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Fake news, diamoci una regolata
di Gianfrancesco Rizzuti Ultima chiamata il 26 ottobre all’aeroporto di Bruxelles per il volo “autoregolamentazione contro la disinformazione online”. I viaggiatori avvertiti da una Comunicazione della Commissione europea sono le piattaforme di social network (da Facebook a Twitter) che sono invitate ad intervenire con l’autoregolamentazione, promuovendo un codice sulle pratiche (Code of practice).
Questo sforzo di autodisciplina dovrebbe portare a risultati misurabili entro il prossimo ottobre contro le fake news. Laddove i risultati, valutati insieme ad una platea di stakeholder, fossero insoddisfacenti, l’esecutivo di Bruxelles potrebbe proporre ulteriori azioni, incluse misure di natura regolamentare.
Che l’Unione Europea sia preoccupata dei rischi di inquinamento sul dibattito pubblico – sia a livello continentale, sia di singoli stati membri – che possono derivare dalla diffusione di falsità o disinformazione è un dato di fatto.
Meno di un anno fa una risoluzione del Parlamento europeo impegnava la Commissione ad analizzare la situazione corrente e l’attuale quadro regolamentare, chiamandola a verificare la possibilità di un intervento legislativo per limitare la disseminazione di contenuti falsi.
Ed eccoci qui ora con questa Comunicazione, atto non vincolante, che chiede a media – mass e in particolare social – di “darsi una regolata” nella direzione di una maggiore trasparenza, intervenendo su profili falsi, troll e bot che diffondono informazioni false.
Bruxelles prevede inoltre di avviare un forum di alto livello che metta attorno al tavolo piattaforme, industria della pubblicità e editoriale, società civile. Sarebbe proprio l’impegno comune di questi soggetti-stakeholder ad emanare entro luglio il “codice sulle pratiche” che le piattaforme dovrebbero seguire pena il possibile intervento normativo.
Altre misure, quella della istituzione di una rete europea di fact-checker indipendenti, di una piattaforma comune sulla disinformazione, del lancio di un bando per la produzione di informazione di qualità sull’Unione Europea tramite notizie fondate sui dati.
Basteranno queste iniziative – collegate peraltro alla questione dell’accesso di parti terze ai dati degli utilizzatori delle piattaforme (v. il regolamento sul General Data Protection, GDPR)- ad arginare la diffusione di false notizie capaci di influire su dibattiti ed elezioni? Certamente la dichiarazione di guerra alle fake news è stata recapitata ad un anno dalle prossime elezioni europee.
In un’ottica di better regulation e sussidiarietà, Bruxelles si affida prima all’autodisciplina, ma è pronta a mostrare i muscoli nel caso di inerzia. Restano aperte tante questioni, anche per chi si occupa di comunicazione e relazioni pubbliche e istituzionali.
Tra obblighi in capo alle piattaforme piuttosto che agli utenti, costi collegati, impatti sui mercati, ruolo dei regolatori nazionali ed europei, differenziazioni tra produttori e distributori “a vario grado di falsità”, importanza di una adeguata cultura e verifica delle fonti sul web collegate alla conoscenza intesa come bene comune.
E ancora, emerge una volta di più la problematica di arginare un fenomeno, quello della diffusione interessata di inesattezze, che è vecchio come il mondo ma che con l’impetuoso dinamismo delle tecnologie, muta continuamente sembianze e canali di comunicazione.
Mettendo a dura prova non solo la capacità del diritto di adeguarsi in tempo reale, ma anche la preparazione e volontà degli addetti ai lavori di operare secondo princìpi di trasparenza ed eticità a tutte le latitudini. Naturalmente, non solo quelle europee.
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