi o legislativi fortemente sbilanciati a favore dei “campioni nazionali”[59] oppure a meccanismi selettivi per l’attribuzione delle risorse scarse (e.g. frequenze) molto diffferenziati[60], nonché l’applicazione da parte delle ANR di diverse metodologie, anche contabili, in relazione alla definizione degli obblighi regolamentari[61], ed infine ad esempi di “cattura del regolatore” che hanno implicato l’intervento ex post delle Autorità di concorrenza comunitarie e nazionali[62], hanno provocato rilevanti discrepanze tra le condizioni competitive dei diversi mercati nazionali, con un evidente impatto sui consumatori. I report annuali relativi allo stato dell’implementazione delle Direttive redatti dalla Commissione[63] sono stati una efficace “cartina di tornasole” di come le peculiarità nazionali (di mercato, infrastrutturali e istituzionali) abbiano condotto a condizioni di concorrenza molto differenziate nei diversi Stati membri, allontanando non solo la percezione negli utenti (consumatori ed imprese) ma anche la concreta attuazione di un mercato unico delle comunicazioni elettroniche. Sulla base di queste evidenze la Commissione ha presentato nel giugno 2006, a valle di una consultazione pubblica che raccolse molti contributi da parte degli stakeholder, una comunicazione sul riesame del quadro normativo dell’Unione europea per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (COM2006 334) che diede luogo a due processi paralleli, uno inteso a modificare il quadro normativo[64] ed uno ad aggiornare gli “strumenti di lavoro” delle ANR al mutato quadro competitivo. Quest’ultima esigenza dette luogo all’adozione il 13 novembre 2007 di una nuova Raccomandazione sui mercati rilevanti, che ha ridotto significativamente il numero dei mercati ritenuti meritevoli di regolamentazione ex ante focalizzandosi sui mercati all’ingrosso, mentre le proposte di riforma del quadro comunitario si compongono di due proposte di direttiva[65] e di una proposta di regolamento finalizzata ad istituire l’Autorità europea per il mercato delle comunicazioni elettroniche (ETMA)[66][67]. Non è possibile in questo contributo esaminare il travagliato percorso delle citate proposte di direttive e di regolamento nella dialettica del trilogo (Commissione, Parlamento e Consiglio), ma ci limiteremo ad evidenziare come alcuni rilevanti e caratterizzanti aspetti in termini di governance e di competenze previsti nella proposta di Regolamento COM 2007/699 del 13 novembre 2007 abbiano subito significative modifiche prima nella proposta del Parlamento del settembre 2008 che aveva trasformato l’ETMA nel BERT (Body of European Regulators in Telecommunications), organismo composto dai regolatori nazionali con funzioni di coordinamento tra le ANR e consultive per la Commissione ma senza potere di richiedere in modo vincolante delle modifiche alle proposte di provvedimento comunicate dalle ANR, e poi nel Regolamento 1211/2009 che ha istituito l’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC). In particolare: a) per i profili di governance e di competenze: l’ETMA avrebbe dovuto avere personalità giuridica e sarebbe stato strutturato con un Administrative Board formato da 12 componenti, scelti al 50% dalla Commissione ed al 50% dal Consiglio, con compiti amministrativi ma anche di scelta dei componenti degli altri organi; un Board of Regulators composto dai rappresentanti delle ANR e guidato da un Director, scelto dall’Administrative Board tra soggetti esterni. Le competenze sarebbero state ampliate fino ad accorpare le competenze in tema di sicurezza delle reti dell’ENISA e avrebbero assunto poteri regolatori, amministrativi e (para)giurisdizionali in materie strategicamente (e politicamente) al centro dell’interesse dei Governi quali le autorizzazioni sui servizi e sull’utilizzo di diritti d’uso delle frequenze e delle numerazioni, le procedure uniche per la selezione comparativa o competitiva e l’aggiudicazione dei diritti d’uso sulle frequenze (sia le frequenze per servizi mobili che per la televisione digitale terrestre[68]) e le numerazioni nonché poteri derivanti da un meccanismo di ricorsi gerarchici nei confronti delle decisioni dell’Autorità europea. Il combinato disposto della governance e degli ampi poteri su tematiche che venivano considerate strategiche dagli Stati membri sia da un punto di vista politico (tenuto conto degli impatti indiretti su temi quali la sicurezza delle reti degli operatori nazionali e il pluralismo informativo) che finanziario (si rammentano le aste che aggiudicarono nel periodo 1999-2000 i diritti d’uso per le frequenze UMTS a valori rilevanti per i bilanci di diversi Stati membri, tra cui l’Italia) ed infine un significativo spostamento in capo alla Commissione dei poteri di controllo ed armonizzazione nei confronti delle ANR (e di conseguenza una loro maggiore autonomia dai Governi nazionali), hanno portato il Consiglio ad ostacolare l’istituzione di una Autorità europea dotata di effettivi poteri sulle tematiche rilevanti nelle comunicazioni. Il compromesso finale tra il trilogo rappresenta una duplice sconfitta per la Commissione: (i) nonostante l’iniziale proposta non riuscì ad ampliare i propri poteri vincolanti (rectius di veto) sull’applicazione dei rimedi regolamentari da parte delle ANR, eventualmente grazie alla mediazione del potere consultivo di una Autorità europea di settore; (ii) ha introdotto nel coordinamento multilivello un ulteriore attore istituzionale che, come vedremo, ha rapidamente acquisito indipendenza, efficacia di intervento (molto maggiore rispetto all’ERG, grazie anche al meccanismo di votazione a maggioranza ed al supporto dell’Ufficio) e autorevolezza tecnica venendo, di fatto, a rappresentare un ulteriore interlocutore in grado sostanzialmente di contrapporre ai “seri dubbi” di compatibilità all’ordinamento comunitario di un provvedimento nazionale espresso dalla Commissione un qualificato parere contrario che, se formalmente non modifica il ruolo ed i poteri della Commissione, di fatto depotenzia la legittimità sostanziale della sua azione di armonizzazione. b) per quanto riguarda l’applicazione dell’armonizzazione comunitaria: con la procedura ex art. 7 la proposta della Commissione avrebbe attribuito a quest’ultima un potere di veto su una pluralità di tematiche, previo il parere favorevole dell’istituenda Autorità europea. Infatti grazie alla consulenza dell’istituenda Autorità europea, che, come abbiamo precedentemente esaminato, era stata progettata in termini di governance per essere eterodiretta dalla Commissione e dal Consiglio (tramite il Board of Administrators ed il Director), la Commissione avrebbe avuto il potere di veto anche in merito ai rimedi procompetitivi da applicare ai mercati non competitivi ed agli operatori SMP e la possibilità di di intervenire anche in materia di sicurezza ed integrità delle reti, rilascio, modifica e revoca dei diritti d’uso delle frequenze, regolazione dei diritti d’uso delle numerazioni e portabilità, accesso ai servizi televisivi digitali. Anche il Parlamento europeo ha emendato la proposta della Commissione che avrebbe comportato un sostanziale controllo della Commissione, per il tramite della costituenda Autorità europea, sulle ANR. 4. Il terzo pacchetto di direttive. Dall’esito del processo legislativo del terzo pacchetto di direttive del settore culminato con l’adozione delle Direttive 2009/136/CE e 2009/140/CE non possiamo che trarre l’evidenza di come la proposta di attribuzione di un potere vincolante alla Commissione grazie alla possibilità di richiedere modifiche ai provvedimenti delle ANR sia stato un elemento fondamentale della dialettica tra le istituzioni europee. Il mancato accoglimento delle proposte della Commissione e l’esito del processo amministrativo manifestano un chiaro indirizzo su quale debba essere il bilanciamento dei poteri e delle responsabilità attribuite dalla riforma del 2009, rispettivamente alla Commissione ed alle ANR, e ci evidenziano come il modello di regolamentazione multilivello sia stato invece diversamente applicato dalla Commissione e quali ne siano stati gli effetti sia in sede procedimentale che giurisdizionale, a partire dal recepimento della riforma del terzo pacchetto Telecom ai più recenti provvedimenti comunitari. Fra le numerose modifiche ed integrazioni introdotte dalle Direttive 2009/136/CE e 2009/140/CE[69] esamineremo specificamente quelle più rilevanti ai fini della presente analisi: Genesi, poteri ed evoluzione dell’ Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC); Modifiche delle modalità previste all’art. 7 della Direttiva Quadro relative al consolidamento del mercato interno ed alle procedure per la coerente applicazione delle misure correttive; Indipendenza delle ANR; Nuovi obiettivi generali e principi dell’attività di regolamentazione.
4.1. Genesi, poteri ed evoluzione dell’ Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC).
Il ruolo, le competenze e la governance del BEREC sono stati definiti dal Regolamento 1211/2009 del 25 novembre 2009 che chiarisce come il nuovo organismo non abbia natura di agenzia comunitaria né personalità giuridica ma viene affiancato da un Ufficio che fornisce supporto professionale ed amministrativo al BEREC, è dotato di personalità giuridica in qualità di organo comunitario ai sensi del Regolamento n. 1605/2002 del Consiglio (art. 15) ed ha autonomia giuridica, amministrativa e finanziaria. Gli ambiti di azione ed i compiti del BEREC sono determinati dall’art. 1 del Regolamento e sono definiti dalle stesse Direttive del quadro regolamentare del 2002, come riformate nel 2009. In particolare il BEREC persegue i medesimi obiettivi delle ANR che sono dettati dall’art. 8 della Direttiva Quadro e mira “ad assicurare un’applicazione coerente del quadro normativo dell’Unione europea per le comunicazioni elettroniche”, avvalendosi delle competenze disponibili presso le ANR. Il BEREC si colloca come “organismo di riflessione, dibattito e consulenza per il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione per il settore delle comunicazioni elettroniche” che fornisce relazioni e consulenze alla Commissione e pareri al Parlamento ed al Consiglio, ma nel contempo si pone in una posizione centrale della complessa architettura dedicata allo sviluppo del mercato interno delle reti e dei servizi poiché ha anche il compito di sviluppare e diffondere tra le ANR le “migliori prassi regolamentari”, ossia le metodologie e gli orientamenti comuni sull’attuazione del quadro normativo comunitario. Poiché tali prassi sono sviluppate dai gruppi specialistici formati dai rappresentanti delle ANR e sono votate a maggioranza dei due terzi del comitato dei regolatori, dove siedono i componenti politici o direttivi delle medesime ANR nel numero di un membro per ogni Stato membro, è evidente che la condivisione e l’adozione delle buone prassi regolamentari rappresentano un elemento necessario della “serena convivenza” delle ANR in sede di “comitologia” BEREC. Inoltre fornisce pareri su progetti di decisioni, raccomandazioni e orientamenti della Commissione previsti dalle Direttive del 2002, potendo perciò incidere sui vari strumenti attribuiti dal legislatore per indirizzare l’applicazione coerente del Quadro normativo comunitario in tutti gli Stati membri. Inoltre la centralità del BEREC come organismo in grado di indirizzare l’applicazione coerente della normativa del settore non attraverso strumenti vincolanti, ma attraverso un esercizio tempestivo, trasparente e indipendente dei propri compiti, viene ribadita dal Regolamento che attribuisce all’organismo il dovere, nei confronti delle ANR, di fornire cooperazione, pareri e consulenze sui progetti di misure relative alla definizione dei mercati, alla designazione delle imprese SMP, all’imposizione dei rimedi ex art. 7 e 7-bis della Direttiva Quadro, e, a beneficio della Commissione, di fornire pareri su progetti di raccomandazioni e/o orientamenti sulla forma, contenuto e dettaglio delle notifiche, di essere consultato sui progetti di raccomandazioni relative ai mercati rilevanti di servizi e prodotti, di fornire pareri su progetti di decisioni (vincolanti) e raccomandazioni (non vincolanti) adottati dalla Commissione ai fini dell’armonizzazione, ai sensi dell’art. 19 della Direttiva Quadro nonché sui progetti di decisioni della Commissione che autorizzano o impediscono ad una ANR di adottare misure eccezionali ex art. 8 Direttiva Accesso. Visto l’obbligo per la Commissione di consultare il BEREC per ogni decisione vincolante o non vincolante che possa incidere sull’applicazione coerente del diritto comunitario e sull’azione regolamentare delle ANR, si potrebbe affermare che l’esito della riforma del terzo pacchetto abbia condotto la Commissione ad essere soggetta prima dell’adozione di qualsiasi atto ad uno scrutinio preventivo e sostanziale da parte dell’organismo che rappresenta, quasi come un “sindacato”, il centro di coordinamento degli indirizzi strategici e dell’esercizio delle competenze delle ANR. Sicuramente un “sindacato” attento a garantire le prerogative, le competenze e l’autonomia dei suoi membri, ma anche teso a valorizzare un modello di attuazione dei principi regolamentari più aderente al dettato del legislatore comunitario declinato secondo le specificità nazionali (anche ai sensi degli art. 3, comma 3 e 3 bis della Direttiva Quadro come riformata dalla Direttiva 2009/140/CE), soprattutto quando sia messo a confronto con le prospettive politico-strategiche sottese agli interventi della Commissione. Il Regolamento inoltre sottolinea, in coerenza con il principio di indipendenza introdotto all’art. 3 e 3, comma 3 della Direttiva Quadro dalla direttiva 2009/140/CE, che né i membri del Comitato dei regolatori né il suo Presidente (nominato annualmente all’interno dei suoi componenti, quindi espressione diretta del vertice di una ANR), né il direttore amministrativo (scelto tramite concorso pubblico e responsabile della direzione dell’Ufficio) possano sollecitare o accettare istruzioni da alcuno Stato membro, così come da alcuna ANR o dalla Commissione o da alcun soggetto pubblico o privato[70]. Il BEREC si caratterizza per una struttura piuttosto “snella” poiché la gran parte delle attività vengono svolte da gruppi di lavoro composti da rappresentanti delle ANR e da una programmazione per obiettivi. Il Board of Regulators è composto da un componente per ciascuno Stato membro che deve essere un rappresentante del vertice (politico o amministrativo) dell’ANR. Il Board è assistito da un gruppo di lavoro (contact Network) incaricato di preparare le decisioni che devono essere adottate dal Board. La Commissione e i rappresentanti dei paesi che hanno chiesto l’ammissione all’UE possono partecipare come osservatori. Il Presidente viene eletto per la durata di un anno e l’anno precedente e successivo alla sua carica svolge la funzione di vice presidente per preparare la propria presidenza e, successivamente, per supportare il nuovo presidente. Il regolamento procedurale dedica particolare attenzione all’efficacia dei procedimenti decisionali del Board prevedendo forme di voto elettronico e meccanismi di approvazione non bloccanti, con un minimo di partecipazione pari ai 2/3 dei membri e l’approvazione con voto a maggioranza dei membri (a differenza dell’ERG che prevedeva l’unanimità). Il lavoro di esame delle comunicazioni delle ANR ex art. 7, delle lettere di commenti con “seri dubbi” della Commissione, di redazione delle BEREC Common position viene predisposto dai Gruppi di lavoro che sono composti dai rappresentanti messi a disposizione dalle singole ANR. La presenza e l’attività presso i gruppi di lavoro è condizione per le singole ANR per poter monitorare e condividere i pareri espressi dai gruppi di lavoro e dal Board su ciascuna notifica dei rimedi ex art. 7 direttiva Quadro nonché per poter indirizzare le Common position elaborate, ad esempio, sulle best practice da applicare ai rimedi nei mercati rilevanti. Inoltre il BEREC elabora un programma di lavoro per ciascun anno, coerente con il BEREC’s medium term Strategy document e lo sottopone a consultazione pubblica[71]. L’evoluzione del ruolo del BEREC non può essere del tutto compresa senza descrivere le attività che è chiamato a svolgere nella procedura multilivello introdotta con la nuova procedura ex art. 7 della Direttiva Quadro. La Direttiva 2009/140/CE introduce, accanto al coordinamento orizzontale tra le ANR e verticale tra la singola ANR e la Commissione, un nuovo attore del processo reticolare di regolamentazione, ossia il BEREC che progressivamente sta acquistando un ruolo crescente nel modello frutto del compromesso all’interno del trilogo poiché, come abbiamo visto, è previsto che tutti gli atti aventi natura regolamentare devono essere trasmessi a questo nuovo organismo sia dalle ANR che dalla Commissione. Focalizzando la nostra analisi sulla nuova procedura dell’art. 7 e ss., è previsto un diverso ruolo formale e sostanziale del BEREC qualora le notifiche delle ANR abbiano ad oggetto l’identificazione dei mercati rilevanti e della posizione dominante di uno o più operatori oppure prevedano l’imposizione, la modifica o la revoca degli obblighi regolamentari imposti ad un operatore avente un significativo potere in un mercato rilevante. Nella prima fattispecie, qualora una ANR identifichi un nuovo mercato, diverso da quelli oggetto di un preventivo esame da parte della Commissione e già inseriti tra i mercati per i quali la Raccomandazione vigente rationis temporis ha già individuato la necessità di una regolamentazione ex ante, oppure imponga, revochi o modifichi i rimedi regolamentari ad uno o più operatori SMP, nell’ipotesi in cui la Commissione ritenga tale proposta incompatibile con il diritto comunitario, non può essere adottata per i successivi due mesi durante i quali la Commissione può chiedere all’ANR di ritirare il progetto di provvedimento o di presentare modifiche che lo rendano conforme al diritto comunitario oppure può sciogliere le sue riserve sulla proposta. Durante questo periodo di sospensione del procedimento il BEREC esprime un parere che non è vincolante per la Commissione ma il cui contenuto deve essere “tenuto nella massima considerazione” e che se decide di discostarsene impone alla Commisione una specifica e giustificata motivazione. Qualora la Commissione chieda di ritirare il progetto di provvedimento l’ANR può ritirarlo oppure modificarlo nel termine di sei mesi, fermo restando che il provvedimento modificato deve essere nuovamente sottoposto a consultazione. Qualora il progetto notificato abbia ad oggetto l’imposizione, la revoca o la modifica di un obbligo regolamentare, la Commissione può inviare entro termine di un mese all’ANR una lettera di commenti con la quale segnala che “dubita seriamente della sua compatibilità con l’ordinamento comunitario” e chiede l’avvio della c.d. Fase II. L’avvio di questa ulteriore fase procedimentale impone la sospensione per tre mesi della possibilità di adottare il provvedimento notificato (periodo di stand-still) durante i quali la Commissione, l’ANR e il BEREC collaborano per trovare una soluzione. Entro sei settimane dall’avvio della Fase II il BEREC adotta un parere elaborato secondo le procedure di istituzione/funzionamento/reportistica degli Expert Working Groups dell’art. 13 del Regolamento[72] e votato dalla maggioranza dei suoi membri ex art. 10 sulla comunicazione recante i seri dubbi presentata dalla Commissione. Nell’ipotesi in cui li condivida, propone delle specifiche soluzioni per superarli individuando un rimedio che ritenga più adeguato, proporzionato ed efficace per risolvere la problematica regolamentare rilevata[73]. Qualora il BEREC non si esprima nel citato termine (eventualmente anche per l’impossibilità di trovare una posizione condivisa al suo interno) oppure non condivida i “seri dubbi” della Commissione, quest’ultima entro due mesi dall’avvio della fase II può formulare una raccomandazione (non vincolante) all’ANR ai sensi dell’art. 19 della Direttiva Quadro oppure revocare i propri dubbi sul rimedio proposto[74]. Nel corso dell’ultimo mese la ANR ha l’onere di comunicare alla Commissione e al BEREC quale sia la misura adottata, ossia se ritiene di confermare la proposta originale[75] oppure di apportare modifiche [76]. In entrambi i casi l’esito della riforma della procedura dell’art. 7 comporta un indebolimento della posizione della Commissione nell’interlocuzione multilivello con le ANR poichè, nella prima fattispecie, viene affiancata da un organismo che, qualora esprima un parere contrario, ne depaupera non proceduralmente ma sostanzialmente la fondatezza della richiesta di ritirare la proposta di provvedimento. Infatti anche se la Commissione ha soltanto un obbligo di motivare adeguatamente la reiterazione della richiesta di ritirare il provvedimento notificato, un parere contrario di un organismo tecnicamente qualificato e obbligato, ai sensi del regolamento istitutivo, a perseguire i medesimi obiettivi regolamentari dettati dal legislatore comunitario, limita di fatto il potere di intervento della Commissione. Nella seconda fattispecie il potere dell’ANR di adottare la propria proposta di delibera senza alcuna modifica, al termine del periodo trimestrale avviato a seguito della manifestazione dei seri dubbi della Commissione, da un lato non viene proceduralmente intaccato anche nel caso in cui il BEREC condivida i seri dubbi della Commissione, dall’altro viene sostanzialmente rafforzato, anche nei confronti del successivo controllo da parte del giudice nazionale, da un parere del BEREC che non condivida le osservazioni della Commissione. In altri termini, l’inserimento del BEREC nel tessuto reticolare di verifica preliminare all’adozione di un provvedimento regolamentare interpone un altro soggetto nel rapporto verticale Commissione-ANR che svolge, di fatto, una sorta di “giudizio di appello” sulla bozza di provvedimento notificata rispetto ai “seri dubbi” contestati dalla Commissione. La riforma della Direttiva Quadro all’art. 19 comma 3 esclude anche che la Commissione possa adottare una raccomandazione vincolante per imporre “la definizione di un approccio armonizzato e coordinato” in presenza di “notifiche specifiche emesse dalle autorità nazionali di regolamentazione a norma dell’art. 7-bis”. Perciò l’unico strumento di intervento consentito alla Commissione (e finora soltanto paventato) è quello dell’avvio di una procedura di infrazione ai sensi dell’art. 258 del Trattato sul funzionamento dell’Unione nei confronti dello Stato membro per violazione del diritto comunitario[77]. L’unica eccezione è rappresentata dalla modifica introdotta dall’art. 2, comma 6 della Direttiva 2009/140/CE all’art. 8, comma 3 ii) della Direttiva Accesso con la quale si prevede che se l’ANR “intende imporre agli operatori aventi notevole forza di mercato obblighi in materia di accesso ed interconnessione diversi da quelli di cui agli articoli da 9 a 13” della Direttiva Accesso (ossia gli obblighi identificati agli articoli 46-50 CCE) ne fa richiesta alla Commissione che, tenendo nella massima considerazione il parere del BEREC, adotta una decisione che autorizza o impedisce all’ANR di adottare tale misura. Quest’ultima norma, sebbene rilevante nel caso in esame, non modifica il quadro regolamentare previgente, ma si limita ad individuare un processo che può rendere flessibile alle esigenze nazionali l’elenco tassativo dei rimedi regolamentari definito nelle Direttive del 2002 affinché possa essere integrato alla luce delle evoluzioni tecnologiche e di mercato, ma la cui coerenza con gli obiettivi regolamentari e con un approccio comunitario armonizzato sia garantito mediante l’adozione di un provvedimento specifico e motivato della Commissione, previo parere del BEREC. L’adozione di un provvedimento espresso e il parere obbligatorio richiesto al BEREC ha anche lo scopo di coinvolgere le altre ANR nel processo di valutazione della legittimità comunitaria e della proporzionalità della nuova misura affinché sia approfondita e ponderata preliminarmente anche in caso di successiva richiesta di applicazione in mercati diversi per prodotto o geografici. Inoltre la Commissione ha utilizzato, ai sensi dell’art. 2 del Regolamento 1211/2009, il BEREC per il suo ruolo di sviluppare e diffondere “tra le ANR le migliori prassi regolamentari, quali approcci, metodologie o orientamenti comuni sull’attuazione del quadro normativo dell’Unione europea”. Per chiarire quale possa essere l’ampiezza del ruolo di indirizzo nell’azione regolamentare da parte del BEREC[78], la Commissione ha chiesto al BEREC la predisposizione di un report [79] relativo ai criteri di valutazione sul livello di qualità del servizio analizzato nella prospettiva della neutralità della rete, che forniva anche una procedura comune e condivisa che avrebbe potuto consentire alle ANR di dare attuazione al complesso obiettivo di imporre agli operatori dei livelli di qualità minima del servizio, prevista dall’art. 22, comma 3 della Direttiva Servizio Universale[80] qualora la dinamica competitiva non avesse consentito di offrire un livello di accesso alla open Internet adeguato e che possa essere fruito dall’utente a condizioni trasparenti e consapevoli[81]. L’attività reportistica del BEREC ha fornito i presupposti per una consultazione pubblica conclusa nell’ottobre 2012 [82] e sono poi stati tradotti parzialmente, per i profili di traffic management, qualità del servizio e trasparenza delle informazioni e dell’offerta contrattuale, nella bozza di Regolamento on the Telecommunications Single Market presentata dalla Commissione l’11 settembre 2013 (artt. 21- 26). 4.2. L’applicazione dell’art. 7 della Direttiva Quadro. Esaminiamo ora come la Commissione, che aveva sottoposto al Parlamento ed al Consiglio con la proposta di direttiva COM(2007)697 un modello di centralizzazione in via legislativa del meccanismo di verifica dell’implementazione del quadro regolamentare negli Stati membri ed ha visto il fallimento della dialettica con Parlamento e Consiglio[83] abbia cercato e stia cercando nell’ambito dell’applicazione della procedura dell’art. 7 e ss., di ottenere un pieno coordinamento delle politiche regolamentari in via procedimentale mediante l’adozione di numerose Fasi II e, soprattutto nella parte conclusiva del mandato quinquennale, utilizzi gli strumenti delle raccomandazioni[84] e dei regolamenti[85][86]. Da un’analisi sinottica dell’attività della Commissione in applicazione dell’art. 7 ss. della Direttiva Quadro nei 27 Stati membri emerge che nel 2011 sono stati notificati dalle ANR 115 casi ex art. 7, di cui soltanto per sei è stata avviata la c.d. Fase II (peraltro tutti relativi alle misure regolamentari adottate dal regolatore polacco in materia di terminazione mobile). Nel 2012, invece, sono stati notificati alla Commissione 1297 casi di cui in 15 procedimenti la Commissione ha avviato la successiva Fase II. Nel 2013 (sino ad ottobre) sono stati notificati alla Commissione dalle ANR 106 casi ex art. 7 di cui in ben 14 procedimenti la Commissione ha comunicato all’ANR competente ed al BEREC l’avvio della Fase II. Ai fini di approfondire la nostra analisi sulla strategia di armonizzazione della Commissione abbiamo esaminato l’attività procedimentale della Commissione nei mercati rilevanti dell’accesso oggetto della nostra analisi (mercati 4 e 5 della Raccomandazione 2007/879[87]). Nei dodici mesi dell’analisi (fine luglio 2012-luglio 2013) sono stati notificati alla Commissione 30 procedimenti relativi ai mercati 4 e 5 e sono stati avviate cinque Fasi II, di cui tre relative ai rimedi[88] e due alle analisi dei mercati[89]. Si può perciò sottolineare un incremento quantitativo della politica “interventista” della Commissione attuata mediante l’avvio della c.d. Fase due a seguito della notifica delle comunicazioni di seri dubbi sulla sua “compatibilità con il diritto comunitario”[90]. Da ultimo esaminiamo due ulteriori modifiche dei principi del quadro regolamentare europeo che, ad avviso di chi scrive, rappresentano elementi rilevanti per l’operare dell’AGCom nell’ambito delle analisi dei mercati rilevanti e, di conseguenza, in un eventuale procedimento di separazione volontaria della rete di accesso ex art. 50 CCE. 4.3. Il principio dell’indipendenza delle ANR. Il legislatore comunitario nell’ambito della riforma del 2009 ha (finalmente) affrontato, seppure in modo parziale, il tema della separazione funzionale del soggetto che esercita le funzioni di regolazione non solo dalle imprese ma anche dall’amministrazione pubblica e dagli organi di indirizzo politico[91]. Preso atto della varietà della collocazione istituzionale delle ANR nei diversi Stati membri, il legislatore ha voluto “rafforzare” (rectius introdurre) il principio dell’indipendenza delle ANR dagli organi di indirizzo politico nell’esercizio delle proprie funzioni che si affianca ai necessari presupposti di imparzialità, trasparenza ed competenza dell’azione regolamentare[92]. La norma appare peraltro più formale che sostanziale poiché, se richiede una previsione normativa esplicita che garantisca l’ANR dagli interventi esterni, anche di natura politica, che possano ledere la sua imparzialità di giudizio sulle rilevanti questioni che è chiamata a risolvere (e.g. la separazione volontaria della rete di accesso) nonché che impediscano di rimuovere indiscriminatamente il vertice dell’ANR (ad esempio in occasione della modifica della maggioranza di governo), non appare voler (rectius avere la forza politica di) affrontare il nodo cruciale dell’indipendenza dell’ANR, ossia i criteri ed i requisiti di nomina dei componenti[93]. In assenza di regole comuni che “certifichino” un minimo comune denominatore di indipendenza delle ANR dei singoli Stati membri dagli organi politici, ciascuna Autorità dovrà perciò farsi carico di dimostrare giorno per giorno, in ogni decisione, “la neutralità” e “la sua impermeabilità ai fattori esterni”[94]. Infine la Direttiva 2009/140/CE ribadisce anche “la libertà discrezionale delle autorità nazionali di regolamentazione” che, nell’ambito dei vincoli procedurali sopracitati e dei principi di politica industriale (richiamati come principi dell’azione regolamentare) che vengono rafforzati dalla citata Direttiva[95], rappresenta un bilanciamento rispetto al dichiarato indirizzo della Commissione di maggiore accentramento e più intenso coordinamento e monitoraggio centripeto che caratterizza l’esigenza di una maggiore armonizzazione nell’applicazione della regolamentazione ex ante[96]. 4.4. Nuovi obiettivi generali e principi dell’attività di regolamentazione della Direttiva Better Regulation. La Direttiva Better Regulation introduce nel panorama degli obiettivi e dei principi a cui si devono conformare la Commissione, le ANR ed il BEREC nella rispettiva (e strettamente interconnessa) attività di regolamentazione alcuni elementi che modificano le priorità sino ad allora essenzialmente indirizzate ad una evoluzione procompetitiva dei mercati rilevanti. In particolare esaminiamo quanto riguarda l’analisi dei mercati rilevanti e l’imposizione dei rimedi agli operatori SMP: (i) nel perseguire le finalità programmatiche di natura sociale e di mercato dei commi 2, 3 e 4 dell’art. 8 della Direttiva Quadro le ANR debbono promuovere anche la prevedibilità regolamentare mediante un approccio coerente nell’arco temporale dei periodi di revisione. Questa previsione di principio si completa con l’identificazione di un termine congruo per le analisi di mercato che consenta di offrire agli operatori delle adeguate certezze di stabilità del dettato regolamentare e nel contempo sia ragionevole rispetto all’evoluzione della dinamica competitiva e tecnologica dei mercati rilevanti[97]. Il legislatore del 2002 aveva fissato in diciotto mesi la scadenza periodica per le analisi di mercato, termine che si è rilevato irragionevole anche in considerazione della complessità delle analisi e delle procedure di consultazione multilivello (consultazioni del mercato, di AGCM e della Commissione). La Direttiva 2009/140/CE espressamente prevede, modificando l’art. 16, comma 6 della Direttiva Quadro, che entro tre anni, per i mercati già oggetto di precedenti misure regolamentari, ed entro due anni dall’adozione di una raccomandazione della Commissione sui mercati rilevanti per i mercati non precedentemente notificati, debbano essere esaminati i mercati e notificate eventuali misure, salvo casi eccezionali in cui sia richiesta motivatamente dalla ANR una proroga di ulteriori tre anni. Il rispetto della scadenza periodica viene ritenuto tanto importante da “compromettere il mercato interno” e che rischia di non essere tempestivamente adottata a seguito dell’adozione dei “normali procedimenti di infrazione” da prevedere l’ipotesi di una assistenza (rectius supplenza) all’ANR “ritardataria” da parte del BEREC mediante una task force dedicata composta da rappresentanti delle altre ANR[98]. In tal caso il termine per la notifica del progetto di misura regolamentare non eccede i sei mesi dall’avvio dell’assistenza. (ii) Come ulteriore fattore che può consentire di perseguire gli obiettivi regolamentari di benessere sociale e promozione di una concorrenza sostenibile basata sulle infrastrutture è stata inserita l’individuazione di incentivi regolamentari adeguati agli investimenti in reti ad alta velocità che rappresentano il presupposto per lo sviluppo di servizi Internet ed il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda di Lisbona[99]. Il modello di incentivazione ha inteso attribuire agli operatori che abbiano investito in infrastrutture innovative un riconoscimento in sede di imposizione di obblighi di accesso, in particolare consentendo forme di cooperazione tra investitori e richiedenti l’accesso che consentano di diversificare e condividere il rischio dell’investimento (art. 8, comma 5 d).
5. L’intervento dei giudici nazionali.
Per completare l’esame della complessa interazione tra l’azione armonizzante della Commissione tramite gli strumenti di hard e soft law attribuiti dalle Direttive ed i poteri costituzionalmente previsti negli ordinamenti nazionali dobbiamo brevemente esaminare due fattispecie nelle quali i giudici nazionali, competenti ai sensi degli ordinamenti processuali nazionali a valutare la legittimità (e/o il merito) delle decisioni delle ANR secondo i principi di effettività ed equivalenza richiamati dalla giurisprudenza comunitaria[100], hanno motivatamente inficiato il meccanismo comunitario di intervento mediante strumenti di soft-law. 5.1. Il giudice olandese. La Corte d’appello competente (Trade and Industry Appeals Tribunal) a giudicare i provvedimenti del regolatore olandese (OPTA) ha annullato nel settembre 2011 la decisione dell’ANR di adottare un modello di contabilità “pure bottom-up long run incremental cost” (pure BULRIC) nella definizione delle tariffe di terminazione mobile ritenendolo non compatibile con la normativa nazionale, sebbene fosse stato indicato all’art. 2 della citata Raccomandazione 7 maggio 2009 sulla regolamentazione della terminazione su reti fisse e mobili come il modello di costo preferibile per definire le tariffe di terminazione. La Corte d’appello ha stabilito che il modello contabile da utilizzare nella definizione della tariffa di terminazione fosse individuabile come un BULRIC – PLUS, ossia che tenesse in considerazione anche costi non direttamente collegati con tale servizio wholesale, sebbene l’adozione di questo modello comportasse costi all’ingrosso maggiori che si sarebbero riversati direttamente sui concorrenti ed indirettamente sui consumatori[101]. Nel giugno 2012 la Commissione ha adottato per la prima volta, con il supporto del BEREC, una Raccomandazione ai sensi dell’art. 7 a, comma 5, lett. a, della Direttiva Quadro, come riformata, con la quale si chiede all’OPTA di modificare le condizioni di terminazione proposte a valle della sentenza della Corte d’appello. L’OPTA ha confermato alla Commissione la propria condivisione sulla necessità di una riduzione delle tariffe di terminazione, ma che il suo operato, in qualità di ANR, era vincolato secondo il diritto olandese dalle decisioni di un giudice nazionale non più appellabile che prevalevano sugli indirizzi applicativi elaborati con le modalità di soft-law previste nella normativa comunitaria. Coerentemente nel luglio 2012, nonostante la Raccomandazione ex art. 7a, OPTA ha adottato le tariffe di terminazione fisse e mobili basate sul modello contabile definito dal giudice nazionale. A fronte dei chiari vincoli imposti alle ANR dall’architettura dei controlli giurisdizionali di ciascuno Stato membro, il percorso della Commissione per indirizzare le ANR verso il perseguimento degli obiettivi di politica regolamentare previsti dalle Direttive del 2002 ed integrati dalla Better Regulation del 2009, si trova di fronte a diverse opzioni: (i) auspicare che il giudice nazionale, azionato da operatori controinteressati al modello di contabilità dei costi introdotto in via giurisprudenziale (tipicamente operatori di rete fissa, in quanto gli operatori mobili sono i maggiori beneficiari degli incrementi delle tariffe di terminazione) modifichi il proprio orientamento; (ii) auspicare che il giudice nazionale sottoponga alla Corte di Giustizia europea una questione pregiudiziale ex art. 267 TFEU allo scopo di definire quali siano gli effetti giuridici specifici delle raccomandazioni nel composito quadro normativo delle Direttive del 2002, emendate ed integrate nel 2009, che si è posto l’obiettivo di adottare degli strumenti di soft-law, rispettosi delle autonomie nazionali, per perseguire gli obiettivi di un mercato unico delle comunicazioni anche attraverso il ruolo svolto dalle raccomandazioni di linea-guida per l’interpretazione da parte del giudice nazionale, secondo l’indirizzo interpretativo della Corte di Giustizia[102]; (iii) avviare una procedura di infrazione nei confronti dello Stato membro ai sensi dell’art. 258 TFUE; (iv) adottare, a valle dell’espletamento negativo dei rimedi giurisdizionali nazionali, una decisione vincolante sull’applicazione armonizzata delle disposizioni delle direttive allo scopo di perseguire gli obiettivi dell’art. 8 della Direttiva Quadro ai sensi dell’art. 19 della stessa Direttiva. Quest’ultimo strumento è sottoposto, per la sua incisività sulla discrezionalità delle ANR, ad una pluralità di condizioni: (i) che le divergenze attuative da parte delle ANR possano creare un ostacolo al mercato interno; (ii) può essere utilizzato soltanto dopo almeno due anni dall’adozione della Raccomandazione che indirizza la medesima tematica (poiché, evidentemente, questo periodo viene considerato il tempo minimo di “rodaggio” per consentire una corretta comprensione ed attuazione dei suoi indirizzi a livello nazionale); (iii) deve comunque tenere nella massima considerazione il parere preventivo del BEREC sull’adozione di tale decisione; (iv) deve riguardare l’incorente applicazione dei principi generali in materia di disciplina dei mercati delle comunicazioni, come previsti dagli artt. 15 e 16 della Direttiva Quadro; (v) non può essere relativo a notifiche di provvedimenti adottati dalle ANR sulla base dell’art. 7-bis[103]. Finora non è stato necessario utilizzare questo strumento destinato a rappresentare una extrema ratio, la cui adozione peraltro prevede sostanzialmente la condivisione della sua necessità da parte delle “ANR sorelle” (che devono esprimersi a maggioranza attraverso lo strumento dell parere del BEREC oppure, in casi estremi, arrivare a consigliare, di propria iniziativa, la Commissione ad adottare tale provvedimento) e può costituire un meccanismo per obbligare una ANR ad adottare una modalità attuativa di una Raccomandazione superando i vincoli del controllo giurisdizionale nazionale. Ovviamente anche questa decisione potrebbe essere oggetto di sindacato giurisdizionale da parte della Corte di Giustizia[104] secondo le modalità di rinvio previste dai diversi ordinamenti nazionali e potrebbe essere sottoposto a scrutinio giurisdizionale quale sia il limite dell’adozione di strumenti di soft-law particolarmente dettagliati e qualificati come le raccomandazioni della Commissione nel settore delle comunicazioni elettroniche, ed in particolare se debba prevalere la esplicita scelta del legislatore di adottare uno strumento non vincolante rispetto all’obiettivo di perseguire gli obiettivi regolamentari delle Direttive. In altri termini dovrebbe valutare se l’adozione di una decisione vincolante ex art. 19 non commuti uno strumento di soft-law non vincolante in una misura discrezionale dal perimetro non determinabile a priori che consente di riportare sotto il controllo della Commissione delle tematiche e dei poteri che erano stati espressamente esclusi applicando il principio di sussidiarietà [105]. Ed inoltre il giudice comunitario dovrà verificare quale sia il limite tra l’ortodossia espressa dalle Raccomandazioni e la specificità del singolo mercato rilevante, ossia se non risponda maggiormente ai criteri di proporzionalità e ragionevolezza e non persegua più efficacemente gli obiettivi dell’art. 8 della Direttiva Quadro l’adozione da parte dell’ANR di un rimedio che si discosti dalle raccomandazioni comunitarie. Da ultimo una Corte olandese ha nuovamente deciso il 27 agosto 2013, in via cautelare, che, nel calcolare le tariffe di terminazione il regolatore olandese dovesse includere nella valutazione dell’orientamento ai costi dei valori che non fossero esclusivamente connessi ai servizi di terminazione, adottando quindi un modello di contabilità denominato LRIC[106] plus, che perpetuava il contrasto con il modello di contabilità denominato “Pure LRIC” identificato dalla Commissione nella citata Raccomandazione del 7 maggio 2009 sulla regolamentazione della terminazione su reti fisse e mobili. Si pone ora la necessità per la Commissione di adottare la scelta tra quelle sopracitate che più efficacemente garantisca nel medio periodo la finalità dell’armonizzazione degli strumenti adottati dalle singole ANR nel perseguire gli obiettivi dell’art. 8 della Direttiva Quadro. Non appare, invero, percorribile l’ipotesi di attendere l’entrata in vigore del Regolamento “Single Market” in quanto la sua adozione appare, allo stato, incerta nell’an e nel quomodo e, in ogni caso si applicherebbe, in ipotesi, soltanto con riferimento ad un successivo ciclo di analisi dei mercati. 5.2. Il giudice irlandese. Infine l’High Court Commercial irlandese, su istanza di Vodafone Ireland Ltd, ha adottato il 14 agosto 2013 una sentenza con la quale ha annullato un provvedimento della Commission for Communications Regulation (ComReg) relativo alla determinazione delle tariffe di terminazione applicate dagli operatori mobili con delle motivazioni che potrebbero creare un significativo vulnus al modello utilizzato dalla Commissione per indirizzare l’adozione di una regolamentazione armonizzata con strumenti di soft-law. La decisione adottata da ComReg nel novembre 2012 di notificare i sei operatori mobili irlandesi come aventi un significativo potere di mercato e di imporre una serie di rimedi, tra cui l’orientamento al costo, è stata implementata basandosi su un prezzo medio di terminazione all’ingrosso di 2,60 eurocent/minuto per il periodo 1° gennaio/30 giugno 2013 e un prezzo massimo di terminazione wholesale non superiore a 1.04 eurocent/minuto dal 1° luglio 2013 in poi[107]. La definizione della tariffa di terminazione massima a partire da luglio 2013 era stata basata sul modello del benchmark, ossia del confronto con le tariffe di terminazione adottate nei sette Stati membri nei quali un modello di contabilità basata sui costi incrementali di lungo periodo (LRIC) era già stato adottato. Tale modalità di attuare l’obbligo di orientamento al costo aveva natura transitoria, in attesa che ComReg adottasse uno specifico modello di costo basato sui LRIC effettivi degli operatori irlandesi. L’adozione del modello transitorio di contabilità su base benchmark è stata adottata da ComReg sulla base di una specifica previsione contenuta nella citata Raccomandazione della Commissione del 7 maggio 2009 sulla regolamentazione delle tariffe di terminazione su reti fisse e mobili nella UE [108] che prevedeva espressamente la possibilità per le ANR che non fossero riuscite, a causa di risorse limitate, a mettere a punto entro il 31 dicembre 2012 il modello del calcolo dei costi raccomandato, di adottare dei metodi alternativi, tra i quali uno dei più semplici da implementare è il benchmarking, a condizione che i risultati derivanti dall’applicazione del metodo alternativo non differissero dalla media del valore di terminazione adottato dalle ANR che avevano implementato il modello di costi LRIC[109]. Il giudice irlandese ha rilevato, innanzitutto, che le modalità utilizzate da ComReg per formulare il benchmark (e.g. scelta degli Stati membri, errori nell’utilizzo delle tariffe di terminazione effettive e in vigore) non risultano sufficientemente motivate e prive di incertezze da rappresentare il fondamento per distaccarsi dalle metodologie di costo previste all’art. 13 della Direttiva Accesso, inclusa la possibilità di usare prezzi comparabili ex art. 13, comma 2. Ma ha confutato, in particolare, la legittimità, alla luce dei principi del diritto comunitario, del modus operandi della Commissione tramite l’adozione delle Raccomandazioni e la fondatezza dei presupposti della decisione del ComReg basati sul §12 della citata Raccomandazione sulla regolamentazione delle tariffe di terminazione. Infatti il giudice irlandese ha rilevato che l’utilizzo della metodologia del benchmaking non può essere adottata per implementare un obbligo di controllo dei prezzi e di orientamento al costo, seppure sia richiamata dalla Commissione nella citata Raccomandazione, poiché il legislatore comunitario ha chiaramente stabilito nella Direttiva Accesso che l’imposizione di questi rimedi debba essere effettuata sulla base di una specifica analisi sui costi degli operatori presenti nel mercato geografico rilevante, come previsto dall’art. 13 della Direttiva Accesso. Come già esaminato, anche il Giudice Irlandese ha evidenziato che le scelte del legislatore comunitario nelle direttive del 2002, come integrate nel 2009, hanno deliberatamente definito un chiaro bilanciamento tra l’allocazione dei poteri e delle responsabilità, ossia, dal lato delle ANR di implementare operativamente le previsioni regolamentari e dall’altro della Commissione di effettuare una supervisione sui processi amministrativi svolti dalle ANR mediante i poteri di vietare, di commentare e di raccomandare. Questo bilanciamento dei poteri e dei ruoli è stato trasposto nelle complesse e dettagliate procedure dell’art. 7 e ss. della Direttiva Quadro e nei poteri attribuiti alla Commissione di adottare una decisione (vincolante) o di emanare una raccomandazione (non vincolante), differenziati per materia, come previsti all’art. 19 della medesima Direttiva Quadro descritto al precedente § 5.1. La Corte irlandese sottolinea perciò che la differenziazione dei poteri ratione materiae sottende un fondamentale principio dell’art. 288 TFUE, secondo il quale “Le raccomandazioni e i pareri non sono vincolanti”. Di conseguenza, esaminando i principi comunitari, la funzione attribuita alla Commissione nei confronti dei poteri delle ANR di armonizzare le misure regolamentari (tra cui, nel caso in esame, il controllo dei prezzi) può essere esercitata soltanto mediante le forme della Raccomandazione e pertanto, ai sensi del Trattato, può avere soltanto una finalità di indirizzo. Questo non significa che l’ANR si possa discostare dalle indicazioni della Commissione adottando dei modelli contabili diversi da quelli indicati nella Raccomandazione, se non motivando adeguatamente la differenziazione dei rimedi adottati, ma che l’ANR non può (e non deve) adottare degli strumenti regolamentari (quali le metodologie contabili) che non siano previsti nel (o che contraddicano il) quadro legislativo comunitario. Perciò l’ANR non può avvalersi delle previsioni di una Raccomandazione, intrinsecamente non vincolante, per affermare il proprio potere di adottare dei rimedi regolamentari che siano contrari alle norme comunitario perché violerebbe il principio, proprio di uno Stato di diritto, di sottoposizione soltanto alle leggi previsto dall’art. 2 TEU[110]. Perciò, ritornando alla fattispecie oggetto del giudizio, la Commissione non ha il potere di “autorizzare” mediante le previsioni di una Raccomandazione una ANR ad adottare delle misure (come un controllo delle tariffe di terminazione mediante benchmarking) che si discostino dai requisiti imposti dalla legge[111]. A complemento di quanto osservato, la sentenza della High Court irlandese indica anche alla Commissione che, nelle materie (quali i rimedi) su cui può intervenire soltanto con le forme della Raccomandazione, il suo ruolo di indirizzo e di armonizzazione può legittimamente trovare attuazione nei limiti dei principi stabiliti dal legislatore comunitario senza che sia attuabili soluzioni, anche in forma transitoria (quali l’utilizzo del benchmarking per le ANR che non abbiano implementato tempestivamente i modelli contabili LRIC) che possono anche essere ragionevoli e proporzionate per il raggiungimento degli obiettivi regolamentari dell’art. 8 della Direttiva Quadro, ma che confliggono con il dettato normativo[112]. Sebbene il richiamo ai principi fondamentali del Trattato ed a come questi si riverberano sui ruoli e sulle competenze dei diversi attori del processo regolamentare appare condivisibile, una applicazione estensiva di tale precedente che sottoponga allo scrutinio del giudice nazionale la coerenza ai presupposti normativi di ogni declinazione attuativa indirizzata dalle Raccomandazioni comunitarie può portare i diversi Stati membri ad una disarmonica applicazione del diritto comunitario, ossia al fallimento dell’obiettivo di armonizzazione per il quale è stata adottata la complessa architettura policentrica composta da Commissione, BEREC e ANR e dai rispettivi poteri. Infatti non possiamo escludere che i diversi giudici nazionali possano interpretare in modo divergente le previsioni delle Raccomandazioni, progressivamente più complesse ed articolate anche in relazione allo sviluppo delle tecnologie delle reti e dei servizi ed alla conseguente evoluzione regolamentare, arrivando a concludere in modo divergente rispetto alla coerenza della previsione della Raccomandazione rispetto al principio regolamentare adottato nelle Direttive e nei Regolamenti dal Parlamento europeo e dal Consiglio e conseguentemente ritenendo legittimo o meno il provvedimento della ANR che si sia adeguato agli indirizzi applicativi della norma regolamentare che siano previsti nelle Raccomandazioni.
6. L’evoluzione della regolamentazione comunitaria.
6.1. La Raccomandazione. Esaminiamo la Raccomandazione adottata l’11 settembre 2013 dalla Commissione e che ha sollevato ampie discussioni nel corso del lungo processo di consultazione avviato il 3 novembre 2011 con due consultazioni, una sulle motodologie dei costi per i prezzi dei servizi di accesso all’ingrosso e una sull’applicazione degli obblighi di non discriminazione. La Raccomandazione definisce quali debbano essere gli approcci delle ANR quando devono imporre ad operatori SMP degli obblighi di non discriminazione ed applicare delle metodologie di determinazione dei costi. L’adozione della Raccomandazione trova fondamento nelle significative differenze riscontrate dalla Commissione nel corso delle procedure ex art. 7 della Direttiva Quadro tra le condizioni imposte dalle ANR per dare attuazione ai citati rimedi nei confronti degli operatori SMP. Ovviamente tali differenze sono basate su diverse strutture e topologie delle reti, densità della popolazione, costi finanziari e del lavoro, evoluzione dei mercati nazionali e tipologia dei servizi offerti, ma sono correlate anche ad un ampio livello di discrezionalità delle ANR sui profili metodogici[113] nonché sugli strumenti di applicazione del principio di non discriminazione connessi ai comportamenti riscontrati da parte dell’operatore SMP (e.g. discriminazione sulla qualità dei servizi wholesale, sull’accesso alle informazioni ed ai database, comportamenti dilatori, incremento abusivo dei guasti, ritardi o difficoltà di accesso ai sistemi di provisioning o di manutenzione). Il presupposto dell’ulteriore intervento della Commissione sarebbero le barriere riscontrate allo sviluppo del mercato unico delle comunicazioni elettroniche ed in particolare: (i) l’incertezza regolamentare (rectius la scarsa prevedibilità) che renderebbe i mercati europei meno attraenti per i potenziali operatori interessati ad investire (e per i relativi finanziatori) che sarebbero perciò meno incentivati per l’indeterminatezza sul ritorno degli investimenti legata alla scarsa stabilità delle misure regolamentari; (ii) l’eterogeneità delle soluzioni tecnologiche e regolamentari adottate che limiterebbe gli operatori multinazionali costringendoli a duplicare i costi ed a non poter realizzare delle potenziali economie di scala; (iii) le “specificità nazionali” che comportano l’assenza di offerte wholesale standardizzate che potrebbero limitare i costi operativi degli operatori multinazionali. La molteplicità delle soluzioni regolamentari nazionali comporterebbe, in particolare, una incertezza nella tempistica di transizione dalle attuali reti in rame alle reti di nuova generazione e quindi una riduzione degli investimenti da parte degli operatori transnazionali nella prospettiva di realizzare delle reti innovative. L’assunto dell’analisi della Commissione è rappresentato da un visione del mercato europeo che, nel breve/medio periodo, dovrebbe caratterizzarsi da una forte concentrazione degli operatori e che le imprese multinazionali sarebbero, a breve, gli unici attori in grado di investire nelle nuove reti ed a competere efficacemente nel mercato europeo (oppure, in una visione eurocentrica, in grado di resistere all’”invasione” dei grandi player globali). Appare controverso che la standardizzazione delle soluzioni tecniche e regolamentari (peraltro complessa in reti fisse realizzate e tuttora sviluppate come eredità degli operatori monopolisti nazionali) sia effettivamente, nel medio periodo, il presupposto e lo stimolo per l’innovazione e non soltanto uno strumento di efficienza in termini di contenimento dei costi [114]. Anche il richiamo ai principi della sussidiarietà e della proporzionalità dell’azione della Commissione, principi guida dell’azione di ciascun organismo comunitario[115], appare non completamente fondato. Infatti, se è condivisibile che l’azione delle ANR di ciascuno Stato membro non possa eccedere la propria giurisdizione e l’effetto comporti una segmentazione delle regole applicate nei diversi mercati che può ostacolare lo sviluppo del mercato unico e costringere i consumatori europei a subire gli effetti di condizioni regolamentari differenti, di converso le proposte della Commissione appaiono (voler) rimuovere il dato normativo, ossia che la Direttiva Better Regulation e il Regolamento 1211/2009 hanno voluto rispondere all’esigenza di armonizzare la regolamentazione degli Stati membri nel rispetto del principio di sussidiarietà con l’istituzione e l’attribuzione di una pluralità di compiti al BEREC, tra cui lo sviluppo e la diffusione tra le ANR delle “migliori prassi regolamentari” che vengono elaborate ed approvate da gruppi specialistici formati da rappresentanti delle stesse ANR, nonché il riconoscimento di un ruolo centrale nel processo di definizione degli obblighi regolamentari ex art. 7 ss. e nella consulenza alla Commissione per ogni provvedimento, di natura vincolante o non vincolante, che possa incidere sull’applicazione coerente del dirittto comunitario. L’avere avviato a meno di due anni dall’istituzione (formale) del BEREC un processo di consultazione che sostanzialmente negasse l’importante ruolo di supporto all’applicazione armonizzata del diritto comunitario (ed in particolare dell’art. 8 della Direttiva Quadro) svolto in modo crescente dal BEREC appare addirittura contrario al principio di proporzionalità ed ai principi del diritto amministrativo comunitario, tra cui il diritto alla buona amministrazione[116]. In sintesi la proposta di Raccomandazione prevede: (i) l’identificazione del principio di equivalence of inputs come strumento più efficace per garantire l’applicazione del principio di non discriminazione[117][118]; (ii) la definizione delle caratteristiche e degli effetti della replicabilità tecnica delle nuove offerte al dettaglio dell’operatore SMP; (iii) l’identificazione ed imposizione dei Key Performance Indicators (KPI) nella fornitura di servizi all’ingrosso regolamentati, di accordi sul livello di servizio accompagnati da garanzie sul livello di servizio dei prodotti dell’accesso forniti dagli operatori SMP; (iv) l’individuazione di un rimedio applicabile all’accesso all’ingrosso orientato ai costi che sia raccomandato, basato sulla metodologia dei costi di tipo Bottom Up-Long Run Incremental Cost con maggiorazione per il recupero dei costi comuni (BU-LRIC plus) che garantisca prezzi di accesso all’ingrosso stabili ed efficienti che incentivino gli investimenti ed una Regulatory Access Base (RAB) valorizzata a costi correnti per le infrastrutture civili esistenti che siano riutilizzabili; (v) l’applicazione della metodologia dei costi raccomandata, con un periodo di transizione fino al 31 dicembre 2016, fissando una fascia di prezzi entro cui collocare i prezzi medi mensili dell’accesso disaggregato alla rete locale in rame che garantisca la stabilità e la prevedibilità dei prezzi di accesso al rame; (vi) l’applicazione di un modello di regolazione per le reti NGA dell’operatore SMP che garantisca gli obblighi di non discriminazione sugli elementi attivi e passivi delle reti NGA mediante l’equivalence of inputs, gli obblighi di replicabilità tecnica e di replicabilità economica ed infine il monitoraggio degli investimenti destinati alla banda larga NGA a fronte di una non imposizione di prezzi di accesso regolamentati che possano valorizzare la condivisione da parte dei soggetti richiedenti l’accesso di una parte dei costi dell’investimento mediante accordi di durata differenziata e garanzie sui volumi. Ci soffermiamo a valutare se alcuni elementi della Raccomandazione siano effettivamente coerenti con i principi del quadro regolamentare comunitario. I principi della stabilità e della prevedibilità dei prezzi di accesso al rame (art. 8 comma 5 della Direttiva Quadro, come modificata dalla Direttiva Better Regulation) devono essere attuati sia nella prospettiva della necessità di tenere in debita considerazione le “diverse situazioni nazionali” ed il corretto grado di flessibilità che ciascuna ANR deve esercitare per definire il prezzo della rete storica ed il modello per lo sviluppo nell’ambito della sua giurisdizione, sia il principio di proporzionalità che impone di adottare rimedi che siano, nel merito e nella quantificazione, coerenti con il problema competitivo rilevato che si vuole risolvere. In altri termini anche la Raccomandazione in esame ha lo scopo di definire modelli e metodologie relativi all’obiettivo dell’applicazione coerente degli obblighi di non discriminazione e delle metodologie di determinazione dei costi per promuovere la concorrenza Inoltre i principi di stabilità e di prevedibilità dei prezzi di accesso richiamano le ANR ad identificare dei prezzi per i servizi regolati che siano prevedibili, ossia che l’approccio regolamentare sia coerente nell’arco dei periodi di revisione previsti dalla norma. Ma la prevedibilità è un principio che si fonda su una propria coerenza interna, ossia che deve rispondere in modo stabile e prevedibile nel tempo alle proprie specificità nazionali e non implica necessariamente una omogeneità dei valori ai medesimi livelli per tutti i 28 Stati membri, dal Portogallo alla Finlandia. Perciò la definizione di un range di canoni medi mensili di accesso disaggregato alla rete locale in rame tra 8 e 10 euro (prezzi 2012) che sia il parametro della corretta applicazione della metodologia raccomandata appare, a giudizio di chi scrive, uno strumento ultroneo (oltre che dal sapore colbertiano) rispetto all’architettura dei principi regolamentari ed al ruolo delle Raccomandazioni ai sensi dell’art. 19 della Direttiva Quadro, che devono dare gli strumenti per raggiungere in modo armonizzato gli obiettivi dell’art. 8 della Direttiva quadro ma non definire le soluzioni. Peraltro la volontà della Commissione di andare oltre la promozione di una corretta prevedibilità regolamentare e di una garanzia di un approccio regolatore coerente secondo i principi di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità prevedendo una “stabilità delle soluzioni” anziché dei modelli regolamentari e dei rimedi appare in contrasto anche con l’art. 13, comma 2 della Direttiva Accesso che impone alle ANR di provvedere “affinché tutti i meccanismi di recupero dei costi o metodi di determinazione dei prezzi resi obbligatori servano a promuovere l’efficienza e la concorrenza sostenibile ed ottimizzino i vantaggi per i consumatori”. In altri termini la prevedibilità e la stabilità dei modelli regolamentari può (rectius deve) essere raggiunta e garantita a beneficio degli operatori e degli investitori in ciascuno Stato membro, sulla base delle condizioni infrastrutturali e concorrenziali rilevate senza che possa essere imposta una omogeneità quantitativa delle soluzioni decisa “a tavolino” negli uffici della Commissione e contraria intrinsecamente ai principi di proporzionalità, orientamento al costo, efficienza e sviluppo della concorrenza sostenibile. Oltre all’utilizzo improprio dello strumento della Raccomandazione si rileva anche l’incoerenza con l’equilibrio delle funzioni e dei poteri dettato dalle Direttive (e confermato dalla riforma del 2009) tra potere armonizzante della Commissione e garanzia delle specificità nazionali, rafforzate dall’indipendenza dettata dall’art. 3, comma 3 e sublimate nel crescente ruolo attribuito al BEREC anche al fine di garantire la “promozione di … una coerenza normativa maggiore” (art. 3, comma 3 ter). Nel merito i principi introdotti all’art. 5, comma 1 della Direttiva Accesso, ossia l’obbligo per le ANR di garantire un adeguato accesso, un’adeguata interconnessione ed interoperatività dei servizi esercitando le proprie competenze in modo da promuovere l’efficienza economica, una concorrenza sostenibile, investimenti efficienti e l’innovazione appaiono applicati con modalità poco proporzionate poiché la rimozione degli obblighi di imposizione dei prezzi di accesso all’ingrosso regolamentati per gli input attivi sulle NGA risultano virtualmente affiancati da obblighi in materia di replicabilità tecnica ed economica, introduzione di modelli di EoI che risultano però oggetto di una roadmap con l’operatore SMP, soggetti a misure prospettiche di monitoraggio sulle condizioni di concorrenza e sul livello di investimenti destinati alle reti NGA, a verifiche di replicabilità ex post che possono irrimediabilmente danneggiare le dinamiche competitive. Poiché la stabilità e la prevedibilità dell’azione regolamentare è un principio che non si deve applicare soltanto al fattore economico, il presupposto di modelli che siano premianti per gli investimenti e limitino gli oneri regolamentari per le NGA deve fondarsi su modelli di replicabilità tecnica, operativa ed economica testati e adeguatamente presidiati con strumenti di salvaguardia che non consentano comportamenti abusivi difficilmente sanabili ex post. Analogamente la prospettata definizione di quanto debba essere il tempo minimo necessario per promuovere la prevedibilità regolamentare (pari ad almeno due periodi di analisi di tre anni ciascuno) se risponde in modo standardizzato al principio di “prevedibilità regolamentare” dettato dall’art. 8, comma 5 lettera a) Direttiva Quadro ripropone il medesimo rischio di violare il principio di orientamento al costo, a garanzia di una concorrenza efficiente promossa dalla Direttiva Accesso che costituisce il presupposto della promozione della concorrenza e della garanzia dell’assenza di distorsioni e restrizioni della concorrenza che sono analogamente tra gli obiettivi generali del medesimo art. 8 ed il cui presidio è affidato alle ANR secondo la procedura dell’art. 7 ss. La qualificazione del periodo di sei anni (due periodi di analisi di tre anni) come periodo “suggerito” per poter garantire una adeguata prevedibilità regolamentare confligge con la natura espressamente “eccezionale” della proroga “fino ad un massimo di altri tre anni” prevista dall’art. 16, comma 6 della Direttiva Quadro rispetto alla scadenza triennale dell’obbligo di effettuare le analisi di mercato. Alla luce dell’analisi effettuata dei poteri (e dei contropoteri) stabiliti dal quadro regolamentare comunitario e dal ruolo crescente in termini di sindacato giurisdizionale sui principi, sulle procedure e sul merito dell’azione regolamentare che stanno rivendicando i giudici nazionali occorrerà verificare se le decisioni delle ANR che troveranno fondamento non nella motivata e dimostrabile attuazione delle metodologie indicate dalla Commissione, ma invece dalla (presunta) necessità di non esorbitare dai range di prezzo indicati dalla Raccomandazione, ad avviso di chi scrive dovranno essere oggetto di una approfondita verifica in sede giurisdizionale per valutare il rispetto e la corretta attuazione dei principi e degli obiettivi dell’azione regolamentare definiti nel quadro regolamentare comunitario riformato dalla Better Regulation. 6.2. La proposta di Regolamento. Infine esaminiamo la bozza di Regolamento proposta dalla Commissione in data 11 settembre 2013 limitatamente ai profili oggetto del presente approfondimento con la premessa che, da un lato, l’attuale bozza tratteggia gli obiettivi auspicati dalla Commissione nella ripartizione dei poteri rispetto alle ANR ed al BEREC e nell’attuazione delle finalità della regolamentazione ex ante nei mercati rilevanti, dall’altro che non appare scontata l’approvazione da parte del Parlamento europeo prima delle elezioni previste per i giorni 22-25 maggio 2014. La bozza di Regolamento prevede, in sintesi, alcune importanti novità nel panorama regolamentare europeo e diverse modifiche ed integrazioni all’attuale quadro normativo e, specificamente, alle Direttive 2002/20/CE (Direttiva Autorizzazioni) 2002/21/CE (Direttiva Quadro) e 2002/22/CE (Direttiva Servizio Universale) ed ai regolamenti n. 1211/2009 che ha istituito il BEREC e 531/2012 relativo al Roaming sulle reti pubbliche di comunicazioni mobili all’interno dell’Unione, ed in particolare: (i) l’introduzione dell’autorizzazione unica per gli operatori che operano in diversi Stati membri basata sul regime autorizzativo dello Stato membro che si identifica come la sede aziendale collocata in uno Stato membro ove hanno luogo le principali decisioni aziendali in merito agli investimenti ed alla gestione dei servizi e delle reti (artt. 3-7); (ii) la definizione di principi regolamentari comuni applicabili agli Stati membri quando disciplinano l’utilizzo dello spettro radio per le comunicazioni wireless a banda larga nonché l’attribuzione alla Commissione di un potere finalizzato innanzitutto ad armonizzare le condizioni di assegnazione o di riassegnazione dei diritti d’uso. La bozza di Regolamento si propone di definire una tempistica coordinata a livello dell’Unione per l’assegnazione di diritti d’uso per bande di frequenze armonizzate, la durata dell’assegnazione e la relativa cessazione o rinnovo, ma in particolare a sottoporre le condizioni di autorizzazione e d’uso di ciascun Stato membro ad una approfondita procedura di consultazione con la Commissione e le altre competenti autorità nazionali in materia di radiofrequenze della durata di due mesi che può concludersi con l’adozione da parte della Commissione di una decisione indirizzata al competente organismo nazionale che richiede il ritiro della proposta di procedura di autorizzazione o di provvedimento per l’attribuzione di diritti d’uso (artt. 8 – 16). (iii) La definizione di rimedi regolamentari all’ingrosso comuni, identificati da caratteristiche tecniche specifiche, da imporre agli operatori SMP in tutti i mercati nazionali e, conseguentemente, valutarne gli impatti sulla proporzionalità e adeguatezza dell’adozione di diversi rimedi wholesale sulle reti NGA degli operatori SMP, tra cui il servizio VLAN. Inoltre la Commissione propone di introdurre anche un obbligo per tutti gli operatori di offrire un prodotto di connettività end-to-end ad alta qualità che presenti una qualità del servizio garantita ed armonizzata nelle diverse reti secondo parametri tecnici e prestazionali minimi definiti in allegato al Regolamento (art. 17 – 20) . (iv) L’adozione di norme relative alla tutela degli utenti finali che possiamo dividere in due categorie: a. norme informative e contrattuali che impongono agli operatori la pubblicazione di informazioni trasparenti, adeguate e aggiornate su prezzi, costi aggiuntivi, qualità del servizio, limiti di utilizzo (in termini temporali o di uso minimo), condizioni contrattuali, utilizzo da parte di soggetti disabili, modalità di pagamento (artt. 25 – 26), nonché gli obblighi in capo agli operatori per il controllo del consumo con obbligo di notifica al raggiungimento di soglie predeterminate (art. 27), i vincoli di natura contrattuale applicabili agli utenti in caso di risoluzione (art. 28) i diritti alla portabilità dei numeri ed all’inoltro temporaneo ad un nuovo indirizzo di posta elettronica qualora l’uso di un indirizzo sia subordinato alla prosecuzione di un rapporto contrattuale con un fornitore di servizi di comunicazione elettronica (art. 30). b. Norme attinenti alle modalità di fornitura del servizio che impongono un prezzo massimo per le comunicazioni intraeuropee di rete fissa e mobile[119] nonché alla possibilità sia per gli utenti finali che per i fornitori di servizi di comunicazione elettronica, contenuti ed applicazioni di stipulare accordi per la trasmissione di dati o traffico con livelli specifici di qualità del servizio o capacità dedicate, senza che abbia impatti sulla qualità standard dei servizi di accesso ad Internet. Il Regolamento prevede che non possano essere adottate misure di traffic management che discriminino, degradino o blocchino contenuti, servizi o applicazioni con modalità che non siano ragionevoli, trasparenti, non discriminatorie, proporzionate e necessarie (artt. 21 – 23). (v) Infine la Commissione ha voluto proporre una modifica del Regolamento 531/2012 introducendo, dopo soltanto 15 mesi dall’adozione del citato Regolamento (c.d. Roaming III Regulation), un meccanismo che incentivi gli operatori, mediante un modello che prevede la sottoscrizione volontaria da parte degli operatori mobili di accordi bilaterali o multilaterali di roaming, a fornire gradualmente servizi di roaming al medesimo prezzo dei servizi mobili offerti nel territorio nazionale (c.d. roam like at home). La bozza di regolamento presentata dalla Commissione si propone di disciplinare numerosi temi rilevanti, dalla net neutrality[120] alle nuove tariffe di roaming[121], alla gestione delle autorizzazioni e procedure di assegnazione dello spettro radio[122], ma in questo contributo ci limiteremo ad esaminare alla luce dei principi di proporzionalità, adeguatezza, sussidiarietà e non discriminazione le proposte che incidono sulla regolamentazione ex ante e sull’evoluzione in una prospettiva centralizzata e di politica industriale dei principi e degli obiettivi della regolamentazione. La proposta di introduzione dell’autorizzazione unica per gli operatori che operano in diversi Stati membri presenta diverse criticità: innanzitutto la frammentazione dei regimi autorizzatori a livello degli Stati membri è marginale poiché dall’entrata in vigore della Direttiva 2002/21/CE e dal recepimento del modello che prevede la comunicazione di inizio attività (nell’ordinamento italiano una SCIA) e una analitica descrizione dei limitati contenuti della domanda di autorizzazione, le differenziazioni tra gli Stati membri e le difficoltà connesse a fattori amministrativo/burocratici ad acquisire il titolo sono minime. Quindi identificare l’adozione di una autorizzazione unica come un fattore incentivante dell’obiettivo del Single Market è ingiustificato in quanto l’attuale regime rappresenta un onere amministrativo ed un costo marginale per gli operatori e quindi non rappresenta una effettiva barriera all’accesso nei diversi Stati membri. Inoltre la necessità dell’ANR del c.d. Stato membro host (dove è presente l’operatore) di comunicare all’ANR del c.d. Stato membro home (ossia dove ha sede l’operatore) delle informazioni relative all’operatore autorizzato al fine di dare esecuzione agli obblighi ed alle condizioni della fornitura del servizio nel suo territorio minerebbe l’efficacia dell’azione di vigilanza e renderebbe più onerosa e farraginosa l’attività delle ANR violando il principio di proporzionalità. A questo si aggiunga che questo approccio potrebbe facilitare comportamenti opportunistici di scelta della giurisdizione ritenuta più inefficiente nell’adottare provvedimenti di sospensione o di deroga anche in caso di violazioni gravi o ripetute della normativa applicabile e creerebbe due categorie di operatori, di fatto discriminando chi opera in uno solo Stato membro rispetto a chi è presente in più Paesi (c.d. European electronic communications provider)[123]. Infine la proposta di modificare l’art. 7, comma 5 della Direttiva Quadro attribuendo alla Commissione, in caso di un rimedio che debba essere imposto ad un European electronic communications provider, il potere di adottare una decisione che richieda alla ANR di ritirare la misura, rappresenta una misura ingiustificata e discriminatoria poiché collega l’esercizio di un potere centralizzato ad una qualificazione soggettiva senza che vi sia una adeguata motivazione, sottraendo arbitrariamente una significativa parte degli operatori (quelli di dimensioni sovranazionali) alla competenza delle ANR. Inoltre pone in discussione l’equilibrio nel bilanciamento tra poteri centralizzati ed esercitati sussidiariamente dalle ANR sulla base di un requisito autorizzativo privo di rilevanza nel meccanismo di definizione dei rimedi ex artt. 5 e 9-13 della Direttiva Accesso e non contemplato tra i principi dell’art. 8 Direttiva Quadro. In altri termini si attribuisce surrettiziamente agli operatori presenti in più Stati membri, quindi tendenzialmente a quelli di maggiori dimensioni, un “arbitro” diverso che valuta, secondo criteri centralizzati e non necessariamente connessi alle esigenze competitive emerse nel mercato rilevante, la proporzionalità e l’adeguatezza dei rimedi da adottare. Inoltre la definizione di rimedi regolamentari all’ingrosso comuni da imporre agli operatori SMP in tutti i mercati nazionali, identificati da caratteristiche tecniche allegate al Regolamento e la necessità di collegarvi delle valutazione sugli impatti in termini di proporzionalità e adeguatezza dell’adozione di diversi rimedi wholesale sulle reti NGA degli operatori SMP presenta criticità sia in termini di bilanciamento istituzionale dei poteri tra Commissione e ANR che sostanziali. In primis, la scelta di identificare l’European virtual broadband access product con un accesso VLAN, ossia con un prodotto di accesso virtuale e non con un prodotto fisico , già rappresenta una scelta distonica e non giustificata rispetto ad una politica di incentivazione della competizione basata sulle infrastrutture che fino ad ora è stata perseguita ai sensi dei principi dell’art. 8, comma 5 della Direttiva Quadro. Il presupposto della Commissione che un solo prodotto all’ingrosso possa rappresentare una soluzione che risponda alle esigenze tecnologiche e di mercato della varietà delle condizioni concorrenziali e infrastrutturali europee costituisce un duplice problema: innanzitutto fissare in un Regolamento (sebbene mitigato dal potere di adottare atti delegati previsto dall’art. 32 al fine di adattare l’allegato agli sviluppi di mercato e tecnologici) le specifiche tecniche di un prodotto dell’accesso wholesale sminuisce il ruolo che le ANR ed il BEREC possono svolgere in modo più tempestivo ed efficace per adattare i rimedi regolamentari alle esigenze che progressivamente emergono nei singoli mercati rilevanti nazionali. Di fronte ai rischi evidenti che il rimedio deciso a livello centrale possa non rispondere alle esigenze regolamentari rilevate a livello locale oppure sia rapidamente inadeguato tecnologicamente rispetto alle peculiarità delle reti degli operatori SMP ed alle evoluzioni tecnologiche e quindi le ANR, il BEREC e la Commissione si trovino a dover dedicare le proprie risorse a motivare e discutere perche l’European virtual broadband access product sia inadeguato rispetto ad altri rimedi regolamentari (come prevede la bozza di Regolamento in caso di proposta di un diverso rimedio wholesale), la Commissione sembra preferire la scelta (politica) di imporre un approccio centralizzato all’evoluzione regolamentare sulle reti NGA che, ad avviso di chi scrive, non trova giustificazioni né alla luce dei principi di sussidiarietà né di adeguatezza e proporzionalità. Anche la successiva modifica dell’art. 15 della Direttiva Quadro, che stabilisce la procedura ed i criteri per l’individuzione e la definizione dei mercati, appare finalizzato ad ampliare i criteri ed i parametri di valutazione che la Commissione può adottare per definire se un mercato abbia le caratteristiche per giustificare l’imposizione di obblighi regolamentari ex ante. In particolare introduce un nuovo obiettivo dell’azione regolamentare, ossia la promozione della “global competitiveness of the Union economy” e introduce come limiti competitivi da tenere in considerazione anche servizi sinora non valutati e in alcuni casi estranei ai mercati dei servizi di comunicazione elettronica, ma che sono percepiti come prodotti sostitutivi dai consumatori, quali i servizi offerti dagli operatori “over the top”[124]. E’ evidente che il nuovo obiettivo dell’azione regolamentare e il richiamo a soggetti sinora estranei alle analisi nei mercati rilevanti rispondono alla medesima finalità: infatti la competitività dell’economia europea, ed in particolare dei mercati delle comunicazioni europee, ha mostrato la sua inferiorità in termini di capacità di innovazione, quindi non può prescindere dal confronto competitivo con realtà industriali extra-europee che stanno fortemente condizionando lo sviluppo dei servizi di banda larga fissa e mobile. In altri termini la capacità di competere degli operatori europei deve tenere in conto la supremazia degli OTT nell’offrire e nell’integrare nuovi servizi e contenuti. Vediamo ora quali possano essere gli impatti sull’applicazione della regolamentazione ex ante: il richiamo alla competitività globale dell’economia europa sembra richiamare la possibilità che la regolamentazione possa essere strumento di politica economica, in particolare che possano essere individuati in una diversa prospettiva alcuni mercati dei servizi e dei prodotti che consentano agli operatori europei di giocare un ruolo più significativo nella competizione globale, ossia che non ostacolino lo sviluppo degli operatori maggiori ed un processo di consolidamento a livello continentale; nel contempo il richiamo alla presenza sul mercato di servizi offerti da soggetti esterni ai meccanismi del mercato regolato in competizione con gli operatori di comunicazione elettronica (si pensi, ad esempio, ai servizi SMS che stanno subendo una progressiva erosione dall’utilizzo delle email dagli apparati mobili come tablet e smartphone e da servizi come WhatsApp, Viber, Skype, Messenger [125]) può rappresentare un fattore rilevante nel valutare che siano soddisfatti i requisiti dei tre criteri attualmente definiti nella Raccomandazione sui mercati rilevanti del 2007. Se l’analisi è condivisibile, lo strumento regolamentare proposto dalla Commissione non persegue efficacemente l’obiettivo: una raccomandazione sui mercati rilevanti è stata adottata, in prima istanza, con la Raccomandazione 2003/311/CE del febbraio 2003 che ha individuato diciotto mercati rilevanti da sottoporre a regolamentazione ex ante, poi riformata con la Raccomandazione 2007/879/CE del 2007 e che soltanto nel 2014 verrà rivista dalla Commissione[126]. È evidente che dei mercati con un tasso di evoluzione tecnologica e di innovazione così rapida non possono essere soggetti ad una verifica con strumenti come le raccomandazioni che sono elaborati con scadenze cosi ampie poiché non sono in grado di cogliere tempestivamente le evoluzioni che si manifestano nei mercati. Un soluzione adeguata potrebbe essere l’adozione da parte della Commissione di una raccomandazione che evidenzi soltanto le principali modalità attuative dei tre criteri cumulativi atti a identificare la competitività dei mercati e poi delegare alla dialettica tra ANR, BEREC e Commissione l’individuazione e la definizione concreta dei mercati rilevanti, in ultima istanza presidiate dal potere di veto della Commissione. Comunque l’introduzione di nuovi obiettivi e criteri di valutazione, indipendentemente dal modello di individuazione dei mercati rilevanti, in virtù della loro indeterminatezza potrebbero dare luogo ad una maggiore sindacabilità dei criteri da parte dei giudici nazionali, chiamati a valutare i provvedimenti delle ANR secondo le procedure ed i principi nazionali, e quindi ad una maggiore incertezza dell’azione regolamentare. Da ultimo esaminiamo alcuni elementi della proposta di regolamento della Commissione che evidenziano ulteriormente la volontà di rafforzare significativamente la centralità del ruolo della Commissione rispetto al “contropotere” del BEREC ed all’indipendenza riconosciuta alle ANR anche dalla riforma della Better Regulation. Con riferimento all’aggiornamento rispetto alle evoluzioni di mercato e tecnologiche dell’Annex I del Regolamento, che disciplina i parametri minimi per le offerte dei European virtual broadband access products (art. 17, comma 2), e dell’Annex II che definisce i requisiti minimi dell’European ASQ connectivity product (art. 19, comma 5) la Commissione propone al Parlamento ed al Consiglio di farsi attribuire un potere delegato a tempo indeterminato, sottoposto a comunicazione preventiva in fase di esercizio e alla revoca. La proposta della Commissione di farsi attribuire il potere di aggiornare i requisiti dei prodotti che ha ritenuto di identificare a livello centrale come i prodotti armonizzati a livello comunitario (artt. 17 e 19 della proposta di regolamento) rafforza il progetto di centralizzare presso la Commissione non solo il rispetto dell’ “l’ortodossia dei mercati rilevanti e degli operatori SMP” ma di occupare (per fatti concludenti) le funzioni sostanziali ed i poteri attribuiti dalla riforma della Better Regulation alle ANR ed al BEREC, modificando i rispettivi ruoli e l’equilibrio dei poteri. In altre parole la Commissione, non essendo riuscita ad ottenere con la riforma del 2009 il potere di veto sui rimedi regolamentari che sono definiti dalle ANR, con questa proposta vuole definire il rimedio wholesale armonizzato per tutte le fattispecie che necessitano una regolamentazione ex ante negli Stati membri e, invertendo logicamente l’onere della prova, obbligare le ANR a motivare una eventuale adozione di un rimedio wholesale differente. Ad avviso di chi scrive l’approccio proposto dalla Commissione non risponde adeguatamente alle molteplici motivazioni (finanziarie, del mercato retail dei servizi, strategiche) che stanno rallentando lo sviluppo delle reti NGA in Europa e gli strumenti wholesale “armonizzati” che la Commissione propone, autoattribuendosi il ruolo di autorità tecnica di regolamentazione sovranazionale, risulterebbero inadeguati e sproporzionati a risolvere le molteplici sfaccettature tecnologiche e di mercato che emergono, anche a livello sub-nazionale, dalle analisi svolte dalle ANR. Inoltre il meccanismo proposto genererebbero contrasti sull’efficacia dei diversi rimedi wholesale tra la Commissione, il BEREC e le ANR implicando ritardi nell’implementazione delle misure regolamentari e ulteriore incertezza nel sindacato giurisdizionale, ossia acuirebbe l’imprevedibilità regolamentare ed i ritardi nel perseguimento degli obiettivi strategici. L’approccio istituzionale più efficace e più rispettoso dei principi del Trattato potrebbe essere raggiunto con la Commissione che torna ad assumere il ruolo di organo esecutivo dell’Unione che fissa gli obiettivi strategici e le priorità d’azione, nel contempo vigilando, insieme alla Corte di Giustizia, sulla corretta applicazione dei principi del Trattato e del diritto europeo. L’obiettivo di contribuire allo sviluppo del mercato interno, coerentemente con l’art. 7 della Direttiva Quadro, rimane in capo alle ANR a cui si affianca il BEREC con un ruolo operativo di coordinamento (eventualmente rafforzato prevedendo poteri vincolanti nei confronti delle ANR con voto a maggioranza) nello sviluppare in modo flessibile le migliori prassi regolamentari (approcci, metodologie contabili, orientamenti comuni nell’imposizione di rimedi regolamentari) che sono il presupposto per la corretta e tempestiva attuazione del quadro normativo europeo e degli indirizzi strategici della Commissione. Infine la Commissione ha proposto nel regolamento presentato l’11 settembre 2013 di modificare la composizione del Board of Regulators del BEREC (art. 4 del Regolamento n. 1211/2009) prevedendo che il ruolo di presidente venga assunto da soggetto esterno rispetto ai rappresentanti della ANR, che lo svolga con modalità full-time con un mandato triennale ed un incarico in qualità di agente dell’Ufficio. Il Presidente verrebbe selezionato sulla base di una procedura pubblica e nominato dal Board of Regulators, previa approvazione del Management Committee. La nuova figura di un presidente full-time servirebbe per garantire maggiore stabilità e rappresentatività al BEREC e sostituirebbe l’attuale modello della troika che prevede un presidente e due vicepresidenti scelti tra i vertici delle ANR con incarico annuale. È evidente che la somma delle modifiche proposte dalla Commissione all’attuale regime, ossia la nomina di un presidente estraneo ai vertici delle ANR, scelto in prima istanza all’interno di una short-list redatta da Commissione, sottoposto al parere preventivo del Management Committee (art. 7 del Regolamento 1211/2009) dove accanto ad un rappresentante per ciascuna ANR siede anche un rappresentante della Commissione ed, infine, la collocazione del nuovo presidente come dipendente a tempo determinato dell’Ufficio del BEREC, organo comunitario dotato di personalità giuridica (art. 6 del citato Regolamento), rappresentano una significativa limitazione dell’indipendenza che è stata riconosciuta al BEREC in fase di istituzione, frutto del difficoltoso equilibrio raggiunto al termine del complesso confronto istituzionale avvenuto nel trilogo comunitario (cfr. § 3). Probabilmente anche il BEREC potrà avere necessità di una revisione della propria organizzazione allo scopo di sviluppare ulteriormente e diffondere gli importanti orientamenti regolamentari e le proposte metodologiche sviluppate dai Working groups, ma il percorso evolutivo istituzionalmente più corretto per valutare l’operato ed i metodi di lavoro del BEREC (e quindi l’eventuale necessità di modifiche nell’organizzazione e nel modus operandi) è già previsto nel Regolamento istitutivo (art. 25) che prevede una valutazione del BEREC e dell’Ufficio alla luce degli obiettivi, dei mandati e dei compiti definiti nel Regolamento stesso e nei programmi di lavoro da parte della Commissione, da sottoporre al Parlamento europeo ed al Consiglio ed un parere finale del Parlamento sulla relazione valutativa[127].
7. Conclusioni.
Dalla complessiva analisi svolta del quadro regolamentare comunitario (integrato nel 2009 dalle direttive Better Regulation e Citizens’ Rights e dalla recente Raccomandazione), dell’approccio procedimentale della Commissione ai sensi dell’art. 7 e della proposta di Regolamento che la Commissione ha presentato, nonché dall’evoluzione che hanno avuto il ruolo e le competenze delle ANR e del BEREC (anche alla luce degli indirizzi giurisprudenziali), emerge un quadro sicuramente frammentato, nel quale appare difficoltoso individuare un percorso regolamentare, in particolare per lo sviluppo delle reti di nuova generazione, che sia coerente con gli obiettivi di Europa 2020[128] e con la Digital Agenda comunitaria[129]. Sicuramente lo scontro in atto, da un lato, tra la strategia della Commissione che non lesina l’utilizzo, anche strumentale, dei meccanismi di soft-law per indirizzare l’armonizzazione non solo delle analisi dei mercati, ma anche dei rimedi regolamentari applicati rispetto alle ANR ed al BEREC, dall’altro delle ANR e del BEREC che sottolineano, anche con “strappi” istituzionali inusuali, l’importanza essenziale dell’esercizio dell’indipendenza e della discrezionalità nella definizione dei rimedi non rappresenta il presupposto per il raggiungimento di un nuovo e stabile contesto regolamentare per lo sviluppo della banda larga e per il rapido raggiungimento dell’obiettivo di un mercato unico delle telecomunicazioni. Ma dobbiamo chiederci se effettivamente il modello sotteso al progetto di un “Single Market”, ossia una forte concentrazione tra gli operatori presenti nel mercato (sul modello di quanto accaduto negli USA) e delle condizioni regolamentari omogenee in termini di prezzi e di prodotti wholesale che (si presume) incentivino gli investimenti nelle reti di nuova generazione sia effettivamente efficace in un territorio che spazia dal Portogallo ai Paesi Baltici, caratterizzato da una differenziazione estrema in termini di condizioni oro-geografiche, di popolazione e sua densità, reddito procapite, tecnologie utilizzate per l’accesso, topologia della rete e delle infrastrutture civili, costo del lavoro e del capitale, condizioni concorrenziali e sostituibilità con altre infrastrutture fisse (e.g. reti cavo) e mobili. E dal lato dell’offerta se vi siano effettivamente operatori che ipotizzino di espandersi fino a diventare un attore paneuropeo nelle reti fisse di nuova generazione in un contesto culturalmente, politicamente, socialmente e di mercato così frammentato da necessitare significativi costi infrastrutturali e gestionali per essere presente nelle diverse realtà nazionali, peraltro presidiate da operatori consolidati, e nel quale la barriera all’accesso non è, grazie all’intensa ed evoluta azione regolamentare delle ANR a partire dal Regolamento 2887/2000, la disponibilità di un adeguato servizio di accesso all’ingrosso, ma gli investimenti per realizzare una rete sufficientemente capillare per poter accedere a tali offerte wholesale ed essere competitivo nell’offerta di servizi a banda larga grazie alle economie di scala. Una valutazione sulla correttezza della strategia di evoluzione della regolamentazione comunitaria proposta dalla Commissione per rispondere agli obiettivi della strategia Europa 2020 sarà istituzionalmente demandata al Parlamento ed al Consiglio nel corso dell’esame della proposta di Regolamento presentata dalla Commissione, ma avere aggregato nella bozza di Regolamento elementi disomogenei e con diversi gradi di urgenza e di rilevanza potrebbe non aiutare il percorso di approvazione delle attuali proposte. In questo contributo ci limitiamo ad ipotizzare quali possano essere gli effetti della strategia di armonizzazione sinora condotta dalla Commissione e dall’eventuale accoglimento da parte del Parlamento e del Consiglio della proposta di Regolamento in merito al: (i) ruolo del diritto della concorrenza nella prospettiva di una regolamentazione che soggiace alle finalità di politica industriale comunitaria; (ii) ruolo e natura delle Autorità nazionali di regolamentazione nell’attuale contesto economico. Esaminiamo innanzitutto quali possano essere gli impatti della trasformazione dei presupposti dell’azione regolamentare sulle ANR. Come evidenziato ai precedenti § 4.3 e 4.4, le ANR sono sorte inizialmente per rappresentare una cesura al ruolo dello Stato padrone rispetto alle funzioni dello Stato regolatore e sin dal Quadro regolamentare del 2002 è stata espressamente indicata la necessità di una separazione tra le Autorità che svolgevano le funzioni regolatorie ed i soggetti regolati (in particolare gli operatori ex monopolisti, spesso partecipati dallo Stato membro), al fine di rafforzarne l’autonomia organizzativa e l’indipendenza di giudizio. Con la riforma del 2009 il legislatore comunitario ha sottolineato l’esigenza di una indipendenza dagli indirizzi degli organi di Governo e la necessità di una autonomia finanziaria che ne rafforzasse la capacità operativa e, quindi la professionalità e l’autorevolezza. Nell’ordinamento italiano le Autorità indipendenti hanno avuto una controversa collocazione nel panorama istituzionale[130] ed in particolare per AGCom l’“ombrello comunitario” ha rappresentato un importante fattore di salvaguardia delle funzioni[131] e di garanzia di indipendenza. Inoltre l’espresso richiamo del diritto della concorrenza quale fondamento delle analisi di mercato e delle valutazioni sugli operatori SMP ha rappresentato non solo un importante legame con i principi comunitari e costituzionali ma anche un apparato normativo e giurisprudenziale consolidato a cui ancorare la legittimità sostanziale e formale delle proprie decisioni. L’evoluzione prospettata dalla Commissione che trasformerebbe le ANR, almeno per le attività di analisi dei mercati e definizione dei rimedi regolamentari, in: (i) un organo strumentale della Commissione, incaricato della raccolta di dati ed informazioni e di analisi di mercato e contabili, ma privo di un autonomo potere discrezionale che possa incidere sui mercati rilevanti poiché condizionato dalle metodologie, dai range di prezzo e dai servizi wholesale armonizzati determinati dalla Commissione a livello paneuropeo e da una applicazione estensiva del potere di veto; (ii) una istituzione che perderebbe la natura di organo tecnico, titolare del potere di applicare il corpus delle norme concorrenziali in una prospettiva di regolazione ex ante, ma diventerebbe il soggetto incaricato di dare attuazione in Italia alla politica industriale dettata in materia di mercato delle comunicazioni e dei servizi digitali dal legislatore comunitario e indirizzata dalla Commissione. Nel momento in cui la missione primigenia delle ANR venisse snaturata, ossia di essere un’Autorità indipendente e non una pubblica amministrazione servente all’azione di indirizzo politico del Governo in carica, ma divenisse organismo esecutivo dell’azione di indirizzo politico della Commissione europea in carica, tutti gli elementi che dovrebbero essere caratterizzanti un’autorità indipendente e che non siano specificamente definiti a livello comunitario (e g. durata del mandato, criteri di nomina, collocazione istituzionale, modalità di finanziamento) verrebbero probabilmente modificati per trasformare l’ANR in una qualificata pubblica amministrazione dedicata a dare attuazione tecnica anche alle esigenze di politica industriale della maggioranza di Governo al potere. Se, in questa prospettiva, AGCom diventasse il “braccio armato” del Governo nell’ambito di una operazione di separazione funzionale imposta ex art. 50-bis CCE o volontaria ex art. 50-ter CCE nei confronti di un operatore SMP, possiamo presumere che le finalità sottese alle scelte di imporre o accettare determinate modalità di separazione della rete (soprattutto in termini di perimetro dello scorporo e di governance) sarebbe indirizzate da esigenze politiche e sociali e non dai paradigmi regolamentari e concorrenziali oggi previsti dall’art. 50 CCE. Risulta sicuramente parziale esaminare gli esiti dell’inapplicabilità dell’attuale modello di coesistenza tra la Commissione, il BEREC e le ANR nella limitata prospettiva delle dinamiche conflittuali che stanno emergendo sia nei singoli procedimenti di adozione dei rimedi che nella dialettica istituzionale relativa alle recenti proposte della Commissione ma andrebbe invece inquadrato in un contesto più ampio a livello continentale che, senza presunzione di completezza, proviamo a tratteggiare. Innanzitutto l’impasse che si rileva nell’individuare un modello di vigilanza e regolamentazione multicentrico e multilivello efficace e rispondente alle esigenze del mercato trova le sue radici nel sostanziale fallimento di diversi modelli di regolamentazione che la Commissione ha provato ad indirizzare negli ultimi 15 anni: era naufragato all’inizio del nuovo millennio, anche a causa della crisi finanziaria delle web company, innanzitutto il modello service-based, su cui si era fondato l’iniziale processo di liberalizzazione nel mercato della rete fissa, il quale, rispetto all’evoluzione network based su cui era strutturato sin dall’inizio il mercato mobile, era invece condizionato dalla necessità di far crescere degli operatori fortemente dipendenti dalla presenza storica di un operatore storico ex monopolista legale. Anche il modello di una competizione che si basasse su una concorrenza sostenibile, avviata con il Regolamento 2887/2000 che aveva introdotto l’obbligo della fornitura dell’accesso disaggregato alla rete locale e che auspicava la progressiva realizzazione in concorrenza di reti di accesso FTTH o almeno FTTC, ha trovato un significativo ostacolo negli insostenibili costi e tempi per la duplicazione delle reti di accesso in presenza di un mercato caratterizzato da domanda insufficiente e scarsamente propenso a premiare i servizi innovativi e perciò si sta evolvendo più lentamente di quanto auspicato e utilizzando una varietà di soluzioni tecnologiche e regolamentari sulla base delle diverse esigenze infrastrutturali e di mercato. L’attuale difficoltà di individuare una strategia regolamentare condivisa si colloca anche nel contesto storico di una profonda crisi che ha colpito l’Unione europea che ha avuto dapprima radici finanziarie e successivamente gravi ripercussioni industriali. Nel contempo le istituzioni comunitarie hanno sofferto di una grave crisi di identità politica che deve avere come esito la definizione di nuovo modello di sviluppo economico e di regole di convivenza sociale (si pensi alla mancata approvazione della Costituzione europea ed al sorgere di movimenti e spinte sociali antieuropeiste). Gli aspetti richiamati, che possono apparire estranei alle tematiche trattate, hanno avuto significative declinazioni anche nel mercato delle comunicazioni elettroniche: (i) il mercato europeo degli operatori di comunicazione, così come dei produttori di apparati, è stato ed è oggetto di profondo processo di consolidamento; (ii) anche gli incumbent europei consolidati quali Orange, Telefonica, KPN e, da ultimo, Telecom Italia hanno subito importanti flessioni nei loro ricavi e subito gli effetti di politiche competitive su base del prezzo (e.g. l’ingresso nel mercato mobile francese dell’operatore Free del gruppo Iliad); (iii) il modello comunitario di sviluppo del mercato comune delle comunicazioni ha sopportato rilevanti “attacchi”: innanzitutto dall’introduzione nella legge 22 giugno 2004 sulle telecomunicazioni (TKG) della Repubblica Federale di Germania di nuove disposizioni con la legge 18 febbraio 2007 che prevedevano una “regulatory holiday” nei nuovi mercati con “l’obiettivo di promuovere investimenti efficienti in materia di infrastrutture e incoraggiare l’innovazione”, poi censurata dalla Corte di Giustizia per violazione degli artt. 8 comma 4 della Direttiva Accesso, 6, 7, 8 comma 1 e 2, 15 comma 3, 16 della Direttiva Quadro e 17, comma 2 della Direttiva Servizio Universale[132]. Inoltre è stata rilevante l’adozione in alcuni Stati membri di misure di separazione funzionale che non ricadevano nell’alveo delle misure e del modello regolamentare previsto nel nel quadro regolamentare comunitario (i.e. il modello di EoI adottato da British Telecom con OpenReach[133], la separazione funzionale in due divisioni delle attivita’ della telefonia fissa (retail e gestione della rete/wholesale) di Telekomunikacja Polska adottata dal regolatore polacco UKE e la separazione funzionale con l’adozione di un modello di EoO mediante la creazione della divisione Open Access da parte di Telecom Italia[134]). Al fine di raggiungere gli sfidanti obiettivi dell’Agenda digitale europea gli attori del quadro comunitario (Commissione, BEREC, ANR) devono innanzitutto ripensare un nuovo modello che trovi un equilibrio tra le esigenze di armonizzazione nella prospettiva del mercato comune e il principio (rectius la necessità) della sussidiarietà, ossia di una applicazione che tenga in “debito conto la varietà delle condizioni attinenti alla concorrenza e al consumo nelle diverse aree geografiche”. Come abbiamo esaminato la Commissione aveva proposto con la riforma del Terzo Pacchetto Telecom un modello di centralizzazione in via legislativa progettando una revisione del quadro regolamentare con l’introduzione di una Autorità europea (ETMA) quale presupposto dell’ampliamento del suo potere di armonizzazione, ma ha riscontrato il fallimento della dialettica con il Parlamento europeo ed il Consiglio (cfr. § 3). A valle dell’entrata in vigore della Direttiva Better Regulation la Commissione sta cercando di ottenere un pieno coordinamento delle politiche regolamentari in via procedimentale mediante l’adozione di numerose Fasi II invocando i seri dubbi sulla compatibilità con il diritto comunitario ai sensi dell’art. 7 e, in caso di mancato raggiungimento di una misura condivisa, formulando una raccomandazione nei confronti dell’ANR interessata. Il modello di mediazione informale auspicato dalla più attenta dottrina[135] alla luce dell’art. 7-bis sta fallendo poiché, a fronte delle spinte centraliste della Commissione, il BEREC, reso molto più efficace e produttivo rispetto all’ERG dall’affiancamento dell’Ufficio che lo supporta nei propri compiti istituzionali, sta acquisendo crescente autorevolezza e diventando un contropotere di stampo “tecnico” rispetto alla Commissione supportando in modalità quasi “sindacali” e in modo coerente con il bilanciamento dei poteri previsti dalla Better Regulation, le istanze di indipendenza delle ANR nella determinazione dei rimedi regolamentari ex ante. In merito alla coerenza con i principi regolamentari della Raccomandazione della Commissione adottata l’11 settembre 2013 abbiamo già espresso alcune perplessità nel precedente § 6.1 e, ad avviso di chi scrive, il percorso intrapreso dalla Commissione non aiuta a trovare un nuovo equilibrio tra armonizzazione centralizzata e valorizzazione delle specificità nazionali. Un ulteriore, importante effetto nel mercato delle comunicazioni elettroniche della crisi economica e della crisi di ruolo delle istituzioni comunitarie è rappresentato dal prevalenza che ha assunto nell’attività della Commissione il ruolo di stratega della politica industriale del mercato comune rispetto al custode della coerenza con il diritto della concorrenza. La Commissione ha, sin dall’entrata in vigore del nuovo quadro comunitario del 2002, interpretato il proprio ruolo di custode de “l’ortodossia dei mercati rilevanti e degli operatori SMP” attraverso le raccomandazioni e le lettere di commento ex art. 7 controllando, per quanto consentito dall’equilibrio delle competenze disegnato dalle Direttive, ogni applicazione decentrata del diritto comunitario. Il modello ancora ribadito dalla Direttiva 2009/140/CE secondo cui “Lo scopo è ridurre progressivamente le regole settoriali ex ante specifiche via via che aumenta il grado di concorrenza sul mercato, per arrivare infine a un settore delle comunicazioni elettroniche disciplinato esclusivamente dal diritto della concorrenza. Tenuto conto del fatto che i mercati delle comunicazioni elettroniche hanno mostrato una forte dinamica competitiva negli ultimi anni, è essenziale che gli obblighi regolamentari ex ante siano imposti unicamente in assenza di una concorrenza effettiva e sostenibile.” appare non indirizzare compiutamente il modello di evoluzione regolamentare che, a partire dalla Direttiva Better Regulation, il legislatore comunitario ha chiaramente tracciato e che trova ulteriori (eccessivi?) elementi nella Raccomandazione e nel Regolamento recentemente proposto dalla Commissione. Infatti tra i principi e gli obiettivi introdotti nella Direttiva Quadro spiccano la prevedibilità regolamentare e la promozione di investimenti efficienti ed innovazione in infrastrutture nuove e migliorate. Quindi il modello regolamentare concretamente non lascia che la “mano invisibile del mercato” trovi un suo equilibrio competitivo, anche in termini di dinamica industriale che indirizza l’offerta ad attrezzarsi per far fronte ad una domanda crescente di banda larga e di servizi innovativi, ma indirizza fattivamente quale concorrenza ritiene che sia più adeguata a raggiungere gli obiettivi regolamentati e, in ultima istanza, gli obiettivi di sviluppo di un modello europeo di crescita economica definiti dall’Agenda digitale europea e di “competitività globale dell’economia dell’Unione”[136] Perciò il principio che vedeva una regolamentazione transitoria e recessiva far spazio al diritto della concorrenza non appare, nel medio periodo, uno scenario probabile anche perché la definizione di “concorrenza effettiva e sostenibile” prevista dal legislatore comunitaria si sta continuamente evolvendo passando dall’unbundling alle reti di nuova generazione. Si pone perciò il quesito di quale debba essere il ruolo del diritto della concorrenza tra i principi dell’azione regolamentare delle ANR nella prospettiva di una regolamentazione che soggiace alle finalità di politica industriale comunitaria. Deve limitarsi a garantire che le poche reti di nuova generazione oppure l’unica rete di accesso scorporata dall’operatore ex monopolista sia resa accessibile a tutti gli attori del mercato con modalità non discriminatorie? E qualora si trovi a regolare i prezzi all’ingrosso dell’operatore di rete che ha incorporato le reti di accesso in un regime di monopolio quali criteri e quali priorità, anche in termini di neutralità tecnologica, dovrà seguire per contemperare la solidità gestionale dell’operatore monopolista della rete di accesso e la sua capacità di investire per realizzare nuove infrastrutture? Come dovrà regolare la concorrenza che potrebbe svilupparsi grazie ad altre infrastrutture (i.e. le reti wireless)? Ed, inoltre, questo sostegno all’innovazione come si contempera con il benessere del consumatore finale? In altre parole, le esigenze di politica industriale dell’Agenda digitale potranno giustificare una condizione recessiva dei principi della concorrenza? Ed, infine, in un mercato dove la concorrenza potrebbe essere “sacrificata” temporaneamente nella prospettiva di un piano di sviluppo dell’ innovazione dei servizi e delle reti necessario alla competitività del Paese, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato potrà svolgere procedimenti su tematiche oggetto della regolazione (come è pacifico nella giurisprudenza comunitaria e come si è riscontrato nel recente provvedimento A428 concluso con una rilevante sanzione nei confronti di Telecom Italia) oppure si dovranno applicare temporaneamente deroghe analoghe all’art. 25 della L. 287/90 per attuare “rilevanti interessi generali dell’economia nazionale nell’ambito dell’integrazione europea”? Oppure l’AGCM potrebbe transitoriamente trasferire le proprie competenze in materia concorrenza sulle tematiche delle comunicazioni elettroniche all’Autorità di regolamentazione affinché un unico soggetto pubblico, in parallelo con la Commissione, svolga il necessario sforzo di coordinamento della regolamentazione in una prospettiva competitiva del settore in attesa che gli obiettivi in tema di innovazione delle infrastrutture e dei servizi ai cittadini, alle imprese ed alla PA siano raggiunti? Potrebbe essere utile porsi preliminarmente queste domande, che appaiono provocatorie, affinché si possano ponderare i costi/benefici delle modalità attuative delle politiche di regolazione del mercato e, a monte, si possano identificare prospetticamente i rischi e le opportunità di scelte politiche di strategie regolatorie che sembrano palesarsi nell’orizzonte comunitario che possono incidere significativamente sull’evoluzione dei mercati delle comunicazioni elettroniche e, in ultima istanza, sul benessere del consumatore.
Note
[*] Il presente contributo è stato preventivamente sottoposto a referaggio anonimo affidato ad un componente del Comitato di Referee secondo il Regolamento adottato da questa Rivista. [1] Come noto in Italia l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, istituita con L. 31 luglio 1997 n. 249, è identificata come Autorità nazionale di regolamentazione ai sensi dell’art. 7, comma 2 CCE ed esercita, per i mercati delle comunicazioni elettroniche, le competenze derivanti dalla L. 14 novembre 1995 n. 481, dalla stessa legge istitutiva e dal Codice delle comunicazioni elettroniche. [2] Con la definizione di nuovo quadro regolamentare del 2002 si intende un pacchetto di direttive comunitarie adottate al fine di disciplinare le reti di trasmissione ed i servizi correlati frutto della convergenza tecnologica delle telecomunicazioni, dei media e delle tecnologie dell’informazione. Il quadro nomrativo è costituito dalla Direttiva 2002/21/CE che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva Quadro), la Direttiva 2002/20/CE relativa alle autorizzazioni per e reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva Autorizzazioni), la Direttiva 2002/19/CE relativa all’accesso alle reti di comunicazione elettronica e delle risorse correlate nonché all’interconnessione delle stesse (direttiva Interconnessione) e della Direttiva 2002/22/CE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e servizi di comunicazione elettronica (direttiva Servizio universale). Tale quadro normativo espressamente non disciplina i contenuti. [3] Il quadro normativo dell’Unione europea per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica è stato riformato con la Direttiva 2009/136/CE del 25 novembre 2009 recante modifica delle direttive 2002/22/CE, 2002/58/CE relativa al trattamento dei dati personale e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche e del Regolamento (CE) n. 2006/2004 sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa a tutela dei consumatori (c.d. Citizens’ Rights), nonché con la Direttiva 2009/140/CE del 25 novembre 2009 recante modifica delle direttive 2002/21/CE, 2002/19/CE e 2002/20/CE (c.d. Better Regulation) e, infine, con il Regolamento (CE) n. 1211/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2009 che ha istituito l’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC) e l’Ufficio. [4] Si riporta di seguito il contenuto integrale dell’art. 50-ter CCE che disciplina la “separazione volontaria da parte di un’impresa verticalmente integrata” nel settore delle comunicazioni elettroniche: Le imprese che siano state designate come aventi un significativo potere di mercato in uno o più mercati rilevanti ai sensi dell’articolo 19 informano anticipatamente e tempestivamente l’Autorità al fine di consentire alla stessa di valutare l’effetto dell’auspicata transazione, quando intendono trasferire i loro beni relativi alle reti di accesso, o una parte significativa degli stessi, a un soggetto giuridico separato sotto controllo di terzi, o qualora intendano istituire un’entità commerciale separata per fornire a tutti i fornitori al dettaglio, comprese le sue divisioni al dettaglio, prodotti di accesso pienamente equivalenti. Le imprese devono inoltre informare l’Autorità in merito ad eventuali cambiamenti di tale intenzione, nonché del risultato finale del processo di separazione. 2. L’Autorità valuta l’effetto della transazione prevista sugli obblighi normativi esistenti in base al Codice. A tal fine, conduce un’analisi coordinata dei vari mercati relativi alla rete d’accesso secondo la procedura di cui all’articolo 19 del Codice. Sulla base della sua valutazione impone, mantiene, modifica o revoca gli obblighi conformemente agli articoli 11 e 12 del Codice. 3. L’entità commerciale separata dal punto di vista giuridico o operativo può essere soggetta a uno qualsiasi degli obblighi di cui agli articoli da 46 a 50 in ogni mercato specifico nel quale è stato stabilito che l’entità dispone di un significativo potere di mercato ai sensi dell’articolo 19 oppure a qualsiasi altro obbligo autorizzato dalla Commissione conformemente all’articolo 45, comma 3. 4. Qualora intenda cedere tutte le sue attività nelle reti di accesso locale, o una parte significativa di queste, a un’entità giuridica separata appartenente a una proprietà diversa, l’impresa designata conformemente al comma 1 informa preventivamente e tempestivamente l’Autorità per permetterle di valutare l’effetto della transazione prevista sulla fornitura dell’accesso in postazione fissa e sulla fornitura dei servizi telefonici ai sensi dell’articolo 54. L’Autorità può imporre, modificare o revocare gli obblighi specifici conformemente all’articolo 28, comma 2”. I profili applicativi del procedimento di separazione volontaria sono stati analizzati dal BEREC, organismo costituito dale ANR degli Stati membri con funzioni di di indirizzo e consultive istituito dal Regolamento 1211/2009 con le linee guida contenute nella “BEREC Guidance on functional separation under Articles 13a and 13b of the revised Access Directive and national experiences”, febbraio 2011 (BoR (10) 44 Rev1). [5] Poiché in merito all’ipotesi presentata da Telecom Italia il 30 maggio 2013 di separazione volontaria ex art. 50-ter si è riscontrato un ampio interesse mediatico che ha mescolato (rectius confuso) profili regolamentari, strategici, societari, occupazionali e di politica industriale, preliminarmente evidenziamo che il presente contributo si limita ad esaminare i profili regolamentari, comunitari e le implicazioni giurisdizionali dell’analisi dei mercati e dell’imposizione agli operatori SMP di obblighi regolamentari ex ante, con particolare attenzione ai mercati dell’accesso ed all’ipotesi di una eventuale separazione volontaria ed art. 50-ter che implicherebbe l’analisi di questi medesimi mercati, mentre non analizza, se non nella misura in cui rappresentano elementi fattuali che incidono sulle valutazioni regolamentari, i seguenti elementi: (ι) il possibile ingresso nel capitale sociale di Telecom Italia con partecipazioni rilevanti o di controllo di altri operatori presenti nel mercato italiano; (ιι) le trattative con Cassa Depositi e Prestiti relative al capitale sociale e alla governance della nuova società a cui potrebbero essere conferiti gli asset della rete di accesso che, quindi, potrebbero trasformare il modello di separazione da trasferimento ad una entità commerciale soggetta al controllo dell’operatore verticalmente integrato ad un conferimento ad una società con controllo di terzi (vedi art. 50-ter comma 4 CCE); (ιιι) l’eventuale avvio da parte di AGCom di uno o più procedimenti di inottemperanza nei confronti di Telecom Italia per la possibile violazione degli impegni approvati con la delibera 718/08/CONS, alla luce delle risultanze emerse nell’ambito dei procedimenti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato A428 (che ha portato all’irrogazione in capo a Telecom Italia di una sanzione pari a euro 103 milioni per abuso di posizione dominante) e I761 (ancora in corso, avente ad oggetto una presunta intesa nella fornitura di servizi di manutenzione correttiva per i servizi di accesso alla rete fissa ad opera di imprese di manutenzione tecnica, poi estesa soggettivamente anche a Telecom Italia); (ιϖ) l’eventuale conferimento alla costituenda società dell’accesso (denominata OPAC), inizialmente controllata da Telecom Italia, di infrastrutture o di rami d’azienda di altre società operanti nel mercato dell’accesso (e.g. Metroweb), con le relative implicazioni competitive (ϖ) la valutazione delle tempistiche dell’analisi dei profili concentrativi o cooperativi e delle possibili richieste della competente Autorità della concorrenza con riferimento ai precedenti punti (i) , (ii) e (iv) nonché delle eventuali procedure applicabili in materia di aiuti di Stato; (ϖι) l’evoluzione dell’assetto del settore delle comunicazioni in Italia, incluse l’ipotesi di eventuali concentrazioni di altri operatori nei mercati rilevanti; (ϖιι) l’adozione di uno o più regolamenti ex art. 17, comma 1 L. 23 agosto 1988 n. 40 con i quali individuare le reti e gli impianti anche di comunicazioni alle quali applicare i poteri speciali inerenti gli attivi strategici previsti dall’art. 2 del Decreto legge 15 marzo 2012 n. 21, convertito con modificazioni alla L. 11 maggio 2012 n. 56. [6] In particolare il legislatore comunitario si era focalizzato sull’armonizzazione della disciplina dei procedimenti autorizzativi e dei relativi requisiti, rimuovendo i molteplici regimi concessori ed i diritti speciali ed esclusivi, sulla definizione e sul finanziamento del servizio universale mentre per la qualificazione dell’operatore avente significativo potere di mercato aveva indicato un parametro quantitativo (25% del mercato rilevante, senza ulteriori analisi sulle caratteristiche del mercato) che fosse piuttosto semplice da applicare per le autorità nazionali di regolamentazione di recente costituzione. In dottrina si rinvia a F. Bonelli – S. Cassese (a cura di), La disciplina giuridica delle telecomunicazioni, Milano 1999; L. Radicati di Brozolo, Il diritto comunitario delle telecomunicazioni, Torino, 1999. [7] Per direttive di liberalizzazione si intendono i provvedimenti adottati dalla Commissione europea ai sensi dell’art. 86, comma 3 del Trattato CE: 90/388/CE Concorrenza nelle telecomunicazioni; 94/46/CE servizi via satellite; 95/51/CE Uso di reti televisive via cavo; 96/02/CE Servizi mobili; 96/19/CE Full competition. [8] Le direttive di armonizzazione sono state adottate ai sensi dell’art. 95 del Trattato CE e sono: 90/387/CE su Open Network Provision (ONP), come modificata dalla direttiva 95/51/CE, 92/44/CE su linee affittate; 97/13/CE su autorizzazioni generali e licenze individuali; 97/33/CE su interconnessione, servizio universale e interoperatività, come modificata dalla direttiva 98/61/CE; 98/10/CE su ONP per la telefonia vocale e servizio universale; 98/61/CE sulla portabilità del numero e la preselezione del vettore. [9] Cfr., ad esempio, sentenze Corte di Giustizia del 19 marzo 1991, causa C-202/88 Francia c. Commissione, e del 17 novembre 1992, cause riunite C-271/90, C-281/90 e C-289/90 Spagna e a. c. Commissione. [10] La letteratura sui profili giuridici ed economici sul nuovo quadro regolamentare è molto vasta, si richiamano alcuni contributi: L. Radicati di Brozolo, Il nuovo quadro delle comunicazioni elettroniche, Convergenza, concorrenza, regolazione e asimmetria, in Mercato Concorrenza e Regole, n. 3, 2002, pag. 575; M. Siragusa – S. Ciullo, Il nuovo quadro regolatorio delle comunicazioni e i rapporti con il diritto della concorrenza, ibidem, pag. 511 ss.; F. Bassan, Concorrenza e regolazione nel diritto comunitario delle comunicazioni elettroniche, Torino, 2002; G. Morbidelli – F. Donati (a cura di), Comunicazioni: verso il diritto della convergenza? Torino, 2003; E. Pontarollo – A Oglietti, Regole e regolatori nelle telecomunicazioni europee, Bologna, 2003; M. Clarich – G.F. Cartei (a cura di), Il codice delle comunicazioni elettroniche, Milano, 2004; R. Perez (a cura di), Il nuovo ordinamento delle comunicazioni elettroniche, Milano, 2004; G. Della Cananea, Il nuovo governo delle comunicazioni elettroniche, Torino, 2005; G. Morbidelli – F. Donati (a cura di), L’evoluzione del sistema delle comunicazioni tra diritto interno e diritto comunitario, Giappichelli, Torino, 2005; F. Bruno – G. Nava, Il nuovo ordinamento delle comunicazioni, Milano, 2006; F. Donati, L’ordinamento amministrativo delle comunicazioni, Torino, 2007. [11] Appare inoltre rilevante l’ampia previsione da parte del legislatore comunitario dell’utilizzo di strumenti di soft-law, come la costituzione di un Comitato per le Comunicazioni (CoCom) che ha assorbito le competenze attribuite nel quadro regolamentare Open Network Provision (ONP) al Comitato Licenze ed al Comitato ONP (art. 22 Direttiva Quadro). [12] Cfr. Raccomandazione 17 dicembre 2007, n. 2007/879/CE, par. 5 :“Per individuare i mercati che possono essere oggetto di una regolamentazione ex ante, è opportuno applicare i seguenti criteri cumulativi. Il primo criterio è la presenza di forti ostacoli non transitori all’accesso, che possono essere di carattere strutturale, giuridico o normativo. Tuttavia, dato il carattere dinamico e il funzionamento dei mercati delle comunicazioni elettroniche, quando si effettua un’analisi prospettiva per individuare i mercati rilevanti che possano eventualmente essere oggetto di regolamentazione ex ante, è opportuno tenere in considerazione anche le possibilità di superare tali ostacoli nell’arco di tempo considerato. Per questo motivo, a norma del secondo criterio sono ammissibili esclusivamente quei mercati la cui struttura non tenda a produrre condizioni di concorrenza effettiva nell’arco di tempo considerato. L’applicazione di tale criterio comporta l’esame della situazione della concorrenza al di là degli ostacoli all’accesso. Il terzo criterio è che l’applicazione del diritto della concorrenza non sarebbe di per sé sufficiente a rimediare ai fallimenti di mercato esistenti”. In precedenza, si faceva riferimento alla Raccomandazione 11 febbraio 2003, n. 2003/311/CE, par. 9. A livello nazionale, l’AGCom ha utilizzato il triplo test, ad esempio, con riferimento al mercato della terminazione SMS su reti mobili (delibera 185/13/CONS del 28 febbraio 2013), al mercato dell’accesso e della raccolta delle chiamate nelle reti telefoniche pubbliche mobili (delibera 65/09/CONS del 13 febbraio 2009), al mercato dei servizi telefonici locali, nazionali e fisso-mobile disponibili al pubblico e forniti in postazione fissa (delibera 284/10/CONS) e al mercato dei segmenti interurbani di linee affittate – c.d. segmenti trunk (delibera 2/10/CONS); in tutti questi i casi i suddetti mercati sono stati ritenuti non suscettibili di regolamentazione ex ante poiché il triplo test non è stato superato. [13] L’ANR può imporre: (i) obblighi di trasparenza in relazione all’interconnessione ed accesso ex art. 46 CCE prevedendo la pubblicazione di informazioni di natura contabile, tecnica ed economica tra cui un’offerta di riferimento disaggregata soggetta alle modifiche dell’Autorità; (ii) obblighi di non discriminazione in relazione all’interconnessione ed all’accesso ex art. 47 CCE; (iii) obblighi di separazione contabile in relazione a specifiche attività nell’ambito dell’interconnessione ed accesso ex art. 48 CCE; (iv) obblighi di accesso e di uso di determinate risorse di rete, secondo principi di equità, ragionevolezza e tempestività; (v) obblighi in materia di controllo dei prezzi e contabilità dei costi, tra cui l’obbligo di orientamento ai costi e di disporre un sistema di contabilità dei costi anche indipendente da quella utilizzato dagli operatori e verificato da un organismo indipendente. [14] Vedi la 1999 Communications Review. [15] Si fa riferimento, in particolare, al contributo di L. Saltari, I procedimenti comunitari composti: il caso delle telecomunicazioni, in Riv. Trim. Dir. Pubbl. 2005, 02, pag. 389. [16] Poiché non è presente una disciplina comunitaria in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascu stato designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurlai dei ricorsi amministrativi che devono garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto comunitario, purché tali modalità, da un lato, non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) né, dall’altro, rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (principio di effettivita’) vedi le sentenze 17 giugno 2004 Causa C-30/02, Recheio – Cash & Carry, racc. pag. i-6051 punto 17 e 7 giugno 2007, cause riunite da C-222/05 a C-225/05 Van Del Weerd e a., racc. pag. i-4233 punto 28. [17] Sul tema si rinvia a R. Perna, The judicial review in the field of telecommunications: case law examples of confirmations of NRA decisions, annulment of NRA decisions, Workshop on the Implementation of the Law on Electronic Communications in administrative court proceedings, Belgrado, 28-29 gennaio 2013. Con riferimento alla più recente giurisprudenza relative ai limiti del sindacato giurisdizionale nei confronti delle scelte regolamentari dell’Agcom, si vedano le sentenze Tar Lazio 21 giugno 2013, n. 6259 (“la legittimità di un controllo giudiziale forte ed incisivo, orientato ad una piena ed effettiva tutela delle situazioni giuridiche soggettive dedotte in controversia, puntualizzando che il Giudice amministrativo può, con piena cognizione, accertare i fatti considerati nel procedimento amministrativo nonché il processo valutativo attraverso il quale l’Autorità indipendente è pervenuta all’applicazione della regola giuridica. Il sindacato intrinseco del giudice viene ritenuto comprensivo anche di un riesame delle valutazioni tecniche operate dall’Autorità come pure dei principi economici e dei concetti giuridici indeterminati applicati (Cons. St., VI, 20.2.2008, n. 595; id., 8.2.2007, n. 515) e tale da essere condotto dal giudice facendo ricorso a regole e conoscenze tecniche appartenenti alle stesse discipline applicate dall’Amministrazione, anche con l’aiuto di periti (Cons. St., VI, 23.4.2002, n. 2199)”) e Consiglio di Stato 28 marzo 2013, n. 1837 (“Anche materie o discipline connotate da un forte tecnicismo settoriale […] sono rette da regole e principi che, per quanto “elastiche” o “opinabili”, sono pur sempre improntate ad una intrinseca logicità e ad un’intima coerenza, alla quale anche la p.a., al pari e, anzi, più di ogni altro soggetto dell’ordinamento in ragione dell’interesse pubblico affidato alla sua cura, non può sottrarsi senza sconfinare nell’errore e, per il vizio che ne consegue, nell’eccesso di potere. Pertanto, il giudice amministrativo deve poter sempre verificare […] se la p.a. abbia fatto buon governo delle regole tecniche e dei procedimenti applicativi che essa ha deciso, nell’ambito della propria discrezionalità, di adottare per l’accertamento o la disciplina di fatti complessi e se la concreta applicazione di quelle regole a quei fatti, una volta che esse siano prescelte dalla p.a., avvenga iuxta propria principia”). [18] Linee direttrici della Commissione per l’analisi del mercato e la valutazione del significativo potere di mercato ai sensi del nuovo quadro normativo comunitario per le reti e i servizi di comunicazione elettronica , in GUCE n. C165 dell’11 luglio 2002. [19] Il testo normativo richiama espressamente l’equivalenza tra i concetti di significativo potere di mercato (SMP), di matrice regolamentare, e la posizione dominante, di stampo concorrenziale (vedi art. 17 comma 2 CCE). Per la definizione di posizione dominante si richiama la tradizionale qualificazione risalente alla sentenza della Corte di Giustizia, caso 85/76, Hoffmann-La Roche del 13 febbraio 1979 in Racc. 1979, pag. 461 che definisce la posizione dominante: “una situazione di potenza economica grazie alla quale l’impresa che la detiene è in grado di ostacolare la persistenza di una concorrenza effettiva sul mercato di cui trattasi ed ha la possibilità di tenere comportamenti alquanto indipendenti nei confronti dei suoi concorrenti, dei suoi clienti e, in ultima analisi, dei consumatori”. [20] La Commissione ha adottato una prima Raccomandazione dei mercati rilevanti dei prodotti e dei servizi l’11 febbraio 2003 (C2003/497) con la quale sono identificati sei mercati al dettaglio ai sensi dell’art. 17 della Direttiva Servizio Universale, un mercato relativo ad un insieme minimo di linee affittate ex art. 16 della Direttiva Servizio Universale e undici mercati all’ingrosso tra cui i servizi di radiodiffusione televisiva per la trasmissione dei contenuti. Successivamente è stata adottata una nuova Raccomandazione in data 17 dicembre 2007 con la quale, grazie all’evoluzione, anche tecnologica, delle caratteristiche dei prodotti e dei servizi, ed ai cambiamenti in termini di sostituzione della domanda e dell’offerta, sono stati significativamente ridotti i mercati rilevanti, in particolare quelli al dettaglio (ridotti ad uno, relativo all’accesso alla rete telefonica pubblica in postazione fissa per clienti residenziali e non residenziali), mentre sono sono stati rilevati sei mercati all’ingrosso (raccolta delle chiamate nella rete telefonica pubblica in postazione fissa; terminazione delle chiamate su singole reti telefoniche pubbliche in postazione fissa; accesso all’ingrosso (fisico) alle infrastrutture di rete (ivi compreso l’accesso condiviso o pienamente disaggregato) in postazione fissa; accesso a banda larga all’ingrosso; fornitura all’ingrosso di segmenti terminali di linee affittate, indipendentemente dalla tecnologia utilizzata per fornire la capacità affittata o riservata; terminazione di chiamate vocali su singole reti mobili). La Raccomandazione adottata nel 2007 è attualmente oggetto di revisione da parte della Commissione per verificare se l’identificazione dei mercati rilevanti sia tuttora coerente con l’evoluzione dei prodotti e dei servizi nonché della domanda e dell’offerta e dovrebbe essere riformata nel 2015. [21] Per quanto riguarda i mercati di cui all’allegato della previgente Raccomandazione 2003/311/CE, che non figurano nell’elenco di cui all’allegato della vigente Raccomandazione, le autorità nazionali di regolamentazione avrebbero dovuto applicare la prova dei tre criteri per valutare se, sulla base delle circostanze nazionali, un mercato potesse ancora essere oggetto di regolamentazione ex ante. Per i mercati elencati nella vigente Raccomandazione, un’autorità nazionale di regolamentazione può comunque scegliere di non effettuare un’analisi di mercato se stabilisce che il mercato in questione non soddisfa i tre criteri. Per i mercati non inclusi nell’elenco della vigente Raccomandazione le autorità nazionali di regolamentazione devono innanzitutto applicare la prova dei tre criteri al mercato interessato ed individuare mercati diversi da quelli inclusi nella vigente Raccomandazione, purché ciò avvenga conformemente all’articolo 7 della direttiva 2002/21/CE, ossia definiti sulla base dei principi della concorrenza esposti nella comunicazione della Commissione sulla definizione di mercato rilevante ai fini del diritto comunitario della concorrenza (1) ed in conformità agli orientamenti comunitari per l’analisi del mercato e le modalità di valutazione del potere di mercato significativo (2) nonché soddisfare i tre criteri descritti alla nota 12 Occorre sottolineare che la mancata notifica di un progetto di misura che influisce sul commercio fra Stati membri, così come la mancata effettuazione dell’analisi di mercato potrebbe dare luogo all’avvio di una procedura di infrazione da parte della Commissione (si veda anche Corte di Giustizia, ordinanza 12 dicembre 2007, T-109/06, Vodafone España). [22] Come abbiamo visto tra i principali mercati rilevanti che, a valle della verifica del soddisfacimento dei tre criteri, sono stati ritenuti da AGCom come non rispondenti ai requisiti per una regolamentazione ex ante si possono ricordare il mercato della raccolta dei servizi da rete mobile (delibera 65/09/CONS), il mercato dei servizi telefonici locali, nazionali e fisso-mobile disponibili al pubblico e forniti in postazione fissa (284/10/CONS), il mercato dei segmenti interurbani di linee affittate – c.d. segmenti trunk (delibera 2/10/CONS) e, più recentemente, il mercato della terminazione di servizi SMS su singole reti mobili (delibera185/13/CONS). [23] Unico elemento di differenziazione nell’applicazione delle analisi dei mercati geografici rilevanti è la possibilità di segmentare su base geografica sub-nazionale, come previsto dalla Direttiva 140/2009/CE nella riforma dell’art. 8, comma 5 e) e art 15 comma 3 e dalla Raccomandazione della Commissione del 20 settembre 2010 relativa all’accesso regolamentato alle reti di accesso di nuova generazione (NGA) 2010/572/CE punto 9. [24] Per comodità di riferimento i citati articoli corrispondono ai citati artt. 46-50 CCE. [25] Per una attenta analisi economica delle problematiche competitive si rinvia a G. Amendola, L’identificazione degli obblighi per gli operatori, in M. Clarich – G.F. Cartei, cit. pag. 255. [26] Art. 8 della Direttiva Accesso e art. 45 CCE. Il rinvio effettuato dal legislatore comunitario agli obiettivi che sono stati recepiti dall’art. 13 CCE solleva un quesito di natura sistemica, ossia se l’obiettivo della promozione della concorrenza di cui al comma 4 imponga che i rimedi regolamentari vengano comunque confermati in presenza di elementi strutturali del mercato (presenza di essential facility nell’accesso, barriere all’accesso di natura tecnologica e commerciale etc.) che siano indipendenti dai comportamenti degli operatori SMP e dalla natura concorrenziale del mercato esaminato secondo i criteri dell’analisi economica del mercato. Nella prassi dell’AGCom tale impostazione non appare prevalente e il quesito appare invero astratto alla luce dei comportamenti degli operatori SMP (in particolare in condizioni di crisi economica di sistema e del mercato) e dell’effetto concretamente non disincentivante dell’applicazione ex post delle regole di concorrenza, sebbene in tal senso militi il richiamo dell’art 13, comma 5, b) che preveda l’adozione di “una disciplina flessibile dell’accesso e dell’interconnessione, anche mediante la negoziazione tra operatori, compatibilmente con le condizioni competitive del mercato e avendo riguardo alle singole tipologie di servizi di comunicazione elettronica”. [27] Occorre inoltre ricordare la Raccomandazione della Commissione del 15 ottobre 2008 relativa alle notifiche, ai termini e alle consultazioni di cui dall’articolo 7 della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro normativo comune per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (2008/850/CE) con la quale la Commissione ha inteso stabilire delle regole comuni per i principali aspetti procedurali delle notifiche ex art. 7. [28] Infatti il potere dissuasivo del potenziale esercizio del potere di veto sulla definizione dei mercati rilevanti e sugli operatori SMP è stato concretamente utilizzato solo nello 0,7% delle notifiche (secondo il Memo/09/539 del 7 dicembre 2009, “EU Telecoms: the Article 7 procedure, the role of the European Commission and the impact of the EU Telecoms Reform”) mentre un ruolo significativo è stato svolto, seppur in assenza di effetti vincolanti, dalle numerose lettere di commenti che, spesso in modo reiterato sullo stesso mercato rilevante e nei confronti della medesima ANR, hanno ribadito le osservazioni della Commissione sulla non corretta applicazione dei rimedi. Si vedano, ad esempio, le lettere di osservazioni inviate all’Agcom in materia di terminazione mobile del 2 agosto 2007, 15 luglio 2008, 7 novembre 2008 e 23 giugno 2011. [29] Il considerando 14 della Direttiva Accesso chiarisce che gli obblighi previsti “costituiscono il livello massimo degli obblighi che possono essere imposti alle imprese onde evitare un’eccessiva regolamentazione”. [30] Il nuovo documento è denominato Revised ERG common position on the approach to appropriate remedies in the ECNS regulatory framework. [31] “Revised BEREC Common Position on best practice in remedies on the market for wholesale (physical) network infrastructure access (including shared or fully unbundled access) at a fixed location imposed as a consequence of a position of significant market power in the relevant market” (8 dicembre 2012); “revised BEREC Common Position on best practice in remedies on the market for wholesale broadband access (including bitstream access) imposed as a consequence of a position of significant market power in the relevant market” (8 dicembre 2012); “revised BEREC Common Position on best practices in remedies as a consequence of a SMP position in the relevant markets for wholesale leased lines” (26 novembre 2012); “revised BEREC Common Position on best practice in remedies on the market for wholesale (physical) network infrastructure access (including shared or fully unbundled access) at a fixed location imposed as a consequence of a position of significant market power in the relevant market” (26 novembre 2012); “revised BEREC Common Position on best practice in remedies imposed as a consequence of a position of significant market power in the relevant market for wholesale broadband access (WBA)” (26 novembre 2012). [32] A titolo di esempio, la stessa Commissione dà atto nel considerando 1 della Raccomandazione 7 maggio 2009 sulla regolamentazione della terminazione su reti fisse e mobili (2009/396/CE) che “nel corso della valutazione di oltre 850 progetti di misure notificati a titolo dell’articolo 7 della direttiva 2002/21/CE è emerso che esistono tuttora incoerenze nella regolamentazione delle tariffe di terminazione delle chiamate vocali”. [33] Si vedano, ad esempio, la Raccomandazione del 7 maggio 2009 sulla regolamentazione della terminazione su reti fisse e mobili (2009/396/CE), la Raccomandazione del 20 settembre 2010 relativa all’accesso regolamentato alle reti di accesso di nuova generazione (NGA) e la Raccomandazione dell’11 settembre 2013, relativa all’applicazione coerente degli obblighi di non discriminazione e delle metodologie di determinazione dei costi per promuovere la concorrenza e migliorare il contesto degli investimenti in banda larga. Delle ultime due Raccomandazioni tratteremo successivamente nel documento. [34] Si veda la sentenza della Corte di Giustizia n. 322/88 del 13 dicembre 1989, Grimaldi. A livello nazionale, il Consiglio di Stato, nella sentenza 2802/2012, ha chiarito che “le Raccomandazioni emanate dalla Commissione europea costituiscono atti comunitari tipici, non obbligatori, preordinati allo scopo di assicurare il funzionamento e lo sviluppo della Comunità europea mediante la prospettazione della soluzione che appare preferibile adottare nell’ottica comunitaria e, conseguentemente, essendo privi di carattere vincolante nei confronti del legislatore nazionale, il giudice nazionale non è tenuto a disapplicare la norma statale (e/o il provvedimento amministrativo) che, eventualmente, si ponga in contrasto con esse (Cassazione civile, sez. I, 05 dicembre 2003, n. 18620)”. [35] Corte di Giustizia, caso C-424/07 Germania c. Commissione del 3 dicembre 2009. [36] Si vedano le lettera della Commissione Europea all’AGCom del 2 agosto 2007, 15 luglio 2008, 7 novembre 2008 e 23 giugno 2011. [37] Secondo il Tar Lazio “rileva la distonia sussistente tra la reiterata attestazione da parte dell’Autorità dell’obiettivo di raggiungere la simmetria tariffaria nel 2010, all’esito dell’analisi di mercato e, di contro, l’assetto concreto scaturito dalla fissazione delle tariffe di terminazione, che sul piano logico ed economico si pone in antitesi con la nozione di simmetria; ad avviso del Collegio, il mantenimento di condizioni obiettivamente disomogenee fra le diverse categorie di operatori confligge insuperabilmente con la finalità regolatoria più volte dichiarata di traguardare i livelli massimi dei prezzi di terminazione degli operatori di telefonia fissa fin dal 2010 ad uno stadio di sostanziale allineamento”. Inoltre, “il Collegio ritiene nella specie non assolto quell’onere motivazionale rafforzato che pure sarebbe stato imposto dal carattere puntuale e circoscritto della questione sollevata dall’organo europeo, rispetto alle cui osservazioni l’Autorità non ha, di fatto, contrapposto argomenti” (Tar Lazio, sez. III-ter, 9739/2011). [38] Secondo il Consiglio di Stato “il sistema di prezzi così delineato è solo apparentemente ingiustificato, discriminatorio ed in contrasto con le prescrizioni della Commissione europea, rispondendo piuttosto al persistere ancora, dopo molti anni dalla liberalizzazione del mercato, di una realtà infrastrutturale differenziata tra Telecom e gli altri operatori, che emerge con chiarezza dall’analisi del mercato compiuta dall’Autorità e dalla motivazione delle delibere nn. 179/10 e 229/011 impugnate, come si dirà nel proseguo”. Inoltre “Alla luce dei richiamati suggerimenti della Raccomandazione del 2009, che peraltro contiene un unico vincolo temporale rappresentato dal 1° gennaio 2013, quale data ultima e ottimale di passaggio al sistema normale di tariffe simmetriche, non sembra incompatibile con essa la scelta dell’Autorità di differire “motivatamente” la definizione di tariffe simmetriche e orientate ai costi per tutti gli operatori nell’ambito del procedimento integrativo per la fissazione delle tariffe 2011; e neppure che anche la successiva delibera integrativa n. 229/2011 rinvii ulteriormente all’anno 2012 la fissazione di dette tariffe simmetriche. Soprattutto, sembra circostanza non irrilevante, ai fini della valutazione di compatibilità con la Raccomandazione, il fatto che l’Autorità abbia operato la scelta dilatoria considerando che è in corso il “tavolo tecnico” per la definizione degli interventi regolamentari in merito alla interconnessione IP, avviato dalla delibera n. 11/06/CIR, e che le previsioni di conclusione del tavolo tecnico fanno ipotizzare che le tariffe potranno operare solo nel 2012 e la tariffa di terminazione IP sarà stabilita in maniera da garantire la piena simmetria tariffaria (art. 4 della del. 229/11/CONS)” (Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2802/2012). [39] Forniamo di seguito alcune sintetiche definizioni relative ai modelli ingegneristici di realizzazione delle reti di accesso di nuova generazione, differenziati sulla base delle installazione di reti in fibra ottica ai diversi livelli della rete di accesso tra la centrale dell’operatore e la casa/ufficio dell’utente. Non necessariamente le definizioni sono del tutto coerenti con la rete di accesso di Telecom Italia poiché le specifiche evoluzioni delle infrastrutture della rete di accesso sono una legacy delle scelte effettuate in regime di monopolio in considerazione, tra l’altro, delle strutture oro-geografiche dei territori e delle città e della densità della popolazione servita: (i) FTTN – Fiber-to-the-node (letteralmente ‘fibra fino al nodo di rete’) o anche Fiber-to-the-Exchange (FTTE): il collegamento in fibra ottica arriva fino allo Stadio di Linea della rete telefonica (SL), collocato presso la centrale dell’operatore mentre il collegamento fino alla residenza dell’utente rimane su filo di rame; (ii) FTTC – Fiber-to-the-cabinet or Fiber-to-the-curb (letteralmente ‘fibra fino all’armadio’ o ‘fibra fino al cordolo del marciapiede’) Il collegamento arriva in una cabina esterna vicina alla sede dell’utente o al successivo armadio distributore, tipicamente nelle citta italiane entro 300/400 metri dall’utente; (iii) FTTS – Fiber-to-the-street (letteralmente ‘fibra fino alla strada’) Il collegamento arriva fino ad un livello inferiore della rete, ossia ad un minidistributore sito in prossimità delle sedi degli utenti, ad una distanza di circa 200 metri circa dagli edifici da servire; (iv) FTTB – Fiber-to-the-building or Fiber-to-the-basement (letteralmente ‘fibra fino al palazzo’ o ‘fibra fino alle fondamenta’) Il collegamento in fibra ottica raggiunge il limite della costruzione, per esempio sino alla cantina per una o più abitazioni, mentre il collegamento finale con il punto terminale della rete nella sede dell’utente viene normalmente effettuato utilizzando il tradizionale filo di rame;. (v) FTTH – Fiber-to-the-home (letteralmente ‘fibra fino a casa’) Il collegamento in fibra ottica raggiunge il limite esterno della singola unità abitativa/ufficio. È la soluzione che implica maggiori oneri economici e realizzativi (si pensi al cablaggio degli edifici con le implicazioni connesse alla gestione delle implicazioni connesse alla gestione delle problematiche delle parti condominiali, ma che garantisce la massima velocità di trasmissione fino all’utente finale (oltre 100 MBit) [40] Confronta nota n. 33. [41] Delibera AGCom n. 1/12/CONS recante “Individuazione degli obblighi regolamentari relativi ai servizi di accesso alle reti di nuova generazione”. [42] Ai sensi della regolamentazione del mercato 4 adottata da AGCom la sottorete locale viene qualificata come una rete locale parziale che collega il punto terminale della rete nella sede dell’utente ad un punto di concentrazione o ad un determinato punto di accesso intermedio della rete telefonica pubblica fissa. Nel caso di specie lo sviluppo della rete NGA si può qualificare come l’accesso con una rete in fibra fino al cabinet di Telecom Italia collocato a livello stradale che, per la configurazione della rete dell’SMP, si colloca mediamente in ambito urbano a circa 400 metri dal punto terminale presso la sede dell’abbonato. L’evoluzione tecnologica e la distanza mediamente inferiore agli altri paesi tra cabinet e sede dell’utente consente di offrire servizi a banda larga tra i 30 ed i 70 MBit utilizzando la rete in rame fino alla sede dell’utente. Perciò sono previsti nell’offerta di riferimento di Telecom Italia i servizi di accesso disaggregato alla sottorete locale”, (c.d. sub-loop unbundling) qualificato come il servizio di accesso disaggregato che consiste nella fornitura dell’accesso alla sottorete locale dell’operatore notificato che autorizzi l’uso di tutto lo spettro delle frequenze disponibile sulla coppia elicoidale metallica. Un tematica regolamentare rilevante ancora non compiutamente indirizzata da AGCom è rappresentata dalla introduzione o meno di un obbligo per l’operatore SMP di dare accesso ai concorrenti al proprio cabinet oppure se sia pienamente replicabile la realizzazione di un nuovo cabinet accanto a quello dell’SMP. [43] Per «Equivalenza degli Input» («Equivalence of Inputs»,EoI) si intende la fornitura di servizi e informazioni alle divisioni interne e a terzi richiedenti l’accesso agli stessi termini e condizioni, compresi i prezzi e i livelli di qualità del servizio, con le stesse tempistiche, usando gli stessi sistemi e processi e con lo stesso grado di affidabilità e prestazioni. L’EoI si può applicare ai prodotti di accesso e ai servizi associati e accessori necessari per fornire gli input all’ingrosso alle divisioni interne e ai terzi richiedenti l’accesso. In alternativa all’applicazione del principio dell’EoI gli SMP possono essere soggetti all’obbligo di Equivalenza degli Outputs (EoO), come ad esempio Telecom Italia a seguito dell’entrata in vigore degli impegni previsti dalla Delibera 718/08/CONS e dalla struttura cd Open Access, che si configura come la fornitura di input all’ingrosso ai richiedenti l’accesso con modalità equiparabili, in termini di funzionalità e prezzo, a quelle che l’operatore SMP applica internamente alle proprie divisioni a valle, sia pure con l’utilizzo di sistemi e processi potenzialmente differenti; [44] Occorre distinguere concettualmente il principio dell’EoI dalla separazione societaria e dalla separazione proprietaria dell’SMP. Il principio di EoI può trovare applicazione anche in assenza di qualsiasi tipo di separazione ma grazie all’adozione di sistemi e processi che garantiscano all’interno della stessa struttura dell’operatore SMP l’effettivo perseguimento dell’EoI tra fornitura di servizi e informazioni alle divisioni interne e a terzi richiedenti l’accesso. Sebbene l’implementazione dell’EoI in assenza della separazione almeno societaria sia possibile, l’esperienza dell’incumbent inglese British Telecom che ha adottato una forma di EoI con la propria divisione Open Reach ha dimostrato la complessità, in termini di modalità applicative e di tempistiche, dell’introduzione di forme di EoI in assenza di una separazione almeno societaria. [45] Ricordiamo di seguito gli obiettivi dell’azione regolamentare identificati dall’art. 8 della Direttiva Quadro: “2. Le autorità nazionali di regolamentazione promuovono la concorrenza nella fornitura delle reti di comunicazione elettronica, dei servizi di comunicazione elettronica e delle risorse e servizi correlati, tra l’altro: a) assicurando che gli utenti, compresi gli utenti disabili, ne traggano il massimo beneficio sul piano della scelta, del prezzo e della qualità; b) garantendo che non abbiano luogo distorsioni e restrizioni della concorrenza nel settore delle comunicazioni elettroniche; c) incoraggiando investimenti efficienti in materia di infrastrutture e promuovendo l’innovazione; d) incoraggiando un uso efficace e garantendo una gestione efficiente delle radiofrequenze e delle risorse di numerazione. 3. Le autorità nazionali di regolamentazione contribuiscono allo sviluppo del mercato interno, tra l’altro: a) rimuovendo gli ostacoli residui che si frappongono alla fornitura di reti di comunicazione elettronica, di risorse e servizi correlati e di servizi di comunicazione elettronica a livello europeo; b) incoraggiando l’istituzione e lo sviluppo di reti transeuropee e l’interoperabilità dei servizi paneuropei e la connettività da utente a utente (end-to-end); c) garantendo che, in circostanze analoghe, non vi siano discriminazioni nel trattamento delle imprese che forniscono reti e servizi di comunicazione elettronica; d) collaborando tra loro e con la Commissione in maniera trasparente per garantire lo sviluppo di prassi normative coerenti e l’applicazione coerente della presente direttiva e delle direttive particolari. 4. Le autorità nazionali di regolamentazione promuovono gli interessi dei cittadini dell’Unione europea, tra l’altro: a) garantendo a tutti i cittadini un accesso al servizio universale quale specificato nella direttiva 2002/22/CE (direttiva servizio universale); b) garantendo un livello elevato di protezione dei consumatori nei loro rapporti con i fornitori, in particolare predisponendo procedure semplici e poco onerose di composizione delle controversie espletate da un organismo indipendente dalle parti in causa; c) contribuendo a garantire un livello elevato di protezione dei dati personali e della vita privata; d) promuovendo la diffusione di informazioni chiare, in particolare imponendo la trasparenza delle tariffe e delle condizioni di uso dei servizi di comunicazione elettronica acces- sibili al pubblico; e) prendendo in considerazione le esigenze di gruppi sociali specifici, in particolare degli utenti disabili; f) garantendo il mantenimento dell’integrità e della sicurezza delle reti di comunicazione pubbliche”. [46] Tribunale UE, ordinanza 12 luglio 2007, caso T-109/06, Vodafone in Raccolta 2007, pag. II 5151, par. 90 e 91: “it is true, as Article 1(1) of Directive 2002/21 states, that the intervention of the Commission and of other NRAs under the procedure of Article 7 of Directive 2002/21 is ‘to ensure the harmonised application of the regulatory framework throughout the Community. However, that does not mean that the Commission’s comments under Article 7(3) of Directive 2002/21 produce binding legal effects”. Analogamente, Tribunale UE, ordinanza 22 febbraio 2008, caso T-295/06, Base, in Raccolta 2008, pag. II 28. [47] In questo senso si veda espressamente Tar Lazio, sez. III-Ter, 895/2009 (“L’AGCom, infatti, anche se ex art. 12 del codice deve tenere “in massima considerazione” le osservazioni della commissione, non è obbligata a conformarsi sempre e comunque alle osservazioni da essa svolte, atteso che non si tratta di prescrizioni, ma sostanzialmente di un atto di collaborazione dell’organo in questione al programma di razionalizzazione del sistema nel quale è impegnata l’autorità. È ben vero che, come accade ogni qual volta un organo intenda discostarsi da un parere obbligatorio ma non vincolante, sussiste per lui l’obbligo di esplicitare le ragioni che non gli consentono di conformarsi ad esso. In altri termini, l’organo in questione deve dare atto di aver ponderato le ragioni esposte da quello consultivo e di aver però deciso di perseverare nel proprio orientamento”), nonché Consiglio di Stato 1837/2013 (“nel discostarsi da tale rilievo, come pur le era consentito fare per il carattere non vincolante delle osservazioni formulate dalla commissione, avrebbe dovuto comunque AGCom osservare un onere di motivazione rafforzata […]”). Analogamente, Tar Lazio Sez III-ter 1336/2011, Tar Lazio, sez. I, 9484/2011. [48] Si vedano, ad esempio, le lettere inviate il 5 marzo 2012, SG-Greffe (2012) D/4105 relativa al caso ES/2012/1291, e il 13 febbraio 2012, SG-Greffe (2012) D/2859 relativa al caso NL/2012/1284, entrambe in materia di tariffe del servizio di terminazione mobile, rispettivamente alle autorità di regolamentazione di Spagna e Olanda. [49] Si pensi alla segmentazione subnazionale dei mercati geografici che ha poi avuto dignità legislativa all’art. 8, comma 5 e) e 15, comma 3 della Direttiva Quadro come riformata dalla Direttiva 140/2009/CE e, successivamente, di modalità attuativa nella Raccomandazione relativa all’accesso regolamentato alle reti di accesso di nuova generazione (NGA) (considerando 9-11). [50] “La correttezza, la coerenza, l’armonia delle regole in concreto utilizzate, il loro impiego da parte dell’Autorità iuxta propria principia, secondo, quindi, un’intrinseca razionalità, pur sul presupposto e nel contesto di scelte ampiamente discrezionali, garantiscono e, insieme, comprovano che quel settore dell’ordinamento non sia sottoposto all’esercizio di un potere “errante” e sconfinante nell’abuso o nell’arbitrio, con conseguenti squilibri, disparità di trattamento, ingiustizie sostanziali, anche e soprattutto nell’applicazione di principi o concetti che, proprio in quanto indeterminati ed elastici, in gran parte reggono, per la loro duttilità, ma condizionano fortemente, per la loro complessità, vasti e rilevanti settori sociali” (Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 1837/2013). [51] Può rappresentare una evidenza della “tenacia” con la quale AGCom abbia ritenuto di salvaguardare le proprie “specificità nazionali” nella definizione dei prezzi all’ingrosso per la terminazione su reti mobili la decisione di ribadire a favore dell’operatore H3G una asimmetria nella terminazione mobile da ultimo con la delibera 111/13/CONS ad oltre 10 anni dal suo ingresso nel mercato, in palese contrasto con il termine di 4 anni indicato dalla Raccomandazione 2009/396/CE (art. 4). Sul medesimo tema si vedano le citate delibere 667/08/CONS e 621/11/CONS. [52] In merito all’impatto conformativo della lettere di commento della Commissione si veda il caso della delibera AGCom 349/12/CONS (avente ad oggetto la consultazione pubblica relativa alla realizzazione di un modello di costo per la determinazione dei prezzi dei servizi d’interconnessione in modalità IP su rete fissa), ritirata dall’AGCom a seguito della lettera della Commissione Europea del 7 febbraio 2013 che ne rilevava l’effetto di creare barriere al mercato unico. Sul tema si rinvia a L. Saltari, I procedimenti comunitari composti: il caso delle telecomunicazioni, cit., pag. 4, e F. Marini Balestra, The European concert of electronic communications: ten years applying Article 7 procedures, 2013, E.C.L.R., Issue 6, pag. 291. [53] Ad esempio, la Raccomandazione del 7 maggio 2009 sulla regolamentazione della terminazione su reti fisse e mobili (2009/396/CE). [54] Si rinvia al considerando 11 ed all’art. 3, comma 2 della Direttiva Quadro. [55] Si veda anche la lettera di messa in mora inviata in data 19 luglio 2012 dalla Commissione alla Repubblica Italiana in merito alla norma prevista dall’art. 47, comma 2-quater, del Decreto Legge 9 febbraio 2012, n. 5 (conv. L. 35/2012), che aveva stabilito che l’Autorità individuasse le misure regolamentari finalizzate (i) ad assicurare l’offerta del servizio ULL in maniera tale da indicare separatamente il costo dell’affitto della linea e quello delle attività accessorie, quali il servizio di attivazione della linea stessa e il servizio di manutenzione correttiva; e (ii) a rendere possibile l’acquisto da parte degli operatori richiedenti di tali servizi accessori anche da imprese terze operanti in regime di concorrenza. La norma sollevava una duplice problematica poiché, innanzitutto, (i) imponeva ex lege all’AGCom di individuare ed applicare misure regolamentari ad un mercato che, a seconda delle prospettive di analisi, poteva rappresentare un segmento di servizi contiguo ai mercati rilevanti dell’accesso individuati dalla Raccomandazione 200/879/CE oppure un sotto-segmento dei servizi previsti nel c.d. mercato 4 della medesima Raccomandazione; (ii) predefiniva, ad opera dello stesso legislatore, gli esiti in termini di rimedi delle analisi di mercato affidate all’ANR. I dubbi espressi dalla Commissione con la citata lettera di messa in mora sono stati superati con la modifica introdotta dall’art. 13, comma 1-bis, D.L. 69/2013, il quale ha previsto che l’Autorità “può” (e non “deve”) adottare le misure regolamentari di cui sopra. [56] Sul tema si veda anche la sentenza della Corte di Giustizia BASE NV, del 6 ottobre 2010 causa C-389/08 in Racc. 2010, pag. I-9073. [57] Si fa riferimento alla nota definizione introdotta da S. Cassese, Il concerto regolamentare delle telecomunicazioni, in Giornale di diritto amministrativo, 6/2002, pag. 690. [58] In merito si rinvia all’attività conoscitiva avviata dalla Commissione il 26 settembre 2006 con la “Review of the EU regulatory framework for electronic communications networks and services”, COM(2006)334. [59] Si vedano le sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità europee 17 luglio 2008 cause riunite da C-152/07 a C-154/07 Arcor & CoKG vs. Repubblica Federale di Germania in Giornale di diritto amministrativo 4/2009, pag. 379 con commento di L. Saltari e Corte di Giustizia delle Comunità europee, sentenza 3 dicembre 2009, causa C-424/07 – Commissione delle Comunità europee vs. Repubblica Federale di Germania in Giornale di diritto amministrativo 6/2010, pag. 589 con commento di Benedetto Brancoli Busnaghi. [60] Si fa in particolare riferimento alle aste per le frequenze UMTS e, più di recente, per le frequenze LTE che nei diversi Stati membri hanno applicato criteri di gara e basi d’asta molto differenziati. [61] Volendo citare soltanto i più evidenti casi italiani si può fare riferimento alla definizione delle condizioni dell’interconnessione reverse per le chiamate verso le reti degli operatori fissi alternativi (tra le altre, delibere 179/10/CONS e 229/11/CONS) e la definizione delle condizioni di terminazione verso le reti degli operatori mobili, in particolare l’asimmetria riconosciuta all’operatore “nuovo entrante” H3G (cfr. ad esempio, delibera 667/08/CONS e lettera della Commissione SG-Greffe (2008) D/206734 del 7 novembre 2008). [62] Cfr. decisioni della Commissione 4 luglio 2007, procedimento COMP/38.784 – Telefonica S.A. (nonché sentenza Tribunale 29 marzo 2012, T-336/07 Telefónica e Telefónica de España) e 21 maggio 2003, procedimento COMP/37.451 – Price squeeze local loop Germany (nonché sentenze Tribunale 10 aprile 2008, T-271/03 Deutsche Telekom / Commissione, e Corte di Giustizia, 14 ottobre 2010, C-280/08 Deutsche Telekom / Commissione). [63] Si veda il contenuto dei report al link https://ec.europa.eu/digital-agenda/en/download-scoreboard-reports . [64] Le linee guida del progetto di riforma presentato dalla Commissione si possono esaminare nel documento di lavoro dei servizi della Commissione, Sintesi della valutazione d’impatto (SEC2007 1473) del 13 novembre 2007. [65] Proposta di direttiva COM(2007)697 del Parlamento e del Consiglio recante modifica delle Direttive 2002/21/CE, 2002/19/CE e 2002/20/CE e proposta di direttiva COM(2007)698 del Parlamento e del Consiglio finalizzata a emendare la Direttiva 2002/22/CE sul servizio universalee sui diritti d’uso e la direttiva 2002/58/CE concernente il trattamento dei dati personali e la tutela della privacy nel settore delle comunicazioni elettroniche. [66] In merito all’evoluzione della struttura istituzionale e del ruolo di una Autorità europea a partire dai lavori preparatori della Commissione fino all’adozione del Regolamento (CE) n 1211/2009 che ha istituito l’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC) si rinvia all’analitica descrizione in V.M. Sbrescia, L’Europa delle comunicazioni elettroniche, Regolazione e concorrenza nel nuovo assetto della governance economica europea, Jovene, 2011, pag. 261 ss. [67] Sull’analisi dei diversi profili evolutivi proposti dalla Commissione, in particolare relativi ai diritti di passaggio, alla gestione delle frequenze, alla sicurezza delle reti, all’incremento della tutela dei consumatori e, per quanto interessa in questa sede, alle modifiche della procedura per l’adozione dei rimedi regolamentari si invia ai contributi di G. Amendola, C. Leporelli, P.L. Parcu, A. Perrucci e G.M. Roberti, in AREL Osservatorio comunicazioni Il quadro regolatorio comunitario tra attuazione nazionale e proposte di revisione europea, n. 2 2007 e di G. Amendola, A. Camanzi, P. De Chiara, A. De Tommaso, A. Gavosto, F. Gobbo, G. Napolitano, P.L. Parcu, A. Tonetti e R. Viola in AREL Osservatorio comunicazioni, Verso un regolatore europeo delle comunicazioni, elettroniche? n. 3, 2007, G. Morbidelli – A Donati (a cura di), La nuova disciplina delle comunicazioni, Atti del convegno e a M. Orofino, Profili costituzionali delle comunicazioni elettroniche nell’ordinamento multilivello, Milano, 2008, [68] Ricordiamo che nell’ordinamento italiano il meccanismo di selezione e assegnazione dei diritti d’uso per le frequenze e le numerazioni è suddiviso tra le competenze dell’AGCom e quelle (ri)attribuite al Ministero dello Sviluppo economico ai sensi della L. 66/2001 e la possibile costituzione, per le selezioni competitive o comparative di particolare rilevanza nazionale, di un Comitato dei Ministri incaricato di coordinare la procedura, in particolare per quanto attiene al bando ed al disciplinare di gara (art. 29, comma 7 CCE). [69] Per una analisi più completa dei contenuti della revisione del quadro regolamentare comunitario del 2009 si rinvia a G.L. Tosato, L’evoluzione della disciplina comunitaria delle comunicazioni elettroniche, in Il diritto dell’Unione europea, 2009, pag. 169 ss; F. Bassan (a cura di), Il diritto delle comunicazioni elettroniche, Milano, 2010; M. Orofino, Il Telecom Package: luci ed ombre di una riforma molto travagliata, in Riv. It. Dir. Pubbl. Com., n. 2, 2010, pag. 514 ss.; I. Chieffi, La revisione del procedimento amministrativo europeo nelle comunicazioni elettroniche in Riv. It. Dir. Pubbl. Com., n. 3-4, 2010, pag. 901 ss, B. Argiolas, Il nuovo quadro regolatorio delle comunicazioni elettroniche, in Giornale di diritto amministrativo, 2/2011, pag. 191 [70] In merito al funzionamento, poteri ed obiettivi del berec si rinvia a M.Orofino, Il Telecom Package: luci ed ombre di una riforma molto travagliata, par. 4, in Riv. It. Dir. Pubbl. comunit., 2010, 02, pag. 513 e I. Chieffi, La revisione del procedimento amministrativo europeo nelle comunicazioni elettroniche, cap. 7, in Riv. It. Dir. Pubbl. comunit. 2010, 3-4, pag. 901 [71] Il modus operandi del BEREC nel definire preventivamente gli obiettivi del piano di lavoro annuale e pluriennale risulta un interessante stimolo e modello anche per possibili evoluzioni della capacità di programmazione di AGCom, anche in relazione alla contribuzione richiesta per il suo funzionamento agli operatori del settore. [72] Le attività del BEREC sono disciplinate dal Regolamento istitutivo (1211/2009) e dalle “Rules of procedure of the Board of Regulators” modificate, da ultimo, nel maggio 2011. [73]. Si veda il caso caso DE/2013/1424 Voice call termination on individual mobile networks in Germany rispetto al quale il BEREC ha condiviso i seri dubbi di compatibilità espressa dalla Commissione. [74] Si vedano le lettere della Commissione Europea del 25 luglio 2013, relativa la caso AT/2013/1475-1476, al regolatore austriaco e del 5 marzo 2012, SG-Greffe (2012) D/4105 relativa al caso ES/2012/1291, al regolatore spagnolo. [75] Si veda il caso delle misure regolamentari in materia di terminazione mobile, confermate dal regolatore tedesco anche a seguito della raccomandazione della Commissione Europea del 27 giugno 2013 relativa al caso DE/2013/1424. [76] Nel caso citato dell’ANR tedesca che non ha accolto i seri dubbi sulla compatibilità della sua proposta di rimedi con il diritto comunitario, così come nel procedimento pendente dinanzi ai giudici olandesi in merito al modello contabile da applicare per determinare il costo della terminazione mobile (fattispecie formalmente diversa ma dagli effetti non dissimili cfr. successivo § 5.1) risulterà rilevante verificare quali siano gli strumenti che la Commissione intenderà adottare. Infatti non è possibile per la Commissione adottare una decisione vincolante ex art. 19 Direttiva Quadro poiché è espressamente vietato in caso di notifiche emanate dalle ANR in attuazione all’art. 7bis, perciò si dovrà verificare se esistono i presupposti giuridici e la volontà politica di avviare una procedura di infrazione nei confronti dello Stato membro. [77] In merito al potere della Commissione di avviare un procedura di infrazione si rinvia alla sentenza della Corte di Giustizia 3 dicembre 2009, Commissione delle Comunità europee Repubblica Federale di Germania nella quale si ribadisce che “le speciali procedure di una direttiva (i.e. la procedura ex art. 7 della Direttiva Quadro) non possono derogare né sostituirsi alle competenze della Commissione a norma dell’art. 226 CE”. Vedi in particolare anche al sentenza 24 gennaio 1995, causa C-359/93, Commissione contro Paesi Bassi, in Racc. pag. I-157, punto 13. [78] Appare non del tutto comprensibile come mai un compito di tale rilevanza, non solo in termini di efficacia in termini di implementazione degli obiettivi comunitari, ma anche di sviluppo di una buona prassi comune tra le ANR dei diversi Stati membri sia rimasto tra gli scopi del BEREC e non sia stato declinato anche tra i compiti dell’art. 3 del Regolamento. [79] Si veda il report pubblicato l’8 dicembre 2011 dal titolo “A framework for quality of service in the scope of net neutrality”. [80] In merito agli obiettivi di natura politico-strategica della Commissione si rinvia alla Comunicazione “The open Internet and net neutrality in Europe” del 19 aprile 2011. [81] Sul tema della net neutrality e di come sia gestita la tutela del consumatore in Europa e negli USA sia consentito fare riferimento al contributo di G. Nava, Net neutrality, tra tutela del consumatore e della concorrenza, in Diritto dell’Internet. Manuale operativo. Casi, legislazione, giurisprudenza. (a cura di G. Cassano- G. Scorza- G. Vaciago), CEDAM 2013, pag. 81. [82] Consultazione pubblica su “specific aspects of transparency, traffic management and switching in an Open Internet”. [83] Per una analitica descrizione dell’evoluzione del processo legislativo e del dialogo tra le istituzioni comunitaria si rinvia a V.M. Sbrescia, L’Europa delle comunicazioni elettroniche, Regolazione e concorrenza nel nuovo assetto della governance economica europea, pag. 143 ss; F. Bassan, L’evoluzione della struttura istituzionale nelle comunicazioni elettroniche: una rete non ha bisogno di un centro, in Diritto delle comunicazioni elettroniche, a cura di F. Bassan, Milano 2010 ed in particolare pag. 42. [84] Raccomandazione del 7 maggio 2009 sulla regolamentazione della terminazione su reti fisse e mobili (2009/396/CE), la Raccomandazione del 20 settembre 2010 relativa all’accesso regolamentato alle reti di accesso di nuova generazione (NGA) e la Raccomandazione dell’11 settembre 2013, relativa all’applicazione coerente degli obblighi di non discriminazione e delle metodologie di determinazione dei costi per promuovere la concorrenza e migliorare il contesto degli investimenti in banda larga. [85] Il legislatore comunitario ha adottato il 27 giugno 2007 il Regolamento 717/2007/CE che ha disciplinato le tariffe all’ingrosso ed al dettaglio per le chiamate in roaming internazionale sulle reti pubbliche di telefonia mobile all’interno della Comunità ed e le modalità per garantire la trasparenza dell’offerta ed, infine ha modificato la Direttiva 2002/21/CE. La fondatezza del Regolamento è stata esaminata in via pregiudiziale dalla Corte di Giustizia (sentenza C-58/08), a seguito di un ricorso proposto da Vodafone, che ne ha confermato la validità. Il legislatore comunitario ha successivamente adottato il 18 giugno 2009 il Regolamento n. 544/2009 che ha confermato i poteri già attribuiti alle ANR ed integrativi del quadro regolamentare del 2002 al fine di consentire il corretto funzionamento dei servizi di roaming intracomunitario nella duplice prospettiva competitiva e consumeristica. Infine il Parlamento ed il Consiglio hanno adottato il 13 giugno 2012 il Regolamento n. 531/2012 che ha abrogato il citato Regolamento 717/2007 con effetto dal 1 luglio 2012 fino al 30 giugno 2022 e non solo ha definito la regolamentazione delle tariffe all’ingrosso ed al dettaglio per i servizi telefonici, SMS e trasmissione dati in roaming e gli obblighi di natura informativa e a favore degli utenti/consumatori, ma prevede anche obblighi per gli operatori di rete mobile di soddisfare richieste di accesso all’ingrosso al servizio di roaming l’accesso alla rivendita all’ingrosso di servizi di roaming. In merito sia consentito rinviare a G. Nava, Regolamentazione e contenzioso tra operatori nelle comunicazioni elettroniche, Torino, 2012, pag. 32 ss. [86] Con riferimento alla proposta della Commissione di un regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio “laying down measures concerning the European single market for electronic communications and to achieve a Connected Continent, and amending Directives 2002/20/EC, 2002/21/EC and 2002/22/EC and Regulations (EC) No 1211/2009 and (EU) No 531/2012” sin dalle prime discussioni preliminari sono emerse tra gli stakeholder dubbi sulla coerenza della proposta della Commissione rispetto al principio della prevedibilità dell’azione regolamentazione per le proposte di emendamento del Regolamento 531/2012 (vedi nota precedente) che, a distanza di poco più di un anno dall’entrata in vigore del citato regolamento i cui effetti avrebbero dovuto estendersi fino al 2022, modificano le prospettive strategiche e regolamentari dell’offerta di servizi di roaming intracomunitario. L’approvazione della proposta di Regolamento, e quindi la strategia della Commissione rispetto all’European Single Market, è comunque subordinata alle tempistiche dell’attività legislativa e alle imminenti elezioni europee che si terranno il 22-25 maggio 2014. [87] Per comodità di lettura si ricorda che il mercato 4 è relativo all’accesso all’ingrosso (fisico) alle infrastrutture di rete (ivi compreso l’accesso condiviso o pienamente disaggregato) in postazione fissa e il mercato 5 l’accesso alla banda larga all’ingrosso. [88] L’avvio della Fase II da parte della Commissione è stato richiesto sulle proposte di provvedimenti relativi alla modifica dei rimedi regolamentari nei mercati 4 e 5 presentate dall’ANR Estone (lettera EE/2013/1453-1454), dall’ANR Spagnola (ES/2013/1465-1466) e dall’ANR austriaca (AT/2013/1475-1476). Alla data di pubblicazione del presente contributo il procedimento previsto dall’art. 7-bis non risulta concluso ma le ANR non risultavano avere ritirato le proposte. [89] I due provvedimenti proposti dalle ANR della Repubblica Ceca (CZ/2012/1322) e della Polonia (PL/2012/1394) relativi alla fase di analisi di mercato e di identificazione degli operatori SMP si sono conclusi con l’esercizio del potere di veto da parte della Commissione. [90] Ad avviso di chi scrive un segno tangibile dell’indirizzo “interventista” della Commissione si può rinvenire nella lettera del 12 agosto 2013 relativa ai casi IT/2013/1489/1490 relativa all’avvio della seconda fase di indagine a norma dell’art. 7-bis sui dettagli dell’obbligo del controllo dei prezzi nei mercati 4 e 5 della Raccomandazione 2007/879/CE, ed in particolare nei rilievi sull’arbitrarietà nel metodo di fissazione dei prezzi e nella carenza di un approccio regolatore coerente (nonché tempestivo e trasparente) che garantisca la prevedibilità regolamentare prevista dall’art. 8 comma 5 della Direttiva Quadro. Alla data della redazione delle presenti note non risulta ancora pubblicato il parere del BEREC ex art. 7bis, comma 2 sulla citata notifica della Commissione, ma si può facilmente presumere la rilevante dialettica istituzionale che potrà emergere, in particolare sulla discrezionalità attribuita alle ANR sulle modalità (anche in termini di tempistiche e metodologie) con cui dare attuazione ai diversi rimedi regolamentari previsti dall’ordinamento comunitario al fine di perseguire gli obiettivi dell’art. 8, che sottende la diversa strategia (sostanziale e procedimentale) con cui i diversi organismi ritengono corretto regolare ed indirizzare l’evoluzione industriale e concorrenziale dei mercati delle comunicazioni negli Stati membri (rectius il single telecommunications market) pur essendo sia la commissione che il BEREC soggetti al dettato normativo delle direttive. [91] Peraltro una anomalia si deve ancora riscontrare nell’ordinamento italiano che tuttora, a seguito della modifica delle competenze introdotta dalla L.66/2001, consente all’organo amministrativo che governa la politica industriale, ossia al Ministero dello Sviluppo Economico, di gestire importanti tematiche regolamentari quali il rilascio e la vigilanza delle autorizzazioni generali, la gestione e la vigilanza delle risorse di numerazione, l’assegnazione, anche mediante gare, dei diritti d’uso delle frequenze. Sul tema si rinvia a: M. Libertini, I rapporti tra Ministero e Autorità garante delle comunicazioni, in Giornale di diritto amministrativo, 2001, pag. 1287; F.M. Salerno, Soggetti, funzioni, e procedure della regolazione, in Il Codice delle comunicazioni elettroniche, a cura di M. Clarich – G.F. Cartei, cit., pag. 82 ss. [92] Inoltre il legislatore comunitario correttamente prevede che le ANR, come ulteriore declinazione del principio di indipendenza, abbiano un proprio bilancio e che gli Stati membri garantiscano le risorse necessarie per dotarsi di personale qualificato. La prassi ha invece dimostrato che gli Stati membri non abbiano voluto garantire alle ANR delle risorse di natura pubblica, stabilite anticipatamente in modo prevedibile in modo da poter programmare le attività di competenza ma abbiano cercato di individuare una pluralità di forme per ridurre i propri contributi e porre l’onere in capo agli operatori del settore, talora in palese violazione dell’art. 12 della direttiva Autorizzazioni. In merito si rinvia alle numerose sentenze della Corte di Giustizia (sentenza 18 settembre 2003, cause riunite C-292/01 e C-293/01, Albacom e Infostrada e sentenza 19 settembre 2006, causa C-392/04 i-21 Germany). In particolare si sottolinea che il legislatore italiano, nel voler sottrarre alle casse pubbliche gli oneri di sostentamento dell’AGCom ha in realtà violato la sua indipendenza bilancistica creando, con l’art. 2, comma 241, Legge 191/2009, un sistema di raccolta e distribuzione di contributi condivisa con altre Autorità e agenzie (AGCM, Autorità sugli scioperi essenziali e Garante privacy). Sul tema si rinvia alla recente sentenza Corte di Giustizia del 18 luglio 2013 nelle cause riunite C-228/12, C-229/12, C-230/12, C-231/12, C-232/12, C-254/12, C-255/12, C-256/12, C-257/12, C-258/12, resa a seguito del rinvio pregiudiziale del TAR Lazio per una presunta contrarietà alla disciplina comunitaria delle norme che regolano l’attuale sistema di contribuzione all’AGCom a carico delle imprese (art. 1, commi 65 e 66, Legge 266/2005). [93] In senso conforme si veda G. Napolitano, La strategia dei controlli nella governance comunitaria delle comunicazioni elettroniche, in La nuova disciplina delle comunicazioni elettroniche, 2009, Torino che propone di introdurre regole comuni a livello comunitario per definire i criteri e di requisiti di nomina, che, ad esempio, introducano l’ineleggibilità per chi abbia ricoperto cariche pubbliche in istituzioni politico-rappresentative o incarichi dirigenziali nelle imprese regolate. [94] Direttiva 2009/140/CE, considerando 13. [95] “È pertanto essenziale promuovere investimenti sostenibili nello sviluppo di queste nuove reti, salvaguardando al contempo la concorrenza e ampliando la scelta per il consumatore grazie alla prevedibilità e alla coerenza regolamentari” (considerando n. 8 della Direttiva 2009/140/CE). [96] Sul tema del dibattito sul bilanciamento tra l’indipendenza delle ANR e gli strumenti che avrebbe potuto utilizzare, direttamente o indirettamente, la Commissione per imporre l’armonizzazione dell’applicazione dei principi regolamentari si rinvia alla già citata descrizione dell’accidentato percorso della proposta di riforma del terzo pacchetto descritto in F. Bassan, L’evoluzione della struttura istituzionale nelle comunicazioni elettroniche: una rete non ha bisogno di un centro in Diritto delle comunicazioni, a cura di F. Bassan, cit., pag. 46 e ss. e in V.M. Sbrescia, l’Europa delle comunicazioni elettroniche, cit., pag. 261 ss. [97] Una efficace definizione dell’esperienza delle ANR nell’applicazione delle analisi dei mercati e dei rimedi regolamentari è stata utilizzata da M. Clarich, R. Cassano in L’imposizione degli obblighi regolamentari ex ante nel nuovo quadro normativo delle comunicazioni elettroniche, in Dir. Informatica 2009, 01, pag. 23 quando usano l’espressione “giostra regolatoria” permanente. [98] Vedi considerando 48 della Direttiva 2009/140/CE. [99] Si vedano gli obiettivi dell’Agenda di Lisbona per la definizione della quale si rinvia alle note n. 128 e 129. [100] Sul rinvio all’ordinamento giuridico di ciascuno Stato membro per garantire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali che devono garantire la tutela dei diritti derivanti dall’ordinamento giuridico comunitario e sui limiti del controllo giurisdizionale in termini di vizi da errore manifesto o da sviamento di potere che dovrebbe applicarsi in presenza di valutazioni economiche complesse, quali quelle relative alla determinazione delle tariffe dei servizi all’ingrosso, si rinvia alla sentenza della Corte di Giustizia 24 aprile 2008, Arcor AG & Co KG vs Repubblica federale di Germania ed alla giurisprudenza ivi richiamata. [101] I costi di terminazione risultarono perciò pari a 2.4 eurocent anziché 1.2 eurocent come previsto dall’OPTA. [102] Si ricorda in merito la sentenza della Corte di Giustizia n. 322/88 del 13 dicembre 1989, Grimaldi. [103] Presupposto procedimentale non essenziale in questa fattispecie poiché la decisione di utilizzare un diverso modello contabile potrebbe derivare direttamente da una sentenza del giudice e non da un provvedimento di OPTA in ottemperanza alla sentenza e perciò soggetto al procedimento di cui all’art. 7 ss. Direttiva Quadro. [104] Il controllo di legittimità della Corte di Giustizia mediante il ricorso di annullamento ex artt. 263 – 264 TFUE può essere esercitato soltanto sugli atti legislativi e comunque sugli atti destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi. Con riferimento alla natura degli atti imputabili, l’art. 263 TFUE recita: “La Corte di Giustizia dell’Unione Europea esercita un controllo di legittimità sugli atti legislativi, sugli atti del Consiglio, della Commissione e della Banca centrale europea che non siano raccomandazioni o pareri, nonché sugli atti del Parlamento europeo e del Consiglio europeo destinati a produrre effetti giuridici nei confronti dei terzi. Esercita inoltre un controllo di legittimità sugli atti degli organi o organismi dell’Unione destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi”. Perciò sarebbe oggetto di ricorso ex art. 263 TFUE soltanto una decisione adottata ex art. 19 della Direttiva Quadro e non una raccomandazione. In tal senso si veda, ex multis, sulla natura degli atti sui quali esercitare il controllo le sentenze 31 marzo 1971, Commissione c. Consiglio, causa 22/70, in Racc. 263; 23 aprile 1986, Parti écologiste «Les Verts» c. Parlamento europeo, causa 294/83, in Racc. 1339; 15 marzo 2005, Spagna c. Eurojust, causa C-160/03, in Racc. I-2077. [105] Inoltre la Commissione dovrà adottare la propria decisione evitando di censurare profili connessi con la natura o le modalità attuative dei rimedi già oggetto della procedura ex art. 7-bis per non incorrere in una palese violazione dei vincoli sopracitati previsti dalla Direttiva Quadro, ma invocando altri profili di incoerente applicazione degli approcci normativi generali relativi alla disciplina dei mercati, ad esempio afferenti latu sensu alla corretta definizione dei mercati rilevanti oppure a rilevanti aspetti di natura procedurale ad essi connessi. [106] Il modello di costo adottato si basa su criteri di costo incrementale di lungo periodo. [107] La decisione di designare come SMP i sei operatori mobili irlandesi (Hutchinson H3G Ireland, Lycamobile Ireland, Meteor Mobile Communications, Telefonica Ireland, Tesco Mobile Ireland e Vodafone Ireland) è stata adottata da ComReg con il provvedimento D12/121 del 21 novembre 2012 mentre le modalità di attuazione dell’obbligo di orientamento al costo con la decisione D12/122. La decisione è stata impugnata da Vodafone Ireland e il provvedimento ha natura cautelare, soggetto a decisione finale entro ottobre 2013. In pendenza del giudizio sono rimaste in vigore le tariffe di terminazione previste da ComReg. [108] Il § 12 della Raccomandazione prevede che “In circostanze eccezionali, qualora la ANR non riesca a mettere a punto per tempo, in particolare a causa di risorse limitate, il modello di calcolo dei costi raccomandato e possa dimostrare che un metodo diverso dal modello LRIC bottom-up basato sui costi correnti dà risultati conformi alla presente raccomandazione e compatibili, in termini di efficienza, con quelli che si ottengono in un mercato concorrenziale, potrà stabilire prezzi provvisori in base al suddetto metodo fino al 1° luglio 2014. Qualora l’applicazione del metodo di calcolo dei costi raccomandato si riveli sproporzionata per le ANR che dispongono di risorse limitate, esse possono continuare ad applicare un metodo alternativo fino alla data del riesame della presente raccomandazione, a meno che l’organismo istituito per assicurare il coordinamento tra le ANR e con la Commissione, e i relativi gruppi di lavoro, fornisca sostegno e orientamenti pratici per superare i limiti dovuti alla scarsità di risorse e, in particolare, per far fronte ai costi per applicare il metodo raccomandato. Il risultato ottenuto applicando metodi alternativi non dovrebbe determinare il superamento della media delle tariffe di terminazione fissate dalle ANR che applicano il metodo raccomandato per il calcolo dei costi.” Il metodo utilizzato da ComReg, ossia una tariffa frutto del confronto con le condizioni di terminazione applicate nei sette Stati membri nei quali era stata adottata una contabilità dei costi secondo il modello LRIC, per definizione non poteva superare la media delle tariffe di terminazione adottate dalle ANR che applicano il modello LRIC raccomandato dalla Commissione poiché si tratta di un valore basato sulle tariffe che si desumono dall’applicazione di tale metodologia contabile. [109] E quale soluzione più semplice avrebbe potuto scegliere il regolatore irlandese se non adottare la media dei valori applicati nei principali Paesi europei nei quali era già stata adottata la contabilità LRIC? [110] “L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.” [111] Cfr. Art. 13 Direttiva 2002/19/CE: “1. Ai sensi dell’articolo 8, per determinati tipi di interconnessione e/o di accesso, le autorità nazionali di regolamentazione possono imporre obblighi in materia di recupero dei costi e controlli dei prezzi, tra cui l’obbligo che i prezzi siano orientati ai costi, nonché l’obbligo di disporre di un sistema di contabilità dei costi, qualora l’analisi del mercato riveli che l’assenza di un’effettiva concorrenza comporta che l’operatore interessato potrebbe mantenere prezzi ad un livello eccessivamente elevato o comprimere i prezzi a scapito dell’utenza finale. Per incoraggiare gli investimenti effettuati dall’operatore anche nelle reti di prossima generazione, le autorità nazionali di regolamentazione tengono conto degli investimenti effettuati dall’operatore e gli consentono un ragionevole margine di profitto sul capitale investito, di volume congruo, in considerazione di eventuali rischi specifici di un nuovo progetto particolare di investimento nella rete. 2. Le autorità nazionali di regolamentazione provvedono affinché tutti i meccanismi di recupero dei costi o metodi di determinazione dei prezzi resi obbligatori servano a promuovere l’efficienza e la concorrenza sostenibile ed ottimizzino i vantaggi per i consumatori. Al riguardo le autorità nazionali di regolamentazione possono anche tener conto dei prezzi applicati in mercati concorrenziali comparabili. 3. Qualora un operatore abbia l’obbligo di orientare i propri prezzi ai costi, gli incombe l’onere della prova che il prezzo applicato si basa sui costi, maggiorati di un ragionevole margine di profitto sugli investimenti. Per determinare i costi di un’efficiente fornitura di servizi, le autorità nazionali di regolamentazione possono approntare una contabilità dei costi indipendente da quella usata dagli operatori. Le autorità nazionali di regolamentazione possono esigere che un operatore giustifichi pienamente i propri prezzi e, ove necessario, li adegui. 4. Le autorità nazionali di regolamentazione provvedono affinché, qualora sia obbligatorio istituire un sistema di contabilità dei costi a sostegno di una misura di controllo dei prezzi, sia pubblicata una descrizione di tale sistema, che illustri quanto meno le categorie principali di costi e le regole di ripartizione degli stessi. La conformità al sistema di contabilità dei costi è verificata da un organismo indipendente qualificato. È pubblicata annualmente una dichiarazione di conformità al sistema”. [112] Le motivazioni espresse dallla High Court irlandese riprendono alcuni perplessità già emerse nel corso del processo di approvazione del terzo pacchetto-quadro proposto dalla Commissione, ed in particolare nelle posizioni discusse dal Consiglio e dal Parlamento europeo. Per una efficace sintesi dell’evoluzione del progetto di riforma e della dinamica delle posizioni espresse nell’ambito del “trilogo” (Commissione, Parlamento e Consiglio) si rinvia a F. Bassan, L’evoluzione della struttura istituzionale nelle comunicazioni elettroniche: una rete non ha bisogno di un centro, cit., pag. 46 e ss. [113] Ad esempio per applicare l’obbligo di orientamento al costo le ANR potrebbero utilizzare diverse modelli di costo (eg Fully distributed Cost oppure Long-run incremental costs) basati su approcci bottom-up oppure top-down e differenti metodi di valutazione degli assets (basati sui costi storici o sui costi correnti). [114] È stato infatti osservato che la standardizzazione della tecnologia GSM, che negli anni ’90 aveva portato gli operatori ed i produttori europei all’avanguardia nelle tecnologie mobili, non ha impedito (insieme a diversi altri fattori industriali e macroeconomici) che successivamente altri paesi (USA, Corea, Cina) abbiano superato l’Europa in termini di innovazione di prodotti, servizi e infrastrutture, in particolare nell’ambiente web. Appare significativo che dopo l’acquisizione di Nokia da parte di Microsoft non vi sia più alcuna società europea che produca apparati mobili (precedentemente si ricordano Nokia, Siemens, Alcatel, Ericsson) [115] L’art. 5, comma 3, del Trattato sull’Unione Europea afferma che “In virtù del principio di sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva l’Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell’azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione”. [116] Il tema del rapporto tra il diritto amministrativo europeo e i diritti nazionali, ed in particolare le funzioni delle autorità indipendenti nelle materie oggetto di normazione comunitaria è stato trattato in numerosi contributi che in questa sede ci limitiamo a citare. Tra i molti contributi si veda, S. Cassese, Il procedimento amministrativo europeo, in Il procedimento amministrativo europeo, Milano, 2004; S. Cassese, La signoria comunitaria sul diritto amministrativo, in Riv. Dir. Pubbl. comunit. 2002, pag. 291 ss; G. Della Cananea, I procedimenti amministrativi composti, in Il procedimento amministrativo europeo, cit.; G. Vesperini, Il vincolo europeo sui diritti amministrativi nazionali, Milano, 2011; Lo spazio amministrativo europeo, a cura di M. Chiti e A. Natalini, Bologna, 2012. [117] Come già indicato nel testo richiamiamo per semplicità di lettura la definizione di Equivalenza degli Input(«Equivalence of Inputs» EoI) che si definisce come «la fornitura di servizi e informazioni alle divisioni interne e a terzi richiedenti l’accesso agli stessi termini e condizioni, compresi i prezzi e i livelli di qualità del servizio, con le stesse tempistiche, usando gli stessi sistemi e processi e con lo stesso grado di affidabilità e prestazioni. L’EoI si può applicare ai prodotti di accesso e ai servizi associati e accessori necessari per fornire gli input all’ingrosso alle divisioni interne e ai terzi richiedenti l’accesso. In alternativa all’applicazione del principio dell’EoI gli SMP possono essere soggetti all’obbligo di Equivalenza degli Outputs (EoO), come ad esempio Telecom Italia a seguito dell’entrata in vigore degli impegni previsti dalla Delibera 718/08/CONS e dalla struttura c.d. Open Access, che si configura come la fornitura di input all’ingrosso ai richiedenti l’accesso con modalità equiparabili, in termini di funzionalità e prezzo, a quelle che l’operatore SMP applica internamente alle proprie divisioni a valle, sia pure con l’utilizzo di sistemi e processi potenzialmente differenti. [118] Come già indicato occorre distinguere concettualmente l’applicazione del principio dell’EoI dalla separazione societaria e dalla separazione proprietaria dell’operatore SMP. Il principio di EoI può trovare applicazione anche in assenza di qualsiasi tipo di separazione grazie all’adozione di sistemi e processi che garantiscano all’interno della stessa struttura dell’SMP l’effettivo perseguimento dell’EoI tra fornitura di servizi e informazioni alle divisioni interne e a terzi richiedenti l’accesso. Sebbene l’implementazione dell’EoI in assenza della separazione almeno societaria sia possibile, l’esperienza dell’incumbent inglese British Telecom che ha adottato una forma di EoI con la propria divisione Open Reach ha dimostrato la complessità, in termini di modalità applicative e di tempistiche, dell’introduzione di forme di EoI in assenza di una separazione almeno societaria. [119] La bozza di Regolamento impone un prezzo massimo per le comunicazioni di rete fissa intraeuropee pari ad una chiamata nazionale di lunga distanza e per i servizi mobili ed SMS le euro-tariffe stabilite nel Regolamento 531/2012. [120] Il tema della neutralità delle reti, nelle sue diverse accezioni in tema di garanzia della qualità minima dell’accesso e di trasparenza nell’informazione alla clientela in caso di limitazioni o vincoli nell’offerta necessita un’analisi approfondita che contemperi compatibilità economica e tutela dei diritti fondamentali. La Commissione appare favorevole affinché gli operatori di rete e i fornitori di contenuti e di applicazioni negozino la fornitura di servizi con qualità garantita o con capacità dedicata a condizione che non incida sulla qualità generale dei servizi di accesso ad Internet [121] La modifica della regolamentazione dei servizi di roaming, che viene proposta a 15 mesi dall’entrata in vigore del Regolamento Roaming III presenta numerose difficoltà applicative e il rischio di politiche di arbitraggio ma, soprattutto contraddice il principio di prevedibilità regolamentare e di un approccio coerente nel corso di un adeguato periodo di revisione previsto dalla Direttiva Quadro e posto a fondamento delle recenti politiche di prevedibilità almeno per sei anni in tema di prezzo di servizi all’ingrosso introdotto dalla Raccomandazione dell’11 settembre 2013 [122] La tematica della gestione delle autorizzazioni e delle procedure di assegnazione dello spetto radio appare una tematica centrale dello sviluppo di reti a banda larga nell’Unione, anche alla luce dell’inarrestabile sviluppo dei servizi di banda larga da mobile. [123] Si immagini, ad esempio, di medesime attività che possono comportare la sospensione del titolo autorizzativo che siano poste in essere contestualmente da un European electronic communications provider e da un operatore presente in un unico Stato membro che saranno esaminate e valutate nell’ambito di due procedimenti, sicuramente con tempistiche diverse ma anche secondo procedure e metri di valutazione diversi. [124] Per operatori Over the Top (OTT) si intendono genericamente attori come Google, Yahoo, Facebook e Youtube che gestiscono piattaforme e interfaccia utenti. [125] In merito si rinvia alle analisi descritte nella delibera n. 185/13/CONS relativa al mercato della terminazione di servizi SMS su singole reti mobili. [126] In tal senso si veda l’Explanatory memorandum della proposta della Commissione al Parlamento europeo ed al Consiglio del regolamento in esame, pag. 3. [127] Si evidenza che il documento “Study on the Evaluation of BEREC and the BEREC Office” (A study prepared for the European Commission DG Communications Networks, Content & Technology), prodotto da PWC nel 2012 e “Commission Staff Working document on the Evaluation Report of the Body of European Regulators for Electronic Communications (BEREC) and its office” del 23 aprile 2013 hanno rilevato una sostanziale positività dell’attività svolta dal BEREC e dall’Ufficio nella attuale configurazione. [128] Per comodità di lettura si ricapitola che Europa 2020 è la strategia decennale per la crescita sviluppata dall’Unione europea che mira non soltanto a uscire dalla crisi che continua ad affliggere l’economia di molti Stati membri, ma vuole anche colmare le lacune del modello europeo di crescita e creare le condizioni per un diverso tipo di sviluppo economico, più intelligente, sostenibile e solidale. Per dare maggiore concretezza a questo discorso, l’UE si è data cinque obiettivi da realizzare entro la fine del decennio. Riguardano l’occupazione, l’istruzione, la ricerca e l’innovazione, l’integrazione sociale e la riduzione della povertà, il clima e l’energia. La strategia comporta anche sette iniziative prioritarie che tracciano un quadro entro il quale l’UE e i governi nazionali sostengono reciprocamente i loro sforzi per realizzare le priorità di Europa 2020, quali l’innovazione, l’economia digitale, l’occupazione, i giovani, la politica industriale, la povertà e l’uso efficiente delle risorse. [129] Per comodità di lettura si richiama la definizione dell’agenda digitale europea, come definita dalla Commissione: “The Digital Agenda for Europe (DAE) aims to help Europe’s citizens and businesses to get the most out of digital technologies. It is the first of seven flagships initiatives under Europe 2020 (vedi nota precedente), the EU’s strategy to deliver smart sustainable and inclusive growth. Launched in May 2010, the DAE contains 101 actions, grouped around seven priority areas. The review published on 18th December 2012 identifies 7 key areas for further efforts to stimulate the conditions to create growth and jobs in Europe: 1. Create a new and stable broadband regulatory environment; 2. New public digital service infrastructures through Connecting Europe Facility loans; 3. Launch Grand Coalition on Digital Skills and Jobs; 4. Propose EU cyber-security strategy and Directive; 5. Update EU’s Copyright Framework; 6. Accelerate cloud computing through public sector buying power; 7. Launch new electronics industrial strategy – an “Airbus of Chips” Full implementation of this updated Digital Agenda would increase European GDP by 5%, or 1500€ per person, over the next eight years, by increasing investment in ICT, improving eSkills levels in the labour force, enabling public sector innovation, and reforming the framework conditions for the internet economy. In terms of jobs, up to one million digital jobs risk going unfilled by 2015 without pan-European action while 1.2 million jobs could be created through infrastructure construction. This would rise to 3.8 million new jobs throughout the economy in the long term. The original Digital Agenda approach and targets will remain valid, and the implementation of the original 101 actions remains a priority . The new key transformative actions complement these, and build on what has been achieved so far. The Digital Agenda contains 13 specific goals which encapsulate the digital transformation which we want to achieve. Progress against these targets is measured in the annual Digital Agenda Scoreboard .” [130] I contributi relativi all’analisi della genesi, inquadramento ed evoluzione delle Autorità indipendenti sono molto numerosi e ci limitiamo ad indicarne alcuni rinviando agli ulteriori riferimenti ivi contenuti: I garanti delle regole, a cura di S. Cassese – C. Franchini, Bologna 1996; S. Cassese, Dalle regole del gioco al gioco con le regole, in Mercato Concorrenza e Regole, 2002, 2, pag. 267; M. Clarich, Autorità indipendenti – Bilancio e prospettive di un modello, Bologna, 2005;F. Merusi – M. Passaro, Le Autorità indipendenti, Bologna, 2011; A. La Spina, S. Cavatorto, Le Autorità indipendenti, Bologna 2008; P. Bilancia, Autorità amministrative indipendenti nazionali e processo di integrazione europea, in P. Bilancia, F.G. Pizzetti, Aspetti e problemi del costituzionalismo multilivello, Milano, 2004; Le autorità indipendenti. Da fattori evolutivi ad elementi della transizione nel diritto pubblico italiano, a cura di S. Labriola, Milano, 1999 [131] Fatta eccezione per la L. 66 del 2001 che ha riallocato le competenze in materia di rilascio dei titoli autorizzativi e controllo del corretto utilizzo delle numerazioni all’allora Ministero delle comunicazioni. In merito si rinvia al contributo di M. Libertini, I rapporti tra Ministero e Autorità garante delle comunicazioni, in Giornale di diritto amministrativo, n. 12/2001, pag. 1287. [132] Sentenza Corte di Giustizia delle Comunità europee 3 dicembre 2009 C-424/07 Commissione vs Repubblica Federale di Germania. [133] Nella dottrina italiana si rinvia a F. Abbondante, L’ordinamento delle telecomunicazioni in Gran Bretagna fra continuità e discontinuità, in P. Costanzo, G. De Minico, R. Zaccaria (a cura di) I tre codici della società dell’informazione: amministrazione digitale, comunicazioni elettroniche, contenuti audiovisivi, Torino 2006. [134] In merito si rinvia alla delibera 718/08/CONS recante Approvazione della proposta di impegni presentata dalla società Telecom Italia S.p.A. ai sensi della legge 248/06 di cui al procedimento avviato con delibera n. 351/08/CONS ed ai commenti di R. Caiazzo, L’accesso alla rete. Profili giuridici in Diritto delle comunicazioni elettroniche, a cura di F. Bassan, Milano 2010, pag. 160, M. Orofino, The Italian Road to functional separation of the fixed telecommunication network and the impact of Next generation Networks in Giuripolpapers, 2010, in particolare relativi alla problematiche connesse all’adozione di impegni ex art. 14-bis L. 248/06 e alla loro compatibilità con il procedimento per l’adozione di rimedi regolamentari previsto all’art. 7 della Direttiva Quadro. [135] Si fa riferimento, ex multis, a L. Saltari, I procedimento amministrativi composti: il caso delle telecomunicazioni, cit. per i profili amministrativi e a M. Orofino, Profili costituzionali delle comunicazioni elettroniche nell’ordinamento multilivello, Milano, 2008, per le tematiche costituzionali. [136] Confronta la proposta di modifica dell’art. 15 della Direttiva Quadro presentata dalla Commissione nella proposta di Regolamento Single Telecommunicazion Market. Scarica il contributo [Pdf] Scarica il quaderno Anno III – Numero 3 – Luglio/Settembre 2013 [pdf]